Titolo: Fantasia
Autore: Kira 16
Fandom: Death Note
Categoria: Songfiction
Livello: Difficile
Bonus: Sì
Note dell’autrice:
Un piccolo avvertimento prima di iniziare la lettura di questa fic.
La storia è narrata interamente dal punto di vista di Light ed è divisa in due parti, una più lunga e una più breve: inizialmente vedremo Light parlare ad un personaggio indefinito, una delle tante vittime di Kira, mentre nella seconda… vedrete.
Inoltre la canzone che accompagna questo testo è Dies Irae, ecco il link:
http://www.youtube.com/watch?v=gAPGBBo6p_o ( consiglio di leggere con questo sottofondo)
Per la traduzione ecco il link http://it.wikipedia.org/wiki/Dies_irae
Detto ciò, auguro una buona lettura!
Fantasia
Dies
Irae, dies illa
solvet
saeclum in favilla:
teste
David cum Sybilla.
Il
tuo volto sullo schermo, il tuo nome sotto la tua foto.
Lo
hai capito, è la fine.
Lui…
lui ti ha visto!
Lo
sai.
Senti
quasi lo sguardo che ti perfora la testa, che giunge nei tuoi pensieri
più
oscuri e profondi.
Ti
spoglia, ma non è imbarazzo ciò che provi,
bensì orrore.
Scompare
la maschera, sei libero d’osservare il tuo riflesso
disgustoso allo specchio e
mentre il tuo sguardo si perde negli occhi scarlatti di chi hai cercato
di
nascondere, torni indietro…
Il
sangue quella notte era ovunque.
Incredibile
come riuscisse a macchiare una mano all’apparenza tanto
candida quanto la tua.
Non
era forse eccitante avere il controllo assoluto?
Avevi
riso nel vedere la tua vittima implorare pietà.
Tu
guarda che ironia: nei tuoi occhi, adesso, sembra voglia trasparire il
desiderio di fare altrettanto con qualcuno che non puoi nemmeno vedere.
Quantus
tremor est futurus,
Quando
judex est venturus,
Cuncta
stricte discussurus.
Tremi.
Il
bicchiere di vetro scivola via dalle mani, distruggendosi
in mille e più frammenti al
contatto col suolo.
Sale
la paura, sale l’angoscia.
Non
hai vie di fuga, sei in trappola.
Sulla
pelle eburnea del collo senti il fiato pesante e gelido di qualcuno che
c’è, ma
al contempo è lontano.
Ti
opprimono le quattro mura che ti circondano ed è con
disperazione che ti
precipiti fuori dalla porta di casa tua per scappare.
Inutile
mossa.
Non
è un pugnale dal quale puoi scansarti ciò che sta
per ucciderti, non è un
qualunque assassino colui che ti sta col fiato sul collo.
China
la testa di fronte al tuo giudice senza volto, sta emettendo una
sentenza contro
la quale non puoi obiettare.
Tuba, mirum spargens
sonum
per
sepulcra regionum
coget
omnes ante thronum.
Piove.
Piove
da ore e corri.
Ma
dove puoi andare?
Dimmelo!
Dove?
Sull’eco
di una risata distorta, che riecheggia solo nella tua mente sporca, i
tuoi
passi si susseguono irregolari e fallaci.
Cadi,
ma ti rialzi.
Una
stretta t’imprigiona il braccio: realtà o mera
immaginazione?
Di
poco volti lo sguardo e un volto putrido prende possesso della tua
visuale.
La
sua bocca è deformata in un ghigno agghiacciante.
Urli
e ti scosti, rischiando più volte di saggiare nuovamente il
suolo; asfalto
bagnato e mente malata complici contro il tuo equilibrio.
Non
vuoi farti prendere da quella cosa!
E
fuggi, cercando il trono del tuo Dio d’innanzi al quale
dovrai inginocchiarti e
implorare affinché ascolti le tue suppliche.
Continui
a correre, ma dietro di te senti incombere quell’asfissiante
presenza.
Cosa
credi riesca a mantenere il tuo passo senza stancarsi?
Un
fantasma?
No:
gli spettri non respirano, non emettono risa simili al verso di una
iena.
Ora
la nuca riceve le attenzioni di colui che credi sia il tuo assassino.
Un
tocco viscido, che preme contro l’epidermide, graffiandola e
incidendola; ma
subito si ferma, per accarezzarla dolcemente, dando il via al classico
e
crudele gioco del gatto col topo.
Così
ti eri divertito con quella ragazza; ricordi?
Liber scriptus
proferetur,
in
quo totum continetur,
unde
mundus judicetur.
Fato
scritto da una penna assassina, cui inchiostro ha macchiato pagine su
pagine di
un libro divino.
Non
ci si può opporre al destino che un essere superiore ha
già scelto per te, non
puoi essere tanto forte da sopravvivere al tuo stesso cuore che sta per
arrestarsi.
L’ora
è giunta e il tuo corpo - già reo
d’aver ucciso - sta per macchiarsi nuovamente
della stessa colpa; contro te stesso.
E
in un attimo di lucida follia, ti rendi conto che scappare è
inutile.
Ti
volti e affronti ciò che vuole prenderti.
C’è
qualcosa lì?
Forse
sì.
Lì,
in quel cunicolo oscuro, poco lontano da te…
Ti
avvicini con passo cadenzato, ignorando la pesantezza dei tuoi arti.
Speri ardentemente non vi sia nulla.
E
quando la tua vista è facilitata dalla luce del lampione in
fondo alla strada sospiri
di sollievo.
Niente.
Ma
il tuo respiro è comunque smorzato da un’atroce
fitta al petto.
Sgrani
gli occhi, consapevole.
Adesso
te ne rendi conto.
Nessuno
ti sta seguendo, nessuno ti ucciderà, perché in
quella strada desolata, c’è
solo un mostro, e sei tu.
Lo
senti, non è vero?
Ti
sembra che una mano si chiuda attorno al tuo organo prezioso,
imprigionandolo,
comprimendolo, schiacciandolo.
E
ti danni ancora nel cercare una via di fuga che non
c’è.
Il
buio sta per ottenebrare i tuoi occhi e, nonostante tu sia
già in ginocchio, agogni
d’alzarti.
Judex
ergo cum sedebit,
quidquid
latet, apparebit:
nil
inultum remanebit.
Implora
pietà.
Prega,
pregami!
Credevi
d’aver vinto, vero?
Credevi
che la tua vergogna fosse passata inosservata.
Basta,
smettila, è inutile che continui a guardarti intorno.
Non
è umano ciò che ha messo fine al tuo tempo; lo hai capito, non farmelo
ripetere.
La
morte ti si presenta con un sorriso sul volto decrepito, ti tende una
mano
ormai decomposta.
Sei
spaventato, ma guardala, osservala.
Lei
non lo è: l’ho già mandata
più volte a render visita ad altri della tua stessa
schifosa razza, si è abituata.
Ingemisco,
tamquam reus,
culpa
rubet vultus meus
supplicanti
parce, Deus.
Con
una voce che non sembra appartenerti squarci il silenzio della notte.
Sei
scosso da brividi, da convulsioni, hai perso il controllo.
Hai
provato questo poco prima d’aver osato compiere una decisione
che spetta solo a
me?
Ed
altri flash del tuo atto inumano t’infiammano il petto,
portando con sé sensi
di colpa che credevi d’aver sepolto.
Le
orbite vuote della morte ti riempiono di paura, non è
vero?
Credevi
non le avresti mai viste.
Hai
azzardato un passo falso, stolto.
Non
ti stupire, non c’era dubbio che saresti finito a doverti
lasciar andare tra
quelle membra fredde che adesso ti stringono in una presa ferrea.
Non
percepisci nulla in quegli occhi che sembrano pozzi di catrame, ebbene,
non
aspettarti altro di diverso nel tuo vicino futuro.
Vivrai
in un luogo dove i ricordi non saranno che ombre di una vita passata
che
smetterai presto di considerare tua.
Oro
supplex et acclinis,
cor
contritum quasi cinis:
gere
curam mei finis.
Porti
le mani al petto e stringi.
Non
combattere ancora, è inutile, non capisci?
Lascia
scivolare le braccia sui fianchi e non cercare di reggerti su gambe le
cui
ginocchia hanno già ceduto.
Io
ti ho visto.
Non
avresti dovuto permetterlo, dunque taci e spira.
Non
è del tuo stesso mondo ciò che sta per ucciderti.
Sparisci
con questa consolazione: Kira, il tuo Dio, ha scelto per te.
Lacrimosa
dies illa,
qua
resurget ex favilla
Judicandus
homo reus.
huic
ergo parce, Deus:
In un
battito di ciglia appare
chi dovrà scortarmi nel mio viaggio verso il luogo che mi
spetta.
Lascio apparire
l’ombra di un
sorriso sul mio volto riscaldato dai tiepidi raggi.
Sai, Ryuzaki,
avevo immaginato la
Morte diversamente.
Avrò
lavorato troppo di fantasia.
Se
in conclusione di tutto ci aspetta chi in vita abbiamo amato e non ci
è stato
accanto, allora credo d’aver donato una dolce fine a chi non
la meritava.
Chiudo
gli occhi e vado in pace.
Pie
Jesu Domine,
dona
eis requiem. Amen.