Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: cartacciabianca    02/01/2014    2 recensioni
Lui era sempre stato un animale, il naufragio aveva solo peggiorato la sua natura e pensai che probabilmente sarebbe morto come tale.
_________________________________________
SPOILER sequenza 8 - ma consiglio di aver finito il gioco, non si sa mai :)
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Edward Kenway
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


_Down among the dead men

5. Carne alla carne

 

 

 

— MALEDETTO BASTARDO! — gridai lanciandomi oltre i cespugli.

Mi era bastata distinguere la sua ombra.

La caccia a Vane mi aveva portato lontano dalla mia spiaggia, lontano da tutti i brevi percorsi fino ad allora battuti per procurarmi cibo e legna. Quell'idiota aveva trascinato la mia cassa per un bel pezzo, rompendo radici e rami che mi era stato facile seguire, ma poi l'aveva abbandonata, mal celandola sotto le foglie di una palma da terra: dentro solo sabbia, ma io non avevo mollato, più incazzato che mai, e affidandomi ora alle orme sul terriccio ora all'istinto ero andato avanti fino a notte fonda, quando finalmente l'avevo raggiunto, lanciandomi su di lui come una pantera.

— Pietà! Pietà! — gridò un uomo che non si chiamava Charles Vane.

Io mi sollevai di colpo e lo fissai, ammutolito, dimenarsi nella terra.

— Pietà, vi scongiuro, pietà! —

I capelli mori erano lunghi a dismisura e un cespuglio di peli ispidi gli nascondeva tre quarti di faccia, facendo risaltare i grandi occhi azzurri sulla pelle scura perché sporca di terra e cotta dal sole. Indosso aveva i resti quasi irriconoscibili di una divisa della marina di Re Giorgio, se non fosse stato per il quarto di spallina che c'era rimasto attaccato. Ai piedi non portava nulla ma alla cintola riconobbi subito la mia pistola e la cerbottana. Era pelle e ossa ed era inglese, così mi feci un attimo due conti e…

— … Wilson? — domandai.

Lui sgranò tanto d'occhi smettendo di agitarsi e ricambiò il mio sguardo. — Come… come sapete il mio nome? — balbettò, coprendosi la bocca dalle labbra screpolate con una mano tremante.

Ancora non riuscivo a crederci, ma senza pensarci presi dalla fascia sui fianchi il messaggio che avevo trovato nella bottiglia e glielo porsi. Lui si alzò, lentamente, ma invece di allungarsi a prendere il piccolo rotolo di carta dalle mie mani come mi aspettavo, si lanciò di corsa nella foresta, e l'inseguimento ricominciò.

— Ehi, amico, aspetta! — gridai. — Non voglio farti del male! —

Non ottenni alcuna risposta. La foresta s'infittiva, il buio cresceva ed io iniziavo a perdere il mio bersaglio. Quando mi si presentò l'occasione di un tronco abbastanza inclinato mi ci arrampicai sopra e ricominciai a guadagnare terreno saltando di ramo in ramo.

— Ho detto fermati, dannazione! —

Ero pronto a spiccare un balzo per tagliargli la strada quando lui inciampò cadendo a terra, proprio sotto di me, dove cominciò ad ansimare e gemere come un animale ferito.

— Ecco, bravo! — dissi e saltai giù atterrando alle sue spalle. — Ora datti una calmata così parliamo un po'. —

— Ssssssh! — mi soffiò lui, con gli occhi grandi di paura, trascinandosi sui gomiti. Sfoderò la pistola dalla cintura e quando lo sentii tirare il grilletto mi irrigidii.

— Stammi lontano! — m'intimò puntandomi l'arma contro, ma il braccio gli tremava ed era provato dalla fame e dalla sete, oltre che dalla corsa, quindi avrei potuto disarmarlo facilmente, ma non lo feci.

— Da quanto tempo sei su quest'isola? — gli chiesi.

— Chi sei?! — sbottò lui rimettendosi in piedi a fatica.

Sbuffai. — Dalle mie parti non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, amico… —

— Sei venuto a prendermi, è così?! — disse. — Mi farai impiccare perché ci siamo ammutinati, è così?! —

Non capivo un accidenti.

— Ammutinati? Ma di cosa stai…? — m'interruppi quando vidi muoversi qualcosa tra le fronde alle sue spalle.

Troppo grosso per essere una scimmia.

Troppo silenzioso per essere un uomo.

Una pantera dal pelo lucido sbucò dai cespugli con un ruggito e si lanciò sul più vicino di noi, azzannando ad una spalla il camerata Wilson che crollò a terra sotto il suo peso sparando un colpo a vuoto. Io indietreggiai pronto a richiamare le lame celate, ma prima che potessi intervenire l'animale diede un morso fatale alla gola del naufrago raccomandandolo a Dio e poi alzò la testa verso di me. Mi fissò per un tempo lunghissimo, attraverso le tenebre con i suoi grandi occhi gialli, emettendo bassi rantolii mentre la sua coda disegnava curve sinuose nell'aria. Era la bestia più grossa che avessi mai visto e dopo quel morso che le aveva dipinto il muso di rosso non aveva certo un'aria amichevole. Sotto di lei il povero Wilson era in preda a orrendi spasmi, ma d'un tratto non si mosse più e la sua gola smise di gorgogliare come un rubinetto aperto.

Era morto.

E il suo assassino fin troppo all'erta per tentare qualsiasi offesa, così iniziai a indietreggiare, prima lentamente poi rapido come una lucertola fino a scomparire completamente nella vegetazione, e quando notai che io non gli interessavo più  mi voltai a ricominciai a correre. Raggiunsi la mia spiaggia che faceva alba e mi sdraiai sotto la mia vela di straglio. Mentre riprendevo fiato aprii e rilessi il messaggio di Roland...

E così ero finito ai margini di una di quelle storie che sentivo spesso nelle taverne.

L'ammutinamento, l'illusione di un po' di libertà in più, il gomito alzato per molti giorni di seguito e poi il naufragio.

Di tutta quella faccenda mi era rimasta addosso una strana sensazione.

Avevo visto uomini maciullati da palle di cannone o denti di squali, fucilati o impiccati, ma in quel frangente tutto sembrava inserito nel suo contesto, ogni cosa era al suo posto perché erano i rischi del mestiere… Invece Wilson non avrebbe dovuto essere su quest'isola come non avrei dovuto esserci neanch'io e il caso, lo stesso che ci aveva fatti incontrare, se l'era portato all'altro Mondo.

Quei pensieri, vaghi e così confusi, sul significato della morte mi tennero sveglio per molte notti e il sole che irradiava la spiaggia non era più splendente come prima.

Dovevo essere più cauto, stare all'erta.

Adesso sull'isola c'erano le pantere e il fuoco era sempre acceso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi avevo detto di tenere a mente i signori Roland e Wilson…

Questo micro-capitolo in realtà andava a braccetto col successivo, ma alla fine di una sanguinolenta rivoluzione e a dir poco prepotentemente, ha ottenuto l'indipendenza che chiedeva. Da parte mia colgo l'occasione per stappare lo champagne e augurarvi Buon Anno sperando che stiate passando allegre festività in compagnia della vostra copia di Black Flag, se lo avete ricevuto per Natale, o in ogni caso circondati dalle persone che amate.

Non mi sono dilungata nelle speculazioni filosofiche di Edward perché molto sinceramente (o modestamente) non sono brava a scrivere certe cose e non volevo rischiare di annoiare. Già questa storia non conta un gran numero di lettori (almeno credo) e non volevo rimetterci anche quei pochi che ci sono.

Ohibò, alla prossima, gente,

grazie a chi legge e recensisce e di nuovo auguri,

Cartaccia

 


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8 % del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: cartacciabianca