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Autore: InOurDreams    30/12/2013    2 recensioni
Le ragazze buone non vincono, non escono dall'arena come vincitrici,
ma devono darsi per vinte sin dall'inizio?
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tributi edizioni passate
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 NdA: Volevo dirvi che forse non vi conviene andare a leggere le recensioni per prima cosa perché potrebbero spoilerarvi delle informazioni che si scopriranno alla fine del racconto, vi rovinerebbero la sorpresa ;) buona lettura! (spero vi piaccia)

Quella era la mia terza mietitura, avevo 14 anni, la prima del mio fratellino che ne aveva solo 12. Dalla mia fascia d’età lo osservavo torcersi le mani, tremare e, talvolta, asciugarsi le lacrime. Non capivo perché era così impaurito, aveva solo una nomina…
Il mio distretto non è povero, non così tanto da dover richiedere nomine in più, il mio distretto è il 7: falegnameria. Io tenevo sott’occhio mio fratello, non facevo caso a quello che diceva la nostra accompagnatrice (ridicola con quei capelli verde foresta interrotti in alcuni punti da dei riccioli beige che dovrebbero indicare la segatura), non ascoltavo né il discorso del sindaco né l’estrazione del tributo femmina.
Il nome del tributo femmina venne ripetuto due volte e a quella ripetizione mio fratello si girò verso di me, terrorizzato, lo sguardo perso…  Perché aveva paura? Avevano estratto la ragazza! Che c’entrava lui? Poi capii. Io ero il tributo femmina. Il nome estratto era il mio. Guardai il megaschermo e vidi il mio viso, gli occhi spalancati e delle lacrime calde che scorrevano lungo le guancie: non potevo abbandonare il mio fratellino. Non potevo, cosa gli sarebbe rimasto? Siamo orfani noi due… E io… Beh, io ero la sua famiglia.
Io l’ho cresciuto, lo portavo a scuola, gli preparavo da mangiare nell’appartamento che ci diede il comune, lo aiutavo con i compiti, gli leggevo le storie prima di farlo addormentare, lo portavo con me al lavoro quando a 10 anni non poteva ancora lavorare e io a 12 sì, da quel anno lavoravamo insieme ma lui rimaneva l’innocuo bambino che ha bisogno della sorella per sopravvivere, ha bisogno di quell’amore fraterno che lo cura, lo protegge. Durante gli Hunger Games una madre intenerita potrebbe aiutarlo in casa ma poi? Alla fine degli Hunger Games in che mani rimarrà? Ero certa che non avrei vinto. Ero più che sicura di morire e le lacrime scendevano come una cascata dai miei occhi mentre salivo sul palco. Perché ero così sicura del  mio fallimento? Perché una ragazza buona non sopravvive agli Hunger Games.
Alla sezione privata con gli strateghi mi procurai un misero 5… Avevo usato un po’ di strumenti del mio mestiere, inutili all’interno dell’arena. Durante l’intervista non feci altro che piangere. Lo stesso i primi giorni del gioco.
Avevo trovato un albero cavo vicino al fiume, con delle radici sulla riva, il quarto giorno rubai l’ascia al tributo maschio del mio distretto, ucciso a poche decine di metri di distanza dal mio rifugio. I Favoriti avevano fatto una strage ed erano rimasti in 3, tutti belli e forti, sicuramente pieni di sponsor ; a differenza mia. Gli strateghi ancora non mi uccidevano con ibridi feroci, i Favoriti facevano molto spettacolo e ogni giorno c’era almeno un’uccisione, lo spettacolo era intrigante e probabilmente anche la mia futura morte, quindi perché uccidermi se lo avrebbero fatto di gran classe i favoriti tra qualche giorno?
Aspettavo la morte dentro l’albero cavo, piangendo silenziosamente e sperando che le telecamere non trasmettessero in alta definizione la mia morte, lo speravo per non spaventare mio fratello, ma dubito che il mio desiderio si avveri.
Poi la seconda settimana capii, eravamo rimasti solo in 8, potevo farcela perché gli altri tributi mi avevano sottovalutata, mi stavano lasciando per ultima, l’ultima loro preoccupazione. Io.. Io… Non volevo fare del male… Solo che… Dentro di me qualcosa s’era acceso, avevo un’ascia, ero abbandonata a me stessa, solo sette ragazzi da uccidere… Iniziai a cercare i quattro ragazzi non Favoriti rimasti, ne uccisi due: erano del distretto 5 entrambi ed erano alleati, i favoriti non lo sapevano e io li uccisi nel sonno, i miei ultimi nemici dovevano pensare che si erano finiti reciprocamente. Gli altri due li uccisero i tre Favoriti. Poi aspettai che si uccidessero da soli e ne rimase uno soltanto: il ragazzo del Distretto 1. Era forte, bello, muscoloso e sprezzante, pieno di sponsor fino alla punta dei capelli. Una vocina ormai remota mi diceva che avevo perso, che era finita; ma una voce, quella che ormai comandava su di me, quella che aveva vinto , quella che coordinava le mie azioni… La me cattiva, la me letale mi diceva, anzi mi urlava di tendergli un’imboscata, di ucciderlo nel modo più cruento possibile. E così feci: mi spostai dal mio rifugio, andai verso il boschetto di latifoglie e lì lo trovai. –Ti stavo aspettando- mi disse beffardo…
Io , da grande attrice, mi misi a piangere a dirotto – uccidimi, uccidimi in fretta però.. Non voglio sentire dolore…- lo implorai e lui mi si avvicinò. Avevo l’ascia nascosta dietro la schiena, infilata nella cintura e non si vedeva, le mani libere, apparentemente innocua… Lui mi sollevò il viso con una mano, l’altra impugnava un coltello ma con un calcio glielo feci volare e con una mano afferrai la sua, la mia mano libera prese l’ascia e così gli amputai un braccio, poi lo feci girare e gli staccai la testa, ero riuscita a sorprenderlo, non se lo aspettava. Credeva che fossi la preda più facile di tutti gli Hunger Games, che stupido, ci sarà una ragione se siamo rimasti solo noi due. Iniziai a farlo a pezzettini, lo dividevo in parti, il suo sangue mi sporcava il viso e mi piaceva, quando suonarono le trombe che indicano la vittoria lo lasciai lì, incompleto, il suo corpo come pezzi di un puzzle. Un hovercraft mi portò via da quel inferno. Non riportavo ferite  (probabilmente fui la vincitrice più pigra della storia), non visibili perché dentro non ero più io… Quella ragazza che rimboccava le coperte al fratellino non esisteva più, al suo posto c’era una che le coperte piuttosto le usava per tendere delle trappole. Non c’era più una ragazza buona che alla vista di una ferita, anche lieve, la curava; adesso le ferite io le causavo.
L’ho detto io che una ragazza buona non vince gli Hunger Games, per questo io non sono più io.
Mi hanno modificata, non sono la ragazza che ero, sono diventata un’assassina. Sono diventata una pedina dei loro giochi. Loro mi hanno reso ciò che non avrei mai neanche pensato.
Dopo qualche giorno sono sotto un palco, il pubblico mi chiama per l’intervista da vincitrice, urlano il mio nome, battono le mani, mi vogliono,  mi desiderano, mi acclamano. Ma io non dovrei rispondere perché io non sono più quella ragazza buona che si chiamava Johanna Mason.   
 

  
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