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Autore: allison742    02/01/2014    2 recensioni
Fece un passo avanti. Poi un altro, e un altro ancora… così fino al portico.
Si voltò, osservando la scia di orme che aveva lasciato sul vialetto. Una scia irregolare, non dritta, non perfetta… un po’ come lei.
Sentì delle risate provenire dalla casa. Il panico la avvolse.
Raccolse un coraggio che non aveva e avvicinò la mano al campanello. Riuscì a sentire il gelo del metallo anche attraverso i guanti.
Un gelo trascurabile, paragonato a quello che le attraversò le vene nel vedere una donna aprirle la porta.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lexie Grey, Mark Sloan
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Mi hanno detto tutti: "attento quando parti, perché cambi";
Poi ritorni a casa e scopri che sono cambiati gli altri.




Let it go

 


Trovare il coraggio per fare certe cose è quasi impossibile. C’è perfino un momento, al principio, in cui è come saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa.
L’unica soluzione è agire d’istinto, chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalla situazione. Non pensandoci troppo, muovendosi secondo le leggi della fisica, senza lasciare il tempo al cervello di intervenire.
Erano interi minuti che se ne stava immobile, davanti al vialetto, con le mani in tasca.
Forse era proprio quello il suo momento di saltare un precipizio.
Il vento e la neve le graffiavano il viso, rendendole la splendida atmosfera natalizia difficile da sopportare.
Aveva sempre amato quel periodo dell’anno, ma ora, davanti a quella casa che un tempo era stata sua, con il freddo pungente che le faceva battere i denti e una stuoia di giocattoli lasciati nel giardino a ricoprirsi di neve, tutto sembrava diverso.
La villetta a due piani era interamente ricoperta di decori natalizi. Le luci a piano terra erano accese.
Questo sarebbe stato il momento perfetto per raccogliere tutto il coraggio e farsi avanti.
Solo che… erano passati anni.
Forse a causa del freddo che le impediva di far uscire le lacrime, forse per la voglia di vederlo o semplicemente per levarsi dal petto questo peso, fece un passo avanti.
Poi un altro, e un altro ancora… così fino al portico.
Si voltò, osservando la scia di orme che aveva lasciato sul vialetto. Una scia irregolare, non dritta, non perfetta… un po’ come lei.
Ora avrebbe proprio avuto bisogno di un sonoro sospiro, ma la paura che l’aria fredda le congelasse i polmoni vinse.
Sentì delle risate provenire dalla casa.
Il panico la avvolse. Ma era lì per una ragione, e aveva preso in considerazione tutte le eventualità.
Raccolse un coraggio che non aveva e avvicinò la mano al campanello.
Riuscì a sentire il gelo del metallo anche attraverso i guanti.
Un gelo trascurabile, paragonato a quello che le attraversò le vene nel vedere una donna aprirle la porta.
Era bella, forse più di lei; lunghi capelli neri, mossi, perfetti. Due occhi da cerbiatto che avrebbero addolcito chiunque, truccata al punto giusto da risaltarle gli zigomi. Un umile sorriso a completare l’opera.
Avrebbe potuto volerle bene persino lei, se non avesse tenuto in braccio una bambina.
Per quanto non si somigliassero, la piccola era bellissima: occhi azzurri come il ghiaccio, che trasparivano una tenerezza indescrivibile; un visino minuto e sorridente, circondato da ricci capelli castani, forse un po’ in disordine.
Le lacrime inumidirono gli occhi.
- Ciao, posso aiutarti?
- S...sì. Mark è in casa? – cercò di riprendersi, mostrandosi il più normale possibile, sopprimendo il dolore.
- Certo, te lo chiamo subito. Chi lo cerca?
- Io… digli solo che sono una vecchia amica. – davvero? Davvero si era appena definita una vecchia amica? Cosa le era saltato in mente?!
- Va bene! – le rispose facendole l’occhiolino, sparendo oltre lo stipite.
L’ansia cominciò a nascerle nella pancia, e risalì lo stomaco, fino alla gola. Sperò di non aver perso l’uso della parola. Non era il momento. Stava per sconvolgere la vita di tre persone, a quanto sembrava; non era il caso di fare scena muta.
Sentì dei passi avvicinarsi, era lui. Riconosceva il rumore delle sue ciabatte che strisciavano sul parchè. Sorrise, ricordandolo come se fosse ieri. Si stupì di aver custodito con cura ogni minimo dettaglio, nella speranza di poterlo rinnovare.
Purtroppo però non era affatto ieri, erano anni fa. Anni che non avrebbe potuto cancellare neanche volendo.
I passi divennero sempre più vicini e nitidi, e nella sua mente scoppiarono varie immagini del suo passato.
Non avrebbe voluto che le succedesse in quel momento, ma non aveva modo di opporsi al suo incasinato cervello.
Come un fulmine le si presentarono davanti agli occhi tutti i loro natali precedenti; i preparativi, gli addobbi che montavano insieme, lo shopping per cercare un regalo per ogni singolo amico, dimenticandosi puntualmente qualcuno, la cena con la famiglia, la passeggiata della mattina dopo mano nella mano. Insieme sembrava potessero vincere qualsiasi cosa, anche lo stupido freddo che entrambi soffrivano inimmaginabilmente.
E poi, infine, si fece strada nella sua mente quel piccolo particolare, il loro “rito”, se così si può definire. Le si piazzò davanti agli occhi, senza la minima intenzione di spostarsi di lì, mentre i passi erano talmente vicini che gli rimbombavano nelle orecchie rosse per il vento.
Non era sdolcinato, non era stupido, forse incomprensibile, ma incredibilmente facile: ogni giorno che passavano senza vedersi, la sera dovevano chiudere gli occhi e pensare tre volte “Let it go”.
Era raro che attuassero quella specie di gioco; se non per imprevisti, loro si vedevano praticamente ogni giorno.
Con tutta la sua forza di volontà riuscì a scacciare quel pensiero nell’esatto istante in cui lui comparse sulla porta.
- Allora, chi è la mia vecchia…? – bloccò ogni muscolo nel momento in cui la riconobbe.
Lei pensò di mostrare un sorriso, ma lo immaginò soltanto. Non aveva le capacità in quel momento.
- Tu… Lexie… Tu… - riuscì a balbettare, dopo aver sonoramente ingoiato la saliva. Fece un passo indietro, barcollando.
- Mark…
- Tu… TU SEI VIVA?! – urlò.
Non riuscì a riconoscere il tono… era felice? Arrabbiato? O semplicemente stupito?
Poi, d’un tratto, rise. Una risata sarcastica, amara. Poi di colpo si fermò.
La fissò negli occhi.
- Vattene. – disse fermo.
- Mark, ti prego…
- Io ti amavo, tu eri morta. L’aereo è caduto, e tu non ce l’hai fatta. E se anche fossi sopravvissuta, dove diavolo sei stata per sette anni? Vattene, non voglio vederti.
- Se potessi ascoltarmi solo un min… - tentò di nuovo.
- No! Sono rimasto in coma per giorni, sperando di morire per raggiungerti. Poi, inaspettatamente, sono migliorato, e ho passato un periodo di profonda depressione al solo pensiero di continuare a vivere senza di te. Ed ora tu mi vieni a dire che non eri morta? Che in qualche modo ce l’hai fatta e non sei tornata subito da me? Vattene Lexie, addio.
Lei fece qualche passo indietro, la neve le cadeva dal cappotto, sporcando il portico di legno.
Aprì la bocca senza pensare. O meglio, pensò che ormai non aveva più nulla da perdere.
- Forse avrai anche potuto trovarne un’altra da amare, un’altra migliore, una più bella, meno incasinata, più simpatica ed ordinata, ma sappi che non sarà mai lo stesso amore.
- No, non lo sarà mai. Semplicemente perché quell’amore non esiste più.
Chiuse la porta piano, senza sbatterla.
Lei indietreggiò ancora, cercando di respirare regolarmente. L’aria fredda le tagliava la gola, arrivando fino in profondità nei polmoni. Forse era solo quello che si meritava.
Scese gli scalini, spostando la neve dal corrimano.
A metà del vialetto si fermò di colpo e si accucciò.
Estrasse la mano dal guanto e immerse un dito nella neve.
Piano, ritmicamente, quasi senza consapevolezza lo mosse.
Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, come per saltare un precipizio.
Il dito si muoveva ormai da solo, lasciando dei solchi in quell’immacolata coperta di neve.
Quando riaprì gli occhi guardò. La scritta risaltava e brillava alla luce dei lampioni.
Le scese una lacrima, una sola. Andò a posarsi vicino all’ultima lettera, formando un buco nella neve, esattamente come un punto.
Sì, punto. Fine della storia. Ci aveva provato, aveva saltato, ma il precipizio era troppo grande. Poteva giurare di aver sfiorato l’appiglio dall’altra parte, ma solo per un secondo. La forza di gravità aveva vinto ed era caduta.
E di tutto ciò rimanevano solo tre parole nella neve. Let it go.
Sorrise e, alzandosi, lasciò andare il suo passato.
 



 
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 Note dell'autrice

Ciao.
Questa è la prima FanFiction che scrivo su Grey's Anatomy (mi sono sempre dedicata a Castle).
Sì, lo so: non è affatto allegra. Il punto è che mi piacciono tanto le angst, quindi questo è tutto ciò che sono riuscita a produrre oggi.
Magari, in un futuro indefinito, scriverò altro di più leggero e dolce ;)
Spero che la storia vi sia piaciuta comunque.
Un bacio, Giulia.


 
   
 
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