Forse era stata la droga ad avere effetto su di lei, solo grazie alla droga aveva rovesciato i cassetti della sua camera, distrutto i poster con le forbici e rotto i vetri delle finestre fino a contorcesi sul pavimento, colma di tagli e graffi provocatole dalle lami delle forbici e del vetro ora insaguinato.
Ma lei era cattiva, perfida, lei non sarebbe riuscita a trattenersi per molto ancora, secondo il parere della madre.
Aveva graffi intensi e color ruggine che le prenetavano per lo più superficialmente la pelle del braccio destro, quello sinistro aveva invece taglia anche profondi che le bruciavano ininterrotamente, la maglia insaguinata e gli short stracciati.
Sul grazioso e ancora immacolato viso di Amy brulicavano gocce salate che le rigavano tristemente gli zigomi rosei.
Si alzò, faticosamente, e si mise in piedi. Ora la sveglia segnava le 3:25, il tempo che le ci era voluto per rendersi conto della situazione. Poi si ricordò tutto.
Sua madre era salita in camera sua, l'aveva messa in punizione, l'aveva schiaffeggiata violentemente e scosso fino a capire che la figlia si era drogata, poi l'aveva chiusa in camera, a chiave, infuriata e piena di una rabbia indicibile e profonda, segnata dall'infanzia infelice.
Amy aveva preso il sacchettino contenente la polvere bianca e lo aveva utilizzato del tutto, facendosi una dose ancora più forte di quella precedente che l'aveva macchiata del suo effetto per ore. Quella dose e l'improvvisa furia con cui sua madre era entrata nella camera della ragazza, le aveva gridato dietro come posseduta e l'aveva scossa le avevano provocato un attacco di ira. Chiusa a chiave com'era, sola, aveva scatenato ciò provava nella stanza im cui si trovava, rompendo vetri e poster, distruggendo uno dei suoi rifugi, distruggendo in parte i propri muri.
Ora Amy era fragile, tristemente fagile, maledettamente fragile e, cazzo, quella fragibilità era irriparabile. Nessuna droga avrebbe potuto riattaccare i pezzi come si fa mettendo dello scotch su una foto strappata e incollando i frammenti di un vaso caduto. Nemmeno la musica del suo iPod, nemmeno.
Amy era scossa, talmente scossa che ci mise una decina di minuti ad alzarsi e sedersi sul letto e una mezz'ora per riuscire a capire la situazione, era sotto l'effetto dell'eroina, anche se non lo sarebbe stata per molto ancora. Pensò, e riflettè alcuni istanti sulla situazione.
La porta era chiusa e la chiave ers sotto il possesso della madre, se avesse avuto qualche forza in più avrebbe potuto calarsi dalla finestra, entrare con le chiavi di casa che aveva nella tasca della giacca e risistemare tutto, la sua camera, le sue ferite, la sua vita.
Doveva solamente uscire di lì, ma prima aveva bisogno di mangiare. Aveva delle barette energetiche in cartella con una bottiglietta d'acqua, le prese e bevve a sorsi l'acqua della bottiglia. Alle 4:30 era pronta per calarsi dal primo piano. Gettò prima le chiavi sull'erba, sotto la fioca luce lunare della notte, e poi ripensò agli anni in cui, da piccola, frequentava arramoicata. Allora aprì la finestra dai vetri infranti si mise a sedere sul balcone che sporgeva verso il silenzio della notte e scendette, diretta al piano terra.
Ancora una volta sola, ma più fragile di prima.
"Il miglior modo per non farti spezzare il cuore è fingere di non averne uno"
_memma_