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Autore: itsclaus    03/01/2014    4 recensioni
Dal primo capitolo:
"Ormai faceva parte del gioco, e in quel gioco non esisteva un game over." [...] Ogni giorno della sua vita era come un funerale senza una fine, qualsiasi cosa le ricordava la mancanza dei suoi genitori.
In questa atmosfera di adrenalina, ordini da seguire e terrore, Damon incontrerà Elena; due persone diverse tra loro ma che si uniscono grazie al dolore che provano entrambi e che li ha portati ad avere un cuore (quasi) di pietra.
Si detesteranno, avranno paura l'uno dell'altro e dei loro sentimenti.
All'inizio si scontreranno ma con il tempo impareranno ad incontrarsi.
(tutti umani)
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon, Salvatore, Elena, Gilbert, Nuovo, personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Russian Roulette



 
Capitolo 1 – You kill or you  die.
Ormai non si faceva più problemi ad uccidere. Non era un problema distruggere la vita di un’altra persona, Damon Salvatore cercava di non distruggere la sua di vita.
Un passo falso, un errore e tutto sarebbe andato a puttane. Damon lo sapeva bene. Non poteva permettersi di farsi trascinare dalle emozioni, dalla rabbia, dall’istinto, ma soprattutto dalla compassione. L’amore poi … quella parola nella sua vita non poteva nemmeno più essere pronunciata. Doveva ragionare, seguire le regole, rispettare i suoi superiori.
“Fai ciò che ti dico e potrai continuare a respirare. Un errore e sei fuori” gli veniva ripetuto ogni giorno, prima di svolgere un compito importante.
E lui accettava, come accettavano tutti i suoi colleghi. Era abituato ad usare una pistola. Conosceva benissimo quell’arma.
Lui era forte. Si allenava per non mollare, per non essere sconfitto.
Un allenamento duro, un allenamento importante, vitale. Non poteva arrendersi. Nessuno poteva in quella gabbia di matti. Non poteva rinunciare perché semplicemente era stanco di tutta quella pressione. Lo avrebbero ucciso senza pensarci due volte. Ormai faceva parte del gioco, e in quel gioco non esisteva un game over.
 
Si svegliò presto quella mattina, aprendo lentamente gli occhi, mettendo tutto a fuoco.
Osservò quella che aveva imparato a chiamare la sua ‘stanza’.
Era una stanza molto grande. Il pavimento era in legno chiaro e le pareti bianche, eccetto quella alla quale appoggiava il letto che invece era tortora; accanto ai lati del letto c’erano due comodini bianchi con due cassetti ciascuno, avevano gli angoli leggermente arrotondati; il letto aveva la testiera bianca senza nessun decoro ed era ricoperto da un piumino arancione; a destra del letto vi era una cassettiera bianca dello stesso stile dei comodini mentre davanti c’era un armadio sempre bianco e sul pavimento un tappeto persiano sui toni del marrone e dell’arancio.
Damon odiava quella camera. Era troppo moderna per i suoi gusti, non era del suo stile.
Odiava l’arancio e quel bianco ovunque. L’unica cosa che riusciva a farsi piacere era il tappeto, ma l’avrebbe gradito di più se non fosse di quell’arancione orrendo.
I suoi compagni dicevano che prima l’arredamento era più antico ma il padrone di casa aveva deciso di rimodernare il tutto.
Damon non aveva mai assaporato il fascino vintage della casa poiché era uno degli ultimi arrivati. Adesso veniva però rispettato da tutti perché era la persona più forte nel gruppo, ma anche quella di cui la famiglia Mikaelson si fidava di meno.
Damon tendeva, a volte, a fare di testa sua ma non era ancora stato punito con la morte poiché Rebekah, la figlia di Michael Mikaelson, aveva una simpatia per lui.
Si, avevano anche fatto sesso un paio di volte. Damon stava con lei per ringraziarla, per continuare ad essere il suo preferito così da evitare di farsi uccidere. In realtà, però, a Damon non importava nulla di Rebekah. La odiava, come odiava anche il resto della sua famiglia.
Michael Mikaelson era un uomo di circa cinquant’anni. Era il capo della famiglia ed era un uomo molto vendicativo. All’apparenza, poteva sembrare una persona per bene ma ormai buona parte di Mystic Falls sapeva chi era davvero. Aveva sposato Esther, che invece aveva 43 anni. Era una donna molto sensuale - a detta di Damon – e portava sempre il rossetto rosso che faceva contrasto con i suoi capelli biondi. Era quella più indifferente, forse la più buona, la più zitta. Insieme avevano avuto cinque figli. Uno di loro, Henrik, il più piccolo, era morto in un incidente stradale ma Damon non l’ha mai conosciuto.
Finn era il più grande; un uomo molto quieto e tranquillo che tornava a casa solo poche volte durante l’anno. Aveva una moglie, Sage, e due bambini. Elijah era quello più preciso, uguale alla madre per certi aspetti ma tuttavia partecipava lo stesso alle questioni familiari. Kol era il penultimo, dopo Rebekah. Era ancora un ragazzino, impulsivo e con gli ormoni in subbuglio visto che portava a casa ogni sera una ragazza diversa. Infine c’era Klaus, che però non era figlio di Esther. Era il preferito di Michael, perché era esattamente come lui. Era il suo consigliere e fra tutti i fratelli era l’unico che partecipava anche agli atti pratici insieme a Damon e gli altri.
 
Finalmente Damon si alzò dal letto, poggiando i piedi nudi sul legno del pavimento. Si avviò verso il bagno della sua camera e azionò l’acqua calda facendo riempire la sua vasca rotonda.
Decisamente, quella vasca era una delle cose di cui si beava con piacere. Versò un po’ del suo bagnoschiuma preferito e l’acqua calda si incorniciò di tanta schiuma. Damon si sfilò i boxer e ci si immerse. Aveva un fisico tonico, quasi statuario. Chiunque cedeva al suo fascino, e il compito che gli era stato affidato due anni fa richiedeva questa piccola ma importante capacità. Tuttavia non era solo un bell’uomo; era anche furbo, intelligente, freddo. La combinazione perfetta per un assassino perfetto.
 
Si, – pensò mentre tracciava dei cerchi sulla sua pelle con una spugna – ormai era un perfetto assassino.
Cercò di rilassarsi in quella tranquillità, e dopo circa dieci minuti uscì dalla vasca avvolgendosi la vita con una salvietta grigia.
Si asciugò per bene, si vestì, e scese di sotto a fare colazione.
Ovviamente, lui e i suoi colleghi, non mangiavano con i Mikaelson. Stavano in un edificio, adiacente alla villa vera e propria, che era dotato di ogni servizio.
Quando scese di sotto si meravigliò di trovare solo Enzo già sveglio.
“Giorno.” Pronunciò quest’ultimo.
“Ehi. Gli altri stanno ancora dormendo?” chiese Damon.
“Solo tua sorella* e Alaric. Agli altri è già stato affidato il lavoro.” Rispose.
“Alaric non si è ancora ripreso dalla sbronza, probabilmente – risi appena – ah, come mai non hanno chiamato noi?” Solitamente erano loro quelli più chiamati. La famiglia Mikaelson puntava sempre su Damon, Enzo, Alaric e Belle. Sapevano lavorare sia in squadra che da soli. Damon però arrivò ad una conclusione: sicuramente Michael stava programmando qualcosa di più pesante e difficile ed avrebbe coinvolto loro senza alcun dubbio.
“Non lo so, Dam. Sinceramente non mi interessa. E non dovrebbe interessare nemmeno a te perché adesso ce ne andiamo un po’ in giro, fratello!” esclamò con entusiasmo.
“Ci sto!” esclamò Damon battendogli il cinque.
 
 
 
 
 
E così adesso stavano vagando per le vie di Mystic Falls a piedi, visto che gli veniva concessa un’auto solo per le missioni. Entrambi passeggiavano con una bottiglia di birra fra le mani che sorseggiavano di tanto in tanto.
Mentre chiacchieravano allegramente il telefono di Damon squillò.
Mostrò il telefono ad Enzo. Era Klaus.
“Rispondi” gli ordinò.
Damon toccò il tasto “Rispondi” del suo iphone e attese che fosse Klaus a parlare.
Tornate a casa. Abbiamo un compito per voi.”
“Arriviamo subito.” Disse prontamente ed attaccò.
Enzo sbuffò sonoramente. Voleva divertirsi un po’. Avere un po’ di tempo libero nelle loro vite era un privilegio prezioso. Ma non potevano opporsi agli ordini, soprattutto se volevano guadagnare qualcosa e continuare a vivere.
 
 
 
“Accomodatevi.” Esordì Michael.
I due, insieme a Belle e Alaric, si sedettero sul divano un po’ incerti, in attesa che gli venisse affidato il compito. Tutti e quattro avevano uno sguardo interrogativo ed aspettavano che Michael parlasse.
“Sapete, stavo pensando ad una delle mie vecchie imprese. Vi ricordate dei Gilbert?”
“Io no, sinceramente.” Disse sicuro Damon. Insieme a lui, anche sua sorella scosse il capo.
“Oh, semplicemente perché voi due siete arrivati dopo.” Disse Elijah, come se fosse la cosa più ovvia.
Nel frattempo Rebekah fissava – e forse il termine non è quello più adatto – con malizia Damon. Si mordeva il labbro inferiore e continuava ad accavallare le gambe, come a fargli notare che non stava portando le mutandine.
 
Qualche tempo fa…
 
Un Damon rilassato uscì dal suo bagno. Indossava solamente l’asciugamano, mentre tante goccioline d’acqua gli ricadevano dal volto verso l’inguine. Si aspettava di potersi mettere a dormire, finalmente, ma dopo essersi asciugato il viso e dopo aver aperto gli occhi si accorse che non era solo.
Non gli disturbava vedere una donna bionda sul suo letto, coperta solo da un completino intimo di pizzo ma non capivo perché quella donna sul suo letto fosse proprio Rebekah.
“Che cosa ci fai qui?” chiese confuso, osservando il suo corpo quasi nudo.
“Non dirmi che non ti aspettavi che prima o poi avrei fatto qualcosa del genere.” Disse in modo suadente.
Damon sbuffò ridendo. Era confuso.
“Tu non mi conosci nemmeno. Io non ti conosco. Non siamo amici.” Disse allargando le braccia all’altezza del capo, come ad indicare l’ovvietà della frase.
“Oh, Damon. Io non voglio essere tua amica.” Si alzò dal letto avvicinandosi a Damon.
“Il nostro sarà un rapporto speciale.” Gli accarezzò il petto nudo e umido con le dita, percorrendo il ventre e raggiungendo l’orlo dell’asciugamano.
“So che lo vuoi.” Si alzò sulle punte e lo baciò sulle labbra. Damon rispose appena al bacio. Era eccitato ma niente di più.
Magari il loro rapporto poteva essere basato su questo. Si, decise di stare al suo gioco. Avere un rapporto di sesso con una Mikaelson era un vantaggio per la sua posizione.
Un attimo dopo Damon lanciò Rebekah sul letto, in modo poco delicato tra l’altro, e si distese su di lei. La accarezzava e la baciava in ogni parte del suo corpo, facendola gemere di piacere…
 
 
 
Troia” pensò Damon. Ma tuttavia rispose al suo gioco, lanciandole di tanto in tanto qualche occhiata mentre continuava a parlare con gli altri.
“E quindi ho deciso di voler prendere la figlia dei Gilbert, che sono morti due anni fa in un incidente causato dal sottoscritto.” Disse Michael con decisione.
“Chi è?” chiese Belle.
“Il suo nome è Elena.” Disse questa volta Klaus. Si fece passare un tablet da uno dei suoi servitori e mostrò a Damon e agli altri la foto della ragazza.
“Cosa dobbiamo farle?” chiese Damon curioso.
“Dobbiamo ancora ricavare alcune informazioni sulla sua famiglia.” Disse Klaus.
“La sua specie – continuò Michael, pronunciando questa parola con disprezzo – deve estinguersi. Non deve più esistere un Gilbert a Mystic Falls.”
“Ma non ha fatto nulla. Cosa ne può sapere questa ragazza del passato di suo padre?” esclamò Alaric esasperato.
“Nessuno ti ha detto di parlare, Alaric.” Disse Michael alzandosi dalla sua portona.
“Tu – lo indicò – sei qui perché hai bisogno dei soldi e della vita. E di conseguenza devi obbedire a chi è più forte di te.” Lo squadrò dalla testa ai piedi con disgusto.
Alaric deglutì calando appena il capo, in segno di obbedienza.
“Michael?” si intromise Enzo.
“Cosa c’è?” chiese.
“Ma Elena non ha anche un fratello?”
“Certo che ce l’ha. Ma a quanto pare è un aspirante suicida che fa uso di droghe. Mi darebbe solo dei problemi. Io ho bisogno di qualcuno di lucido.” Disse con decisione.
 
 
 
 
 
 
 
E’ sempre un’altra cosa svegliarsi senza il suono fastidioso della sveglia, ed Elena lo sapeva bene. Il sabato era uno dei giorni che preferiva. In quel momento non si curava nemmeno che fosse già mezzogiorno.. aveva bisogno di rilassarsi un po’ e di dormire.
Le sue notti erano una peggio dell’altra, incubi durante tutto il sonno e la mattina si svegliava con le lacrime che le colavano sulle guancie. Lo ammetteva che la ragione del suo dolore era la morte dei suoi genitori. Erano passati due anni ormai, ma non era cambiato nulla.
Ogni giorno della sua vita era come un funerale senza una fine, qualsiasi cosa le ricordava la mancanza dei suoi genitori. Le bastava vedere una bambina per mano con la madre per farla scoppiare in lacrime. E non ce la faceva più. Non ce la faceva a vedersi così distrutta, a vedere suo fratello Jeremy che tentava di uccidersi con quella merda. E come se non bastasse adesso c’erano solo loro due in casa. Sua zia Jenna si era trasferita da poco ed Elena l’aveva lasciata andare perché, essendo ormai maggiorenne, credeva di farcela anche da sola. Ma la verità era che non ce la faceva affatto. Era difficile conciliare scuola, casa e problemi personali. Per fortuna non aveva bisogno di lavorare, il Consiglio dei Fondatori le pagava tutte le spese e gli extra, qualora ci fossero stati.
Si alzò dal letto controvoglia e scese in cucina trascinandosi per le scale.
Non appena però arrivo a metà strada, sentì Jeremy annusare in cucina.
Scese lentamente per il resto delle scale, sperando che Jeremy si accorgesse del suo arrivo e che smettesse di fare quello che stava facendo. Ma non accadde.
Camminò verso la cucina più velocemente vedendo Jeremy di spalle che stava sniffando chissà cosa. Non ci pensò due volte, tirò suo fratello per la tshirt facendolo spostare dal bancone e con agitazione distrusse quelle linee di quelle robaccia, facendo cadere anche un bicchiere di vetro sul pavimento.
Jeremy la prese per le spalle, scuotendola. Era molto più forte di lei e la fece quasi cadere a terra.
“Ma che diavolo fai !?” urlò.
“Devi smetterla con quella roba, Jeremy!!” rispose lei con lo stesso tono.
La spinse, facendola sbattere col bancone.
Si lamentò per la botta ma ritornò autoritaria quando vide Jeremy prendere il suo zaino.
“Dove pensi di andare?!” gridò.
“Tu.. non devi.. intrometterti..nella mia vita.” La guardò in un modo che ad Elena fece quasi paura.
“Jeremy, aspetta.. ti prego.” Disse preoccupata.
“Lasciami in pace, cazzo!!” e urlando uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle.
“Mi dispiace..” Elena sussurrò tra un singhiozzo. Si accasciò a terra, circondata dal vetro rotto. Si sorprese però di non riuscire a piangere per ciò che era successo. Il suo cuore stava diventando di pietra.
 
 
La cosa più terribile non è quella di spezzare i cuori, bensì quella di ridurli in pietra.
O. Wilde

*Damon ha anche una sorella in questa storia. Più avanti ci sarà una descrizione fisica del suo personaggio, ma qualore voleste farvi un'idea potete immaginarla come Megan Fox.


Spazio autrice

Ciao a tutti! Finalmente ho deciso di pubblicare la mia ff qui su Efp. E' da un mese che ho questa idea e qualche giorno fa mi son detta che era il momento di scriverci su. Nella mia mente ho già un'idea di come proseguirà la storia ed è per questo che ho deciso di pubblicare già il primo capitolo.
Spero davvero che vi piaccia e che lascerete qualche recensione... accetto anche le critiche, sia chiaro.
Al momento nella storia ci sono molti dubbi che magari non capirete... con il tempo verrà tutto spiegato ma se non avete capito qualcosa del capitolo siete liberi di chiedermelo :)
Spero di aggiornare al più presto! Baci, itsclaus.
  
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