Ciao a tutti! Le festività non sono ancora finite per cui questa mia OS vuole essere ancora un augurio per tutti voi! Che tutti i vostri desideri diventino solide realtà, anche quelli piccoli, come vedere finalmente la nostra coppia televisiva farsi più concreta! Intanto sogniamo insieme!
MERRY
OLICITY CHRISTMAS
Gli
uffici della Queen Consolidate erano pressoché deserti a
quell’ora. Il Natale si
stava avvicinando e l’atmosfera era più serena,
festosa, dolce come lo zucchero
filato o i bastoncini colorati che decoravano l’albero.
Già, quell’immenso
albero che Felicity aveva voluto nella hall e che avrebbe dovuto fin da
subito
dimostrare la solidità e la grandezza
dell’azienda, si era trasformato in un
altro problema da risolvere. Aveva voluto occuparsi personalmente delle
decorazioni, lasciando ad altri soltanto il posizionamento delle
lucine. Le
aveva volute tutte bianche; dovevano trasmettere solo la purezza della
luce,
che nella sua mente rifletteva quella del cuore di qualcuno che
lì le albergava
da un po’. Stava guardando un po’ sconsolata gli
enormi scatoloni pieni di
palline e pacchetti regalo rigorosamente verde smeraldo e rosso acceso.
«Rosso
come il fuoco della passione, quella che fa pulsare e vivere e verde
come… Oh,
è così banale, così scontato!
L’avrebbe capito anche uno stupido! Non che con questo
io voglia dire che Oliver lo sia, no! É intelligente e
brillante, CEO della
compagnia, capo famiglia da un po’, filantropo e benefattore
della città,
eroe di ogni notte
fuori e dentro di me.
Oddio, magari non così dentro come vorrei…
Contegno Felicity!»
Come
era possibile che il pensiero di Oliver la facesse balbettare anche
quando
parlava da sola? Come poteva avere così tanto potere? Lei
era la colpevole. Gli
aveva consegnato il cuore e Oliver non se n’era nemmeno
accorto. Certo, apprezzava
la sua puntualità, la sua efficienza, la sua
abilità, la prontezza, la fedeltà,
ma davvero non riusciva a vederla nel suo stesso modo. Felicity si
sentiva
ordinaria ed era consapevole che tutto ciò che Oliver era e
faceva apparteneva
allo straordinario. Per essere così banalmente normale,
tuttavia, si era
trovata spesso invischiata in cose piuttosto pericolose e aveva a che
fare con
uomini sfuggenti e colorati. Di verde come la tuta che ricopriva il
Vigilante e
di…
«Cos’era?»
Una scia rossa le era
passata davanti agli
occhi facendole sbattere le palpebre e aggrottare le sopracciglia per
capire se
fosse reale o se se la fosse immaginata. Un altro film mentale, da
aggiungere
alla videoteca personale di tutti quelli che avevano Oliver come
protagonista? Qualcosa
le sfiorò le spalle con delicatezza come un soffio caldo.
Felicity si girò di
scatto e si ritrovò il sorriso sbarazzino di Barry davanti.
«Ciao!»
«Barry…
da dove sei entrato?»
«Dalla
porta. Non te ne sei accorta?»
«No…
ero impegnata a farmi dei film… cioè a pensare.
In realtà, stavo sistemando le
decorazioni!»
Barry
si mise le mani sui fianchi e sbirciò l’abete in
tutta la sua altezza, poi
tornò a fissare la bionda che stava dondolando nervosamente
da un piede
all’altro davanti a lui.
«Come
pensi di arrivare lassù? Come puoi fare tutto questo da
sola? Te l’ha chiesto
il tuo Oliver?»
«Era
sarcasmo quello che ho sentito? Non me l’ha chiesto Oliver,
l’ho voluto fare
io. Volevo un albero originale.»
«Posso
aiutarti?»
Felicity
scosse la testa, senza negargli un sorriso, facendo dondolare la sua
coda
ordinata.
«Te
la sei presa. Sei molto suscettibile quando si tratta di Oliver,
sai?»
«E
tu sei molto noioso!»
Gli
puntò l’indice sul petto e lo spinse qualche
centimetro indietro.
«Che
ne dici di darmi una mano?»
«Potrei
fare tutto quello che desideri…»
Felicity
sbatté ancora le palpebre e finse di pensare intensamente
alla questione.
Perché Oliver non le faceva mai proposte del genere? Nemmeno
per sbaglio, per
scherzo, per cambiare la routine altalenante tra le fasi
Ceo-bellissimo-e-potente di giorno e tenebroso-affascinante-vigilante
di notte.
Intanto Barry la stava fissando incuriosito, piegando con fare
interrogativo la
testa.
«Allora?
Stai pensando a me o a qualcun altro?»
Per
tutta risposta, Felicity gli affidò dei piccoli pacchi da
appendere come
decorazioni.
«Tieni.
Distribuisci dall’alto verso il basso in modo concentrico e
uniforme.»
Non
riuscì a battere le ciglia più di un paio di
volte. Le sembrava di aver visto
tutto sfuocato, anche se con una certa preponderanza del rosso, per
qualche
attimo., poi Barry le si presentò davanti nuovamente.
«Altro?»
«Sì,
ci sarebbero le palline, ma prima devi spiegarmi
come…»
Una
folata di vento caldo le accarezzò il viso facendole
chiudere gli occhi ancora
una volta, finché avvertì distintamente qualcosa
di caldo e morbido sfiorarle
le labbra.
«Ti
spiegherò tutto, ma non ora. Il tuo capo è qui ed
è appena uscito dalla stanza
dove gli addetti alla sicurezza monitorano ogni angolo
dell’edificio.»
Felicity
si sentiva sempre più confusa. Stava accadendo tutto davvero
troppo in fretta e
non riusciva ad afferrarne il senso, ma si trovò comunque a
fissare le porte girevoli
muoversi come se ci fosse passato attraverso un piccolo tornado. Subito
dopo
udì dei passi frettolosi alle sue spalle.
«Non
sapevo fossi ancora qui Oliver!»
I
passi rallentarono e spensero l’eco nella hall. Sembravano
improvvisamente
felpati, come quelli di un felino.
«Ecco,
in realtà io… volevo solamente… ma poi
tu…»
«Che
succede? Sono io di solito quella che balbetta
quand’è in difficoltà. Tu non lo
sei mai.»
«C’è
sempre una prima volta, mentre tu… lo fai sempre.»
Felicity
si girò di scatto tentando di ignorare come lo smoking gli
calzasse a pennello
e in che modo la stoffa lo stesse accarezzando con voluttà.
«Non
è carino rimarcare le debolezze altrui, Mr Queen.»
«Volevo
dire che tu, invece, riesci a sorprendermi sempre. Come
stasera.»
«Oh,
non pensavo di doverti avvertire che mi sarei fermata per addobbare
l’albero.
Faccio tardi spesso e sapevo che tu dovevi presenziare ad una delle
tante feste
benefiche natalizie.»
«Non
è per questo.»
«Per
cosa allora? Non fare il misterioso. Non devi fare colpo su di
me.»
«Innanzitutto,
la porta è ancora aperta e chiunque avrebbe potuto
intrufolarsi qui. Dovevi
assicurarti che fosse chiusa. Ci saremmo potuti evitare visite
indesiderate.»
Si
avvicinò alle porte di vetro e le bloccò, calando
le pesanti grate. Poi, spense
le luci, lasciando che la hall riflettesse soltanto quelle sfavillanti
dell’albero di Natale.
«Oh,
ti riferisci a Barry. Hai visto tutto? Ne possiamo parlare?»
«Ho
visto e sentito ogni cosa e no, non ho intenzione di sprecare del tempo
per
parlare di Allen e delle tue teorie in merito.»
«Invece,
le mie teorie meriterebbero maggiore attenzione! Credimi!»
«Hai
già tutta la mia attenzione. Pensi davvero che io sia
stupido?»
«No!
Perché dovrei pensarlo?»
«Ti
ho sentito mentre parlavi da sola. Farfugliavi su qualcosa di rosso e
verde…»
«Oh…Oliver,
davvero io non intendevo dire…»
Se
lo ritrovò inaspettatamente vicino. Emanava un calore che
arrivava lento e
inesorabile, come onde lunghe di alta marea, e profumava di cedro e
iris.
Felicity inspirò profondamente non preoccupandosi del fatto
che lo stesse
facendo direttamente sulla sua camicia.
«Le
parole complicano le cose.»
Era
stato poco più di un sussurro. Non era nemmeno sicura di
aver sentito bene, ma
la gola le sia era fatta d’un tratto secca e le gambe molli.
«Passiamo
ai fatti…cioè, ad altro. Mi confondi
Oliver.»
«Perché?
Sono solo io.»
«Sei
tu, appunto.»
«Respira
Felicity. Voglio solo dimostrarti che quel ragazzino non ha nulla di
speciale e
che la velocità non sempre è la scelta
migliore.»
Sentì
una leggera pressione sotto il mento e incrociò il mare
azzurro degli occhi di
Oliver. Non li aveva mai visti così trasparenti e profondi.
«Cosa
intendi?»
Avvertì
il suo fiato sul collo, salire e scendere, sfiorandola, ma senza
toccarla
davvero. Il fuoco avvampò in lei, infilandosi subdolo in
ogni terminazione
nervosa. Voleva un contatto, di qualsiasi tipo, anche amichevole e
incurante,
come succedeva spesso, per placare il desiderio di lui che le stava
dando alla
testa.
«O…Oliver…»
«Shhhh…»
Le
sue labbra arrivarono calde e morbide, vellutate e invitanti. Felicity
ne
assaporò ogni angolo, reclamandole. Oliver iniziò
a muoversi lento, in modo
quasi impercettibile. Sembrava volesse prolungare l’attimo,
far crescere ancora
di più l’attesa che la stava consumando. Le
sfuggì un gemito di frustrazione
cui fece eco un grugnito da parte di Oliver. Le pose una mano aperta
sulla parte
più bassa della schiena e l’attirò a
sé, chiudendola poi in un abbraccio
possessivo. Piegò il capo abbassandosi, in modo da poterla
incalzare dal basso
e spinse il suo bacino contro di lei. Aveva fame, sete, freddo.
Felicity era un
bisogno primario che doveva soddisfare. Ne andava della sua salute
mentale.
L’aveva guardata
attraverso le telecamere
della sicurezza, l’aveva osservata da più punti di
vista, zoomando sul suo
corpo: sulle labbra, così disegnate e piene, sugli occhi,
velati dalle lenti
degli occhiali, ma così brillanti ed espressivi, sulle sue
mani dalle unghie
laccate che avrebbe voluto su di sé sempre. Aveva stretto la
mascella fino a
sentir male quando l’aveva vista sorridere ad Allen. Non
voleva dividerla con
nessuno. Voleva per sé ogni sguardo, ogni espressione, ogni
respiro. Voleva
spendere con lei le notti e i giorni, sapere di avere un porto sicuro
in cui
tornare, la cui luce era lei, la sua guida, la sua meta. Avrebbe voluto
parlarle
con la stessa facilità con cui lo faceva Barry. Succedeva
ogni giorno, in
realtà, ma sempre riguardante un caso, una situazione
d’allarme, un problema.
Mai con la leggerezza che lo caratterizzava quando era un ragazzotto
senza
alcuna responsabilità.
In
quel momento, invece, voleva arrivarle così vicino da
fagocitarne ogni cellula,
per portarla su di sé sempre, per sentirla sua
definitivamente. Mugolò sulle
sue labbra ripercorrendole con la punta della lingua. Felicity lo
cercò in modo
frettoloso e avvolgente. Lo voleva da troppo tempo e aveva le guance in
fiamme.
Le sue mani s’infilarono tra i capelli di Oliver tirandoli
leggermente. Erano
così fitti e corti da solleticarle i polpastrelli. Poi
scesero ai lati del suo
collo possente e ripercorsero il colletto inamidato e candido della
camicia,
sfilandogli il papillon. Le dita volarono veloci facendo uscire i
bottoni dalle
asole come se stessero accarezzando la tastiera del suo fidato pc. Il
tutto ad
occhi chiusi. Felicity conosceva a memoria ogni particolare del corpo
di Oliver
e non voleva correre il rischio di svegliarsi da quel sogno che la
stava
coinvolgendo così intimamente.
Si
staccarono ansanti, mantenendo le fronti vicine. La zip del vestito
dorato di
Felicity scese con
cautela fino a cadere
in un tonfo soffice ai suoi piedi.
«Rosso.»
«È
Natale.»
Oliver
la strinse a sé togliendo con delicatezza
l’elastico che le legava i capelli.
Poi, seguendo il ritmo delle luci dell’albero, eliminarono
ogni barriera li
potesse separare. I loro vestiti finirono sul pavimento, vicino ai
pacchi ai
piedi dell’abete. Le mani ripresero un discorso che le loro
lingue stavano
intrecciando altrove, mentre il rosso della passione prese il
sopravvento sullo
splendore algido del verde. La sensazione di appartenersi da sempre, di
percorrere finalmente un sentiero tracciato da tempo, un itinerario
sicuro
verso la completezza si impossessò di entrambi. Parole
sconnesse, gemiti
sommessi, ansiti mozzati si alternarono in momenti di luce e
d’ombra, di realtà
concreta e di sogno proibito.
Quando
Oliver entrò in lei tutto intorno sfumò.
Iniziò a muoversi con lentezza,
affondando morbide stoccate, sovrastandola con tutto il suo corpo. Non
voleva
pesarle addosso. La vedeva così minuta e fragile, ma la
voleva così tanto!
Prese le mani di Felicity nelle sue e gliele portò fin sopra
la testa, facendo
perno sui loro palmi uniti. Il suo bacino, intanto, la stava
inchiodando al
pavimento di caldo parquet color miele punteggiato dalle macchie
colorate del
loro intimo. I movimenti si fecero sempre più serrati, i
colpi più profondi,
l’oblio più vicino. Non ci furono più
né suoni né colori, ma solo luce. La
stessa che esplose in una miriade di stelle sopra di loro quando il
piacere li
colse. Una miriade di emozioni forti, un bagaglio di ricordi dolci e
amari,
un’ondata di parole non dette o lasciate a metà si
concentrarono sulla gola di
Felicity, bloccandola, mentre lacrime pungenti cominciarono a rigarle
le
guance.
«Tesoro,
non piangere.»
«Sono
felice. Non avrei mai immaginato che potesse succedere qui, ai piedi
dell’albero di Natale nella hall della sede della
società.»
«Lo
sono anch’io e tu sei il più bel regalo di Natale
che io abbia mai ricevuto.»
Felicity
lo guardò e sorrise apertamente, soddisfatta e adorante.
«Allora,
Buon Natale Oliver.»
«Buon
Natale Felicity!»