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Autore: PiccolaEco    26/12/2013    1 recensioni
L'amore non ha nè tempo nè luogo.Anche un semplice tendone da circo può diventare palcoscenico di sguardi, sorrisi, pettegolezzi e batticuori.
L'universo di Ranma narrato sotto un'altra prospettiva.
L'universo di Ranma come non lo avete mai visto prima.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mousse, Shan-pu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La musica parte e tutti gli artisti entrano in scena per l’esibizione finale: Ranma e Ryoga zompettando a destra e a manca, seguiti da Biancanera e i suoi cuccioli, Azusa e Mikado volteggiando sui rollerblade, Kuno – con tanto di rosa rossa tra i denti - sguainando e maneggiando qualcosa come una quindicina di spade, Ren agitando il suo ampio mantello e assumendo ogni volta l’aspetto di un artista diverso, Yuka e Sayuri tra capriole e verticali, perfettamente sincronizzate come sempre, e infine Akane in equilibrio sulla groppa dei suoi bei micioni indiani. Il tutto naturalmente a tempo di musica.
La cupola del tendone si scopre e il vortice si innalza verso il cielo per poi diramarsi a raggiera. Tutte le colombe spariscono nel manto scuro, eccetto una che, dopo un giro completo intorno alla platea e alla piramide umana, torna a posarsi sulla mia spalla. Intanto una raffica di fuochi d’artificio illumina senza un attimo di tregua il manto scuro del cielo. Sorridendo soddisfatto per la perfetta esecuzione del numero, mi lascio investire dal caloroso applauso del pubblico. 
–Semplicemente magnifici!
–Uno spettacolo unico!
–Siete fenomenali!            
Che meraviglia!- esclamano in coro alcuni bambini.                                           
Il pubblico è in visibilio: in tanti anni di carriera circense non ho mai visto tanto entusiasmo per un nostro spettacolo. La reazione del direttore è, poi, semplicemente impagabile:fiumi di lacrime gli scorrono giù dagli occhi - coperti dai vetri scuri delle sue lenti consuete – tanto che Hiroshi e Daisuke si sono visti costretti a munirsi di catini e bacinelle per raccogliere tutta quell’acqua salata onde evitare che la nostra piattaforma si trasformasse in un’arena per la battaglia navale.
E’ il momento del discorso finale. Respiro e allargo le braccia, urlando:

E’ giunto il momento, signore e signori,
che ognun ritorni ai suoi vecchi rancori:
i domatori a domare,
le fiere ad obbedire,
gli spadaccini a tirare,
le illusioni a sparire. 
E tuttavia tra urla di giubilo e latrati di lupo,
speriam di tutto cuore che lo spettacolo vi sia piaciuto!

Schiocco e le dita e una nube rosastra avvolge la compagnia circense. Qualche minuto sulla piattaforma non restano che i petali neri di Kodachi.
All’iniziale mormorio di meraviglia degli spettatori seguono risa e applausi scroscianti. Sì, devo ammetterlo: i colpi di scena sono sempre stati il mio pezzo forte! 
E a proposito di colpi di scena, il pubblico non è stato l’unico a restare di stucco alla mia apparizione. Davanti a me la schiera di artisti mi osserva con occhi increduli e si scambia occhiate fugaci come per confermare che la persona davanti a loro non sia una visione.
–Beh, allora? Nemmeno un “Bentornato, Mousse!” ? Mah, e io che mi aspettavo un’accoglienza più calorosa, begli amici! – scherzo fingendomi imbronciato, con tanto di braccia conserte e aria offesa.
–Oh, perdonaci Mousse, ma siamo ancora un po’ sconcertati dalla tua apparizione! – esclama Akane prima di gettarmi le braccia al collo per salutarmi. –Comunque sia, bentornato tra noi! E dopo di lei a mano a mano anche tutti gli altri mi salutano, mi abbracciano mi stringono la mano, mi danno pacche sulla spalla e mi sorridono, contenti del mio ritorno.
–E così ci hai giocati, eh Mousse? Maledetta talpa, tutto questo casino solo per fare la tua entrata a effetto!
Ecco qua. Vi pareva Ranma Saotome non doveva dire la sua? L’unica nota stonata di un’armoniosa melodia! Ma cosa volete farci, Ranma Saotome è pur sempre Ranma Saotome e volenti o nolenti così ce lo dobbiamo tenere. –C’hai preso in pieno, Ranma Saotome. Ho davvero architettato tutta questa messinscena dell’addio per tornare con un’entrata a effetto. E guarda che risultato: è stato praticamente un successo!  BAM! Spiazzato in pieno. E per la prima volta posso godermi la faccia corrucciata ( e anche lievemente arrossata, oserei dire!) del codinato playboy, al quale non viene in mente nessuna risposta con la quale controbattere. Il mio sguardo cade casualmente alla mia destra: in un angolo buio una ragazza mi osserva a braccia conserte e gambe incrociate, appoggiata appena alla colona di cemento che fa da sostegno al tendone. Congedandomi dagli altri mi avvicino a lei.
–Ciao, Shan-Pu.
–Ciao Mousse. Bentornato. – mi risponde lei con lo sguardo sfuggente rivolto verso il basso.
–Usciamo a prendere un po’ d’aria?
Lei scrolla le spalle. –Come vuoi. La piccola folla di artisti si apre per lasciarci passare, poi si ricompone e appena fuori – diavolo se sono prevedibili quelli lì! – accorre in punta di piedi per spiarci. Credo che anche Shan-Pu si sia resa conto del piccolo corteo di curiosi, eppure non fa niente per scacciarli e continua a starmi dietro con le braccia incrociate dietro la schiena e il passo lento.
–Bella serata, eh?- cerco di rompere il ghiaccio ammirando il cielo stellato.
–Mh. – annuisce lei e per la prima volta sento che i ruoli si sono invertiti: adesso sembra lei quella a disagio in mia presenza. Io, al contrario, non mi sono mai sentito più sicuro di me prima d’ora. O semplicemente più tranquillo, forse.
–Perché sei tornato?- mi chiede dopo qualche attimo di silenzio.
La domanda non mi coglie impreparato, ma mi prendo comunque del tempo per formulare una risposta.
–Sono tornato per te, mi sembra ovvio.
Anche se voltato di spalle posso capire che la mia risposta l’ha sorpresa dal leggero sussulto della sua voce. –Per me? No, dico, mi prendi in giro o cosa? Tu stavi con Xiwan e stavi per tornartene al villaggio pronto a cominciare una nuova vita, e adesso vieni a fare il romantico dicendo che sei tornato per me?- sbotta lei ostentando sicurezza, ma tradendo una nota di gelosia. –A proposito…- riprende lei acida dopo lo sfogo – che fine ha fatto la tua bella? Perché non sei tornato indietro con lei, eh? E’ già finito tutto l’amore che provavi nei suoi confronti? Ah, no, forse era solo lo spasso del momento, vero? A questo punto il mio autocontrollo va a farsi benedire e senza nemmeno rendermene conto afferro Shan-Pu per le spalle e tiro fuori quello che per tanto, troppo tempo ho tenuto dentro.
–Vuoi saperlo? Vuoi davvero sapere tutta la verità fin dal principio? Vuoi sapere come io mi sia ridotto a uno zerbino per colpa tua? Tu non hai la minima idea di quanto io abbia sofferto per tutti questi anni, di quanto sia stato male per ogni tuo sguardo indifferente, di quante volte abbia fatto la figura del perfetto imbecille pur di attirare anche solo di sfuggita la tua attenzione… e tu niente, mi sei passata attraverso come se fossi stato un fantasma, una creatura priva di consistenza, inesistente, un signor nessuno. E sai qual è la cosa peggiore, la cosa più umiliante? È che nonostante tutto questo, nonostante tutto il male che ho patito per causa tua, io non riesco a odiarti. Ci ho provato, ma non ci riesco. Anzi, ti amo più di prima.
Le mie parole la investono come un fiume in piena, me ne accorgo dalla dilatazione delle sue pupille.
Per una manciata di secondi nessuno dei due parla, poi lei decide di rompere il silenzio cercando, invano, di mantenere il suo solito tono di voce freddo e piatto.
–Se mi amavi così tanto come dici, perché non hai affrontato il problema apertamente? Perché hai accettato l’amore di Xiwan anziché chiarire con me i tuoi sentimenti?
Mi prendo una seconda pausa.
–Accettiamo l’amore che crediamo di meritare, Shan-Pu- le dico tranquillamente e la mia risposta la lascia a bocca aperta. Lei abbassa nuovamente lo sguardo e da sotto la frangetta color lavanda calde lacrime le rigano il viso di porcellana. E’ la prima volta che vedo piangere Shan Pu. Lei, così fiera, glaciale, dallo sguardo impenetrabile adesso era scossa da tremiti irrefrenabili.
Bianjie...
Mi sta chiedendo scusa. Shan Pu, l’amazzone dal cuore di pietra, sta chiedendo scusa proprio a me, povero contadino della sperduta provincia del Youkasai, in Cina, divenuto poi illusionista di un qualunque circo ambulante.
   Sfioro delicatamente una sua guancia con la mia mano destra e le sollevo piano il viso: i grandi occhi rosso scuro sono diventati ancor più rossi a causa del pianto. Prima che possa anche solo rendermene conto il mio viso è a pochi centimetri dal suo. Il mio cervello ha ormai dichiarato ufficialmente chiusa la sua attività.
Posso percepire il suo respiro irregolare e il profumo della sua pelle, un profumo che inebria i sensi. Lo inalo come a volerlo imprimere nella mia mente e subito una sensazione di vertigine o stordimento si impossessa di me. 
Wo ai ni, Shan Pu.
Incurante della banda di curiosi appostati a pochi metri da noi, incurante delle possibili conseguenze alle quali il mio gesto avrebbe portato, incurante di qualunque altra cosa, appoggio le mie labbra alle sue, avvolgendola in un abbraccio protettivo. In questo preciso momento il tempo sembra essersi fermato. Rinsavito, mi assale il pensiero di una sua possibile reazione (contraria, naturalmente), tuttavia non discosto di un solo millimetro le mie labbra dalle sue. Sono già mentalmente pronto a prendere un volo di svariati chilometri verso una qualche meta ignota – che dire: è stata una vita breve ma intensa, la mia! – ma la reazione della mia bella compaesana mi spiazza: Shan Pu si aggrappa alla mia veste bianca e mi stringe maggiormente a sé.
Qing buyao likai wo – mi sussurra tra le lacrime. “Ti prego non lasciarmi” mi implora.                       
–Yong bu za .-
la rassicuro altrettanto sommessamente. “Mai più” le ho risposto con un sorriso. 
La stringo nuovamente a me, accarezzandole i lunghi capelli e lei mi lascia fare, anzi, si abbandona completamente al mio abbraccio, in cerca di protezione. Le cose cambieranno, niente sarà più come prima. Ne ero sicuro.

*Note dell'autrice*:
La citazione "Accettiamo l'amore che crediamo di meritare" pronunciata da Mousse è tratta dal film "Noi siamo infinito" di Stephen Chbosky.

  
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