Dormiva.
Dormiva
di un sonno disturbato.
Un
sopracciglio aggrottato, aria infastidita sul volto.
Immobile.
All’improvviso,
pare quasi che da sotto l’occhio destro scenda una lacrima. Ma potrebbe anche
essere solo un’impressione. Perché Mello non piangeva da quando aveva tre anni.
Ma ciò
non significa che non sentisse il dolore, anzi, il peso delle sue frustrazioni
si triplicava nel suo petto, togliendogli respiro, appetito, ore di sonno…
voglia di vivere.
Non
piangeva mai, Mello. Nemmeno con se’ stesso era abbastanza in confidenza da
concedersi il lusso di leccarsi le ferite.
E di
punto in bianco, con un prolungato gemito, la porta si aprì di scatto, si
richiuse sbattendo, e una figura si buttava addosso a lui scuotendolo da ogni
torpore.
- Matt.
Voce
neutra. Non aveva neanche il coraggio di farla sembrare annoiata.
- Mi ha
tradito!- Matt piangeva sempre, invece, oh, se piangeva. Mello si voltò
disgustato. Perché lui non poteva piangere?
Guardò
il calendario.
Sgranò
gli occhi.
Era il
suo compleanno, ma sembrava che l’amico fosse troppo preso dai propri problemi
per accorgersene.
- Ti ha
tradito?
Raddoppiò
la velocità dei singhiozzi, facendo segno di sì con la testa. Parlò ancora,
parlò tanto, tanto, tanto, per ore forse, e stette altrettanto tempo in
silenzio, a guardare il muro con gli occhi rossi. Mello gli porgeva i
fazzoletti. Non registrò quasi nulla. Aveva ascoltato fin troppo in passato.
Il rosso
si alzò in piedi, senza preavviso.
- Io…
adesso vado.
- Okay.
Sentì i
suoi passi allontanarsi, lo sentì uscire.
Chiudere
la porta.
Sospirò
e si disse, a bassa voce:
- Tanti
auguri Mello.
Dopo
essersi lavato e vestito, anche lui lasciò la propria stanza.
Camminava
curvo, approfittando dei corridoi deserti, curvo, curvo sotto il peso dei suoi
problemi. Matt si sfogava con lui e in lui trovava sostegno. Ma chi era da
sostegno per Mello? Non certo Matt. Matt lo invidiava, lui era così bello,
intelligente, forte. Matt non sentiva il proprio migliore amico come un umano,
lo sentiva come una guardia del corpo, come un padrone, come uno schiavo. No.
Mello era fondamentalmente solo.
Gli si
spezzava il respiro.
Quanto
poteva reggere ancora? Quante volte era stato sul punto di fare scenate
isteriche e tanti saluti? Quante volte avrebbe voluto sputare sul maledetto
foglio in bacheca che rivelava il suo ennesimo fallimento contro Near?
Perché
Near?
Perché
per quanto studiasse, si sforzasse di stare attento, di non fare errori, Near
era sempre un passo davanti a lui?
Strinse
le labbra, frustrato.
Oh, ma
questi sono problemi certamente esigui di fronte ad un drammaticissimo
tradimento, vero Matt? Vi è anche
un’unità di misura per i tormenti? Tormento da sbuffo, tormento da bestemmia,
tormento da pianto, tormento da singhiozzo, fino ad arrivare alla disperazione,
l’autolesionismo, la pazzia e la morte?
“Il
dolore è relativo, Matt” aveva tentato di spiegargli “quello che per te non è
importante, potrebbe esserlo per… altri…” non aveva il coraggio di dire: “per
me.”
“Sì, sì…
ma sa cosa mi ha detto quella volta che io…”
Apatia
totale, buio dentro di se’.
Per
strada incontrò Linda. Un sorriso forzato. Le disse che andava a studiare. Non
era vero. La verità è che Mello aveva deciso di mollare tutto. Di smetterla di
rincorrere il coniglio. Di smetterla di sognare. Mello si arrendeva, e nessuno
era lì per dirgli che faceva bene, male, a consolarlo, a spronarlo, ad
ascoltarlo almeno.
Linda lo
oltrepassò augurandogli di fare del suo meglio. Nemmeno lei si era ricordata
che giorno fosse.
La
mattina passò, il pranzo anche.
Tutti
gli sembravano fantasmi, tutti gli erano estranei.
Chi era
lui?
Non lo
sapeva.
Non
ricordava il suo nome.
La sua
era una non-esistenza. Aveva sempre avuto uno scopo, aveva fallito, l’aveva
cancellato nel giro di una notte, un pensiero col quale si era svegliato e che
Matt aveva reso più vivido in lui. Un fantasma di se’ stesso. Mello non era mai
esistito se non come proiezione nelle menti altrui.
Nessuno
gli fece gli auguri per il compleanno.
A che
scopo?
Non era
mai nato e non era mai vissuto.
Matt era
tornato con la sua ragazza, si baciavano piano in un angolo. Linda disegnava
sulla scrivania. Smise di piovere, la pioggia lo distraeva dagli schiocchi
delle labbra del suo migliore amico e di una ragazzina qualunque, o dal rumore
ossessionante delle matite colorate.
Anche la
pioggia aveva smesso di battere per lui.
Poggiò
la fronte sul vetro e si accorse di essere solo nella stanza.
Gli
altri erano andati fuori a vedere uno stupido arcobaleno. Il sole era tornato,
e brillava ironico al suo cupo e delirante tormento.
Rifletteva
il vetro i suoi occhi. Riflettevano le pozzanghere il cielo. Rifletteva Mello e
si accorgeva che la nausea che sentiva non era provocata dall’essere secondo,
ma dal suo feroce desiderio di essere il primo, che l’aveva avvelenato, e che
senza di esso smetteva di esistere sia come aspirante numero uno che effettivo
numero due. Era solo… Mello?
Ma
Mello… chi era…?
-
Buongiorno Mello.
Gli ci
volle qualche secondo per recepire queste parole.
Si
voltò.
“che
vuoi?” avrebbe voluto rispondere. Serrò la mascella. Non lo fece. Si limitò a
guardarlo.
Near si
attorcigliava come al solito un ciuffo attorno al dito, forse chiedendosi
perché mai non avesse la cioccolata, perché mai non fosse fuori anche lui,
perché mai avesse gli occhi così vuoti e l’espressione di un automa.
Chiedendosi
chi fosse, forse?
Restarono
a fissarsi qualche minuto.
Poi Near
parlò ancora, stringendosi nelle spalle.
- Ah,
oggi è il tuo compleanno. Auguri.
Fulmineo
Mello gli dette un ceffone.
L’altro,
un po’ stupito, si ritrovò con il volto girato verso il muro a lato.
Non era
stato forte, ma veloce.
Near
lentamente guardò il suo ex rivale.
Mello
ansimava un po’, gonfiando il petto magro, con gli occhi sgranati e umidi, le
labbra semi aperte. Stringeva i pugni. Le ginocchia cedettero e cadde a terra,
lasciando che le lacrime scendessero dopo tanto tempo lungo le sue guance di
adolescente.
Perché
Near, che era la causa di tutto?
Perché
Near?
Perché
solo lui?
Ma chi
era? Perché!
-
perché?- chiese con calma il più giovane.
Non vi
fu risposta. Indeciso sul da farsi, Near si accoccolò accanto a lui,
tormentandosi ancora una ciocca di capelli.
- Dai…
smettila…- non l’aveva mai visto così.
- Non mi
hai fatto male…
- Hai
fatto male tu, a me.- ribattè per la prima volta
Mello, con voce soffocata.
- Non capisco.
Il
biondo alzò il viso.
- Non
capisci? Strano. In genere capisci più di tutti, più di chiunque, più di me.
Silenzio.
Mello
aveva smesso di piangere e Near gli carezzava piano i capelli, tentando di non
essere invadente.
- Near…
- Sì?
- Hai
già baciato qualcuno?
L’altro
lo guardò confuso.
- No, ma
cosa c’entra?
Mello
gli prese il mento con una mano e guidò le labbra di Near sulle proprie,
baciandole castamente, sentendole piacevolmente calde e morbide.
L’aveva
lasciato fare. Era solo un bacio. Che gl’importava?
- E
questo…?
- Io
adesso per te sono qualcuno.
-
Come..?
- Io
sono quello che ti ha dato il primo bacio.
Near non
ci mise molto ad afferrare il discorso.
- Era
questo il problema? Volevi essere qualcuno per me?
-
Qualcuno per qualcuno- corresse Mello arrossendo un poco.
Il più
piccolo poggiò la testa sulla spalla del più grande, lasciando per la prima
volta i propri capelli.
- Tu per
me sei sempre stato qualcuno, Mello.
La
ragazza di Matt si aggrappava a quest’ultimo.
Matt si
aggrappava a Mello.
Mello
trovava di nascosto conforto tra le braccia di Near.
Perché
se li avessero scoperti, sarebbe diventato “quello che ha una relazione con
Near”
Sì,
voleva essere qualcuno per tutti.
Ma non
era più così importante.