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Autore: artemix_    27/12/2013    3 recensioni
Clara Oswin Oswald era la ragazza impossibile, il corpo che non si incastrava completamente con quello del Dottore perché non vi era amore in quello che facevano, non vi era amore nei loro sguardi e non vi era confidenza. Non vi era niente. Solo il desiderio sconfinato ed estenuante di qualcosa che non riusciva ad essere portato a termine. Eppure trovavano sempre il modo di trovarsi, loro due.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 11, TARDIS
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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if you hear my voice, come, pick me up;


 
chapter 1
pretty faces and electric souls

 
Baciò quelle labbra secche. Si mise a sedere sul bordo del letto a due piazze che troneggiava al centro della stanza. Nel movimento portò con sé le lenzuola, scostandole via dal corpo addormentato e nudo del Dottore.
Clara Oswin Oswald sorrise tra sé e sé e guardò di fronte a lei.
La stanza illuminata largamente da una luce bianca che filtrava attraverso il vetro davanti a lei. Una finestra che non seppe spiegarsi dove spuntava, poiché non le risultava che dal TARDIS spuntassero finestre.
Ancora col sorriso sulle labbra, scosse la testa in segno di resa e si voltò a guardare quell'uomo dal corpo fragile e magro. Poggiò il mento sulla spalla, spiandolo da sotto le ciocche di capelli che le si erano aggrovigliate leggermente tra sue stesse ciglia. 
Quando guardò a terra, ma stava pensando e quindi il suo era uno sguardo vacuo e pieno di dolcezza, i capelli dal taglio medio le ricaddero ai lati del volto come piccole tende.
Si leccò le labbra e si alzò.
Vagò per la piccola camera da letto, trascinandosi dietro il lenzuolo come uno strascico. Aprì le ante dell'armadio e si guardò, l'espressione corrucciata, attenta ai dettagli di quel riflesso nello specchio proprio dietro il legno. 
Aprì il vestito-lenzuolo che si era creata allargando le braccia e si osservò. Si guardò nuda e presa da quel corpo.
Alzò lo sguardo e nel riflesso poté vedere alle sue spalle il Dottore sedutosi sul bordo del letto.
I capelli scompigliati dal sonno.
Si richiuse il lenzuolo attorno e gli sorrise nello specchio, sapendo che la stava osservando da parecchio.
Non si dissero una parola, lei fece semplicemente scivolare il lenzuolo lungo le sue spalle e fece qualche passo indietro.
Paratosi davanti a lui, si sedette cavalcioni sulle sue ginocchia e gli mise le mani sulle spalle. 
Lui schiuse le labbra quel poco per soffiarle via dal viso delle ciocche di capelli. Lei rabbrividì.
Si chiese se oltre al tempo che passa e al futuro che vive in contemporanea col nostro, in quel mondo che le aveva fatto conoscere lui, non esistesse anche il destino. Se ci fosse davvero un qualche dio che guidasse tutto questo. 
Se il fatto che lei dovesse viaggiare con lui non fosse stato già deciso. Se in quel preciso istante lei doveva davvero sentirsi così, con lo stomaco in gola e la mente che bruciava e il sangue che bolliva e l'aria che mancava.
Se in quel preciso istante era giusto che lei provasse quelle cose, per lui. Un'umana che ardeva per un alieno di 2000 anni.
Gli guardò il mento grande, il naso aquilino, le palpebre doppie. Sorrise e le si formarono le fossette alle guance.
E poi si aggiustò sulle sue gambe, avvicinando la sua sé al suo, sentendosi in dovere di riempire quegli spazi inutili.
E gli baciò la punta del naso, le guance e il mento fino a far scorrere le labbra sulle sue spalle, che teneva ancora stringendole con le dita.
Il Dottore rabbrividì sotto il suo sfiorare.
Posizionò la sua erezione e cominciò a muoversi su di lui. La sua espressione divenne seria, presa, come lo si è sempre.
Lui le morse una spalla e i suoi respiri divennero pesanti, scanditi da un lento ritmo che incalzava.
Clara non pensava ad un'eternità con lui, Clara Oswald pensava al presente. Clara Oswald lo desiderava come non le era mai successo con nessuno. Ora.
 
***

Si alzò e percorse a piedi nudi il TARDIS, la macchina del tempo che ancora faceva fatica a sopportarla.
Si chiese cosa avrebbe pensato di lei dopo quegli attimi insonni, dopo quei sospiri che non sapeva descrivere, dopo quei corpi attaccati a cui non smetteva di pensare. Clara, Clara Oswald che non pensava a nulla se non a salvare il Dottore.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa, quella donna, quella piccola donna dai capelli castani. Si sedette sugli scalini davanti alla console. 
Si mise le mani sul volto e con la punta delle dita e le unghie si premette un po' sopra la fronte, all'attaccatura dei capelli.
Strinse gli occhi e cerco di far calmare il cuore che le andava a mille.
Sentì dei suoni provenire dalla console e con la coda dell'occhio poté vedere tutto illuminarsi.
- Che c'è? - chiese liberandosi il volto dalle mani. - Vuoi lasciarmi in pace?
- Cosa? Di già? - disse un Dottore leggermente deluso.
Clara si bloccò, fissò davanti a sé, non azzardando un minimo movimento. Si sentì gli occhi in fiamme, ma non si voltò.
Neanche quando sentì una carezza sulla nuca.
Il Dottore le stava facendo dei ghirigori con la punta delle dita proprio sotto i capelli che ora erano legati in una crocchia.
Lei cercò di non rabbrividire. Restò ancora un po' ferma, mentre lui con le dita scese lungo la spina dorsale finché lei non sentì un brivido proprio lì dove qualcosa l'avrebbe costretta a voltarsi e ad avvinghiarsi all'alieno.
Piegò le ginocchia e si ritrovò faccia a faccia con quelle fattezze umane. Scontrò il suo naso piccolo con quello lungo di lui. 
Sorrise debolmente, lei, fino a restare a fissare in attesa le labbra sorridenti di lui, che non se l'era presa per niente.
- Avanti, Clara - fece lui fino a far toccare di poco il suo labbro inferiore con quello della ragazza, allungandosi solo per percorrere l'intera linea delle sue labbra.
Clara rabbrividì un'ultima volta prima di mordergli il labbro ed affrontare quella bocca morbida.
Il TARDIS fece qualche suono di disappunto mentre lei apriva le gambe e si legava al Dottore.
Lui la prese per la vita e se la sistemò sulla nuova erezione che spingeva contro i pantaloni e lei allacciò le caviglie dietro la sua schiena. Lo guardò dall'alto e gli sorrise e sospirò di sollievo.
- Oh sono passati solo quindici minuti, Clara - disse il Dottore che però non aveva nessuna intenzione di mettere fine a tutto questo. Cominciò a guidarla nei movimenti.
- Qui il tempo - cominciò lei mentre si faceva guidare - funziona... diversamente, vero… Dottore? - ansimava nei movimenti e guardò il soffitto, stringendo i polsi dell'alieno che le tenevano la vita.
Lo sentì annuire mentre liberava uno dei polsi dalla stretta e l'attirava contro le sue labbra prendendola per la nuca.
Mentre si scontrava contro l'unica cosa che riusciva a distinguere con la vista annebbiata dal sesso, il suo sorriso, Clara notò il suo nervosismo. Notò che nei suoi gesti c'era la novità del bambino.
Era la prima rigenerazione del Dottore con la quale intratteneva rapporti e si chiese come si sentisse un uomo, una faccia, quel tipo di rigenerazione, rapportandosi con un corpo che non fosse quello di sua moglie. Qualcuno che avrebbe incontrato ancora, lei, qualcuno che avrebbe visto e che avrebbe riconosciuto tra mille, lui. Un corpo che si incastrava col suo perché vi era amore in quello che facevano, vi era amore nei loro sguardi e c'era confidenza. C'era tutto ciò che per lei non avrebbe provato mai.
Pensò questo, Clara Oswald, mentre si muoveva su di lui e contro le sue labbra che invece non trovavano difficoltà nel trovarsi un posto sulle sue, che si adattavano. 
Aprì gli occhi solo un attimo per fissare quelli suoi, semichiusi, che forse non pensavano a tutto questo.
Era lei quella che si ritrovava colta da improvvisi dubbi, era lei quella a cui il cervello si attivava sempre, quella che agiva razionalmente. Soprattutto razionalmente.
Ma forse lui desiderava davvero lei, la ragazza impossibile, desiderava la ragazza che lo salvava da sempre. E in quel momento non pensava alla donna che invece lo aveva salvato sempre.
Lei non si pose questo tipo di domande, c'erano troppe complicazioni persino nel pensarle, ma lo fece, pensò a queste cose e non si chiese nulla.
Cercava di darsi solo delle risposte senza nessun tipo di domanda.
Sentì le dita di lui scorrerle incerte lungo la maglia del pigiama, intente a sfilargliela.
Clara pensò che quel pavimento era stato chissà quante volte preda di scappatine come quella. Magari mentre lei dormiva, lui usciva e portava dentro River. Dentro il TARDIS, dentro di sé. Dentro la sua vita, un po' di più, sempre di più.
Ma poi staccò le labbra e affannata guardò gli occhi curiosi e dolci di quell'uomo troppo giovane e innocente per essere così scaltro e non pensò più a nulla.
Se avesse dovuto sorbirsi una guerra contro River, lo avrebbe fatto.
Perché lei era una maniaca del controllo. Lei era una maestra di inglese, lei era una donna a cui forse il Dottore stava ripagando i salvataggi. E lei voleva solo scappare dalla sua vita e fingere che con lui sarebbe andato tutto bene, che stare con lui le avrebbe fatto bene e gli, soprattutto, avrebbe fatto bene.
Lei era solo una a cui non fregava niente di-
e sì cavolo, si alzò la maglia e si fece pizziccare da quelle dita tremanti e, che importa, si disse. Ora ci abbiamo.
E se ora stai bene, Dottore, salvami tu. Stavolta.
Perché alla fine era questo quello che facevano, si salvavano a vicenda.

 
a/n:
okay, andrò con calma, perché devo psicologicamente riprendermi dalla rigenerazione e non voglio esagerare nelle descrizioni di 11 perché infangherei la sua memoria ahaha, e perché proprio non ce la faccio, pur avendola scritta tempo fa. Spero che questo primo capitolo possa piacervi. Baci.
  
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