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Autore: JoJo    03/01/2014    8 recensioni
[Storia vagamente ispirata al telefilm Gilmore Girls/Una Mamma per amica - Destiel]
Castiel si strinse nelle spalle “Niente è solo…Il figlio di John Winchester.”
“Quale, il gigante che sembra un alce?” domandò quindi l’altro, guardandosi intorno alla ricerca del compagno di scuola di suo fratello.
Il minore dei Novak scosse la testa “No, il maggiore. Dean.”
Gabriel si fermò di botto e, con una mano ben salda sul braccio del fratello, lo costrinse a fare altrettanto “Che ha fatto?”
“Niente.- sospirò pesantemente Castiel- Ma mi odia.”
Gabriel fece roteare gli occhi “Nessuno ti odia, Cassie.”
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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3. Chiaccheire e cioccolata calda

La vita a Heaven era monotona.
O, perlomeno, questa era l’impressione che aveva avuto Dean Winchester nel corso delle sue prime settimane in quella piccola città.
Quando si trovava ancora a Lawrence, ovvero quando la propria vita procedeva, se non idillicamente, quantomeno senza drammi o tragedie e, tutto sommato, perfettamente serena, Dean non era mai stato il tipo di ragazzo che se ne andava in giro ad attaccar brighe o che stava fuori tutta notte in posti poco raccomandabili. Era da sempre stato vivace, certo, ma a parte qualche compagnia sbagliata e la naturale predisposizione all’attirare guai, il maggiore dei fratelli Winchester non poteva certo essere definito come un “cattivo ragazzo”.
Ad Heaven, tuttavia, quella era proprio l’etichetta che gli era stata affibbiata a pochi giorni dal suo arrivo.
Ripensandoci, Dean poteva ammettere di essere stato poco scaltro: in una città così piccola, pensare di poter acquistare della birra, a meno di ventun anni ed utilizzando un documento falso per giunta, era effettivamente inverosimile. Ellen Harevelle, che gestiva l’unico pub della città, gli aveva immediatamente sequestrato il documento, consigliandogli di non provare mai più a compiere un gesto del genere, e aveva addirittura minacciato, sotto lo sguardo sghignazzante di sua figlia Jo, di informare suo padre se avesse fatto un altro passo falso. Il giovane era rimasto esterrefatto, e anche un po’ spaventato da quella donna inflessibile, e aveva deciso che da quel momento in poi avrebbe passato le proprie serate fuori città. E, probabilmente, era per quello che non era visto esattamente di buon occhio dagli abitanti di Heaven.
Ma delle voci che giravano in città a Bobby Singer importava poco. L’unico meccanico di Heaven era un uomo burbero e solitario, pur non raggiungendo mai gli standard da eremita che sfiorava spesso Chuck Shurley durante i suoi periodi di scrittura intensiva. Abitava ai margini della cittadina dove, accanto alla propria abitazione, aveva in gestione un’ampia autorimessa. Viveva solo, con l’unica compagnia di un cane, una meticcia di più di dieci anni che amava più di qualsiasi altra cosa, anche della sua immensa collezione di libri antichi sul soprannaturale.
Quando Dean Winchester arrivò a fargli visita, chiassoso al volante della sua Impala del ’67 dalla quale si diffondevano nell’aria le assordanti note di una qualche canzone dei Metallica, Bobby non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo potesse risultargli simpatico.
Poche ore più tardi, invece, dopo averlo visto lavorare con cura e passione sul motore martoriato di un vecchio pick up arrugginito, aveva offerto al giovane un lavoro part time per quando la sua presenza non era richiesta alla tavola calda e, anche se in quel momento Bobby non ne era ancora a conoscenza, le solide fondamenta per un’amicizia. Dal canto suo, Dean, era soddisfatto di avere finalmente un lavoro legato alla sua grande passione per le auto. E se fosse stato meno permaloso, probabilmente, avrebbe ringraziato quel ragazzino eccentrico tutto occhi. Peccato, però, che la suscettibilità facesse parte del DNA dei Winchester.

 
La domenica era il giorno preferito della settimana di Castiel Novak.
Non era affatto perché era festa. Il ragazzo adorava la scuola, fin troppo se si fosse voluto ascoltare l’opinione dei suoi coetanei, ed effettivamente, per lui, la domenica era un giorno impegnativo come qualsiasi degli altri sei della settimana.
Ciò che Castiel adorava della domenica era che fosse il giorno libero di suo fratello Gabriel. Alla mattina, dopo che il giovane presenziava alla funzione delle nove, Gabriel si recava in centro per raggiungere il fratello, ogni volta lamentandosi che per colpa sua dovesse sprecare una mattinata completa di ozio, per poi andare  insieme a pranzare alla Roadhouse dove, immancabilmente, Ellen li avrebbe rimpinzati di cibo delizioso sostenendo che nella loro vita mancava di certo il tocco di una donna. Dopo di che, sazi e felici, i due fratelli si sarebbero recati in centro per una passeggiata, prima che Castiel fosse di nuovo risucchiato via per una delle sue numerose attività extrascolastiche.
“Pamela mi ha fatto di nuovo i complimenti sulla mia postura.” disse il fratello minore, proprio durante una delle loro passeggiate domenicali.
Gabriel scrollò le spalle, prima di sfilarsi dalla bocca il leccalecca che stava mangiando prima di rispondere “E’ un’insegnante di danza, è ovvio che noti certe cose.”
“Sì, ma quando lo fa mi squadra completamente.- specificò di nuovo Castiel, abbassando la voce prima di pronunciare la frase seguente- Credo che mi guardi perfino i glutei.”
Il maggiore dei Novak proruppe in una risata argentina “Si dice culo, Cassie.”
Castiel storse il naso “Dire così è volgare. E quello che fa Pamela è imbarazzante.”
“E’ imbarazzante che tu abbia deciso di fare danza classica dopo che hai visto Billy Elliot.” specificò Gabriel lanciandogli un sorriso smaliziato.
“Io non volevo fare danza classica.- gli ricordò il ragazzo dagli occhi blu- L’hai deciso tu per me dopo aver visto quel film e lo hai fatto soprattutto pensando di poter conoscere delle donne.”
Il maggiore dei Novak aggrottò la fronte “Oh, hai ragione. Me ne ero dimenticato.”
“Mi avevi anche preso un tutù.- continuò a raccontare Castiel con un piccolo broncio- È stato estremamente imbarazzante.”
“Non è colpa mia!- si difese immediatamente Gabriel, brandendo il proprio leccalecca come se fosse stata un’arma impropria- Non sapevo niente sull’abbigliamento dei ballerini di danza classica, credevo lo indossassero anche loro.”
“Il tutù è una gonna, Gabriel. E i maschi non indossano le gonne.” sbuffò il giovane, incrociando le braccia al petto.
L’altro gli rivolse un ampio sorriso “Dimentichi il kilt.”
“E tu dimentichi che-”
Castiel si interruppe all’improvviso, prima di puntare lo sguardo sulle proprie scarpe.
Gabriel lo osservò, confuso “Che c’è?”
“Niente.” rispose il fratello minore, senza smettere di camminare con lo sguardo basso.
“Quello non è niente.- lo corresse immediatamente Gabriel, il suo tono di colpo passato da gioviale e spensierato a serio e protettivo- Dimmi che c’è.”
Castiel si strinse nelle spalle “Niente è solo…Il figlio di John Winchester.”
“Quale, il gigante che sembra un alce?” domandò quindi l’altro, guardandosi intorno alla ricerca del compagno di scuola di suo fratello.
Il minore dei Novak scosse la testa “No, il maggiore. Dean.”
Gabriel si fermò di botto e, con una mano ben salda sul braccio del fratello, lo costrinse a fare altrettanto “Che ha fatto?”
“Niente.- sospirò pesantemente Castiel- Ma mi odia.”
Gabriel fece roteare gli occhi “Nessuno ti odia, Cassie.”
“Lui sì.” gli assicurò di nuovo il ragazzo, con una scrollata di spalle.
Il giovane gli posò le mani sulle spalle “Cassie. Piccolo e dolce Cassie. Non c’è nessuno in questa città che abbia mai detto qualcosa di male su di te, e sai perché? Perché sarebbe impossibile trovare qualcosa di brutto su di te. Sei un angelo, aiuti in chiesa, a scuola e agli eventi cittadini. Sei sempre gentile con tutti, anche con Zacharia e nessuno riesce mai ad essere gentile con Zacharia. Ed è per questo che nessuno potrebbe mai odiarti.”
“I Winchester non mi conoscono.- mormorò Castiel, gli occhi di nuovo bassi- E credo di avere detto a Dean una cosa che possa aver fargli fatto avere una brutta opinione su di me.”
Gabriel alzò un sopracciglio “Che cosa potresti avergli mai detto?”
“Io gli ho fatto le condoglianze per la morte di sua madre.- gli spiegò il fratello con un sospiro- È così che si fa in queste occasioni, giusto?”
Il maggiore dei Novak scosse la testa, sulle labbra un sorriso indulgente “Oh, Castiel. Ecco il problema.”
Castiel alzò lo sguardo per fissarlo in quello del fratello “Ovvero?”
“Quando muore una persona cara la gente diventa più suscettibile.- spiegò Gabriel con un tono serio che poco gli si addiceva- Quando è morta nostra madre anche io lo ero. Avevo solo sedici anni e pensavo che fosse stata tutta colpa tua.”
Castiel smise quasi di respirare “Oh.”
“Ma non lo è stata, fratellino.- gli assicurò l’altro, sfiorandogli la guancia con le dita- E anche se mi sono rifiutato di vederti per tre settimane, quando alla fine mi sono avvicinato alla tua culla l’ho capito.”
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo prima di parlare di nuovo “Capisco. Forse dovrei scusarmi, allora.”
“Credo di sì.- confermò Gabriel aprendosi in uno dei suoi sorrisi spensierati- Oh, e quando lo farai potresti invitarlo al tuo compleanno. Chi può dirlo, potresti farti un nuovo amico.”

 
Erano le nove di sera e Dean stava lavorando da solo al locale, ormai deserto, quando rivide di nuovo il bizzarro ragazzo con gli occhi blu.
Il giovane gli si presentò davanti, sul bel volto un sorriso timido ma sincero.
“Ciao!- lo salutò, la sua voce inaspettatamente roca come la prima volta che si erano parlati- Vorrei un caffè e venti cioccolate calde. Con un po’ di panna.”
“Venti?- Dean si ritrovò ad alzare un sopracciglio- Hai una squadra di folletti da sfamare?”
“No, solo un gruppo di bambini.” gli sorrise Castiel, voltandosi per indicare un gruppo di ragazzini che stavano piano piano invadendo la tavola calda.
Il maggiore dei fratelli Winchester spalancò gli occhi, sorpreso “So che me ne pentirò, ma perché hai venti bambini che ti seguono?”
“Sono il loro insegnante di canto.- gli spiegò quindi il ragazzo, una luce brillante negli occhi blu- Sai, per il coro.”
“Il coro?” ripeté Dean, confuso.
Castiel annuì “Già. Sono già due anni che aiuto il reverendo Murphy a gestire il coro della chiesa.”
Quando vide il giovane dietro al bancone scoppiare in una sonora risata, però, aggrottò la fronte “Perché ridi?”
“Oh, niente, solo che…- Dean prese un profondo respiro per calmarsi- Tu hai una voce così profonda…Immaginavo il contrasto che deve esserci con quelle dei bambini quando cantate, tutto qui. Deve essere buffo.”
“Io non canto, Dean, sono solo il direttore del coro.” specificò quindi l’altro, stringendosi nelle spalle.
“Già.- il giovane iniziò a preparare l’ordine, pur senza smettere di chiacchierare- A proposito, tu conosci il mio nome e io non so ancora il tuo.”
Castiel annuì con aria seria “E’ vero.”
Dean non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso obliquo “Era un modo indiretto per chiederti come ti chiami, sai?”
“Oh, certo.- l’altro spalancò gli occhi- Chiedo scusa, le mie capacità di interazione spesso sono inadeguate. Mi chiamo Castiel. Castiel Novak.”
In quel momento una ragazzina bionda gli si avvicinò, tirandogli piano una manica della giacca per attirare la sua attenzione “Castiel, avremo presto le cioccolato che ci avevi promesso?”
“Certo, Clare.- le sorrise il ragazzo- Ci penserà Dean, vai pure a sederti, intanto. Sono sicuro che avrete la cioccolata prima che passino i vostri genitori per portarvi a casa.”
Anche Dean si ritrovò a rivolgere alla bambina un ampio sorriso “Certo, vai pure piccola. Sarò subito da voi, con una dose extra di panna montata.”
La ragazzina spalancò gli occhi, incantata “Davvero? Wow!” sussurrò, prima di tornare a sedersi ad un tavolo con un gruppo dei suoi amici.
Il maggiore dei Winchester continuò a versare la cioccolata nelle tazze “Quindi il tuo nome è davvero Castiel, uh?”
Castiel puntò su di lui i suoi grandi occhi blu “Perché, che cos’ha che non va?”
“Sei il primo che incontro con un nome del genere.” spiegò quindi Dean, cercando con tutte le sue forze di distogliere lo sguardo da quello ipnotico del ragazzo che si trovava di fronte.
L’altro non sembrò avvedersi dello stato in cui si trovava il proprio interlocutore “Mia madre era molto credente e ha dato a me e a mio fratello il nome di angeli. Lui si chiama Gabriel.”
Dean si fermò con il tubo della panna a mezz’aria sopra una tazza “Era?”
“Sì. Mia madre è morta.- spiegò quindi Castiel stringendosi nelle spalle- Complicanze del parto alla mia nascita.”
Il giovane dietro al bancone si ritrovò a sbattere le palpebre più volte “Oh. Non lo sapevo.”
“E’ ovvio che non lo sapessi, Dean, ci siamo appena conosciuti.” disse l’altro, inclinando la testa di lato.
“Già.- ribatté Dean dopo aver scosso la testa come per rischiarire i propri pensieri- Beh, scusa se sono stato troppo brusco con te l’altro giorno.”
Castiel gli rivolse un grande sorriso “Non fa niente. Mio fratello mi ha fatto notare che, anche se avevo le migliori intenzioni, ciò che ho detto poteva toccare un nervo scoperto. Come ti dicevo, tendo ad essere socialmente inetto.”
Abbassando lo sguardo sulle tazze e continuando a riempirle di panna il giovane borbottò“Beh, sei sempre migliore di molte persone che ho conosciuto.”
“Grazie.” si ritrovò ad arrossire il più piccolo dei Novak.
Dean gli rivolse un sorriso insolitamente timido prima di additare il vassoio che stava per portare ai tavoli “Ok. Uhm, le cioccolate sono pronte, quindi…”
“Ragazzi?- annunciò con voce più alta- Le vostre cioccolate!”
I ragazzini urlarono di gioia non appena diede loro da bere e Dean si ritrovò a ridere di quell’entusiasmo genuino.
Quando tornò al bancone, Castiel stringeva fra le dita la propria tazza di caffè “Il caffè qui è delizioso. E anche il cibo, a quanto mi hanno detto.”
Dean gli rivolse un sorriso accattivante “Prima o poi dovresti venire a provarlo.”
“Lo farò di certo.- annuì il ragazzo. Alle loro spalle i genitori stavano iniziando ad arrivare per portare i loro bambini a casa- Quanto ti devo?”
Il maggiore dei Winchester scosse la testa, senza riuscire a smettere di sorridere “Sai una cosa? Per stasera offre la casa.”
Castiel spalancò gli occhi “No, Dean, non posso accettare.”
“Un vero peccato, perché non cambierò idea.- ribatté l’altro incrociando le braccia e appoggiandosi al bancone- Prendilo come un modo per partecipare alla vita cittadina.”
Il sorriso di Castiel era pieno di gratitudine “Grazie.”
“Di nulla, Cas.” gli sorrise di rimando l’altro giovane.
Il ragazzo dagli occhi blu aggrottò la fronte “Cas?”
“Castiel è un nome troppo lungo per i miei gusti.- spiegò quindi Dean- O forse, preferisci qualche altro soprannome?”
Castiel scosse la testa “Di solito mio fratello mi chiama Cassie, ma credo che Cas sia meglio.”
“Allora continuerò a chiamarti Cas.” gli assicurò Dean con un sorriso.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, anche se non c’era nulla di forzato mentre se ne stavano uno di fronte all’altro, ognuno immerso nei propri pensieri. All’interno del locale, ormai, i bambini non c’erano più, tutti riaccompagnati a casa dai propri genitori, anche se sui tavoli restavano come ricordo della loro presenza tazze vuote e tovaglioli di carta sporchi di cioccolato.
“Posso chiederti una cosa, Dean?” domandò quindi Castiel.
“Certo.”
Il ragazzo iniziò a giocherellare col proprio tovagliolo, improvvisamente imbarazzato “Settimana prossima è il mio compleanno e mio fratello sta organizzando una festa a casa nostra. Mi piacerebbe se tu e tuo fratello partecipaste.”
Dean sbatté le palpebre più volte “Davvero?”
“Voi siete nuovi in città, potrebbe essere una buona occasione per conoscere un po’ di gente.- continuò a parlare tutto d’un fiato il giovane- Non che io sia molto popolare tra i miei coetanei, ma di solito alle feste che organizza Gabriel partecipa un sacco di gente e…è divertente. Alla festa per i miei dieci anni hanno chiamato la polizia.”
“E io che pensavo che Heaven fosse un posto noioso.” rise divertito il nuovo arrivato in città.
“Non lo è.- scosse la testa Castiel- È solo…diverso. Credo.”
Dean fece roteare gli occhi “Già, direi che è un modo per descriverlo.”
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta del locale e Castiel si riscosse immediatamente, riconoscendo subito il ragazzo che ora stava in piedi sul marciapiede “Oh. Si è fatto tardi, devo andare.”
“Quel tizio sta aspettando te?” domandò il ragazzo, alzandosi immediatamente dopo al proprio ospite.
Castiel annuì “Sì, per accompagnarmi a casa. Grazie di tutto, Dean. È stato bello parlare con te.”
“Chi è lo spaventapasseri con lo scollo a v?” domandò Dean, facendo un cenno del capo verso il ragazzo che aspettava pazientemente fuori dalla vetrina del locale.
Castiel gli rivolse un sorriso timido “Oh, lui è Balthazar. Il mio ragazzo.”
E anche se Dean non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, il cuore un po’ gli si spezzò nel sentire quella frase.

   
 
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