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Autore: Capriccio biondo    30/12/2013    6 recensioni
Il Natale è alle porte a Starling City e sotto il grande albero che troneggia nella hall della Queen Consolidated un regalo speciale attende Oliver e Felicity. Una circostanza particolare farà emergere i sentimenti che sentono l'uno per l'altra, farà cadere ogni barriera fatta di parole non dette, di allusioni sottili, di frasi lasciate a metà. Un piccolo sogno su foglio word, nella speranza di vedere presto qualcosa di simile in tv.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Le festività non sono ancora finite per cui questa mia OS vuole essere ancora un augurio per tutti voi! Che tutti i vostri desideri diventino solide realtà, anche quelli piccoli, come  vedere finalmente la nostra coppia televisiva farsi più concreta! Intanto sogniamo insieme!

MERRY OLICITY CHRISTMAS

Gli uffici della Queen Consolidate erano pressoché deserti a quell’ora. Il Natale si stava avvicinando e l’atmosfera era più serena, festosa, dolce come lo zucchero filato o i bastoncini colorati che decoravano l’albero. Già, quell’immenso albero che Felicity aveva voluto nella hall e che avrebbe dovuto fin da subito dimostrare la solidità e la grandezza dell’azienda, si era trasformato in un altro problema da risolvere. Aveva voluto occuparsi personalmente delle decorazioni, lasciando ad altri soltanto il posizionamento delle lucine. Le aveva volute tutte bianche; dovevano trasmettere solo la purezza della luce, che nella sua mente rifletteva quella del cuore di qualcuno che lì le albergava da un po’. Stava guardando un po’ sconsolata gli enormi scatoloni pieni di palline e pacchetti regalo rigorosamente verde smeraldo e rosso acceso.

«Rosso come il fuoco della passione, quella che fa pulsare e vivere e verde come… Oh, è così banale, così scontato! L’avrebbe capito anche uno stupido! Non che con questo io voglia dire che Oliver lo sia, no! É intelligente e brillante, CEO della compagnia, capo famiglia da un po’, filantropo e benefattore della città, eroe  di ogni notte fuori e dentro di me. Oddio, magari non così dentro come vorrei… Contegno Felicity!»

Come era possibile che il pensiero di Oliver la facesse balbettare anche quando parlava da sola? Come poteva avere così tanto potere? Lei era la colpevole. Gli aveva consegnato il cuore e Oliver non se n’era nemmeno accorto. Certo, apprezzava la sua puntualità, la sua efficienza, la sua abilità, la prontezza, la fedeltà, ma davvero non riusciva a vederla nel suo stesso modo. Felicity si sentiva ordinaria ed era consapevole che tutto ciò che Oliver era e faceva apparteneva allo straordinario. Per essere così banalmente normale, tuttavia, si era trovata spesso invischiata in cose piuttosto pericolose e aveva a che fare con uomini sfuggenti e colorati. Di verde come la tuta che ricopriva il Vigilante e di…

«Cos’era?»

 Una scia rossa le era passata davanti agli occhi facendole sbattere le palpebre e aggrottare le sopracciglia per capire se fosse reale o se se la fosse immaginata. Un altro film mentale, da aggiungere alla videoteca personale di tutti quelli che avevano Oliver come protagonista? Qualcosa le sfiorò le spalle con delicatezza come un soffio caldo. Felicity si girò di scatto e si ritrovò il sorriso sbarazzino di Barry davanti.

«Ciao!»

«Barry… da dove sei entrato?»

«Dalla porta. Non te ne sei accorta?»

«No… ero impegnata a farmi dei film… cioè a pensare. In realtà, stavo sistemando le decorazioni!»

Barry si mise le mani sui fianchi e sbirciò l’abete in tutta la sua altezza, poi tornò a fissare la bionda che stava dondolando nervosamente da un piede all’altro davanti a lui.

«Come pensi di arrivare lassù? Come puoi fare tutto questo da sola? Te l’ha chiesto il tuo Oliver?»

«Era sarcasmo quello che ho sentito? Non me l’ha chiesto Oliver, l’ho voluto fare io. Volevo un albero originale.»

«Posso aiutarti?»

Felicity scosse la testa, senza negargli un sorriso, facendo dondolare la sua coda ordinata.

«Te la sei presa. Sei molto suscettibile quando si tratta di Oliver, sai?»

«E tu sei molto noioso!»

Gli puntò l’indice sul petto e lo spinse qualche centimetro indietro.

«Che ne dici di darmi una mano?»

«Potrei fare tutto quello che desideri…»

Felicity sbatté ancora le palpebre e finse di pensare intensamente alla questione. Perché Oliver non le faceva mai proposte del genere? Nemmeno per sbaglio, per scherzo, per cambiare la routine altalenante tra le fasi Ceo-bellissimo-e-potente di giorno e tenebroso-affascinante-vigilante di notte. Intanto Barry la stava fissando incuriosito, piegando con fare interrogativo la testa.

«Allora? Stai pensando a me o a qualcun altro?»

Per tutta risposta, Felicity gli affidò dei piccoli pacchi da appendere come decorazioni.

«Tieni. Distribuisci dall’alto verso il basso in modo concentrico e uniforme.»

Non riuscì a battere le ciglia più di un paio di volte. Le sembrava di aver visto tutto sfuocato, anche se con una certa preponderanza del rosso, per qualche attimo., poi Barry le si presentò davanti nuovamente.

«Altro?»

«Sì, ci sarebbero le palline, ma prima devi spiegarmi come…»

Una folata di vento caldo le accarezzò il viso facendole chiudere gli occhi ancora una volta, finché avvertì distintamente qualcosa di caldo e morbido sfiorarle le labbra.

«Ti spiegherò tutto, ma non ora. Il tuo capo è qui ed è appena uscito dalla stanza dove gli addetti alla sicurezza monitorano ogni angolo dell’edificio.»

Felicity si sentiva sempre più confusa. Stava accadendo tutto davvero troppo in fretta e non riusciva ad afferrarne il senso, ma si trovò comunque a fissare le porte girevoli muoversi come se ci fosse passato attraverso un piccolo tornado. Subito dopo udì dei passi frettolosi alle sue spalle.

«Non sapevo fossi ancora qui Oliver!»

I passi rallentarono e spensero l’eco nella hall. Sembravano improvvisamente felpati, come quelli di un felino.

«Ecco, in realtà io… volevo solamente… ma poi tu…»

«Che succede? Sono io di solito quella che balbetta quand’è in difficoltà. Tu non lo sei mai.»

«C’è sempre una prima volta, mentre tu… lo fai sempre.»

Felicity si girò di scatto tentando di ignorare come lo smoking gli calzasse a pennello e in che modo la stoffa lo stesse accarezzando con voluttà.

«Non è carino rimarcare le debolezze altrui, Mr Queen.»

«Volevo dire che tu, invece, riesci a sorprendermi sempre. Come stasera.»

«Oh, non pensavo di doverti avvertire che mi sarei fermata per addobbare l’albero. Faccio tardi spesso e sapevo che tu dovevi presenziare ad una delle tante feste benefiche natalizie.»

«Non è per questo.»

«Per cosa allora? Non fare il misterioso. Non devi fare colpo su di me.»

«Innanzitutto, la porta è ancora aperta e chiunque avrebbe potuto intrufolarsi qui. Dovevi assicurarti che fosse chiusa. Ci saremmo potuti evitare visite indesiderate.»

Si avvicinò alle porte di vetro e le bloccò, calando le pesanti grate. Poi, spense le luci, lasciando che la hall riflettesse soltanto quelle sfavillanti dell’albero di Natale.

«Oh, ti riferisci a Barry. Hai visto tutto? Ne possiamo parlare?»

«Ho visto e sentito ogni cosa e no, non ho intenzione di sprecare del tempo per parlare di Allen e delle tue teorie in merito.»

«Invece, le mie teorie meriterebbero maggiore attenzione! Credimi!»

«Hai già tutta la mia attenzione. Pensi davvero che io sia stupido?»

«No! Perché dovrei pensarlo?»

«Ti ho sentito mentre parlavi da sola. Farfugliavi su qualcosa di rosso e verde…»

«Oh…Oliver, davvero io non intendevo dire…»

Se lo ritrovò inaspettatamente vicino. Emanava un calore che arrivava lento e inesorabile, come onde lunghe di alta marea, e profumava di cedro e iris. Felicity inspirò profondamente non preoccupandosi del fatto che lo stesse facendo direttamente sulla sua camicia.

«Le parole complicano le cose.»

Era stato poco più di un sussurro. Non era nemmeno sicura di aver sentito bene, ma la gola le sia era fatta d’un tratto secca e le gambe molli.

«Passiamo ai fatti…cioè, ad altro. Mi confondi Oliver.»

«Perché? Sono solo io.»

«Sei tu, appunto.»

«Respira Felicity. Voglio solo dimostrarti che quel ragazzino non ha nulla di speciale e che la velocità non sempre è la scelta migliore.»

Sentì una leggera pressione sotto il mento e incrociò il mare azzurro degli occhi di Oliver. Non li aveva mai visti così trasparenti e profondi.

«Cosa intendi?»

Avvertì il suo fiato sul collo, salire e scendere, sfiorandola, ma senza toccarla davvero. Il fuoco avvampò in lei, infilandosi subdolo in ogni terminazione nervosa. Voleva un contatto, di qualsiasi tipo, anche amichevole e incurante, come succedeva spesso, per placare il desiderio di lui che le stava dando alla testa.

«O…Oliver…»

«Shhhh…»

Le sue labbra arrivarono calde e morbide, vellutate e invitanti. Felicity ne assaporò ogni angolo, reclamandole. Oliver iniziò a muoversi lento, in modo quasi impercettibile. Sembrava volesse prolungare l’attimo, far crescere ancora di più l’attesa che la stava consumando. Le sfuggì un gemito di frustrazione cui fece eco un grugnito da parte di Oliver. Le pose una mano aperta sulla parte più bassa della schiena e l’attirò a sé, chiudendola poi in un abbraccio possessivo. Piegò il capo abbassandosi, in modo da poterla incalzare dal basso e spinse il suo bacino contro di lei. Aveva fame, sete, freddo. Felicity era un bisogno primario che doveva soddisfare. Ne andava della sua salute mentale.

 L’aveva guardata attraverso le telecamere della sicurezza, l’aveva osservata da più punti di vista, zoomando sul suo corpo: sulle labbra, così disegnate e piene, sugli occhi, velati dalle lenti degli occhiali, ma così brillanti ed espressivi, sulle sue mani dalle unghie laccate che avrebbe voluto su di sé sempre. Aveva stretto la mascella fino a sentir male quando l’aveva vista sorridere ad Allen. Non voleva dividerla con nessuno. Voleva per sé ogni sguardo, ogni espressione, ogni respiro. Voleva spendere con lei le notti e i giorni, sapere di avere un porto sicuro in cui tornare, la cui luce era lei, la sua guida, la sua meta. Avrebbe voluto parlarle con la stessa facilità con cui lo faceva Barry. Succedeva ogni giorno, in realtà, ma sempre riguardante un caso, una situazione d’allarme, un problema. Mai con la leggerezza che lo caratterizzava quando era un ragazzotto senza alcuna responsabilità.

In quel momento, invece, voleva arrivarle così vicino da fagocitarne ogni cellula, per portarla su di sé sempre, per sentirla sua definitivamente. Mugolò sulle sue labbra ripercorrendole con la punta della lingua. Felicity lo cercò in modo frettoloso e avvolgente. Lo voleva da troppo tempo e aveva le guance in fiamme. Le sue mani s’infilarono tra i capelli di Oliver tirandoli leggermente. Erano così fitti e corti da solleticarle i polpastrelli. Poi scesero ai lati del suo collo possente e ripercorsero il colletto inamidato e candido della camicia, sfilandogli il papillon. Le dita volarono veloci facendo uscire i bottoni dalle asole come se stessero accarezzando la tastiera del suo fidato pc. Il tutto ad occhi chiusi. Felicity conosceva a memoria ogni particolare del corpo di Oliver e non voleva correre il rischio di svegliarsi da quel sogno che la stava coinvolgendo così intimamente.

Si staccarono ansanti, mantenendo le fronti vicine. La zip del vestito dorato di Felicity  scese con cautela fino a cadere in un tonfo soffice ai suoi piedi.

«Rosso.»

«È Natale.»

Oliver la strinse a sé togliendo con delicatezza l’elastico che le legava i capelli. Poi, seguendo il ritmo delle luci dell’albero, eliminarono ogni barriera li potesse separare. I loro vestiti finirono sul pavimento, vicino ai pacchi ai piedi dell’abete. Le mani ripresero un discorso che le loro lingue stavano intrecciando altrove, mentre il rosso della passione prese il sopravvento sullo splendore algido del verde. La sensazione di appartenersi da sempre, di percorrere finalmente un sentiero tracciato da tempo, un itinerario sicuro verso la completezza si impossessò di entrambi. Parole sconnesse, gemiti sommessi, ansiti mozzati si alternarono in momenti di luce e d’ombra, di realtà concreta e di sogno proibito.

Quando Oliver entrò in lei tutto intorno sfumò. Iniziò a muoversi con lentezza, affondando morbide stoccate, sovrastandola con tutto il suo corpo. Non voleva pesarle addosso. La vedeva così minuta e fragile, ma la voleva così tanto! Prese le mani di Felicity nelle sue e gliele portò fin sopra la testa, facendo perno sui loro palmi uniti. Il suo bacino, intanto, la stava inchiodando al pavimento di caldo parquet color miele punteggiato dalle macchie colorate del loro intimo. I movimenti si fecero sempre più serrati, i colpi più profondi, l’oblio più vicino. Non ci furono più né suoni né colori, ma solo luce. La stessa che esplose in una miriade di stelle sopra di loro quando il piacere li colse. Una miriade di emozioni forti, un bagaglio di ricordi dolci e amari, un’ondata di parole non dette o lasciate a metà si concentrarono sulla gola di Felicity, bloccandola, mentre lacrime pungenti cominciarono a rigarle le guance.

«Tesoro, non piangere.»

«Sono felice. Non avrei mai immaginato che potesse succedere qui, ai piedi dell’albero di Natale nella hall della sede della società.»

«Lo sono anch’io e tu sei il più bel regalo di Natale che io abbia mai ricevuto.»

Felicity lo guardò e sorrise apertamente, soddisfatta e adorante.

«Allora, Buon Natale Oliver.»

«Buon Natale Felicity!»

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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