Per
un molare…
Di
LORIGETA
Lo
stava guardando di sottecchi, seduta nel grande letto della loro
elegante camera matrimoniale, con il corpo fasciato fino al seno da un
sottile lenzuolo bianco.
Il suo viso era pallido, tirato, segnato da profonde occhiaie scure e
come se non bastasse sentiva un grosso peso sullo stomaco.
Bulma fece un lungo respiro per cercare di rilassarsi, ma
bastò che ripensasse al sonno agitato di lui,
per avvertire una stretta al cuore.
Troppi pensieri le correvano nella testa e uno in particolare stava
mettendo a repentaglio la sua stabilità mentale.
A fatica si sporse leggermente, accese la luce sul comodino e rimase in
silenzio per fare il punto della situazione, che purtroppo non era
affatto confortante.
Era passato tanto, tantissimo tempo, da quando ricordava di aver visto
Vegeta così nervoso: da giorni i suoi occhi sembravano
più cupi, come velati da una profonda angoscia ed evocavano
in lei vecchi e dolorosi ricordi.
Non riusciva a capire cosa stesse accadendo al suo uomo ed era una vera
e propria tortura non potergli essere di conforto.
Doveva fare qualcosa: non sarebbe andata al lavoro quella mattina. Le
sembrava molto sconveniente lasciarlo solo in quello stato, valeva la
pena di mandare al diavolo la riunione con i dirigenti della
società per stargli accanto.
Il principe stava infilando con lentezza la tenuta da combattimento,
era taciturno e assorto e nell’accorgersi di essere osservato
fece una leggera smorfia muovendo appena le labbra sottili, si poteva
quasi considerarlo una sorta di sorriso.
“Tutto bene?” Domandò lei con un filo di
voce, cercando di non guardare quei pantaloni che aderivano
perfettamente alle cosce muscolose.
Era innegabile che trasudasse sex appeal da ogni poro della pelle.
Vegeta reagì con indifferenza, annuendo con il capo e
chiudendosi poi in un silenzio tombale, ma ebbe difficoltà
nell’abbottonare la cintura tradendo così un certo
disagio.
Ostinata com’era
“Stanotte mi hai svegliata. Parlavi
nel sonno, ti sei girato e rigirato molte volte... sembravi
sofferente.” Parlò con tono pacato, ma in risposta
non udì altro che un lieve sbuffo.
Lo vide sprofondare sulla poltrona per calzare gli stivaletti e mentre
guardava fuori dalla finestra la luce dell’alba, i suoi occhi
erano perduti lontano.
“Cavolo!Cavolo! Devo arrivare al nocciolo della
questione!” Bulma sapeva bene quanto fosse difficile
oltrepassare la barriera che Vegeta aveva innalzato.
Soprattutto quando non voleva che
lei si impicciasse di cose che non la riguardavano.
“Ma perché ti tieni tutto dentro? Forza dimmi che
succede, c’è qualche nuovo pericolo per la
terra?” Gli sorrideva con calore,cercando di mascherare
l’apprensione in piedi accanto al letto.
Lui non fiatò e rimase immobile con una mano sullo stivale e
l’altra sospesa a mezz’aria, esasperato dal troppo
interessamento.
Dunque non si era sbagliato, ne stava avendo la conferma: quella
terrestre caparbia e geniale possedeva anche facoltà
paranormali, sembrava potesse leggerli nella mente o, peggio, nel
cuore.
Grugnì e si sollevò; era già pronto
per dileguarsi, ma si volse a gettarle un’occhiata arrogante
poi, però, deglutì colto da una fitta di dolore e
da un crescente panico.
Come poteva dirle apertamente di soffrire di un malessere tipicamente
terrestre?
Aveva vergogna, una profonda vergogna e lottava contro quel male che
risalendo fino al cervello gli punzecchiava i gangli nervosi e stava
divenendo insopportabile.
“Vegeta! Sei pregato di
rispondermi prima che mi metta ad urlare! Stai male, te lo leggo in
faccia!”
Bulma infilò la vestaglia e mosse alcuni passi scalza sul
pavimento di parquet, dopotutto l’aveva sempre avuta vinta
nelle loro dispute Senza esitazione si fermò alle sue
spalle.
“Sono preoccupata per te.” Sospirò,
guardando la sua schiena e riuscì a stento a controllare
l’impulso di accarezzarla, conosceva ogni cicatrice che
sfregiava la sua pelle bianca.
“Ho detto che va tutto bene, sei sorda?” Il saiyan
riuscì a farla zittire con l’impeto del suo
carattere esplosivo, ma solo per breve durata.
Incrociò le braccia al petto e non riuscì a
nascondere un’altra smorfia di dolore, a quel punto lei
evitò di insistere, era meglio concedergli un po’
di tempo senza stressarlo; era pallido come uno spettro.
“D’accordo, faccio una doccia e scendo a prepararti
la colazione.” Bulma sollevò appena la camicia da
notte scoprendo così le splendide gambe, ma la
lasciò ricadere alle parole di lui.
“Non ho fame, ci vediamo più
tardi!”Aveva stretto gli occhi come fessure e le parve che
respirasse appena, trafitto da un nuovo spasimo.
“Tu … Tu non hai fame? E’grave,
molto grave!”Sconvolta e allarmata frugò nella
tasca, ed estratto il pacchetto si accese una sigaretta per evitare un
imminente attacco di nervi.
“Senti mio caro saiyan, puoi darla a bere a chiunque, ma non
a me! Avanti dimmi cosa sta succedendo! A quando il primo scontro?! Chi
si è messo in testa questa volta di conquistare il pianeta?
Oppure stai semplicemente male?” Quelle parole gli
fecero male, era innegabile il sesto senso della sua compagna, ma
l’orgoglio che scorreva nel suo sangue gli impose di negare
ostinatamente.
“Non sto male! Sto bene! BENE!” si piegò
e portò una mano alla fronte trattenendo a stento un urlo,
stavolta gli faceva proprio male.
“VEGETA!”
La voce di lei era esplosa e lo fece sobbalzare, Bulma si protese
leggermente in avanti con le mani abbandonate sui fianchi, sfidando
quegli occhi color pece.
“Sto aspettando!” Esclamò con
un’espressione irritata, pronta a subissarlo di domande fino
allo sfinimento.
Quanto parlava! A differenza della stragrande maggioranza dei suoi
simili, sembrava non conoscesse la parola: silenzio.
Vegeta, spazientito, le si avvicinò: era una femmina
testarda ed era inutile tentare di nasconderle la verità e
anche se ammetterla era infinitamente peggio di vivere un incubo,
dovette fare un gran sforzo per parlare, cercando di reprimere quel
senso d’imbarazzo.
“E va bene, tanto è inutile, ostinata come sei non
mi lascerai in pace! Ho
mal di denti! E' atroce, contenta?” Emise un
brontolio animalesco e poi impettito si allontanò verso la
porta, lasciandola a bocca spalancata.
“Oh santo cielo e io che credevo chissà cosa
…Mal di denti!” era certamente meno peggio della
varie disgrazie che aveva ipotizzato, sospirò di sollievo.
“Aspetta un secondo, dove pensi di andare?” Gli era
corsa dietro e dopo averlo superato ignorò i suoi
borbottamenti e gli sbarrò il passaggio allargando le
braccia.
“Togliti di mezzo, ho già perso troppo tempo in
inutili chiacchiere.”Aveva le guance arrossate, segno
evidente che stava per dare in escandescenze: una vena pulsava sulla
sua tempia sudata.
“Dammi retta, risolveremo tutto e in poco tempo!”
Ammiccò, prima di continuare la tiritera.
“Il mio dentista di fiducia, il dottor Trotter
rimedierà alla tua carie, sempre che non sia troppo tardi e
gli tocchi procedere all’estrazione!” Non poteva
immaginare quanto lui stesse soffrendo in quel preciso momento: carie,
estrazione?
Non gli andavano a genio quegli strani vocaboli.
“Tsk! Non vado da nessun dottore io, nessuno mi
metterà le mani addosso, tanto meno estrarrà
niente dal mio corpo! Sono stato chiaro?”
Era arcistufo e benché fosse martoriato da quel molare,
tentò di scansarla per dirigersi verso la camera
gravitazionale.
Era troppo testardo e così poco malleabile, sempre pronto a
negare qualsiasi turbamento.
“Ascoltami bene signor: So tutto io! Il fastidio
aumenterà e ti consiglio di prendere almeno un analgesico se
non vuoi ammattire!” Si era voltato di scatto e la stava
gelando con lo sguardo, lei si avvolse nella leggera vestaglia.
“Anal …che? Non avrai in mente quelle assurde cose
a punta che usi quando Bra si ammala? Supposte mi pare si
chiamino!” Perché capiva sempre a modo suo? Bulma
soffocò una risata e rimase ad osservare le sue spalle che
si allontanarono in fretta.
“Sono sicura che non resisterai a lungo caro mio!”
Disse ad alta voce e i pochi secondi che impiegò per
scendere la scalinata marmorea le sembrarono lunghissimi.
Con passo deciso, coprì la distanza dal soggiorno fino alla
cucina e spalancò la porta, oltrepassò la soglia
avanzando verso il giovane figlio, che si voltò e la
salutò con un largo sorriso e la voce assonnata.
“Buongiorno mamma, gradisci del caffè?
L’ho appena fatto.”Il ragazzo prese una tazzina
dalla credenza e la posò sulla tovaglia fiorata che
ricopriva il ripiano d’acciaio del moderno tavolo, accanto ad
un bricco di porcellana bianca.
“Grazie tesoro ne ho proprio bisogno, sai, ho dormito male
stanotte.”La donna si mise a sedere, voleva spiegargli
l’accaduto per filo e per segno e pregarlo di non andare a
scuola.
Un leggera risata le sfuggì dalle labbra e il giovane
divenne sospettoso, il suo sguardo divertito non smetteva di osservarlo
e celava di sicuro una notizia interessante.
“Che succede mamma? Dai spara!”
“Scusa, ma se ripenso
…alla sua faccia!” Rispose, pensando di passare al
figlio la regia di quella insolita giornata.
“La faccia di chi? Puoi spiegarmi? Sono curioso, ma...ti
riferisci per caso alla faccia di papà?” Le gli
lanciò un occhiata eloquente ed annuì con un
sorriso sardonico sulle labbra rosate.
“Ah! E da quando l’espressione di papà
fa ridere? Forse mi sono perso qualcosa.” Trunks si
pulì la bocca con un tovagliolo, dopo aver gustato una fetta
di crostata di more.
“Vedi, stamattina mi ha confessato una cosa, ero preoccupata
perché lo vedevo molto nervoso e pensavo mi nascondesse una
nuova minaccia.” Rimescolò con lentezza lo
zucchero nel caffè e fu interrotta dalla voce del figlio.
“Hai ragione, da alcuni giorni è intrattabile.
Ieri ha persino sgridato Bra, non era mai successo”.
Solitamente le numerose marachelle della sorellina
erano ignorate e, specialmente il burbero principe,
sembrava soggiogato al suo carisma, raramente le negava il perdono.
“Beh, alla fine come ti dicevo mi ha confessato di
…” aveva ripreso a spiegarli, lo guardò
con i grandi occhi azzurri così simili ai suoi e mettendoci
tutto l’impegno di cui era capace terminò la frase
in tono melodrammatico.
“Il grande guerriero ha mal di denti! Non riesce nemmeno a
mangiare ed è sul punto di crollare, ma si sforza di
apparire imperscrutabile come sempre del resto.” Era
inevitabile che Trunks scoppiasse a ridere, ma ora la questione era
seria, Bulma intanto pensava.
“Potresti tentare di convincerlo, a te darà
ascolto. Prova a parlargli.” il giovane cercò di
deglutire indeciso, tra la voglia di accontentarla e un non so che, che
l’avrebbe spinto a fuggire.
“Devo andare a scuola e sono già in ritardo e poi
non credo che riuscirei a farlo ragionare, ma solo ad
irritarlo.”
Il mezzosangue si sollevò, ma lei gli prese una mano e la
strinse con forza, l’unica cosa chiara a quel punto era che
non poteva dirle di no.
“Va bene...farò il possibile.” Quel
pensiero lo fece rabbrividire.
“Grazie, ero certa che non mi avresti deluso, va da lui
Trunks.” Era impensabile lasciarlo solo con quella pena; la
scienziata accese una sigaretta, soffiò il fumo e lo
guardò andare via.
Pallido e sconvolto il giovane percorreva il corridoio, i suoi passi
risuonavono decisi, ma si bloccò di fronte alla porta
metallica della camera gravitazionale, poiché il suo cuore
batteva in modo troppo irregolare.
“Che Dende mi aiuti, chissà come andrà
a finire!” Incrociò le dita e tentò di
farsi coraggio, era prossimo a dover affrontare le temute ire paterne.
L’udito fine di Vegeta riconobbe subito il respiro al di
là della porta, aggrottò la fronte, mentre le
tempie pulsavano e il dente gli doleva in modo terrificante, strinse il
pugno temendo di dover sopportare le insistenze di lei e del
figlio e poi spense la gravità in attesa di vederlo entrare.
La porta si aprì e la figura slanciata e solare del
primogenito gli apparve dopo un breve istante, ci fu un gran silenzio,
prima che riuscisse a proferire poche parole.
“Come stai papà?” Vegeta
sbatté un colpo sul display della consolle e urlò
a squarciagola.
“Cosa stai farneticando? Non ti ha detto niente tua madre? Mi
prendi in giro?” Con quel tono lo fece trasalire. Era
talmente arrabbiato che riuscì a gelarlo con il solo sguardo
e lo ammutolì.
“Tornatene ai tuoi libri o alla compagnia di quel buono a
nulla di Goten, non ho bisogno delle vostre sciocche attenzioni, non
andrò mai da nessun dentista!”
“Papà, non puoi fa finta di niente, ti accompagno
io se vuoi …” Trunks era tutto rosso, i begli
occhi azzurri cercarono quelli di suo padre, si avvicinò a
lui con lentezza, gli giungeva il suo respiro irregolare e
capì che stava per cedere.
Continua
…
Wew ^_^ ciao a tutti !
Eccomi a voi
reduce da una situazione che ha portato praticamente tutta la famiglia
ad un passo dall’esaurimento nervoso.
Il mal di denti
di mio padre XD!
Lui ha il
terrore del dentista e convincerlo ad andarci è
stata una impresa durissima.
Ecco il motivo
che mi ha portata a scrivere questa fic benché ne abbia
tante da ultimare…
Quando sono
entrata nello studio odontoiatrico per accompagnare mio padre la
mia mente (non del tutto sana) ha pensato a cosa proverebbe Vegeta
sotto quella tortura … con il tubicino
dell’aspiratore in bocca!
Giuro che ridevo
da sola e sicuramente le altre persone che sedevano di fronte a me
nella sala d’aspetto mi avranno presa per pazza!!
Vabbè
non voglio dilungarmi oltre, spero di non avervi schifato troppo,
prometto di aggiornare in fretta…
Però fatemi sapere se vi interessa o se la devo cestinare …
Sto scrivendo un nuovo capitolo di "Orgoglio e gelosia" a presto la pubblicazione. ^^
Un bacione
grande dalla vostra
LORIGETA ^^