“Allora,
Castelli, questa parabola la sappiamo
disegnare oppure no?”
Certo che la so
disegnare una stupida parabola, penso, sforzandomi con tutte
le forze di
non alzare gli occhi al cielo “quello che proprio non riesco
a fare è riuscire
a sopportarti ogni dannato giorno”.
Svolgo
l’esercizio alla perfezione (o almeno, lo spero.
Quando si tratta di matematica niente per me può
rappresentare una certezza) e
torno fiera al mio banco cercando di mantenere un’espressione
impassibile.
Sento lo sguardo del prof puntato sulla mia schiena ma cerco di
ignorarlo, come
sempre.
“Bene,
Castelli” esclama. “Altre domande?”
chiede poi,
rivolto alla classe.
Mi
guardo attorno: nessuno accenna a porgere quesiti.
“Bene.
Vorrei parlarvi di un progetto relativo alla
protezione del bosco vicino alla scuola. Come tutti ben sapete, i
sentieri sono
diventati quasi del tutto impraticabili a causa dell’enorme
quantità di rifiuti
che ogni giorno viene gettata sul terreno. Inutile dire che un
comportamento
del genere è a dir poco vergognoso, e che sarebbe da
sciocchi non porre rimedio
a una situazione tanto grave, in particolare da parte di un’
attiva cittadina
di montagna come la nostra” .
Fa
una pausa, e punta i suoi occhi celesti su di me.
Tre,
due, uno …
“Sei
d’accordo, Castelli?”
Annuisco,
accennando un sorriso e cercando di ignorare
i risolini che provengono dalla maggior parte dei miei compagni.
Perché ormai
questa è la routine.
“Come
dicevo, non possiamo starcene con le mani in
mano, per questo motivo ho deciso di dar vita a un progetto di pulizia
ambientale destinato a rendere la nostra pineta un luogo migliore, in
cui poter
passeggiare in tutta tranquillità con i propri figli o, nel
vostro caso, con i
vostri fidanzati”.
Si
interrompe e mi fissa di nuovo. Io abbasso lo
sguardo, pregando con tutta me stessa che il prof. non se ne esca con
una
battuta delle sue. Per una ragazza come me, che di storie
d’amore non ne vive
esattamente tutti i giorni, ascoltare battute di questo tipo non
è grande fonte
di divertimento.
Per
fortuna, l’insegnante si volta e prosegue:”
Sarà
quindi ben accetto chiunque di voi deciderà di aderire al
progetto”.
Si
ferma di nuovo e ci osserva, in attesa di qualche
segnale di approvazione da parte nostra. So a cosa stanno pensando
tutti:
l’idea di ripulire il bosco è carina, ma abbiamo
una quantità di compiti
talmente vasta che nessuno ha voglia di occupare il poco tempo libero a
disposizione raccogliendo cartacce.
Il
silenzio si sta facendo pesante. Il prof. si siede
sopra un banco libero e sospira.
“Sapete”
dice “ studiare è importante. Molto. Ma venire
a scuola significa anche imparare ad aprire la propria mente, a non
fermarsi
alla superficie, a capire il perché
e
il come di tutte le cose.”
Il
suo tono di voce si fa sempre più basso e
malinconico. “Molti studenti sono concentrati soltanto sui
propri voti e non
riflettono su cosa stanno imparando e su cosa potrà essere
loro utile in
futuro. A me non interessa che voi impariate a memoria semplici formule
di
matematica. Io desidero che siate in grado di pensare con la vostra
testa e a
capire ciò che è davvero importante nella
vita”.
Non
lo avevo mai sentito parlare in questo modo. Si
esprime come un uomo aperto e … si, perché no,
anche buono. In effetti ho
sempre pensato che fosse una brava persona. Il problema è
che quest’anno, il
terzo di liceo, mi ha presa un po’ di mira. Non in senso
cattivo, però. Solo un
po’ irritante. Insomma, ogni occasione è buona per
interpellarmi. E non capisco
per niente il senso del suo comportamento.
La
campanella suona, e tutti si alzano, dato che è
l’ultima ora.
Sistemo
le mie cose, pensando che, forse, se mi
sforzassi di sopportare maggiormente il prof, sarei capace di cogliere
le sue
numerose qualità. In effetti tutte le ragazze, le
professoresse e le bidelle di
questa scuola sono cotte di lui, per la sua bellezza certo, ma anche
per la sua
gentilezza e intelligenza. Perché io lo trovo
così fastidioso ?
Afferro
la cartella e mi dirigo verso la porta a capo
chino.
“Castelli”.
Mi
volto. “Sì prof?”. Ormai siamo rimasti
soli nell’aula.
“Spero
che tu dimostri maggiore entusiasmo in questo
progetto rispetto a quello manifestato nell’ultima
interrogazione”.
Resto
del tutto spiazzata, questa non me l’aspettavo
proprio. Lui si alza, mette la giacca, afferra lo zaino ed esce
tranquillamente
dell’aula, borbottando un “arrivederci”,
mentre io rimango lì impalata come una
stupida.
E
dire che poco prima avevo provato un briciolo di
apprezzamento nei suoi confronti.
Te
lo faccio vedere io l’entusiasmo mentre ti tiro un
bel ceffone !