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Autore: Mirella__    29/12/2013    8 recensioni
Spesso il non poter vivere qualcosa in prima persona ci porta a porre domande e a fare riflessioni e quando la situazione si presenta in tutta la sua dura realtà ci rendiamo conto d'aver lavorato troppo di fantasia.
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Genere: Angst, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Light/Raito, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Low of Solipsism '
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Titolo: Fantasia

Autore: Kira 16

Fandom: Death Note

Categoria: Songfiction

Livello: Difficile

Bonus: Sì

Note dell’autrice:

Un piccolo avvertimento prima di iniziare la lettura di questa fic.

La storia è narrata interamente dal punto di vista di Light ed è divisa in due parti, una più lunga e una più breve: inizialmente vedremo Light parlare ad un personaggio indefinito, una delle tante vittime di Kira, mentre nella seconda… vedrete.

Inoltre la canzone che accompagna questo testo è Dies Irae, ecco il link:

http://www.youtube.com/watch?v=gAPGBBo6p_o  ( consiglio di leggere con questo sottofondo)

Per la traduzione ecco il link http://it.wikipedia.org/wiki/Dies_irae

Detto ciò, auguro una buona lettura!

 

Fantasia

 

Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

 

Il tuo volto sullo schermo, il tuo nome sotto la tua foto.

Lo hai capito, è la fine.

Lui… lui ti ha visto!

Lo sai.

Senti quasi lo sguardo che ti perfora la testa, che giunge nei tuoi pensieri più oscuri e profondi.

Ti spoglia, ma non è imbarazzo ciò che provi, bensì orrore.

Scompare la maschera, sei libero d’osservare il tuo riflesso disgustoso allo specchio e mentre il tuo sguardo si perde negli occhi scarlatti di chi hai cercato di nascondere, torni indietro…

Il sangue quella notte era ovunque.

Incredibile come riuscisse a macchiare una mano all’apparenza tanto candida quanto la tua.

Non era forse eccitante avere il controllo assoluto?

Avevi riso nel vedere la tua vittima implorare pietà.

Tu guarda che ironia: nei tuoi occhi, adesso, sembra voglia trasparire il desiderio di fare altrettanto con qualcuno che non puoi nemmeno vedere.

 

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

 

Tremi.

Il bicchiere di vetro scivola via dalle mani,  distruggendosi in mille e più frammenti al contatto col suolo.

Sale la paura, sale l’angoscia.

Non hai vie di fuga, sei in trappola.

Sulla pelle eburnea del collo senti il fiato pesante e gelido di qualcuno che c’è, ma al contempo è lontano.

Ti opprimono le quattro mura che ti circondano ed è con disperazione che ti precipiti fuori dalla porta di casa tua per scappare.

Inutile mossa.

Non è un pugnale dal quale puoi scansarti ciò che sta per ucciderti, non è un qualunque assassino colui che ti sta col fiato sul collo.

China la testa di fronte al tuo giudice senza volto, sta emettendo una sentenza contro la quale non puoi obiettare.

 

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

 

Piove.

Piove da ore e corri.

Ma dove puoi andare?

Dimmelo!

Dove?

Sull’eco di una risata distorta, che riecheggia solo nella tua mente sporca, i tuoi passi si susseguono irregolari e fallaci.

Cadi, ma ti rialzi.

Una stretta t’imprigiona il braccio: realtà o mera immaginazione?

Di poco volti lo sguardo e un volto putrido prende possesso della tua visuale.

La sua bocca è deformata in un ghigno agghiacciante.

Urli e ti scosti, rischiando più volte di saggiare nuovamente il suolo; asfalto bagnato e mente malata complici contro il tuo equilibrio.

Non vuoi farti prendere da quella cosa!

E fuggi, cercando il trono del tuo Dio d’innanzi al quale dovrai inginocchiarti e implorare affinché ascolti le tue suppliche.

Continui a correre, ma dietro di te senti incombere quell’asfissiante presenza.

Cosa credi riesca a mantenere il tuo passo senza stancarsi?

Un fantasma?

No: gli spettri non respirano, non emettono risa simili al verso di una iena.

Ora la nuca riceve le attenzioni di colui che credi sia il tuo assassino.

Un tocco viscido, che preme contro l’epidermide, graffiandola e incidendola; ma subito si ferma, per accarezzarla dolcemente, dando il via al classico e crudele gioco del gatto col topo.

Così ti eri divertito con quella ragazza; ricordi?

 

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

 

Fato scritto da una penna assassina, cui inchiostro ha macchiato pagine su pagine di un libro divino.

Non ci si può opporre al destino che un essere superiore ha già scelto per te, non puoi essere tanto forte da sopravvivere al tuo stesso cuore che sta per arrestarsi.

L’ora è giunta e il tuo corpo - già reo d’aver ucciso - sta per macchiarsi nuovamente della stessa colpa; contro te stesso.

E in un attimo di lucida follia, ti rendi conto che scappare è inutile.

Ti volti e affronti ciò che vuole prenderti.

C’è qualcosa lì?

Forse sì.

Lì, in quel cunicolo oscuro, poco lontano da te…

Ti avvicini con passo cadenzato, ignorando la pesantezza dei tuoi arti.
Speri ardentemente non vi sia nulla.

E quando la tua vista è facilitata dalla luce del lampione in fondo alla strada  sospiri di sollievo.

Niente.

Ma il tuo respiro è comunque smorzato da un’atroce fitta al petto.

Sgrani gli occhi, consapevole.

Adesso te ne rendi conto.

Nessuno ti sta seguendo, nessuno ti ucciderà, perché in quella strada desolata, c’è solo un mostro, e sei tu.

Lo senti, non è vero?

Ti sembra che una mano si chiuda attorno al tuo organo prezioso, imprigionandolo, comprimendolo, schiacciandolo.

E ti danni ancora nel cercare una via di fuga che non c’è.

Il buio sta per ottenebrare i tuoi occhi e, nonostante tu sia già in ginocchio, agogni d’alzarti.

 

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

 

Implora pietà.

Prega, pregami!

Credevi d’aver vinto, vero?

Credevi che la tua vergogna fosse passata inosservata.

Basta, smettila, è inutile che continui a guardarti intorno.

Non è umano ciò che ha messo fine al tuo tempo;  lo hai capito, non farmelo ripetere.

La morte ti si presenta con un sorriso sul volto decrepito, ti tende una mano ormai decomposta.

Sei spaventato, ma guardala, osservala.

Lei non lo è: l’ho già mandata più volte a render visita ad altri della tua stessa schifosa razza, si è abituata.

 

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

 

Con una voce che non sembra appartenerti squarci il silenzio della notte.

Sei scosso da brividi, da convulsioni, hai perso il controllo.

Hai provato questo poco prima d’aver osato compiere una decisione che spetta solo a me?

Ed altri flash del tuo atto inumano t’infiammano il petto, portando con sé sensi di colpa che credevi d’aver sepolto.

Le orbite vuote della morte ti riempiono di paura, non  è vero?

Credevi non le avresti mai viste.

Hai azzardato un passo falso, stolto.

Non ti stupire, non c’era dubbio che saresti finito a doverti lasciar andare tra quelle membra fredde che adesso ti stringono in una presa ferrea.

Non percepisci nulla in quegli occhi che sembrano pozzi di catrame, ebbene, non aspettarti altro di diverso nel tuo vicino futuro.

Vivrai in un luogo dove i ricordi non saranno che ombre di una vita passata che smetterai presto di considerare tua.

 

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

 

Porti le mani al petto e stringi.

Non combattere ancora, è inutile, non capisci?

Lascia scivolare le braccia sui fianchi e non cercare di reggerti su gambe le cui ginocchia hanno già ceduto.

Io ti ho visto.

Non avresti dovuto permetterlo, dunque taci e spira.

Non è del tuo stesso mondo ciò che sta per ucciderti.

Sparisci con questa consolazione: Kira, il tuo Dio, ha scelto per te.

 

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla

Judicandus homo reus.
huic ergo parce, Deus:

 

 
In un battito di ciglia appare chi dovrà scortarmi nel mio viaggio verso il luogo che mi spetta.

Lascio apparire l’ombra di un sorriso sul mio volto riscaldato dai tiepidi raggi.

Sai, Ryuzaki, avevo immaginato la Morte diversamente.

Avrò lavorato troppo di fantasia.

 

Se in conclusione di tutto ci aspetta chi in vita abbiamo amato e non ci è stato accanto, allora credo d’aver donato una dolce fine a chi non la meritava.

 

Chiudo gli occhi e vado in pace.

 

Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.

  
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