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Autore: AngelOfSnow    01/01/2014    0 recensioni
Salve a tutti.
Con questa storia spero tanto di farvi immergere in un mondo non troppo lontano dalla realtà dei giorni nostri.
La protagnista si ritroverà a fare i conti con le "Gocce di memoria" scombussolate dalla presenza di un uomo a cui deve molto dando modo al loro passato di fondersi per divenire un unico futuro.
Dal capitolo:
Della mia vita a Milano ricordo solamente il volto sfigurato dal tempo di un bambino.
Nient’altro, a parte che mi trovavo spesso a casa sua per colpa del lavoro dei miei genitori e che fosse oramai parte integrante di quella vita: una vita che sinceramente amavo da ogni punto di vista perché non avevo la consapevolezza di quello che avrei realmente lasciato dopo.
Adesso, che ho compiuto 16 anni, non posso fare a meno di domandarmi “chi” e “cosa” rappresentasse per me, anche se so per certo che nessuno mi avrebbe detto alcunché. Eppure sono ottimista pesando che il mio passato mi abbia formata a come sono oggi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scena Ottava I Atto.

Scena Ottava: I Atto.

Il suono di un’ambulanza mi rimbomba nelle orecchie. Cos’è successo? Mi ricordo di stare guidando e... << Elisa!  >> spalanco gli occhi, cercando di mettermi a sedere, ma delle cinghie robuste mi impediscono di muovermi.

<< Non deve muoversi. >> mi dice la voce di un’infermiera.

<< Cos’è successo? >> ho la voce completamente roca. Provo a muovermi ma il dolore al fianco mi gela.

<< Deve stare fermo, nell’incidente le si sono incrinate tre costole e si è lussato una spalla, mentre i tagli superficiali sono nella stragrande parte del corpo. >>

Incidente?

<< Adesso le farò un primo controllo, mentre arriviamo in ospedale. Come si chiama? >>

L’infermiera continua ad interrogarmi e – fortunatamente rispondo – dopo, comincia a disinfettarmi le ferite superficiali. Bruciano da morire.

<< In una ha del vetro, al Pronto Soccorso farà più male che qui in ambulanza. >>

Chiudo gli occhi, nauseato dalla posizione e dal movimento del mezzo, e con un filo di voce chiedo dell’incidente.

<< Siete stati investiti da un ubriaco che andava a 100 chilometri orari, nella fiancata destra del mezzo... ecco... la ragazza è ancora lì, incastrata nelle lamiere. È viva, ma non da segni di ripresa. Lei sa chi è? >>

Rispondo ancora alla domanda con le lacrime agli occhi e riferisco del precedente incidente. << Non ne eravamo a conoscenza, aspetti un secondo. >>

L’infermiera comincia a trasmettere le informazioni che ho dato e continuo ad osservare il tetto bianco e poco rialzato dell’ambulanza.

Il mio unico pensiero va ad Elisa.

I rimpianti mi stanno schiacciando, il suo “ti odio” mi scava il petto come la certezza di aver sbagliato tutto, con lei.

Ho sbagliato nel trattarla come una bambola di porcellana, tanto mi pareva fragile, ho sbagliato nel non sfiorarla, per evitare che potesse ricordare qualcosa di me, di quel “noi”  mancato.

Egoisticamente credevo di proteggerla e invece ho sofferto, abbiamo sofferto, inutilmente, vittime di una bugia creata da un malinteso e usata come capro espiatorio.

Per me era stato difficile, gettare Elisa fra le braccia di Nicola, ma avevo resistito per il suo bene: “Lui è più adatto di me.”

Convinto come un’idiota che avere un ragazzo della sua – più o meno – età sarebbe stato meglio che stare con un uomo più grande di dieci anni.

Lo pensavo. Adesso me ne pento più di ogni altro errore.

Ucciderei per fermare il tempo e vederla sorridere, serena, con i soli problemi adolescenziali per la testa, a covare un amore genuino nei miei confronti ed io a ricambiarlo con enorme tenerezza.

Il mezzo si ferma di botto e sento tre portiere aprirsi: quella dietro e le due davanti.

<< Chiami la dottoressa Abis, sono suo fratello. >> mormoro  stordito. I medici del pronto soccorso si guardano in faccia.

Perfetto, mi dico, non sanno nemmeno chi sia.

L’unica fortuna che mi viene riservata, è quella di sentire la voce di Lorenzo nel corridoio.

<< Bene... >> biascico e chiudo gli occhi, troppo stanco anche per ragionare.

 

Quando riapro gli occhi possono essere passati secondi, minuti, ore o giorni, non saprei e nemmeno mi interessa.

L’unico pensiero va ad Elisa.

Senza esitare un attimo suono il campanello delle infermiere e spunta un ragazzo della mia età, che non esita un secondo a darmi del tu.

<< Certo che te la sei giocata con Dio, amico. L’unica considerazione che ti si può dare atto è una: eri troppo sobrio, per essere uscito da una discoteca, e troppo corretto, passando con il verde alle tre e mezzo del mattino. A parte gli scherzi, ti è andata bene. >>

Il cartellino del ragazzo dai capelli corvini, pelle scura, e lineamenti duri, nomina il ragazzo come Francesco.

Prima di riuscire a parlare devo fare mente locale un attimo.

<< Fai con calma... >> dice l’infermiere, in tono mezzo ilare  la mia espressione deve averlo sconvolto.

<< La ragazza? >> dico in modo asciutto e deciso.

<< La ragazza... >>

<< La ragazza, Elisa Reinari, fratello, è entrata in coma. >>

La voce di mia sorella mi spezza il fiato.

Le lacrime cominciano a rigarmi le guance impunemente.

Al diavolo l’onore e l’orgoglio maschile.

<< Dici davvero? >> cerco di dire tra un singhiozzo e l’altro e Alice annuisce, grave, facendo cenno all’infermiere di allontanarsi.

<< Sono passati due giorni dall’incidente. Tu sei stato operato di urgenza... hai perso i sensi subito dopo l’essere arrivato in ospedale per la lacerazione quasi totale di un polmone per colpa delle costole incrinate. Hai rischiato di lasciarci le penne per un’emorragia interna, fratello. Che ti è saltato in testa? >>

Il mio pianto non accenna a diminuire.

<< L’unica notizia buona è quella che il ragazzo che vi ha investiti è stato incarcerato con delle gravi accuse e non verrà rilasciato fino a quando non sarai in grado di rilasciare qualche dichiarazione. Intanto deve rispondere di reati come spaccio e uso i sostanze stupefacenti, droghe e marijuana, detenzione di armi illegalmente guida in stato di ebbrezza. Era strafatto come se non ci fosse stato un domani. Ho chiamato Riccardo da Milano per difendervi. È un mio grande amico e un ottimo avvocato... >>

Mi obbligo a calmarmi, anche perché il dolore al petto che, penso, sia dovuto alla stiratura dei punti.

Non posso respirare profondamente e mi limito a dei piccoli respiri cadenzati. Va già meglio.

Alice continua a parlare, ma sento solo tratti del suo sproloquio.

<< Grazie, Alice, per esserti occupata di tutte queste cose. >> mi affretto a dire, cordiale e sincero, mentre le mani di Alice tremano e i suoi occhi le si fanno lucidi.

<< Mi hai fatta preoccupare, bamboccio! >>

Mi abbraccia delicatamente e non ho più altro da aggiungere.

   
 
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