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Autore: shallweliquefy    31/12/2013    0 recensioni
“Sbrighiamoci ad andarcene” mi sussurra all'orecchio “non voglio condividerti un secondo di più con questa gente”.
Sento il cuore battermi all'impazzata.
Portami via!, vorrei gridargli. Ma mi limito ad annuire.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Insomma, siamo arrivati” disse, mentre il nostro treno si avvicinava alla stazione.
Mi girai verso di lui, sorridendo.
Già”
Tre giorni tutti per noi, da qui a domenica esistiamo solamente io, lui e questa città magnifica.
Sento il cuore scoppiare dalla gioia.


Credo che sia presto per andare in albergo,” dice “facciamo colazione?”
Decido che la risposta migliore è prendergli la mano, e stringerla forte.
Ti amo, cerco di dirgli con lo sguardo.


Il bar in cui facciamo colazione si affaccia sulla piazza principale della città.
Sono solo le otto, ma il sole mi riscalda la pelle in modo delizioso. Adoro l'autunno.
Ecco qui”
Il cameriere ci sorride mentre poggia il nostro ordine sul tavolo.
Cappuccino chiaro per me, latte macchiato per lui. Ovviamente, non possono mancare i cornetti.
La nostra prevedibilità mi fa sorridere.
Il cameriere si congeda con un cenno discreto del capo.
Mi giro verso di lui, e lo trovo a fissarmi con uno di quei sorrisi che adoro stampati in volto.
Lo sa che mi mette a disagio così.
Cosa c'è adesso?”
Niente,” scrolla le spalle con fare innocente “mi piace farti arrossire”.
Beh, ci stai riuscendo” farfuglio.


Due anni. Sono due anni che stiamo insieme e ancora non mi abituo a tutto ciò.
Non riesco ad abituarmi ai suoi occhi luminosi, alla sua risata calda, al suo sguardo che infiamma tutto ciò su cui si posa. Soprattutto, non riesco ad abituarmi al fatto che lui sia qui, con me, giorno dopo giorno, e che mi guardi con gli stessi occhi innamorati di due anni fa. Mi sembra assurdo.
Andiamo?”
La sua voce interrompe i miei pensieri, e torno in un attimo alla realtà.
Getta il mozzicone di sigaretta nel cestino, poi mi offre la sua mano.
Intreccio le mie dita con le sue.
Ancora una volta, si incastrano perfettamente.


La proprietaria dell'albergo è gentile, ma estremamente rumorosa.
Mentre ci accompagna attraverso un corridoio che sembra interminabile, ci sommerge di informazioni
Dove mangiare, cosa vedere, con chi parlare, come spostarsi, cosa fare e cosa non fare.
Proviamo a dirle che non avremo tempo di fare tutte queste cose, ma è inutile.
Finalmente, arriviamo davanti alla nostra camera, la 103.
La donna mi porge le chiavi, sorridendo.
Beh, questo è quanto. Se vi serve qualcosa non esitate a contattarmi”
Non faccio in tempo a ringraziarla, che è già sparita.
Infilo le chiavi nella toppa, e apro la porta.
Ci troviamo di fronte una camera piccola, ma molto accogliente e ben arredata.
Il pavimento di legno scuro è in contrasto con le pareti dalle sfumature calde e con il copriletto rosso e oro. Lo adoro.
Posiamo i bagagli sul letto, e ci guardiamo.
Ciao” gli dico sottovoce.
Mi circonda con le sue braccia, così forte da impedirmi quasi di respirare.
Ma non importa. Se potessi scegliere il modo in cui morire, vorrei fosse così.
Mi bacia una guancia, e io chiudo gli occhi.
Sono così fortunata...

Ci risvegliamo dopo circa mezz'ora. Il viaggio è stato lungo, ma abbiamo una città da visitare. Non possiamo permetterci di poltrire. Ci cambiamo velocemente e, una volta usciti, ci avviamo verso il centro storico della città.
Per tutto il giorno visitiamo chiese, musei, negozietti tipici. I negozi di brand d'alta moda si alternano a bancarelle gestite da coppie di anziani. Amo tutto ciò.
La gente è calorosa, forse è lo splendido luogo in cui vivono a farli sentire così.
A pranzo mangiamo in una piccola trattoria a gestione familiare. Non abbiamo dubbi su cosa ordinare: pappardelle al cinghiale. Hanno un gusto deciso e si sciolgono in bocca.
Lui mangia di gusto, si interrompe giusto per guardarmi, e sorridere.
Ti amo.
Credo che abbia letto i miei pensieri, perché mi stringe forte le dita.


La giornata passa troppo in fretta. È già ora di cena, e ci infiliamo in un piccolo irish pub in una traversa del centro.
Ordiniamo due panini e due birre chiare. Piccola per me, media per lui.
I panini caldi sono meravigliosi, e la birra scende giù a meraviglia.
Mi gira un po' la testa, ma mi sento bene. Euforica, quasi.
Finiamo di cenare, e per un po' rimaniamo seduti a parlare dell'università, del lavoro, delle persone che conosciamo.
All'improvviso, poi, il suo volto cambia.
Sbrighiamoci ad andarcene” mi sussurra all'orecchio “non voglio condividerti un secondo di più con questa gente”.
Sento il cuore battermi all'impazzata.
Portami via!, vorrei gridargli. Ma mi limito ad annuire.

Arriviamo in camera. Mi dirigo verso la porta per chiuderla a chiave, e lui mi riaggiunge dopo neanche un secondo.
Mi poggia le mani sopra i fianchi, e inizia a baciarmi lentamente il collo.
Lo adoro, e lui lo sa benissimo.
Mi giro verso di lui, ci guardiamo per qualche secondo.
L'attrazione tra noi due è talmente forte da risultare quasi tangibile.
Non riesco a staccarmi da lui, dalle sue labbra.
Mi stringe, ci baciamo, cadiamo sul letto, senza mai staccarsi da me.
Facciamo l'amore, a lungo, delicatamente, ed è un'esperienza fantastica, che ci coinvolge anima e corpo.
Ti amo. Ti amo. Ti amo.
Lo diciamo così tante volte che ormai ci viene spontaneo, non ne possiamo fare a meno.


Quella sera parliamo, tanto, più del solito.
Parliamo di me, di lui, di noi, del nostro futuro. Sembra tutto così reale.
La nostra casa, il nostro giardino, i nostri figli, i nostri cani...Se chiudo gli occhi, li vedo.
Il futuro sembra così vicino. Se solo...



Signorina? Si sente bene?”
Mi giro verso verso la voce. Non ho idea di chi sia. Fisso quella figura indistinta, senza riuscire a metterla a fuoco.
Provo a parlare, ma non ci riesco.
Signorina? Sa dove si trova?”
Ancora la voce. Taci, voce, ti prego lasciami in pace.
Non ho voglia di parlare, io...Io voglio tornare lì, da lui. Lasciami andare, voce.
Signorina sa almeno che giorno è?”
Io...” gli occhi mi si riempono di lacrime.
Mi guardo intorno. Certo che lo so dove sono, stupidissima voce.
È il 1 Febbraio, e come ogni anno sono qui, al cimitero comunale.
Lui...Anche lui è qui. Forse non in senso fisico, ma è qui, lo sento.
I suoi occhi mi fissano vivaci, anche se solo in foto.
Quella foto è stata scattata subito dopo la nostra vacanza, prima che sapessimo della malattia, prima che le nostre vite venissero sconvolte per sempre.
Mi manchi così tanto che mi sembra di impazzire, penso.
Una folata di vento mi scompiglia i capelli dolcemente, proprio come faceva lui.
Sorrido.
Deve avermi letto nel pensiero.

  
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