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Autore: elfin emrys    28/12/2013    3 recensioni
[Perchè l'avevo detto che avrei fatto un'intera one-shot su Lovino e Federico II di Svevia]
-Fisicamente... era...
Fisicamente era
Sospirò.
-Beh... crucco.
Fisicamente era crucco.
Guardò la frase. Strappò il foglio.
-Che sciocchezza.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stupor Mundi

 

1194-Nascita di Federico II a Jesi da Enrico VI Hohenstaufen, Imperatore del Sacro Romano Impero, e da Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II Re di Sicilia

Lovino sospirò, mettendosi una mano sul viso. Aveva aperto quel libro dopo tanti anni. L'aveva comprato subito dopo la guerra, forse, e non l'aveva mai aperto. Guardò la copertina, in cui il bel titolo dorato “Federico II” attirava tutta l'attenzione, che passava superficialmente sulle decorazioni ben fatte e imponenti.

Feliciano, al piano di sotto, cantava ad alta voce qualcosa: forse stava cucinando per il pranzo.

Lovino aprì nuovamente il libro, stringendo la carta robusta quasi a doverla strappare da lì.

1197-Costanza affida il figlio alla Duchessa di Spoleto. Federico viene battezzato ad Assisi. Poco dopo muore il padre Enrico VI e Costanza si riunisce al figlio alla Corte di Palermo

1198-Costanza fa incoronare il figlio Re di Sicilia e lo pone sotto la protezione del nuovo papa Innocenzo III, poi muore

Lovino ringhiò. E con questo? Cosa importava da dove venisse, dove era stato battezzato? Non era importante, non era quella la sua storia, non era una cosa che valeva la pena ricordare. Diamine, che si arrivasse subito al sodo, che si parlasse del Federico che tutti avevano conosciuto -che lui aveva conosciuto- e si volasse sopra quelle notizie inutili!

Lovino si alzò, fece il giro della stanza, poi si risedette e continuò a leggere.

1198/1205-A causa del dissesto politico creatosi in seguito all'estinzione della Casa di Altavilla, Federico viene ignorato dai suoi stessi tutori. Continua a vivere a Palermo, dove si incontrano cristiani, ebrei e musulmani provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo.

Ma come...?

Lovino iniziò a sfogliare velocemente il libro, vedendo date su date, anche nei momenti di vera e propria prosa. Lo chiuse e lo pose lontano.

Non... non si poteva parlare di quell'uomo così. Non era possibile, non si sarebbe mai capita la sua grandezza, non avrebbe mai reso la sua storia.

Lovino riprese il libro in mano, lo aprì ancora, incredulo, e lo buttò dall'altra parte della stanza. Era... strano, leggerlo, come se lo stessero prendendo in giro.

Avrebbe detto lui come bisognava scrivere al riguardo.

Lovino afferrò della carta e si mise seduto, poggiando la punta della penna sul foglio. Il petto si alzava e abbassava velocemente. Provò a muovere la mano, ma non uscì inchiostro.

-Cosa dovrei scrivere?

Qual era, qual era il titolo che potesse rappresentare Federico II in tutta la sua interezza, nella sua essenza? Semplicemente il suo nome non era abbastanza: “Federico” non era altro che una parte di lui.

Picchiettò con la penna sul foglio. Neanche aveva iniziato e già aveva il blocco dello scrittore. Scrisse una lettera, ma poi esitò e la cancellò. Poi provò a scrivere “Re di Sicilia”, ma non era abbastanza e ci scarabocchiò sopra.

Si guardò intorno cercando ispirazione, ma non c'era nulla che potesse suggerirgli un titolo. Chiuse gli occhi e poggiò la fronte sul foglio.

-Cazzo.

Sospirò irato e cominciò a fare disegnini all'angolo della carta. La sua mente si estraniò un attimo, perso e attento nel segnare quello che doveva essere un fiorellino.

Stupor Mundi

-Mh?

Sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando quelle due parole gli toccarono i pensieri.

Stupor Mundi

Lovino sbarrò gli occhi, guardando il foglio. Ma certo. Il suo soprannome in cui tanto veniva rappresentato, non c'era titolo migliore.

E quindi scrisse quel nome in grande subito sotto le altre due prove. Sorrise soddisfatto. Poi riposò la penna sul foglio.

E ora? Doveva forse descrivere com'era fatto fisicamente?

-Fisicamente...

Cercò di ricordarselo.

-Fisicamente... era...

Fisicamente era

Sospirò.

-Beh... crucco.

Fisicamente era crucco.

Guardò la frase. Strappò il foglio.

-Che sciocchezza.

Sospirò, guardando il soffitto.

-Non posso iniziare da come era fisicamente. Iniziamo dalla data di nasc... ah, cazzo, è come hanno fatto quei bastardi di autori.

Riscrisse il titolo su un altro foglio bianco, poi posò il capo sul tavolo.

-Merda, è difficile.

Sbuffò, stringendo la penna fra le dita. Guardò le proprie unghie, borbottando. Si alzò e fece il giro della stanza.

-Potrei iniziare dicendo il suo nome.

Federico II di Svevia.

-Mmmh... naaa!

Lo cancellò e provò ancora a trovare qualcosa che andasse bene. Magari qualcosa di simile a “C'era una volta”. Ma sembrava una favoletta per bimbi. Allora, forse, poteva iniziare dicendo le sue più grandi imprese! Ma così si tornava al punto di partenza, al mero fatto storico.

Lovino diede un calcio al tavolo, che si spostò, poi ne diede uno al muro.

-AAAHI!!

Il ragazzo si prese il piede.

-Merdamerdamerda! Dolooooreee! Fottiti, stupido muro!

Romano diede un cazzotto alla porta, poi la chiuse a chiave sentendo Feliciano che gli chiedeva cosa stava succedendo.

-Nulla, fatti gli affaracci tuoi.

Lovino sentì quasi le lacrime agli occhi a vedere quel foglio così miseramente vuoto. Guardò il libro che aveva scaraventato sul letto.

-Fanculo le regole, scriverò come cazzo mi pare.

Prese nuovamente la penna.

Poteva anche sembrare un rincoglionito agli occhi del popolo dell'Impero Tedesco -quel ragazzino crucco e stupido- ma la realtà era che credeva nell'Italia, nel Sud Italia. Credeva in me.

Non era un uomo bello, per come lo vedevo io: sembrava solo uno di quei crucchi bastardi che venivano quando gli pareva, per rubarci il cibo, la libertà e andarsene. Pretendevano che io lavorassi per loro in silenzio, che me ne stessi buono buono e sottomesso. Tanto per cominciare, non li dovevo insultare. Ah, come se avessi potuto riuscirci.

Con lui non ci fu mai bisogno di farlo.

E' vero, non era mai stato il mio mito, all'epoca, eppure quando morì, il mio re, piansi. E piansi quando morì anche Manfredi e quando decapitarono Corrado a Napoli.

Federico pensava che io sarei potuto essere forte. Ed era il mio sogno.

Mio fratello non capì mai, tentò di ostacolare l'imperatore in tutte le maniere. E neanche Vaticano riuscì mai a comprendere quanto fosse importante per me -del resto, non lo compresi subito neanche io.

Come Sud Italia, ma ancora di più come Lovino Vargas, sento il dovere profondo di dire che uomo fosse, Federico, e raccontare perchè non c'è definizione migliore di “Stupor Mundi”.

Era lo stupore del mondo, lui, perchè vedeva in me il futuro, perchè amava dilettarsi con i falchi e amava le persone che andavano e venivano da casa mia, di tutte le culture e di tutti i paesi.

E quei bastardi -l'Impero, Vaticano, il mio stesso fratello- me lo portarono via, accerchiandolo, facendolo tradire anche dai suoi più stretti amici.

Ero diventato alto, sapete, ero alto quanto quel pervertito di Francia o quel pedofilo di Spagna, ma poi, dopo la morte di Federico, non riuscii a continuare.

Non crebbi più.

Lovino si portò il tappo della penna alla bocca, masticandolo. Vabbè, si poteva dire andasse bene: del resto era la verità. Dolorosa, vero, ma era quella.

Sorrise un secondo, pensando a cosa scrivere. Piano cominciò a ricordare più cose, comiciò quasi a vedere la figura di Federico di fronte a sé. Chiuse gli occhi e sospirò. Sì, sì, era giusto che si iniziasse così, era giusto che si iniziasse con la memoria. E così, ricordò.

Si dice che la speranza sia l'ultima a morire. Ho sempre odiato questa frase perchè sottointende che a un certo punto questa morte avviene, anche se per ultima. Ed è la morte più dolorosa

dolorosa distruttiva

distruttiva e pietosa cui un qualunque essere umano potrà mai assistere.

E la mia di speranza è morta con lui. Un impero mancato, un qualcosa che poteva essere ma che non divenne mai. Mi sentivo molto orgoglioso di me stesso, all'epoca, nonostante non comprendessi bene il valore di quello che avevo.

Federico era un personaggio curioso. Era lungimirante, orgoglioso di se stesso (e di me). Ma nessuno lo capiva. Si era circondato di grandi uomini e aveva costruito fortezze e castelli sul mio territorio. Aveva accolto persone di ogni tipo, di ogni genere. Mi ricordo che si divertivano a scrivere e a comporre poesie: anche io lo facevo. Molti, ora, riconoscono i miei nostri lavori di allora come un semplice esercizio letterario, ma io non lo sentivo così. Neanche Federico lo sentiva così. Le cose che scrivevamo, anche se non vere o vissute in prima persona, erano comunque sentimenti che riuscivamo ad accogliere, che percepivamo in noi stessi anche senza che esistesse effettivamente un qualche destinatario. Ora, non ricordo come ci riuscivamo. Ci riunivamo tutti dentro una sola stanza e io dovevo sedermi su qualcos'altro per riuscire ad arrivare al tavolo.

Mi ricordo che ogni mese Federico mi misurava, diceva che crescevo a vista d'occhio: man mano, non dovetti più salire sulla punta dei piedi per raggiungere quel dannatissimo tavolo (ma ammetto che impazzii per riuscirci). E mi ricordo che mi portava a caccia con sé, che mi faceva vedere i falchi e, mostrandomi le coste della mia terra, mi faceva capire che mai nessuno, a parte me, l'avrebbe posseduta.

-Nessuno...

Lovino lasciò andare un attimo la penna, guardando il muro davanti a sé. Poi ricominciò a scrivere.

Lo Stupore del Mondo era un diplomatico, lo Stupore del Mondo era davvero un bravo re, cazzo, davvero bravo. Fece delle leggi insieme a me, non ricordo neanche più l'anno, me le donò. Io, ora, non le saprei più ripetere, eppure le sento dentro le leggi di ora, dentro le leggi che nei secoli ho sentito dire da altri. Li sentii affermare che erano loro, che le avevano inventate loro. Minchiate.

Ma lo Stupore del Mondo non era solo un amministratore, non solo un uomo di cultura. Ora come ora, credo di odiarlo per avermi lasciato. Non doveva morire, non in quel periodo così cupo per me, in cui tutti ci andavano contro. E io non ho saputo resistere, non ho saputo tenermi quello che lui aveva costruito. Non sapevo neanche se era vero che era morto di causa naturale o era stato avvelenato: che imbecille... Lui mi aveva portato alla vittoria, il mio solo esercito sotto la sua guida aveva battuto quello unito dell'Impero, del Vaticano e di mio fratello. Non scorderò mai quanto risi, il giorno della vittoria. Mi fa ancora male la faccia! E io? Io non ero neanche stato capace di capire che la situazione stava precipitando, che il mio malcontento per alcune vicende aveva generato molto più male di quanto doveva.

Ci furono i Francesi, dopo di lui. Quei bastardi, non facevano altro che divorare la mia terra. E Francia mi palpava ogni secondo, quello stronzo! Pur di liberarmene, chiesi aiuto a Spagna, mi fidai di lui. Il risultato fu la servitù, la perdita di tutto quello che mi ero conquistato.

Federico se n'era andato. Suo figlio e suo nipote furono uccisi, gli unici due che credevano ancora nel nostro sogno.

E il colpo per me fu troppo grande da affrontare.

Romano si guardò la mano, riflettendo. Ancora non aveva digerito quegli eventi, ancora, dopo secoli, gli tornavano alla mente. I suoi occhi si inumidivano.

Nonostante fossi alto rispetto ad altri, ero solo un bambino...

Mi viene quasi da sputare addosso ai ricordi che ho. Il paradiso che Federico aveva costruito con me -in me- non è durato abbastanza.

A causa sua, odio tutti i crucchi. Sono stati loro a farmelo fuori, a distruggerlo. Il figlio lo rimproverava dicendo che doveva lasciarmi. Lo mando a fanculo ancora adesso, spero che si stia rivoltando nella tomba.

Ho amato Federico, perchè era anche il mio stesso stupore.

Lovino sorrise amaramente. E chi non si sarebbe sorpreso nel sentirlo parlare? Considerava il Sud Italia la sua vera patria, l'unico luogo dove si potesse istituire qualcosa di eterno. Un mondo separato dal mondo, un mondo che era da esempio al mondo. Un mondo con un caratteraccio aspro, ma che gli pareva fatto d'oro. Resistente, imperituro.

Lovino non negava che c'era anche un interesse politico. Ma come poteva essere solo quello, come poteva non averlo amato davvero? Il suo affetto appariva così profondo...

Lo chiamavano “Puer Apuliae”, i tedeschi, perchè lo disprezzavano per aver preferito me a loro. In Vaticano dicevano che era Satana, che era la Bestia.

Non posso dire che Federico non sia stato un uomo del suo tempo. Ci furono stermini, deportazioni, questo non lo nego. Anche l'economia... No, non si era in buone acque. Non nego che avesse modi bruschi, a tratti un po' altezzosi. Non potrei farlo, sarebbe tacere l'uomo che fu. Ma non posso neanche dire che non fu il mio imperatore. Non fu l'imperatore di quei crucchi, per me.

Lo Stupor Mundi era meridionale.

Romano rilesse la pagina che aveva scritto. Era confusionaria, ma vera. Prese il foglio e lo ficcò dentro il cassetto della scrivania.

-Quanto sono idiota.

I suoi sentimenti riguardo a quegli eventi erano ancora così vaghi e così imprecisi. Come allora, ammirò fortemente lo Stupore, ma lo odiò pure. Come allora, gli parve strano averlo visto sia nella culla che nel letto di morte. Come allora, per un momento, gli parve di essere invincibile.

Tutto si mischiò nella sua testa. Quegli occhi azzurri, le mani callose, il viso espressivo. Lovino sospirò, sbattendo leggermente la testa al tavolo.

-Mi ricorda il nonno...

Gli occhi spalancati, la bocca aperta, lo stupore e la meraviglia di vederlo ridere, scherzare. E le ballerine, i poeti, i soldati, tutti nello stesso luogo, tutti a bere, a far parte di quella corte maestosa. Romano seduto alla destra dell'imperatore.

E anche lui, rideva.

 

Note di Elfin:

Questa one-shot mi ha fatto penare molto più del previsto. In realtà, mi ha fatto penare perchè non so bene come descriverla in sè. L'ho scritta a più ondate, credo si veda in alcuni punti, ma forse è solo una mia fisima XD Non vi sorprendete se Romano scrive in alcuni punti un po' a cavolo, ho cercato di non fare un testo perfetto.

Spero vi piaccia ^-^

Kiss

   
 
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