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Autore: BlackButterfly_    03/01/2014    3 recensioni
“Ci siamo guardati e per una frazione di secondo ho pensato di non sapere più cosa significasse avere la terra sotto i piedi.”
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Chapter One.

 

Mi sveglio con un mal  di testa atroce e lo stomaco sottosopra, come se mille bombe atomiche avessero fatto una mega festa lì. Sono Rosalie, per gli amici Rose, 18 anni , da poco abito nella periferia di Londra e sono in un terribile post sbronza.Mi alzo dal letto e corro verso il bagno per rigettare tutti quei liquidi informi e vado verso la cucina. Il silenzio regnava in quel minuscolo appartamento, erano 2 mesi che vivevo a Londra, da sola, mi piaceva il silenzio. Accendo il cellulare mentre prendo una sigaretta e mentre faccio un tiro mi arriva una chiamata, Mamma, vaffanculo. 

 

"Pronto." Dissi facendo un altro tiro.

"Rosalie! Ieri sera avevi il cellulare spento".

"Lo so"

"Tesoro.. quando mi perdonerai?"

"mmmh,all'incirca mai."

 

"Tesero senti io…" Riattaccai prima del tempo, presi il mio diario e iniziai a scrivere tutto ciò che mi passo per la testa. Il rumore del vento e il brusio degli alberi mi facevano da sottofondo musicale, quel silenzio sembrava parlarmi. Il silenzio fu interrotto da una voce.

 

"ROSEEEE!". Allungai il collo verso la ringhiera e vidi lei, la tipica ragazza che si vede nelle foto di tumblr, bionda, occhi celesti, nasino alla francese e ben vestita, Clementine.

 

"Clem che ci fai qui? sono le 8.00 del mattino!"

 

"Sapevo ti saresti svegliata a quest ora, ho portato la colazione" Disse mostrandomi un sacchetto. La invitai a salire e ci sedemmo in cucina, Clementine riusciva sempre e sottolineo sempre a sapere cosa volevo.

 

 

"Rose.. allora, come va il post sbronza?" Disse con tono divertito.

 

"Splendidamente" Dissi ironicamente mentre addentavo il mio muffin. Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio, mentre io cercavo di finire il mio muffin e lei che mi fissava con il suo cappuccino tra le mani.

 

 

"Rose, hai chiamato tua madre?"

"Clem!"

"ROSE."

"Non voglio parlare di lei, che cazzo."

"Francamente non credo sia stata colpa sua."

"Clementine, spero tu stia scherzando!" Dissi alzandomi violentemente dalla sedia.

"Affatto, Joshua era uno stronzo, lo sappiamo bene entrambe, di conseguenza ogni figa è buona per lui."

 

"Dove vuoi arrivare?"

 

"Ti vorrei far capire che la colpa non è ne di tua sorella ne di tua madre che la difende, la colpa è di Joshua, l'unico con cui non te la sei presa. Non capisco perché non lo hai ancora affrontato! sei scappata  qui a Londra da un giorno all'altro." Le sue parole mi attraversarono come fossero mille lame gelate, ma dannazione.. aveva ragione. Mi sedetti dinuovo, con calma.

 

"Per favore, possiamo non parlare di lei?".

 

"Come vuoi"

 

"Grazie.

 

 

           ***

 

 

Il forte vento fece aprire violentemente il piccolo balcone della cucina, corsi chiudendolo con lentezza, amavo sentire il freddo sulla mia pelle. Mentre serravo le ante di vetro, notai dei fogli sparsi bianchi e una penna sul bancone. Mi venne in mente uno strano pensiero. Presi carta e penna e mi sedetti.

 

 

A: Mamma.

Ciao mamma, non pensare che io ti abbia perdonata, stessa cosa per Lana. Voglio solo dirvi che se avete bisogno di soldi o di cure mediche non esitate a chiederle.

Baci.

Rosalie.

 

La chiusi con tenerezza, quasi fosse fatta di vetro, presi un francobollo dal cassetto della cucina e mi diressi verso la buca delle lettere che giaceva lì, ferma e impassibile fuori la mia villetta, ricoperta di neve bianca. 

  
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