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Autore: Ottachan    01/01/2014    4 recensioni
Finiti gli studi, Haruka e Makoto vivono insieme, gestiscono un Neko-café e sono ambigui per attirare un maggior numero di clienti femminili
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le prime Notti Bianche'
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Prima one shot della seconda Notte Bianca (del 23 novembre 2013) (si, sono lenta a postare, chiedo venia ç_ç) della pagina 'No, ma Free lo guardo per la trama, eh' da un prompt di Uranaishihime la quale ha preso spunto proprio da un vecchio post della pagina. Pian piano posterò tutti i miei fill anche perchè quella Notte Bianca è stata molto produttiva (ho scritto anche una pwp, fuck yeah èwé). Le note in fondo sono le stesse del post sul LJ.
L'inizio (forse) non c'entra molto con la storia ma avevo l'obbligo morale di metterlo u_u
Chiedo comunque perdono in anticipo se Haruka sembrerà troppo un pochino ooc ma il contesto non mi permetteva di caratterizzarlo diversamente ç_ç Chiudete un occhio please >.<

 
Neko-Café
 
‘Buon giorno! Volete consultare il menù o avete già in mente cosa ordinare?’
Makoto sorrise in maniera così dolce e gentile che le povere clienti dovettero fare un incredibile sforzo di autocontrollo per non rispondere: ‘Vogliamo te. Adesso. Anche senza zucchero!’.
 
Aprire un Café nel centro di Iwatobi fu un’idea di Haruka, strano ma vero: il suo talento culinario nel preparare spuntini e bevande, unito alla capacità innata del suo compagno di relazionarsi con la gente facendola sentire a proprio agio, costituivano le chiavi vincenti per entrare nel mondo del lavoro senza troppi intoppi. Fu Makoto, comunque, ad insistere sul fatto che ci dovessero essere anche i gatti: ‘È un qualcosa di originale! Non ho visto ancora nessun locale simile aperto qui in città! Potrebbe essere un espediente per attirare più clienti!’
Peccato che la clientela faticava a fidelizzarsi. Nemmeno la scelta di un arredamento accogliente e di un menù semplice e dai prezzi stracciati aveva risolto un delicato problema che, a lungo andare, rischiava di portare al fallimento la piccola attività appena nata: il conto in rosso. L’affitto del locale in pieno centro costava parecchio e la banca aveva sborsato ben poco visto che i due ragazzi non avevano credenziali e non offrivano sicurezze per quanto riguardava la restituzione del debito. E l’inventario di cibi e bevande si era rivelato più costoso del previsto. Non avevano comunque considerato che la questione dei gatti poteva tramutarsi in un’arma a doppio taglio: tra vaccinazioni, cibo e tutti gli oggetti possibili e immaginabili per la pulizia, le uscite non superavano mai le entrate.
In un mese di lavoro avevano perso 200000 yen e Makoto stesso, sconsolato, era propenso a chiudere bottega e andare a cercare lavoro come impiegato statale.
Eppure la soluzione a questo delicato problema arrivò quasi all’improvviso.
Il caffè era terminato e Haruka aveva provato, quella volta, a prenderne altro dallo scatolone in cima alla mensola, quella più alta, senza chiedere aiuto a Makoto. Ovviamente tutto il contenuto gli era finito addosso e il compagno era subito accorso in aiuto prendendolo per mano e aiutandolo ad alzarsi, ovviamente senza dimenticare di chiedergli, in tutte le varianti possibili, se si fosse fatto male, se i barattoli gli avessero colpito la testa, se c’era bisogno di tirare fuori il kit di pronto soccorso. Il moro stava per rispondere di non preoccuparsi quando uno strano brivido lungo la schiena lo obbligò a voltarsi appena per cercare di capire cosa stesse succedendo alle proprie spalle. Presto detto: il 90% della clientela, che tra l’altro era composta da sole donne (attratte dal loro bel visino?), aveva piantato i propri occhi di fuoco addosso ai due ma non c’era rabbia o ostilità dipinta in essi: il loro sorriso a metà tra il malizioso e il godurioso mostrava apertamente come esse si sentissero estremamente fortunate nell’essere testimoni di quello sfortunato momento di tenerezza accidentale. E Haru non si fece scappare l’occasione. Poggiò la propria fronte sul petto accogliente di Makoto e, scuotendo lievemente la testa imitando Nagisa, disse in modo da essere sentito da tutti: ‘Grazie per essere sempre qui per me!’.
E delirio fu.
C’era chi si era alzata in piedi, lasciando cadere a terra dal proprio grembo il gatto che stava coccolando, e si era messa ad applaudire commossa, chi aveva fischiato e urlato ‘Bacio, bacio’, chi era scappata in bagno e chi, in maniera poco educata, aveva gridato: ‘Prendetevi una camera voi due!’…
Il tutto sotto lo sguardo indifferente di Haruka (che aveva comunque giustamente pensato di accendere un po’ di più i loro animi allungando le mani, con prepotenza, sul lato B del compagno) e quello estremamente imbarazzato di Makoto, il quale aveva iniziato a desiderare che qualche gatto avesse scavato una buca grossa e profonda (come i cani, si, mi pare ovvio) per sprofondarci dentro.
 
‘Il succo è questo. La gente vuole zucchero e peperoncino dal nostro café. Vengono qui per questo!’
‘Non credi basterebbe prendere qualche cucciolo in più?’ Makoto non si era sentito molto a proprio agio quel pomeriggio… Il comportamento bizzarro di Haruka lo aveva messo leggermente in soggezione, per quanto quel suo atteggiamento stranamente intraprendente lo avesse sorpreso in maniera molto positiva.
‘Hanno ordinato il bis. Questo non era mai capitato! Oggi abbiamo incassato il doppio di quello che abbiamo ottenuto in totale tutta la scorsa settimana’ continuò ad insistere Haru mentre, mano allo spazzolone, dava una pulita al locale oramai chiuso.
‘Credi davvero che vengano qui per noi? Cioè… Intendo… Come coppia…’ Makoto aveva ripreso ad arrossire. Nonostante stessero insieme ufficialmente da due anni (con poco stupore da parte dei loro compagni nuotatori che già li davano per sposati) i due avevano continuato la propria esistenza comportandosi tra di loro come erano soliti fare normalmente, ok, forse con qualche beneficio in più; ma essere considerati in maniera diretta come coppia faceva ancora sorridere d’imbarazzo il dorsista (non che la cosa gli dispiacesse, ovviamente).
‘Le fangirl costituiscono la nuova energia pulita del pianeta! Perché non sfruttarla?’
‘Haru… Mi sento come se le stessimo prendendo in giro…’
‘Perché? Dopotutto noi stiamo insieme veramente. E il tutto è per una buona causa!’
‘Haruka, mi fai quasi paura quando fai così’. Effettivamente l’ultima volta che il moro si era sentito così motivato risaliva ai tempi del liceo, durante la creazione del club di nuoto, quando bisognava trovare assolutamente un quarto nuotatore anche solo per fare gli allenamenti congiunti con la Samezuka. Forse dopotutto l’idea non era esageratamente malvagia.
‘Il fine giustifica i mezzi? Uff, intuisco non ci sia altro da fare se vogliamo mantenere in attività il café. Cerchiamo di non esagerare’.
 
Il giorno seguente, come se si fosse sparsa la voce, la clientela presente nel locare era quasi raddoppiata e, oltre alle facce già conosciute, si erano aggiunti visi nuovi. Ovviamente di donne. Di tutte le età.
‘Haru, sono davvero tutte qui per noi…’ annunciò Makoto estremamente preoccupato. Ma Haruka non stava ascoltando. Gli era venuta in mente un’idea grandiosa.
‘Makoto, prendo io le ordinazioni. Tu stai dietro al bancone’
‘Eeeh? Ma sei tu quello che cucina bene…’
‘Mi fido di te. Sono certo che ce la farai’ e dicendo ciò accarezzò il braccio del compagno notando che la maggior parte delle fanciulle presenti in sala era intenta a far finta di leggere cosa era scritto nel menù e ogni tanto alzava gli occhi per gustarsi la oramai famosa scena di ordinario affetto che i due, o meglio, Haruka, aveva deciso di mostrare a tutti a partire da quel giorno.
Comunque sia, come era facilmente intuibile e prevedibile, Makoto combinò un disastro dopo l’altro: ruppe dei piatti e si ferì ad un dito, si bruciò con del thé caldo e si tagliò mentre stava aprendo a metà un pezzo di pane. Più che cameriere, Haruka sembrava una devota infermierina. Non faceva in tempo a prendere un ordine che già era diretto al capezzale del proprio compagno pronto a fasciargli una falange per poi baciarla ‘perché così passa subito’. Più Makoto reagiva arrossendo e gridando il suo nome con fare imbarazzato, più entusiaste erano le reazioni che ottenevano dalle clienti e più aumentavano le ordinazioni. Arrivati, però, al sesto dito fasciato, il moro fu costretto a dargli il cambio o gli ordini si sarebbero accumulati in maniera irreversibile. Dopotutto il lato moe di Makoto poteva anche essere sfruttato esternando tutta la sua gentilezza e premura verso il prossimo.
‘Scusate per il trambusto! Oggi è stata una giornata no… Desiderate altro?’ il dorsista si rivolse al tavolo che era stato servito per primo e aveva già finito la propria consumazione.
‘Senti, posso fare una domanda?’ la ragazza seduta a destra si tirò una ciocca di capelli e la attorcigliò sul dito indice. ‘Ma voi due state insieme?’
‘…Bè… Sss…’
Un verso stridulo simile ad un miagolio e proveniente sia dalla cliente che dalle sue due compagne di tavolo investì Makoto che quasi si sentì sbilanciare a causa della potenza di quell’onda sonora.
‘Un thé alla menta prego!’
‘Due thé alla menta!’
‘…Tre thé alla menta! E un’altra cosa… Tu stai sopra?’
‘…Haru, cambio!!!!!!!!!!!!!!’
 
Il delirio di quella settimana terminò con immensa gioia da parte di Makoto, il quale non aveva mai desiderato l’avvicinarsi del giorno di riposo con l’intensità di un impianto nucleare. E non è un’esagerazione: durante quei sette giorni d’inferno, quelli con il nuovo ‘tipo di gestione’, i due si erano dati il cambio incessantemente, senza un attimo di tregua. Certo, c’era da dire che Makoto aveva iniziato ad essere più sicuro dietro al bancone e Haruka era diventato un poco più spigliato rispetto al solito (anche troppo visto che aveva iniziato a fare strane allusioni su stanchezza e mal di schiena per quelle particolari notti passate in bianco a causa del proprio compagno). Ma questo forse era un bene. Forse. In fin dei conti quell’esperienza con la caffetteria li stava facendo crescere e stava anche insegnando loro come diventare più intraprendenti. Fu lo stesso Makoto ad ammettere che effettivamente quell’idea sull’energia delle fangirl era stata provvidenziale: i guadagni aumentavano, poco alla volta, giorno dopo giorno; la possibilità di stare ogni istante accanto ad Haru senza seguire sempre la solita monotona routine ‘ognuno al proprio posto’ gli dava un piacevole senso di appagamento mai provato fino a quel momento e in più c’erano tanti affettuosi gatti sempre intorno a loro che, sornioni, offrivano fusa e affetto anche ai nuovi clienti. Che dire, entrambi avevano iniziato ad appassionarsi al proprio lavoro e difficilmente avrebbero smesso di fare quello che avevano imparato, pian piano, ad amare.


 NOTE: Nella mia mente doveva essere una pirlata colossale divertente e piena di no sense. E invece è diventata una cosa ‘normale’ che non fa troppo ridere. Spero che piaccia comunque :3
   
 
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