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Autore: SurviveYou    27/12/2013    0 recensioni
Arianna, studentessa del liceo con problemi anzi, molti problemi. Tutti pensano che sia un caso perso...però arriva qualcuno a stravolgere il suo mondo...
Non ho mai pubblicato una mia storia, di solito le scrivo e basta...spero vi piaccia! :D
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~TENDIMI UNA MANO
-Capitolo 17
Piano piano i pezzi del puzzle tornavano a posto. Tra me e Simone procedeva tutto bene, la scuola andava bene e Irene mostrava segni di miglioramento.
Erano le 16.23 quando, seduta al capezzale della mia amica, assistetti ad un evento straordinario.
"Vuoi finirla con questo Bianchi, Bianchi di qua e Bianchi di là..." disse la ragazza con un filo di voce.
"Irene, ma...ma sei sveglia...Ti sei svegliata....Dio, sapevo che non mi avresti lasciata" l'abbracciai, le strinsi forte le mani, volevo sentirla davvero vicino a me.
Chiamai subito i dottori, mi fecero uscire dalla stanza, però dopo 15 minuti circa, ci permisero di entrare. Nel frattempo avvertii i genitori, i fratelli, Christian e tutti quelli che mi passavano per la testa. C'è chi piangeva dall'emozione, chi sorrideva incontrastato e chi non smetteva di parlare. Insomma eravamo tutti felici per quell'evento.
"Ehi, sono corso appena ho potuto, è tutto vero?" mi raggiunse Simone.
"Si, si è svegliata, sta benissimo" lo strinsi forte a me, per assicurarmi che non era un sogno.
Lasciai Irene con la sua famiglia, non volevo essere di troppo. Seduta su quella sedia, in quel freddo corridoio ospedaliero, capii che la vita non andava sempre secondo i nostri piani, a volte si vinceva e a volte si perdeva. Io in questa mano, contro il destino, avevo vinto. Avevo il fidanzato che speravo e delle amiche stupende.
Quando Simone se ne tornò a scuola, guardai al di là del vetro, osservai gli sguardi che aleggiavano nell'aria. Finalmente tutto era tornato come doveva essere.
Irene mi fece segno di entrare, ed io ubbidii.
"I miei mi hanno detto che non te ne sei mai andata da qui, che mi sei sempre stata accanto. Grazie, grazie di tutto. Ho sempre saputo di potermi fidare di te, che eri diversa da tutti gli altri anche se fai la dura ed hai un caratteraccio. Però devi sapere che io mi ricordo tutto quello che mi hai raccontato mentre ero in coma, di tutte le cose che ti sono successe. Purtroppo non potevo risponderti, ma adesso sono tornata e sono pronta per farti le mie solite ramanzine" si concesse una risata.
"Io ti voglio bene, nonostante i litigi e le parole grosse che volano, io sono così. Sono spavalda ma in cuor mio, so di essere una persona sensibile, che non esita ad aiutare il prossimo. Avrei voluto fare di più per te, ma si trattava di aspettare. Per passare il tempo, ti raccontavo cosa succedeva nel mondo reale, nel mondo in cui tu finalmente potrai tornare. E tornerai con una bella gioia...gli esami. Questa settimana c'è la preparazione per entrare agli esami, dopodichè si farà sul serio"
"Sarà dura per me rimettermi al pari, non credo che verrò ammessa, molto probabilmente verrò bocciata."
"Non se ti aiuterò io, verrò qui con le altre per studiare insieme, per farti recuperare il tempo perso. Se dovremo farcela, ce la faremo insieme!"
"Ti voglio bene, Ari"
"Ti voglio bene anche io, Ire".
Dopo essere uscita dall'ospedale, corsi verso la la fermata degli autobus per non perderlo. Dovevo correre a casa a studiare, purtroppo con la situazione che era appena passata non mi ero concessa molto ai libri. Tornata a casa, diedi la buona notizia.
"Mà, Irene si è svegliata, adesso sta abbastanza bene. Sono contentissima, ma devo andare a studiare" salii le scale con rapidità e mi gettai tra le braccia della filosofia.
I giorni a seguire, mi feci interrogare in quasi tutte le materie e, per fortuna, tutte con esiti più che positivi. Simone si era offerto più di una volta di aiutarmi, ma non mi sembrava giusto nei confronti delle altre compagne, così non accettai. Dopo essere stata ammessa agli esami, avevo solo un obbiettivo: passarli.
"Ehi, mi stai diventando una secchiona?!" mi canzonò Bianchi
"Mai e poi mai!" risi.
"Dobbiamo festeggiare, sei stata ammessa agli esami nonostante la partenza negativa"
"Già, ma sarò libera solo dopo averli passati"
"Cosa vuoi fare stasera?"
"Stasera ho un appuntamento con un ragazzo..."
"E chi è?" si allarmò subito.
"Mio cugino, ha 6 anni e siccome nessuno può stare con lui, ci penso io"
"Per un attimo ho sudato freddo, comunque potrei venire da te e darti una mano" sorrise con quel suo modo da cucciolo.
"Come vuoi, tanto mamma e babbo sono a lavoro e tornano tardi e Leo mi sa che dopo il lavoro ha un compleanno perciò non c'è nessuno"
"Ok, allora ci vediamo da te, vengo verso le 16?"
"Si, tanto Mattia arriva dopo pranzo".
Dopo aver salutato Simone, corsi alla fermata dell'autobus dalle mie amiche, purtroppo le avevo trascurate un po'.
"Eccola la nerd del gruppo!" mi diede una pacca sulla schiena Lisa.
"Ma quale nerd!?!"
"Usciamo oggi?" propose Ludo.
"Non posso, oggi devo badare a Mattia" risposi.
"Non è che ci dai buca per stare con Bianchi, vero?" mi lanciò uno sguardo scrutatore Rachele.
"No, però ha detto che vuole darmi una mano..."
"Cioè fate le prove per una famiglia futura?" rise Lisa.
"Cosa?! Certo che no, non vuole lasciarmi sola..."
"Sarà, ma questa cosa sembra seria. Un uomo non si offrirebbe mai di fare da babysitter se non fosse per qualcosa di serio" commentò Rachele.
"Tranquille, lo fa solo per me" sorrisi.
"Convinta tu..." concluse Ludovica.
Tornai a casa, mi feci un panino per pranzo, dato che non so cucinare neanche un uovo. Verso le 14.30 arrivò Mattia accompagnato da zia.
"Grazie Ari, se non ci fossi tu! Adesso torno su al negozio, grazie ancora!" disse di corsa.
"Vai tranquilla zia, te lo riportiamo noi su"
"Grazie" urlò chiudendo la portiera dell'auto.
"Allora piccolo, cos'hai portato nello zaino?" adoravo giocare con lui, praticamente siamo cresciuti insieme.
"I compiti e la pista delle macchinina, non riesco a montarla" disse poggiando lo zaino sul divano del salotto.
"Vedrai che troveremo qualcuno che ci aiuti" gli feci l'occhiolino.
"Dai giochiamo con le macchinine!" sentenziò felice.
"Tra poco arriverà un mio amico, lui saprà montare la pista"
Il bambino mi guardò un attimo stranito, ma poi riprese a giocare. Dopo circa un'oretta arrivò anche Simone.
"Ciao Ari" non feci in tempo ad aprire la porta che mi ritrovai le sue labbra sulle mie.
"Ehi, con calma" sorrisi.
"Scusa, ma mi mancavi" non riuscivo a resistere alla sua espressione da cucciolo.
"Vieni, ti presento il capo di casa" lo guidai fino in salotto.
I due si scambiarono occhiate di curiosità.
"Ciao, io sono Simone" si presentò l'uomo.
"Ciao, io mi chiamo Mattia" sembrava averla presa bene.
"Prima ho detto a Mattia che tu l'aiuterai a costruire la pista delle macchinine, però prima ci sono i compiti da fare" buttai lì.
"Noo, prime la pista" protestò il bambino.
"Facciamo una cosa, io ti aiuto a fare i compiti e poi facciamo la pista, che ne dici?" propose Bianchi.
"Va bene...Però dopo giochiamo fuori" il piccolo era testardo.
"Certo, dai che prima iniziamo e prima finiamo" lo fece sedere Simone.
Vedere l'uomo alle prese con il bambino era una gioia per me, sembravano già amici nonostante si conoscessero da poco. Bianchi aveva una pazienza infinita col piccolo, ad ogni errore, gli spiegava come poteva correggerlo. Mattia sorrideva ed ascoltava attentamente i consigli del professore.
"Noi abbiamo fatto!" mi avvisò Simone.
"Bene, che fate adesso?".
"Andiamo fuori a giocare a calcio!" urlò correndo verso il portone il marmocchio.
"Andate giù al campetto che qui è pericoloso" li lasciai andare.
"Tu non vieni?" mi domandò l'uomo.
"Faccio i compiti e poi vengo giù" sorrisi.
Cercai di concentrarmi sulle pagine da studiare, ma la mia mente era completamente da un'altra parte. Sapere Simone con Mattia mi rendeva troppo felice, ma anche un po' triste. Purtroppo l'uomo non poteva avere dei figli, chissà come si sentiva.
Dopo un'oretta circa, finito il mio lavoro, decisi di raggiungerli. Preparai una bottiglia d'acqua per i miei uomini che sicuramente avranno sete, e la merenda.
A bordo campo era pieno di mamme, donne e ragazze. Simone stava giocando con una marea di bambini usciti dal nulla, e naturalmente il pubblico femminile non era lì per la partita. Come dargli torto, era lì tutto sudato con la camicia mezza sbottonata, che lasciava intravedere un petto in forma. La dolcezza che mostrava nei confronti dei numerosi bambini e quell'energia, che solo chi ama giocare ha.
Mi sedetti sull'erba in un angolino, anche perchè non c'era molto posto, era pieno di gente. Appena mi vide, mi venne incontro sorridente. Tutte si voltarono a guardarmi sorprese.
"Pensavo non venissi più".
"Te l'avevo detto, dovevo fare i compiti".
"Ci stiamo divertendo, anche Mattia sembra felice".
"Già...Odio quando la gente mi fissa..." dissi riferendomi a due ragazze che conoscevo molto bene.
"Le conosci?".
"Purtroppo sì, da piccole mi prendevano in giro e dicevano sempre che ero troppo brutta per avere un fidanzato...".
"Per me sei bellissima" quegli occhioni blu.
"Grazie, ma infondo hanno ragione, loro sono belle ed io no".
"Tu mi piaci appunto perchè non sei una come loro, non sei una slavata. Sei una ragazza riflessiva, intelligente e forte".
"Meno male che ci sei tu che mi tiri su il morale" sorrisi.
"Vuoi farle morire di invidia?".
"Cosa?".
Mi baciò, senza dire ne uno ne due. Voleva dimostrare che l'aspetto non era tutto, e che mi voleva bene.
"Grazie" sospirai sulle sue labbra.
Come due volpi, le tipe vennero da noi.
"Ehi Ari, non ci presenti al tuo amico?".
"Simone, loro sono Michela ed Eva".
"Piacere".
"Sai, sei proprio bravo con i bambini".
"Grazie, mi piacciono molto".
Cominciarono a parlare, ed io feci solo da sfondo. Per fortuna non parlarono di scuola, chissà cosa avrebbero pensato se fossero venute a sapere che era un professore.
"Amore, porto l'acqua a Mattia e gli faccio togliere la maglietta, altrimenti suderà ancora di più" disse alzandosi.
"Sì, hai ragione, stavo per farlo io".
Ormai sole.
"Ma non ha un paio d'occhiali? Guardati, come fa uno bello così a stare con te?" che false.
"Tienitelo stretto uno così, o te lo ruberanno subito".
"Lasciate perdere, non siamo più delle ragazzine, queste cose non attaccano più".
Simone mi fece un cenno, mi alzai, raggiunsi i due maschi e me ne andai. Le lasciai lì a rodersi il fegato. Dopo tanti anni ero io quella che aveva vinto. Mi presi la mia vittoria. Per una volta, anche io avevo qualcosa di cui vantarmi, anche se non ero il tipo da vanto. La vita è proprio strana.
  
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