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Autore: lulubellula    27/12/2013    3 recensioni
OutlawQueen
Regina si ritrova catapultata in un luogo sconosciuto dopo Neverland, qualcosa non è andato come avrebbe dovuto, è sola, stanca e ferita.
Sola con la sua coscienza, si ritroverà a fare un bilancio della sua vita, delle sue scelte e delle sue azioni, in un luogo in cui, dimenticare chi è stata non può farle che bene.
Un nuovo inizio, una nuova vita e anche un nuovo amore.
Alla ricerca della felicità e del lieto fine che ha sempre rincorso e che ora si merita.
"Robin si fermò un istante ad osservarla, i suoi occhi si soffermarono su di lei, pur non conoscendola, pur non sapendo chi lei fosse in realtà, non poté far a meno di restare stregato da lei, dalla sua figura sottile, da quel lampo di luce e di dolore che aveva colto quando lei si era voltata, qualche istante prima che perdesse i sensi".
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finding true love (because everyone needs a happy ending)

Pain


Si era svegliata ore dopo, per qualche fugace istante sperava di trovarsi nel suo letto, a Storybrooke, tra lenzuola di lino e cotone, di abbracciare un cuscino morbido e candido, di aprire gli occhi e vedere il soffitto della sua camera, ma sapeva benissimo di non trovarsi lì, di essere dispersa chissà dove, di aver perso la via di casa, di non avere tracce per ritrovarla.

Aveva trovato solo radici amare e bacche troppo acerbe e poco invitanti, ma c’era poco su cui sindacare, era sola, persa e senza mezzi di alcun genere ed era più debole e ferita di quanto non credesse.

Qualche ora più tardi, dopo essersi nutrita e riposata o almeno aver provato a fare l’una e l’altra delle due cose, Regina tentò inutilmente di rialzarsi in piedi, appoggiando gran parte del peso del suo corpo su gambe stanche e stremate, che, com’era ovvio che accadesse, non la sorressero che per pochi secondi.

Ricadde nuovamente a terra, graffiandosi le guance e i polsi, era stremata, sfinita, le forze avevano abbandonato da tempo il suo corpo e, in parte, anche la sua anima.

Si rialzò nuovamente in piedi, aggrappandosi a un bastone trovato per terra, ad ogni passo percorso sentiva il sangue pulsarle nelle tempie, fitte al fianco sinistro a causa di un trauma della caduta, lacrime di dolore e rabbia scenderle lungo il volto sporco di terra e foglie.

Aveva paura, tanta, paura di morire in un angolo di una foresta, un luogo perduto, dimenticato da tutti, che la fine della Regina delle favole fosse la stessa di una mendicante qualunque, paura di non rivedere mai più Henry, che lui con il tempo la dimenticasse.

Se voleva avere anche sola la minima possibilità di sopravvivere doveva prendersi cura di se stessa a cominciare da quella brutta ferita che si era procurata cadendo non appena aveva messo piede in quel nulla in mezzo al niente che era il luogo in cui era stata catapultata contro la sua stessa volontà.

Si tolse la giacca blu che indossava ormai da giorni e sentì un dolore vivo e acuto pervaderla e attraversarle il corpo, il sistema nervoso impazzire dalla sofferenza.

Si fermò per qualche momento, non poteva permettersi di svenire di nuovo, non ancora, non lì, nella solitudine più totale.
Era stata malvagia, cattiva, il Male in persona persino, ma non desiderava mettere la parola “Fine” alla sua tormentata esistenza in quel modo.

Respirò profondamente e temporeggiò un momento, sembrò quasi mancarle il coraggio, poi decise che era meglio non aspettare ancora e guardò la camicetta che indossava sotto la giacca: era intrisa di sangue raggrumato ai bordi, ma rosso e vivo ancora al centro, la ferita doveva essere più preoccupante di quanto pensasse.

Aprì lentamente i bottoni della stessa, a denti stretti, respiri profondi e lacrime calde che le scendevano lungo le guance incrostate di polvere e incredibilmente pallide per via della debolezza.

Il taglio era piuttosto profondo e a contatto con l’aria fredda della sera le sembrava persino bruciare di più, andava assolutamente fasciato e medicato in qualche maniera, ma come?

Lì non c’era nessun Dottor Whale ad aiutarla, nessun anestetico ed era persino troppo debole per tentare di utilizzare la magia, sempre che esistesse nella terra in cui era finita.

Decise di sacrificare le maniche della camicetta, strappandole con i denti, le maniche sarebbero diventate delle ottime bende se solo fosse riuscita ad avere la mente necessariamente lucida e fredda per condurre l’operazione tutta da sola.

Strappò dei lembi di stoffa e li legò poco sopra la vita, la tela da bianca che era diventò immediatamente rossastra, ma perlomeno sembrava compiere la funzione cui la donna la aveva appena destinata.

Regina richiuse la camicia e indossò di nuovo la giacca, in quella foresta cominciava a fare freddo, aveva i brividi, vedeva la luce filtrare dagli alberi ma non sentiva il sole accarezzarle la pelle.

Al solo pensiero che non facesse poi così freddo, ma di sentire comunque quella sensazione, rabbrividì: non era per niente un buon segno, aveva bisogno di trovare una soluzione o sarebbe morta prima di raggiungere il primo centro abitato.

“Dannazione” pensò “la ferita deve essersi infettata, i brividi non sono altro che dovuti alla febbre. Ora che faccio?”.

Le sarebbe bastato trovare un focolare acceso, una casupola abitata da villici, un posto al caldo in cui recuperare le forze, un ovunque che non fosse quel luogo dimenticato da Dio.

Aveva bisogno di qualcuno che si occupasse di lei, anche se odiava ammetterlo, ammettere che Regina Mills potesse dover contare su qualcun altro per salvare se stessa, la sua vita.

Aveva così paura di morire da mischiare lacrime a passi, il dolore fisico che provava faceva a gara con quello psicologico, perché aveva imparato ad amare di nuovo giusto in tempo per perdere tutto, un’altra volta, in un modo non meno straziante del precedente.

“Non tutti possono avere un lieto fine, Regina, l’importante è tra quei ‘tutti’ non rientri tu, mia cara” le aveva detto sua madre Cora, mentre le stringeva il bustino bianco e si preoccupava che il vestito nuziale di sua figlia fosse abbastanza regale per lei.

“Non aspirare a nulla di meno di quanto ti spetti, non lasciare che gli altri ti dicano che tu non puoi andare al ballo, figlia mia, perché ogni singola goccia del tuo sangue merita di essere lì”.

Peccato che non le avesse anche predetto quella situazione a dir poco spaventosa in cui era finita: lei e il nulla a farsi compagnia.

Camminava, Regina, un passo avanti all’altro, a fatica, vedendo la vista annebbiarsi per il male e le lacrime, ma non desisteva, il piede sinistro davanti a quello destro e poi il destro davanti al sinistro, senza darsi tempo di pensare, senza darsi il tempo per crollare sfinita.

Doveva aver percorso un bel po’ di strada ormai o almeno sperava che fosse così, cercava di uscire dalla foresta e trovare sentieri dove potesse passare qualcuno, dove potesse chiedere informazioni, cibo, aiuto.

Raggiunse un masso sul limitare del bosco, si sedette a riprendere fiato e forze, persino quel poco ottimismo che le era rimasto impigliato addosso la stava abbandonando, non c’era via d’uscita, solo una viuzza stretta e tortuosa poco più in là che non le faceva ben sperare, ma solo disperare ancora di più.

Era certa che non avrebbe incontrato nessuno, nessuno di cui si sarebbe potuta fidare almeno, il rischio di incappare in qualche troll di montagna era alto e non avrebbe avuto nessuna possibilità di scampo contro di loro malandata com’era.

“Prendi fiato, Regina” si disse, chiudendo gli occhi per qualche istante “è l’unica possibilità che ti resta quella stradina, l’unica; l’altra non la puoi nemmeno considerare, perché sarebbe restartene qui a morire e non devi, Henry ti aspetta a casa, Henry è la tua ragione di vita ora”.

Inspirò ed espirò, si rialzò e si aggrappò al bastone, doveva solo farsi coraggio e continuare a camminare, solo ancora pochi passi, altri pochi, altri pochi ancora.

Chi voleva prendere in giro? Non sarebbe mai riuscita ad arrivare in fondo al sentiero da sola in quelle condizioni.

Doveva attraversare un ponte di corde piuttosto malandato, mancavano alcuni assi qua e là, ma era l’unico modo per oltrepassare una gola piuttosto profonda e la prospettiva di rimanere da un lato non la attraeva molto, tuttavia nemmeno quella di finire in pasto ai pesci del torrente sottostante la soddisfaceva.

“Ce la posso fare. Un passo alla volta” pensò, tirando l’ennesimo sospiro e accingendosi ad attraversarlo.

“Stai ferma! Consegnami tutto l’oro e il denaro che hai e non ti accadrà nulla! Quello che si usa dire ‘O la borsa o la vita’” si sentì dire alle sue spalle.

Regina restò come paralizzata dalla paura, era incappata in vagabondi, briganti, probabilmente dei ragazzini troppo cresciuti, ma quello che la preoccupava di più era che l’uomo che l’aveva minacciata fosse armato.

Cercò di mantenere la calma e di non far arrabbiare il suo aggressore, si voltò lentamente e fece un passo in avanti nella sua direzione.

“Sono una donna sola, non ho niente qui con me” rispose cercando di interpretare al meglio la parte di una giovane indifesa e senza mezzi, quale, in effetti, era in quel momento, suo malgrado.

L’uomo davanti a lei era alto, dai capelli di una tonalità castana chiara, che dava sul biondo, aveva il volto coperto, ma gli occhi scoperti, di un azzurro torbido, un azzurro che, nonostante la situazione a dir poco surreale, non riusciva a lasciarla indifferente.

“Dalla sua giacca non si direbbe che non possieda nulla, scommetto che sotto tutta questa bella stoffa si nascondono anche dei gioielli” le disse avvicinandosi a lei.

“No, affatto. Non ho nulla con me, se non i vestiti che ho indosso, non ho nulla che lei mi possa rubare” rispose, trattenendo a fatica il dolore della ferita che si doveva essere riaperta per via dello sforzo eccessivo del camminare.

“Non è mia intenzione dare fastidio a una così bella donna, ma mi permetto di insistere e nessuno si farà male” le disse avanzando ulteriormente.

Regina dovette arrendersi e sciogliere un ciondolo che teneva al collo pur di essere lasciata stare dal brigante, l’ultima cosa di cui aveva bisogno ora era di essere derubata da un brutto ceffo in calzamaglia.

Anche se quell’uomo era tutto meno che un brutto ceffo, anzi era del tutto simile a un ladro gentiluomo, una specie di benefattore criminoso.

“Ecco, questo ciondolo è tutto ciò che mi resta, l’ultimo oggetto prezioso che io possieda. Spero che siate soddisfatto”.
L’uomo prese il ninnolo al volo e lo tenne tra le dita per osservarlo, fatto interamente d’oro, sembrava che fosse una specie di cimelio di famiglia.

“La ringrazio, Madame, come vede nessuno si è fatto male, giusto?” le domandò in modo seducentemente beffardo lui.

Regina aveva la fronte madida di sudore, perlata, l’incarnato era divenuto spaventosamente pallido, sentiva che la fine era vicina, che non sarebbe riuscita a resistere ancora per molto, non in quelle condizioni.

Annuì piano per non peggiorare la situazione.

“Si sente bene, Milady?” le domandò preoccupato l’uomo, sfilandosi la maschera che nascondeva un volto ancora più affascinante di quanto la donna non si aspettasse di vedere.

Regina si portò la mano al fianco ferito, il sinistro, e la ritrasse poco dopo macchiata del suo stesso sangue, conscia del fatto che quello non fosse per niente un buon segno, anzi proprio pessimo.

Sentì una forte sensazione di calore irradiarle le tempie, la vista offuscarsi e le parole venirle meno.

“Potrei aver bisogno d’aiut-”iniziò a dire prima di perdere i sensi.

Lo sconosciuto la prese prontamente tra le sue braccia prima che lei potesse cadere a terra e la sorresse come a proteggerla, quella che inizialmente gli era sembrata la solita principessa capricciosa e schifosamente ricca da derubare, forse era più simile a lui di quanto al primo impatto stentasse a credere.

“Daniel” sussurrò lei piano, mentre la stava riportando al suo accampamento.

“Chiunque sia questo Daniel” pensò “di certo non ha saputo prendersi cura di questa donna come lei meriti”.

Pensando a queste parole si diresse verso il centro della foresta, la sua casa, il suo posto sicuro.

 
NdA:
Non so voi, ma io sono curiosissima di vedere Regina e Robin Hood insieme ... ma dovremo aspettare ancora un bel po', nel frattempo vi farò compagnia con questa storia, se avrete voglia di seguirmi. Buone feste!
lulubellula

   
 
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