3.
Chiaccheire e cioccolata calda
La vita
a Heaven era monotona.
O,
perlomeno, questa era l’impressione che aveva avuto Dean
Winchester nel corso
delle sue prime settimane in quella piccola città.
Quando
si trovava ancora a Lawrence, ovvero quando la propria vita procedeva,
se non
idillicamente, quantomeno senza drammi o tragedie e, tutto sommato,
perfettamente serena, Dean non era mai stato il tipo di ragazzo che se
ne
andava in giro ad attaccar brighe o che stava fuori tutta notte in
posti poco
raccomandabili. Era da sempre stato vivace, certo, ma a parte qualche
compagnia
sbagliata e la naturale predisposizione all’attirare guai, il
maggiore dei
fratelli Winchester non poteva certo essere definito come un
“cattivo ragazzo”.
Ad
Heaven, tuttavia, quella era proprio l’etichetta che gli era
stata affibbiata a
pochi giorni dal suo arrivo.
Ripensandoci,
Dean poteva ammettere di essere stato poco scaltro: in una
città così piccola,
pensare di poter acquistare della birra, a meno di ventun anni ed
utilizzando
un documento falso per giunta, era effettivamente inverosimile. Ellen
Harevelle, che gestiva l’unico pub della città,
gli aveva immediatamente
sequestrato il documento, consigliandogli di non provare mai
più a compiere un
gesto del genere, e aveva addirittura minacciato, sotto lo sguardo
sghignazzante di sua figlia Jo, di informare suo padre se avesse fatto
un altro
passo falso. Il giovane era rimasto esterrefatto, e anche un
po’ spaventato da
quella donna inflessibile, e aveva deciso che da quel momento in poi
avrebbe
passato le proprie serate fuori città. E, probabilmente, era
per quello che non
era visto esattamente di buon occhio dagli abitanti di Heaven.
Ma
delle voci che giravano in città a Bobby Singer importava
poco. L’unico
meccanico di Heaven era un uomo burbero e solitario, pur non
raggiungendo mai
gli standard da eremita che sfiorava spesso Chuck Shurley durante i
suoi
periodi di scrittura intensiva. Abitava ai margini della cittadina
dove,
accanto alla propria abitazione, aveva in gestione un’ampia
autorimessa. Viveva
solo, con l’unica compagnia di un cane, una meticcia di
più di dieci anni che
amava più di qualsiasi altra cosa, anche della sua immensa
collezione di libri
antichi sul soprannaturale.
Quando
Dean Winchester arrivò a fargli visita, chiassoso al volante
della sua Impala
del ’67 dalla quale si diffondevano nell’aria le
assordanti note di una qualche
canzone dei Metallica, Bobby non avrebbe mai immaginato che quel
ragazzo
potesse risultargli simpatico.
Poche
ore più tardi, invece, dopo averlo visto lavorare con cura e
passione sul
motore martoriato di un vecchio pick up arrugginito, aveva offerto al
giovane
un lavoro part time per quando la sua presenza non era richiesta alla
tavola
calda e, anche se in quel momento Bobby non ne era ancora a conoscenza,
le
solide fondamenta per un’amicizia.
La
domenica era il giorno preferito della settimana di Castiel Novak.
Non era
affatto perché era festa. Il ragazzo adorava la scuola, fin
troppo se si fosse
voluto ascoltare l’opinione dei suoi coetanei, ed
effettivamente, per lui, la
domenica era un giorno impegnativo come qualsiasi degli altri sei della
settimana.
Ciò che
Castiel adorava della domenica era che fosse il giorno libero di suo
fratello
Gabriel. Alla mattina, dopo che il giovane presenziava alla funzione
delle
nove, Gabriel si recava in centro per raggiungere il fratello, ogni
volta
lamentandosi che per colpa sua dovesse sprecare una mattinata completa
di ozio,
per poi andare insieme
a pranzare alla
Roadhouse dove, immancabilmente, Ellen li avrebbe rimpinzati di cibo
delizioso
sostenendo che nella loro vita mancava di certo il tocco di una donna.
Dopo di
che, sazi e felici, i due fratelli si sarebbero recati in centro per
una
passeggiata, prima che Castiel fosse di nuovo risucchiato via per una
delle sue
numerose attività extrascolastiche.
“Pamela
mi ha fatto di nuovo i complimenti sulla mia postura.” disse
il fratello
minore, proprio durante una delle loro passeggiate domenicali.
Gabriel
scrollò le spalle, prima di sfilarsi dalla bocca il
leccalecca che stava
mangiando prima di rispondere “E’
un’insegnante di danza, è ovvio che noti
certe cose.”
“Sì, ma
quando lo fa mi squadra completamente.- specificò di nuovo
Castiel, abbassando
la voce prima di pronunciare la frase seguente- Credo che mi guardi
perfino i
glutei.”
Il
maggiore dei Novak proruppe in una risata argentina “Si dice
culo, Cassie.”
Castiel
storse il naso “Dire così è volgare. E
quello che fa Pamela è imbarazzante.”
“E’
imbarazzante che tu abbia deciso di fare danza classica dopo che hai
visto
Billy Elliot.” specificò Gabriel lanciandogli un
sorriso smaliziato.
“Io non
volevo fare danza classica.- gli ricordò il ragazzo dagli
occhi blu- L’hai
deciso tu per me dopo aver visto quel film e lo hai fatto soprattutto
pensando
di poter conoscere delle donne.”
Il
maggiore dei Novak aggrottò la fronte “Oh, hai
ragione. Me ne ero dimenticato.”
“Mi avevi
anche preso un tutù.- continuò a raccontare
Castiel con un piccolo broncio- È
stato estremamente imbarazzante.”
“Non è
colpa mia!- si difese immediatamente Gabriel, brandendo il proprio
leccalecca
come se fosse stata un’arma impropria- Non sapevo niente
sull’abbigliamento dei
ballerini di danza classica, credevo lo indossassero anche
loro.”
“Il
tutù è una gonna, Gabriel. E i maschi non
indossano le gonne.” sbuffò il
giovane, incrociando le braccia al petto.
L’altro
gli rivolse un ampio sorriso “Dimentichi il kilt.”
“E tu
dimentichi che-”
Castiel
si interruppe all’improvviso, prima di puntare lo sguardo
sulle proprie scarpe.
Gabriel
lo osservò, confuso “Che
c’è?”
“Niente.”
rispose il fratello minore, senza smettere di camminare con lo sguardo
basso.
“Quello
non è niente.- lo corresse immediatamente Gabriel, il suo
tono di colpo passato
da gioviale e spensierato a serio e protettivo- Dimmi che
c’è.”
Castiel
si strinse nelle spalle “Niente è
solo…Il figlio di John Winchester.”
“Quale,
il gigante che sembra un alce?” domandò quindi
l’altro, guardandosi intorno
alla ricerca del compagno di scuola di suo fratello.
Il
minore dei Novak scosse la testa “No, il maggiore.
Dean.”
Gabriel
si fermò di botto e, con una mano ben salda sul braccio del
fratello, lo costrinse
a fare altrettanto “Che ha fatto?”
“Niente.-
sospirò pesantemente Castiel- Ma mi odia.”
Gabriel
fece roteare gli occhi “Nessuno ti odia, Cassie.”
“Lui
sì.” gli assicurò di nuovo il ragazzo,
con una scrollata di spalle.
Il
giovane gli posò le mani sulle spalle “Cassie.
Piccolo e dolce Cassie. Non c’è
nessuno in questa città che abbia mai detto qualcosa di male
su di te, e sai
perché? Perché sarebbe impossibile trovare
qualcosa di brutto su di te. Sei un
angelo, aiuti in chiesa, a scuola e agli eventi cittadini. Sei sempre
gentile
con tutti, anche con Zacharia e nessuno riesce mai ad essere gentile
con
Zacharia. Ed è per questo che nessuno potrebbe mai
odiarti.”
“I
Winchester non mi conoscono.- mormorò Castiel, gli occhi di
nuovo bassi- E
credo di avere detto a Dean una cosa che possa aver fargli fatto avere
una
brutta opinione su di me.”
Gabriel
alzò un sopracciglio “Che cosa potresti avergli
mai detto?”
“Io gli
ho fatto le condoglianze per la morte di sua madre.- gli
spiegò il fratello con
un sospiro- È così che si fa in queste occasioni,
giusto?”
Il
maggiore dei Novak scosse la testa, sulle labbra un sorriso indulgente
“Oh,
Castiel. Ecco il problema.”
Castiel
alzò lo sguardo per fissarlo in quello del fratello
“Ovvero?”
“Quando
muore una persona cara la gente diventa più suscettibile.-
spiegò Gabriel con
un tono serio che poco gli si addiceva- Quando è morta
nostra madre anche io lo
ero. Avevo solo sedici anni e pensavo che fosse stata tutta colpa
tua.”
Castiel
smise quasi di respirare “Oh.”
“Ma non
lo è stata, fratellino.- gli assicurò
l’altro, sfiorandogli la guancia con le
dita- E anche se mi sono rifiutato di vederti per tre settimane, quando
alla
fine mi sono avvicinato alla tua culla l’ho capito.”
Il
ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo prima di parlare di
nuovo
“Capisco. Forse dovrei scusarmi, allora.”
“Credo
di sì.- confermò Gabriel aprendosi in uno dei
suoi sorrisi spensierati- Oh, e
quando lo farai potresti invitarlo al tuo compleanno. Chi
può dirlo, potresti
farti un nuovo amico.”
Erano
le nove di sera e Dean stava lavorando da solo al locale, ormai
deserto, quando
rivide di nuovo il bizzarro ragazzo con gli occhi blu.
Il
giovane gli si presentò davanti, sul bel volto un sorriso
timido ma sincero.
“Ciao!-
lo salutò, la sua voce inaspettatamente roca come la prima
volta che si erano
parlati- Vorrei un caffè e venti cioccolate calde. Con un
po’ di panna.”
“Venti?-
Dean si ritrovò ad alzare un sopracciglio- Hai una squadra
di folletti da
sfamare?”
“No,
solo un gruppo di bambini.” gli sorrise Castiel, voltandosi
per indicare un
gruppo di ragazzini che stavano piano piano invadendo la tavola calda.
Il
maggiore dei fratelli Winchester spalancò gli occhi,
sorpreso “So che me ne
pentirò, ma perché hai venti bambini che ti
seguono?”
“Sono
il loro insegnante di canto.- gli spiegò quindi il ragazzo,
una luce brillante
negli occhi blu- Sai, per il coro.”
“Il
coro?” ripeté Dean, confuso.
Castiel
annuì “Già. Sono già due
anni che aiuto il reverendo Murphy a gestire il coro
della chiesa.”
Quando
vide il giovane dietro al bancone scoppiare in una sonora risata,
però,
aggrottò la fronte “Perché
ridi?”
“Oh,
niente, solo che…- Dean prese un profondo respiro per
calmarsi- Tu hai una voce
così profonda…Immaginavo il contrasto che deve
esserci con quelle dei bambini
quando cantate, tutto qui. Deve essere buffo.”
“Io non
canto, Dean, sono solo il direttore del coro.”
specificò quindi l’altro,
stringendosi nelle spalle.
“Già.-
il giovane iniziò a preparare l’ordine, pur senza
smettere di chiacchierare- A
proposito, tu conosci il mio nome e io non so ancora il tuo.”
Castiel
annuì con aria seria “E’ vero.”
Dean
non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso obliquo
“Era un modo indiretto
per chiederti come ti chiami, sai?”
“Oh,
certo.- l’altro spalancò gli occhi- Chiedo scusa,
le mie capacità di
interazione spesso sono inadeguate. Mi chiamo Castiel. Castiel
Novak.”
In quel
momento una ragazzina bionda gli si avvicinò, tirandogli
piano una manica della
giacca per attirare la sua attenzione “Castiel, avremo presto
le cioccolato che
ci avevi promesso?”
“Certo,
Clare.- le sorrise il ragazzo- Ci penserà Dean, vai pure a
sederti, intanto.
Sono sicuro che avrete la cioccolata prima che passino i vostri
genitori per
portarvi a casa.”
Anche
Dean si ritrovò a rivolgere alla bambina un ampio sorriso
“Certo, vai pure
piccola. Sarò subito da voi, con una dose extra di panna
montata.”
La
ragazzina spalancò gli occhi, incantata “Davvero?
Wow!” sussurrò, prima di
tornare a sedersi ad un tavolo con un gruppo dei suoi amici.
Il
maggiore dei Winchester continuò a versare la cioccolata
nelle tazze “Quindi il
tuo nome è davvero Castiel, uh?”
Castiel
puntò su di lui i suoi grandi occhi blu
“Perché, che cos’ha che non
va?”
“Sei il
primo che incontro con un nome del genere.” spiegò
quindi Dean, cercando con
tutte le sue forze di distogliere lo sguardo da quello ipnotico del
ragazzo che
si trovava di fronte.
L’altro
non sembrò avvedersi dello stato in cui si trovava il
proprio interlocutore “Mia
madre era molto credente e ha dato a me e a mio fratello il nome di
angeli. Lui
si chiama Gabriel.”
Dean si
fermò con il tubo della panna a mezz’aria sopra
una tazza “Era?”
“Sì.
Mia madre è morta.- spiegò quindi Castiel
stringendosi nelle spalle-
Complicanze del parto alla mia nascita.”
Il
giovane dietro al bancone si ritrovò a sbattere le palpebre
più volte “Oh. Non
lo sapevo.”
“E’
ovvio che non lo sapessi, Dean, ci siamo appena conosciuti.”
disse l’altro,
inclinando la testa di lato.
“Già.-
ribatté Dean dopo aver scosso la testa come per rischiarire
i propri pensieri-
Beh, scusa se sono stato troppo brusco con te l’altro
giorno.”
Castiel
gli rivolse un grande sorriso “Non fa niente. Mio fratello mi
ha fatto notare
che, anche se avevo le migliori intenzioni, ciò che ho detto
poteva toccare un
nervo scoperto. Come ti dicevo, tendo ad essere socialmente
inetto.”
Abbassando
lo sguardo sulle tazze e continuando a riempirle di panna il giovane
borbottò“Beh,
sei sempre migliore di molte persone che ho conosciuto.”
“Grazie.”
si ritrovò ad arrossire il più piccolo dei Novak.
Dean
gli rivolse un sorriso insolitamente timido prima di additare il
vassoio che
stava per portare ai tavoli “Ok. Uhm, le cioccolate sono
pronte, quindi…”
“Ragazzi?-
annunciò con voce più alta- Le vostre
cioccolate!”
I
ragazzini urlarono di gioia non appena diede loro da bere e Dean si
ritrovò a
ridere di quell’entusiasmo genuino.
Quando
tornò al bancone, Castiel stringeva fra le dita la propria
tazza di caffè “Il
caffè qui è delizioso. E anche il cibo, a quanto
mi hanno detto.”
Dean
gli rivolse un sorriso accattivante “Prima o poi dovresti
venire a provarlo.”
“Lo
farò di certo.- annuì il ragazzo. Alle loro
spalle i genitori stavano iniziando
ad arrivare per portare i loro bambini a casa- Quanto ti
devo?”
Il
maggiore dei Winchester scosse la testa, senza riuscire a smettere di
sorridere
“Sai una cosa? Per stasera offre la casa.”
Castiel
spalancò gli occhi “No, Dean, non posso
accettare.”
“Un
vero peccato, perché non cambierò idea.-
ribatté l’altro incrociando le braccia
e appoggiandosi al bancone- Prendilo come un modo per partecipare alla
vita
cittadina.”
Il
sorriso di Castiel era pieno di gratitudine
“Grazie.”
“Di
nulla, Cas.” gli sorrise di rimando l’altro
giovane.
Il
ragazzo dagli occhi blu aggrottò la fronte
“Cas?”
“Castiel
è un nome troppo lungo per i miei gusti.- spiegò
quindi Dean- O forse,
preferisci qualche altro soprannome?”
Castiel
scosse la testa “Di solito mio fratello mi chiama Cassie, ma
credo che Cas sia
meglio.”
“Allora
continuerò a chiamarti Cas.” gli
assicurò Dean con un sorriso.
Rimasero
in silenzio per diversi minuti, anche se non c’era nulla di
forzato mentre se
ne stavano uno di fronte all’altro, ognuno immerso nei propri
pensieri. All’interno
del locale, ormai, i bambini non c’erano più,
tutti riaccompagnati a casa dai
propri genitori, anche se sui tavoli restavano come ricordo della loro
presenza
tazze vuote e tovaglioli di carta sporchi di cioccolato.
“Posso
chiederti una cosa, Dean?” domandò quindi Castiel.
“Certo.”
Il
ragazzo iniziò a giocherellare col proprio tovagliolo,
improvvisamente
imbarazzato “Settimana prossima è il mio
compleanno e mio fratello sta
organizzando una festa a casa nostra. Mi piacerebbe se tu e tuo
fratello
partecipaste.”
Dean
sbatté le palpebre più volte
“Davvero?”
“Voi
siete nuovi in città, potrebbe essere una buona occasione
per conoscere un po’
di gente.- continuò a parlare tutto d’un fiato il
giovane- Non che io sia molto
popolare tra i miei coetanei, ma di solito alle feste che organizza
Gabriel
partecipa un sacco di gente e…è divertente. Alla
festa per i miei dieci anni
hanno chiamato la polizia.”
“E io
che pensavo che Heaven fosse un posto noioso.” rise divertito
il nuovo arrivato
in città.
“Non lo
è.- scosse la testa Castiel- È
solo…diverso. Credo.”
Dean
fece roteare gli occhi “Già, direi che
è un modo per descriverlo.”
Improvvisamente
qualcuno bussò alla porta del locale e Castiel si riscosse
immediatamente,
riconoscendo subito il ragazzo che ora stava in piedi sul marciapiede
“Oh. Si è
fatto tardi, devo andare.”
“Quel
tizio sta aspettando te?” domandò il ragazzo,
alzandosi immediatamente dopo al
proprio ospite.
Castiel
annuì “Sì, per accompagnarmi a casa.
Grazie di tutto, Dean. È stato bello
parlare con te.”
“Chi è
lo spaventapasseri con lo scollo a v?” domandò
Dean, facendo un cenno del capo
verso il ragazzo che aspettava pazientemente fuori dalla vetrina del
locale.
Castiel
gli rivolse un sorriso timido “Oh, lui è
Balthazar. Il mio ragazzo.”
E anche
se Dean non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, il cuore un po’
gli si spezzò nel
sentire quella frase.