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Autore: lisettola    28/12/2013    6 recensioni
“Non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu...” sussurrò all'improvviso Sherlock.
“Scusa?” chiese John, distogliendo lo sguardo dalla tv per rivolgerlo al detective.
Quest'ultimo si alzò dalla sua posizione e lo fissò a sua volta. “Non sarebbe potuto essere
nessun'altro, se non tu. Me lo hai detto tu, almeno tre volte negli ultimi due mesi.” affermò con voce
ferma.
“Oh... davvero?” disse il medico, imporporandosi leggermente – non se ne era neanche reso conto.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa Storia e' stata scritta per la Lotteria di Natale del TCaTH... perche' sono delle persone fantastiche e io le amo tanto. <3
Hanno scritto delle cose meravigliose quelle donne! Per non parlare di tutti i bellissimi prompt....
Grazie a Macaron per aver organizzato questa cosa bellissima. <3
Prompt: "Non sarebbe potuto essere nessuno altro, se non tu."
Per SofiaAmundsen
Buon Natale.... :)

Part one: The big brother paradigme.

Il caso era stato risolto. Nulla di cui stupirsi, se Sherlock Holmes era coinvolto.
John era pronto per tornare a casa, stanco, bagnato come un pulcino e arrabbiato con il detective, il
quale lo aveva costretto a buttarsi nello stagno dove il colpevole lo stava praticamente affogando.
“Andiamo a casa, ti prego.” Disse John, disperato, una volta finite le deposizioni.
“Potremmo anche farlo... ma il Governo Inglese ha deciso di porci visita.” Rispose accennando con
la testa ad una macchina nera che si era appena fermata a pochi metri da loro.
“Oh Signore. Non c'è pace.”
Mycroft Holmes scese dalla macchina e li raggiunse con passo pacato ma deciso.
“Un altro caso risolto dal grande Sherlock Holmes, non ci si poteva aspettare un buco nell'acqua.”
Affermò in tono derisorio.
“Mycroft, hai rinunciato alla tua torta serale per venire a dare il tuo inutile parere a chi non ne ha
bisogno? Ne sono onorato.” rispose tagliente l'amico.
John, che li osservava in disparte, tremante nonostante la coperta che gli avevano dato, sbuffò
annoiato. “Potete rimandare i battibecchi ad un altro momento?”
Lo guardarono entrambi come se si fossero dimenticati della sua presenza e il maggiore Holmes gli
sorrise, sardonico.
“Sono semplicemente venuto a controllare le condizioni del mio fratellino e a ringraziarla, dottore,
per tirarlo fuori da ogni inconveniente.”
“Piantala di parlare a vanvera e vai a ficcare il tuo enorme naso da qualche altra parte.” ribatté
Sherlock.
“Abbiamo già un esperto qui, non è vero, Sherlock? John, ti ha mai raccontato di quella volta da
piccolo...” iniziò con un sorrisetto malefico.
“Non osare!” inveì il detective cercando di allontanarsi dal fratello e trascinandosi dietro John.
“Eh no! Questa la voglio sentire!” disse quest'ultimo con un sorriso divertito. “Non mi racconti mai
nulla Sherock, sembra che tu non sia mai stato bambino. Continua, Mycroft.” Concluse, lasciando
Sherlock dietro di sé per avvicinarsi all'altro.
“Non è mai stato un bambino tranquillo, il mio caro fratellino, ma questo credo che tu possa
immaginarlo. A sei anni aveva questa predilezione per infilarsi nelle camere altrui e nascondersi
negli armadi per non farsi trovare dal tutor che aveva appena iniziato a fargli le sue 'noiose' lezioni
di letteratura. È così che ha iniziato dedurre le persone, controllando cosa la persona teneva
nell'armadio per passare le ore in cui vi stava rinchiuso. Puoi immaginarti perché allora non
riuscissimo a tenere i domestici per più di due settimane.” Concluse, fingendosi platealmente
scocciato. John rise di gusto nell'immaginarsi un piccolo Sherlock arrampicarsi in ogni armadio e
andare in giro per casa a raccontare ciò che trovava, facendo scappare ogni impiegato della
famiglia.
“Non è vero. Non credere a una sola parola” affermò quest'ultimo, offeso e imbarazzato.
“Si che è vero, ti ci vedo troppo. Molto ‘alla Sherlock’.” disse John, continuando a ridacchiare.
“Quello non sono affatto io.” ribatté ancora il detective, spogliandolo della coperta che aveva sulle
spalle e recuperando la giacca completamente fradicia.
“Non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu.... Ehi! Dove stai andando? Aspettami!” esclamò
alle spalle del detective, che si stava allontanando velocemente, adirato.
“Fatti dare un passaggio dal tuo caro amico Mycroft. Io non divido il taxi con i traditori.” Disse
Sherlock facendo scena. John, nonostante ciò, sorrise mentre gli correva dietro e una volta
raggiunto non fu allontanato.
“Cinese stasera?” disse il dottore sentendo lo stomaco brontolare, dopo un po' che camminavano in
silenzio.
“Thailandese. Offro io.” rispose Sherlock, dimenticando di mantenere la facciata.
Trovarono un taxi sulla strada principale, vi montarono e una volta dato l'indirizzo si rilassarono sui
sedili, cullati dal calduccio della vettura.
“John?” disse all'improvviso Sherlock, Guardandolo intensamente.
“Mmh?”
“Grazie.” Non c'era bisogno di chiedere altro, sapeva che si riferiva a quello che aveva fatto quella
sera; al medico non importava, gli importava solo del calore che quella piccola parolina gli aveva
procurato. Non la usava spesso, il detective: era riservata solo a lui.
“Non dirlo nemmeno.” rispose, sorridendogli caldamente e poggiandogli una mano sulla spalla.
Era stancante stare dietro a quel pazzo del suo coinquilino, ma momenti come quello ripagavano
tutto il resto.

Part two: The friendship duality.

John non sapeva di preciso cosa aveva sognato. Forse ricordi di guerra, forse la caduta. Forse
entrambe.
Qualunque fosse il suo sogno, si era appena svegliato a causa delle sue stesse grida, madido di
sudore e con il cuore a mille. Cercò di fare qualche respiro per calmarsi ma, anche se la cosa
aiutava, si prospettava comunque l'ennesima notte insonne.
Scese le scale e raggiunse la sala, dove vi trovò Sherlock alle prese con la pulizia del suo
preziosissimo violino.
“Incubo.” disse il detective, senza neanche porsi la domanda.
Il medico mugugnò qualcosa di indefinibile e si sedette sulla sua poltrona, rannicchiato e con una
coperta di pile gettata su di sé a fargli da bozzolo. Si sentiva stremato, come se avesse corso per
miglia, eppure il sonno gli sfuggiva.
Mentre se ne stava lì a fissare il muro il detective si alzò, sistemò il suo violino e iniziò a suonare.
Suonava una melodia lenta, dolce, che in poco tempo iniziò a rilassarlo. Fino a farlo addormentare
pochi minuti dopo, senza neanche rendersene conto.
Quando aprì gli occhi non sapeva dire quanto avesse dormito, poteva solo pensare che la musica si
era fermata. Alzò lo sguardo e vide Sherlock che sistemava lo strumento nella sua custodia.
“John, vai a letto. Sembri esausto, ho bisogno del mio blogger in piena forma.” disse con un
sorrisino, prima di iniziare ad avviarsi verso la sua camera.
“Sherlock... Grazie.” Disse John, intorpidito dal sonno.
“Le persone curano le amicizie. Dovrebbe essere un dare/ricevere, e con tutto quello che fai per me
questo non è niente. Chiunque altro lo avrebbe fatto.” rispose semplicemente il detective.
“ Non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu. Non avrebbe avuto lo stesso risultato.”
concluse John alzandosi dalla poltrona, ancora avvolto dalla coperta, e ciondolando verso la camera
al piano di sopra. “Buonanotte.” sussurrò prima di iniziare a salire le scale.
“Buonanotte, John.”

Part three: The bond conundrum.

Tornando a casa da una lunghissima giornata lavorativa, tutto quello che John voleva fare era
mettersi in poltrona con un tè e guardarsi le repliche di Doctor Who. Ecco, sì, quello era un bel
piano.
Mentre saliva le scale sentì Sherlock, che sicuramente aveva riconosciuto il suo passo, chiamarlo
dalla cucina. “John... John, potresti venire qui?” Il tono della sua voce era decisamente troppo
strano per i gusti del medico, che si affrettò a raggiungerlo.
Arrivato in cucina la vista che gli si poneva era a dir poco disastrosa. Il tavolo era completamente
ricoperto da un liquido trasparente che emanava un cattivo odore e Sherlock era chino sul lavandino
con una mano immersa in una bacinella, tutto ciò che prima era sul ripiano accanto a lui ora era in
terra.
“Che diamine è successo?” chiese il medico, avvicinandosi all'amico.
“Stavo sperimentando con gli acidi e ne ho rovesciato un po' su una mano. Ero un po' stordito dai
fumi. L'ho messa subito in acqua e bicarbonato.” disse debolmente.
“Sei un idiota! Ti ho sempre detto di indossare la maschera! Ma no, il grande Sherlock Holmes è
troppo superiore per quella!” disse John, adirato, mentre apriva le finestre della casa per mandare
via le esalazioni. Infine si avvicinò al detective. “Fammi vedere la mano.” disse secco all'amico.
Per fortuna erano solo bruciature lievi e non ci sarebbe stato bisogno dell'ospedale.
Prese la cassetta del primo soccorso e da lì la crema apposita che teneva sempre – crederci o no, non
era la prima volta che lo vedeva bruciarsi, indistintamente da cos'era la sostanza o il modo con cui
lo faceva.
Gli asciugò la mano delicatamente con un po' di garza e con tocco leggero spalmò la pomata sulla
zona lesa.
Mentre lo fasciava lo guardò male. “Quando ti deciderai a darmi ascolto?”
“La mascherina è fastidiosa, non posso vedere chiaramente e....” cominciò risoluto Sherlock.
“Tutto ciò che preserva la tua salute per te è fastidioso!” sbottò John in risposta: “la mascherina è
fastidiosa, aspettare la polizia per irrompere in casa del sospettato è inutile e mangiare è noioso!”
“Ci sono cose più importati.” Disse Sherlock imperterrito.
“Nulla dovrebbe essere più importante di mantenersi in vita! La prossima volta, sai cosa ti dico? Te
la cavi da solo. Sono stanco e non posso più passare la mia vita a starti dietro e riparare ai tuoi
danni!”
John si allontanò, salendo le scale e sbattendo la porta di camera sua prima di sdraiarsi sul letto e
chiudere gli occhi, cercando di non pensare a nulla. Inutile dire che non funzionava.
Ovvio che sarebbe sempre stato pronto ad aiutare Sherlock nel momento del bisogno, ma l'altro non
gli rendeva per niente la vita facile.
Era stanco, stressato dalla lunga giornata, e non pensava seriamente ciò che aveva detto... magari
sarebbe dovuto tornare dal detective e parlarne con calma.
Prima che potesse fare qualsiasi altra cosa, sentì un lieve bussare alla porta.
“John? Posso entrare?” Sherlock era decisamente troppo mansueto.
“Entra.” Rispose John semplicemente, sedendosi sul letto.
Il detective aprì la porta e fece qualche passo verso di lui. “Ho sistemato, in cucina. Ho asciugato la
tavola usando i guanti e buttando via tutto.” Disse, fermandosi al centro della stanza. Quello era il
suo modo di scusarsi e John lo sapeva, quindi sorrise.
“Mi dispiace di aver detto quelle cose. Non le penso davvero, lo sai. Sono stanco e mi è sono
spaventato, avevo paura per te.” aggiunse il medico, cercando di essere più schietto possibile.
“Ciò non toglie che hai ragione.” Gli disse Sherlock. John pensò che, a questo punto, il mondo
poteva finire, perché Sherlock gli aveva dato ragione.
“Non fare quella faccia, altrimenti mi rimangio tutto.” terminò il detective, sedendosi a gambe
incrociate sul letto del dottore. “Non ti chiedi mai se sarebbe meglio trovare qualcun altro, come
coinquilino? Se non fosse stato meglio che Stanford ti avesse portato da qualcuno come Lestrade,
ad esempio, invece che da me?” Chiese infine, guardando il copriletto.
“No.” rispose John, sicuro come non lo era mai stato. “Sei una palla al piede alle volte, è vero.... ma
non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu. Ne sono certo. Non potrei immaginarmi al fianco
di nessun'altro.” concluse con un sorriso, che venne ricambiato dal detective. Uno di quelli sinceri,
che gli illuminavano il viso.
Uno di quelli riservati solo a John.

Part Four: The Sherlock Holmes hypotesis.

Era la vigilia di Natale e John aveva convinto Sherlock a mettersi buono sul divano con lui.
Doveva ammetterlo, erano passati mesi da quando era tornato dopo la sua finta morte e le cose non
potevano andare meglio di così.
Da quel giorno il detective si era dimostrato più docile del solito; certo, era sempre il solito
Sherlock, ma con un pizzico di gentilezze in più riservate a John.
Come in quel momento, sdraiato sul divano con le mani sotto il mento, perso nei suoi pensieri e con
i piedi sotto una gamba del dottore, che aveva poggiato una mano su un ginocchio dell'amico e
faceva zapping tra i canali in TV in cerca di qualcosa da guardare.
“Non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu...” sussurrò all'improvviso Sherlock.
“Scusa?” chiese John, distogliendo lo sguardo dalla tv per rivolgerlo al detective.
Quest'ultimo si alzò dalla sua posizione e lo fissò a sua volta. “Non sarebbe potuto essere
nessun'altro, se non tu. Me lo hai detto tu, almeno tre volte negli ultimi due mesi.” affermò con voce
ferma.
“Oh... davvero?” disse il medico, imporporandosi leggermente – non se ne era neanche reso conto.
“Sì. Stavo riflettendo su quello che potesse significare da un po'... sentimenti. Non è esattamente il
mio campo.”
“Sherlock...” fece per ribattere John, agitandosi in maniera imbarazzata sul posto.
“Sono giunto alla conclusione che qualsiasi significato tu voglia dargli, possa valere anche per me.”
disse infine il moro, perforandolo con i suoi occhi di ghiaccio.
“Ah. Davvero?”
“Sì.”
“Tutti. Ne sei certo?
“Non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu, a riuscire nel condividere un appartamento con
me. Non sarebbe potuto essere nessun'altro, se non tu, ad accogliermi nuovamente nella tua vita
dopo che sono sparito tutto quel tempo, buone intenzioni o meno... A rinunciare di andare a vivere
con la tua ragazza per continuare ad essermi vicino, finendo per lasciarla. A essere sempre pronto a
rischiare la tua vita per me.”
“Perché mi dici queste cose? Certo, sono apprezzate, desiderate... ma non è da te.” disse John con
voce tremante.
“Perché ho temuto una volta di troppo di perderti, e so che voi persone normali apprezzate questi
sentimentalismi.” rispose Sherlock sottolineando l'ultima parola con disprezzo. “Ho pensato che,
magari, se tu sapessi ciò che penso la prossima volta che faccio qualcosa che ti fa arrabbiare potrei
evitare il rischio di perderti di nuovo.”
John rise e poggiò una mano su quella di Sherlock. “Ecco, adesso ti riconosco.” Sorrise poi alla
finta faccia offesa di Sherlock e continuò: “non potrei mai allontanarmi da te. Non potrei... al
massimo ti prenderò a pugni se davvero mi fai arrabbiare. Non sarebbe la prima volta.” concluse
con un ghigno.
“Il mio fedelissimo John Watson.” disse Sherlock, rispondendo al ghigno e incrociando le dita con
quelle dell'altro, formando una presa salda.
Rimasero un po' in silenzio a fissare le loro mani intrecciate, finché John non lo ruppe. “Con ‘tutte’
intendi anche... voglio dire, va tutto bene, davvero, ma...”
“Possibile. Probabile...” rispose Sherlock, facendo diventare le sue guance più rosee.
“Proviamo a confermare l'ipotesi?” disse il dottore in un sussurro al quale il detective rispose con
un cenno affermativo del capo.
John smise di respirare per qualche secondo ma si fece coraggio. Si avvicinò lentamente a Sherlock
fino a poggiare le labbra sulle sue, in un bacio dolce e delicato.
Se le sarebbe sognate la notte quelle labbra morbide... per lui non c'erano più dubbi di alcuna sorta
sull'argomento. Nessun'altro poteva sostituire Sherlock Holmes nella sua vita: lo amava, in ogni
senso, come non aveva mai amato nessun altro.
Sentì una mano del detective intrufolarsi nei suoi capelli, le labbra schiudersi, e non ce la fece a
trattenere un verso di trionfo che gli partì dritto dal petto.
Proprio quando il bacio si stava facendo intenso, furono interrotti dal suono dell'orologio a cucù
della signora Hudson e si separarono a mala voglia, arrossati in volto e con il fiato corto.
“Buon Natale, Sherlock.” sussurrò John, poggiando la fronte su quella dell'altro.
“Buon Natale...” rispose l’altro con un sorrisetto.


“Ah, John?”
“Si?”
“Nonostante i risultati più che positivi, credo che dovremmo ripetere l'esperimento e ampliarlo con
nuove varianti. Non so dirti quante volte.”
“Quando vuoi, Sherlock. Non potrei mai tirarmi indietro.”
  
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