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Autore: fers94    04/01/2014    1 recensioni
Missing moment Haleb
Ti ritenevano un "cattivo ragazzo" solo perché portavi i capelli lunghi e non avevi amici, solo perché a scuola te ne stavi da solo ad ossevare il resto del mondo, solo perché eri "quello nuovo" e stavi in una famiglia affidataria. Ma non sapevano niente di te. Non sapevano di quanto in realtà fossi meraviglioso. E mi piacque da morire scoprirlo da me, scoprirlo lentamente, scartandoti come un pacco di Natale e rimanendo incantata dal contenuto.
[...]
«Davvero, Caleb. Tu mi togli il fiato. In tutti i sensi»
«Ed è una cosa bella?» chiese, cercando i miei occhi.
Io alzai la testa e lo guardai.
«È la cosa più bella» risposi con sicurezza.

[...]
Annegai tra le sue braccia addormentandomi come una bambina, scaldandomi con il suo corpo e cullandomi con il suo profumo. E mi addormentai tranquilla, perché ero con lui, e sapevo che se avessi avuto un incubo e mi fossi svegliata di soprassalto, mi sarebbe bastato vederlo accanto a me per capire che niente sarebbe potuto andare storto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caleb Rivers, Hanna Marin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Drow in his arms



*Drown in your arms*



Ci prendemmo un gelato, in città, come una coppia normale. Peccato che noi non siamo esattamente una coppia normale. Già, perché dobbiamo sempre guardarci le spalle e non possiamo fidarci nemmeno di un gelataio. Ho imparato ad interpretare lo sguardo di chiunque mi rivolga la parola, o anche solo un'innocua occhiata da lontano. Ho imparato a non fidarmi più di nessuno.

Caleb è l'eccezione.
Si era fatta sera, mia madre a casa non c'era. Si era assicurata, però, che non restassi da sola. È sempre in grande apprensione per me. Così, era riuscita a strapparmi la promessa che, per le sere in cui lei sarebbe stata fuori, avrei dormito da Emily. E così era stato. Ma quella sera, io avevo voglia -anzi, bisogno- di stare tra le braccia del mio angelo custode.
La prima regola che impone mia madre in casa Marin è: "Niente ragazzi in camera da letto". Regola che quella sera sarebbe stata infranta, ma non certo per la prima volta.
«Vuoi che ti accompagni da Emily?» mi chiese Caleb, facendo l'ultimo morso del suo cono gelato e prendendomi per mano.
Io lo guardai arricciando il naso, dunque lui riprese.
«Non che voglia liberarmi di te, ma so quanto sia rigida la madre di Emily con gli orari! E non solo con quelli...»
«Caleb, Pam è la moglie di un sergente. È normale che sia così!»
«Appunto...»
«Senti, stanotte dormo a casa mia. E tu stai con me. Ah, non accetto rifiuti!» dissi io, tutto d'un fiato.
«Wow... E con la signora Fields come la metti?» mormorò Caleb, non riuscendo a trattenere un sorriso.
«Amore, l'alleanza tra me ed Emily fa miracoli. Mi coprirà, in un modo o nell'altro. E né la signora Fields, né tantomeno la cara Ashley Marin sapranno niente di tutto questo!» risposi io, poggiandogli un bacio all'angolo della bocca.
«Tu sei pazza!» mormorò Caleb, nel mezzo di una risata.
Quant'è bello quando ride.
Iniziò anche a piovere, ed ovviamente Caleb ed io eravamo a piedi, senza ombrello. Facemmo una lunga corsa, sotto la pioggia battente che ci bagnò da capo a piedi, eppure io ero felice come poche volte nella mia vita. Arrivammo completamente fradici alla porta di casa, entrambi con il fiatone, ma negli occhi ci si leggeva chiaramente l'ardente desiderio di abbandonarci l'uno all'altra. Sotto quello sguardo mi sento terribilmente 
sotto pressione, ma anche terribilmente bene. 

~
Te la ricordi, Caleb, la prima volta che mi hai guardata così? Sotto la doccia. È stata anche la prima volta nella mia vita che ho visto un ragazzo così, completamente nudo. E che ragazzo. Lì mi sono resa conto che mi piacevi da impazzire. Ed è stata anche la prima volta che ho avvertito il fortissimo desiderio di averti. Tu avevi uno sguardo di sfida, ti si leggeva negli occhi la convinzione che non ti avrei resistito. Sinceramente non so come diavolo ho fatto. I miei occhi hanno percorso ogni centimetro del tuo corpo, bramosi. Hanno fatto come un viaggio tra le dune della tua pelle, incontrando nei, voglie e talvolta cicatrici, fino ad arrivare più in basso, e soffermandosi più tempo del dovuto sul tuo fondoschiena così maledettamente sexy. L'acqua ti scivolava addosso, e dietro quella tendina chiusa, in due, faceva un caldo da morire, come se non bastasse quello che il mio corpo già non stesse sprigionando per l'imbarazzo, la paura che mia madre ci scoprisse, e l'eccitazione. E mentre i miei occhi avevano agganciato il tuo fondoschiena, ti sei voltato. Devo ammetterlo; devo ammettere che la prima cosa che il mio sguardo afferrò quando ti voltasti, fu proprio quella.
«Che diavolo stai guardando, Hanna?!
» mi sentenziai, risalendo di nuovo il tuo corpo, velocemente, rossa di vergogna. E ritrovai i tuoi occhi, il tuo sguardo saccente.
Ero completamente nel pallone, mi sembrava tutto così surreale per essere vero. Ero di fronte ad un ragazzo completamente nudo, sotto una doccia, e quel ragazzo era dannatamente bello. Sentivo il profumo del bagnoschiuma, un caldo asfissiante, una fitta allo stomaco; non sapevo cosa diavolo mi stesse succedendo. Ebbi il forte impulso di avvicinarmi a te, incontrollabile, infatti lo feci. Mi sporsi un po', guardandoti le labbra bagnate, ma poi ritirai i talloni e tornai al mio posto, mordendomi il labbro e spegnendo in un attimo tutte le peccaminose idee che mi erano passate per la testa. Mi sentii terribilmente idiota, ed il tuo sguardo puntato addosso non mi aiutava per niente. Ricordo che anche tu ti sei morso il labbro, guardandomi la bocca, e credo che i miei pensieri in quel momento fossero anche i tuoi, malgrado io fossi vestita, a differenza tua. Per me era molto più difficile resistere, eppure, non so come, ce la feci. Ma da quel giorno, mi resi conto di quanto ti volessi
.
~


Digitai in fretta un sms ad Emily per avvertirla, poi girai distrattamente le chiavi nella serratura, sotto gli occhi impazienti di Caleb. La porta si aprì e lui mi fece cenno di entrare per prima. Gli sorrisi, poi entrai ed aspettai che mi raggiungesse. Chiuse la porta e continuò a guardarmi con quello sguardo intenso che non mi faceva capire più niente; era come se mi paralizzasse. I vestiti di entrambi gocciolavano d'acqua. Io tremavo di freddo e di chissà cos'altro davanti a Caleb, che lentamente si avvicinò a me. È a partire da quell'attimo che iniziai davvero a perdermi.
A perdermi con lui.
Cominciò a baciarmi le labbra con tutta la dolcezza del mondo, piano. Le sue labbra sono ruvide ma morbide al tempo stesso, e sono diventate qualcosa di cui non posso davvero più fare a meno. Intrecciai le mie mani tra i suoi disordinati capelli bagnati, stringendoli tra le dita, mentre le sue, più esperte ed audaci, iniziarono a sfiorarmi le cosce, risalendo sotto la stoffa del mio vestito.

~
Te lo ricordi, Caleb, il nostro primo bacio? Tu eri lì, davanti a me, in casa mia, con l'aria del tutto spavalda. Ti sentivi così sicuro di te dopo il nostro "incontro ravvicinato" sotto la doccia. Avevi capito tutto quello che in quel momento mi era passato per la testa; tutti quei pensieri poco casti, al limite del pervertito, la voglia di baciarti e di farti chissà cosa ancora. Avevi letto nei miei occhi l'attrazione irrefrenabile che mi spingeva verso il tuo corpo nudo. Tu sapevi tutto quello che avevo provato, e da quella doccia non facevi altro che rinfacciarmelo. Ti divertivi a vedermi provare a nascondere quella maledetta voglia di te, che io dovevo ancora imparare ad accettare. Ma non riuscivo affatto a nasconderla; né a me, né tantomeno a te. Con tutta la tranquillità di questo mondo mi hai chiesto se avevo voglia di frequentarti. Sapevi che mi piacevi e quindi hai tirato un po' la corda, dalla tua parte, mostrando una certa disinvoltura. Io invece stavo cercando una via d'uscita. Sarei voluta scappare in quel momento, o magari sotterrarmi, o smaterializzarmi. Tu invece eri lì, tranquillo, in attesa di una risposta. Ti ho guardato e la mia testa ha pensato solo a quanto fossi bello, con quell'aria da cattivo ragazzo, così pieno di sé. Ma ti stavo odiando, dannazione, perché tu riuscivi ad essere così tranquillo ed io invece venivo continuamente tradita dalle mie stesse emozioni? D'impulso, infatti, declinai la tua proposta, ponendo un insensato condizionale:
«Mettiamo caso che non volessi?
»
«Va bene
» fu la tua risposta.
Maledizione, ti ho odiato ancor più di prima. Anzi, odiavo di più me; che idiota, dovevo fingere davvero male...
«E mettiamo caso che invece volessi?
» ribaltai, sprofondando nella vergogna più totale, perché sapevo che tu, anche stavolta, avevi capito quello che davvero volevo.
«Va bene lo stesso
» fu la tua risposta, questa volta però accompagnata da un sorriso.
Mi stavo vergognando davvero tanto, mi sentivo una perfetta idiota e pensavo a quello che avresti pensato su di me, dopo le mie stupide risposte. Ma poi ti ho guardato e le vere risposte le ho trovate tutte nei tuoi occhi. Mandai tutto al diavolo e mi lasciai guidare da quell'attrazione che da troppo tempo stavo trattenendo; mi avvicinai e ti diedi un bacio, inizialmente timido, chiuso, vergognoso. Ma poi mi sentii accompagnata dalle tue labbra e davvero mandai tutto al diavolo; le labbra si schiusero e ci diedero il via libera. Non sapevo più quale fosse la mia bocca e quale la tua, le lingue si rincorrevano senza regole, e senza accorgermene le mie braccia si erano arpionate al tuo collo, mentre tu mi tenevi dolcemente la presa sulle guance. Non so neppure quanto tutto quel pazzesco momento durò, tanto che ero presa, tanto che ci ero dentro.
«Ecco, mi sono innamorata
» pensai non appena i miei occhi incrociarono i tuoi, una volta che le labbra si staccarono.
~


«Ti amo...» mi sussurrò Caleb tra le labbra, facendomi percepire il calore del suo fiato sulla bocca.

~
Te la ricordi, Caleb, la prima volta che mi hai detto «Ti amo»? Se vogliamo essere precisi, ancor prima me l'avevi scritto, ma non ho mai potuto leggerlo per colpa di qualcuno... Ma sentirtelo dire è stato bellissimo, malgrado la situazione in cui accadde non fosse poi così rosea. Eri piombato in casa mia, senza che io ne sapessi nulla. Sono rientrata e ti ho trovato seduto in cucina, in compagnia di mia madre, che si è subito fatta da parte non appena sono arrivata. Tu ed io ci eravamo lasciati. Ero stata io a farlo, perché avevo scoperto che eri stato complice di Jenna, che mentre ti ospitavo in casa mia tu raccoglievi informazioni per suo conto. Mi ero sentita usata, ma soprattutto ingannata, proprio da te, dal ragazzo del quale mi ero innamorata. È stato tremendo scoprire una cosa del genere. Io ti sapevo lontano, ti avevo visto lasciare Rosewood con i miei occhi, eri salito su un autobus per l'Arizona e quella sera mi avevi guardata come per chiedermi di fermarti, ma io non l'avevo fatto. Ti avevo lasciato andare, mentre il cuore mi si spezzava inesorabilmente. Puro orgoglio, ecco cosa evitò che quella sera ti fermassi. Fatto sta che poco tempo dopo ti trovai a casa mia. Mi hai anche chiesto se volessi sedermi, prima che cominciassi a parlare, ma io rifiutai. Dio, Caleb, mi chiedi se voglio sedermi quando la persona che è a casa sua non sei tu ma sono io? Hai iniziato a parlare, impacciato, in difficoltà su come scusarti, su come esprimere il tuo pentimento. So solo che negli occhi avevi un'enorme sincerità ed io riuscivo ad avvertirla perfettamente. L'orgoglio, ancora una volta l'orgoglio, mi trattenne dal perdonarti. Mi avevi ferito, e malgrado mi mancassi, e anche da morire, riuscii a non riammetterti subito nella mia vita. Avresti dovuto patire ancora un po'. Mi parlasti della lettera che Mona non mi aveva mai dato, ed anche di tutto quello che c'era scritto. Avevi scritto una lettera perché non sei bravo a parlare di quello che provi, dicendomi che se davvero avresti dovuto parlarne, ti saresti reso ridicolo.
«Come probabilmente sto facendo ora
» aggiungesti.
Il tuo sguardo non era più come al solito spavaldo, saccente, sicuro. Era invece sfuggente, intimidito, pentito. Ti vergognavi per quello che mi avevi fatto; eri sincero, ed io lo sapevo. Ma io non mi sentivo ancora pronta. Avevo una terribile paura di fidarmi nuovamente di te, nonostante una parte di me lo volesse con tutta se stessa. Avevo paura di farmi male di nuovo. Volevi rimediare al tuo errore, e dalle tue labbra uscì un «Ti amo» che mi sembrò detto molto più forte di tutte quelle altre parole di scuse che fino a quel momento avevi speso. Quando sentii quelle parole, fu come se tutto si fermò un istante. La salivazione mi si azzerò ed il cuore mi arrivò in gola. Sapevo che non era una bugia, per questo la mia reazione fu così sentita. Quella sera mi stava parlando un ragazzo innamorato, ed era innamorato di me. Ti guardai e restai immobile, non avendo più alcuna certezza su cosa avrei dovuto fare. Il tempo era fermo davvero. Feci allora un profondo sospiro e tutto riprese a scorrere; tornai con i piedi a terra e ti dissi quello che davvero sentivo. Ti dissi che ti credevo e che apprezzavo il fatto che fossi venuto a dirmi tutto quello che avevi detto, ma che non potevo perdonarti. Beh, non ancora, ma tu questo non potevi saperlo. Tu, allora, abbassasti lo sguardo ed il mio cuore si strinse, si fece piccolissimo, facendomi venire un magone che trattenni con tutte le mie forze; non potevo crollare, non davanti a te. Mi salutasti con un addio e ti chiudesti la porta alle spalle, amareggiato. Fu allora che lasciai che Hanna crollasse. Liberai il magone e, pensando alle tue parole, piansi per tutta la notte, con mia madre che tentava di consolarmi con le sue tisane. Ma quella sera, appresi con certezza che mi amavi. E questo, piano piano, riuscì a farmi risalire dal mare di delusione nel quale ero naufragata.

~


Risposi un 
«Anch'io» ovattato, appena accennato, perché non avevo modo di parlare. Le mie labbra contro le sue, la sua lingua insidiosa nella mia bocca, la mia lingua che invece cercava spazio più timidamente nella sua bocca; una confusione di sapori condita con l'odore soffuso della pioggia. Adoro come Caleb mi bacia, come sa muovere la lingua e come riesce a prendersi e restituirmi qualcosa nello stesso momento. Le sue mani, nel frattempo, salivano dal basso del mio vestito, mentre le mie, dopo avergli sfilato il giubbotto di pelle, tentavano alla rinfusa di sbottonargli la camicia impregnata d'acqua. Preferisco quando si mette la t-shirt, è più semplice da togliere. Alla fine ci riuscii, poi Caleb mi aiutò sfilandosela da sé. Mi prese dunque in braccio, ansimante, senza separare la sua bocca dalla mia, e mi adagiò sul primo mobile che gli capitò a tiro. Lentamente fece scendere la sua testa dal mio viso alla mia spalla, concentrando la bocca non più sulle mie labbra ma sul mio collo. Solo lui sa quanto io adori i suoi baci sul collo, come sa darli lui, nessuno. Reclinai la testa all'indietro e mi lasciai estasiare da quella dolce tortura. Le mie mani, invece, si dedicarono alla sua schiena possente, facendovi una leggera pressione con le unghie, così da disegnarvi strade immaginarie guidata dai piacevoli brividi che mi provocavano le labbra di Caleb a contatto con la mia pelle. Lui restò con la bocca attaccata al mio collo, mentre con le mani mi accarezzava le gambe, fino ad arrivare al bordo dei miei slip, per poi giocherellarci con le dita. I suoi baci sul collo a poco a poco si fecero più maliziosi, più appassionati, fino a diventare piccoli morsi, forse un po' dolorosi ma tremendamente adorabili, mentre le mie mani scesero a slacciargli la cintura. Le sue, invece, iniziarono a fare movimenti poco casti tra le mie gambe.
«Con calma, Rivers... Con calma...» mugugnai maliziosa.
Lui rispose con un sorriso, togliendosi definitivamente la cintura che gli era rimasta appesa da un lato, poi senza troppa esitazione riportò le mani tra le mie cosce e mi sfilò gli slip, con disinvoltura.
«Tranquilla, Marin...» soggiunse, guardandomi dritto negli occhi.
Lasciò cadere i miei slip accanto alla sua cintura, dunque mi riprese tra le sue braccia e salimmo le scale così. Avvinghiati, mezzi nudi, bagnati come pulcini, eccitati. Continuavamo a baciarci, e nel frattempo Caleb in un modo o nell'altro mi tolse il reggiseno dal retro scollato del mio vestito, gettandolo così per le scale, come se fosse una cartaccia. Me ne accorsi a malapena. Arrivammo in camera mia ancora l'una addosso all'altro, dunque Caleb mi distese con delicatezza sul letto, posandomi con tenerezza un bacio sulle labbra. Si rialzò e rimase qualche istante a guardarmi.
«Sei bellissima...» sussurrò sorridendo.
Io ricambiai il sorriso e mi sciolsi i capelli, poi mi tolsi di dosso il vestito bagnato e le scarpe, quindi restai completamente nuda di fronte a Caleb. Era rosso in volto, come probabilmente lo ero io. Tirò fuori un preservativo dalla tasca dei pantaloni, posandolo sul comò, poi si tolse i jeans, mentre io lo osservavo sorridente, allungata sul letto. Caleb si adagiò poi piano sul mio corpo, raggiungendo la mia bocca per ricominciare a baciarmi. Fece dunque scendere la sua testa piano, quindi io gli misi una mano tra i capelli, ancora bagnati, e scesi con lui. Si fermò sul mio seno, al quale la sua bocca e le sue mani si dedicarono accuratamente con giochi proibiti, direi quasi illegali. Ci ha sempre dannatamente saputo fare, altroché. Un suo piccolo morso mi fece scappare un gemito, accompagnato da una stretta tra i suoi capelli.
«Lo so che ti piace...» sussurrò guardandomi dal basso, con il suo classico sorriso da stronzo stampato in faccia.
«Fanculo, Caleb!» risposi, non riuscendo a trattenere una fragorosa risata.
Lui rise con me e mi diede un bacio sulla pancia, stuzzicandomi l'ombelico con l'indice, poi mi lanciò un'occhiata seria come per chiedermi il permesso di scendere ancora più in basso. Io mi morsi il labbro ed annuii, accompagnando con la mano la sua testa verso le zone proibite del mio corpo. Devo ribadirlo, ci sa davvero dannatamente fare. Mi rilassai e mi lasciai pervadere dalle scosse di piacere che Caleb mi stava provocando, contraendomi e lasciandomi sfuggire qualche gemito dalla bocca di tanto in tanto. Quando mi sentii sul punto di prendere fuoco, tirai di poco Caleb per i capelli, allontanando la sua testa dal mio corpo, che mi guardò sorridendo soddisfatto. Io non riuscii a ricambiare quel sorriso, quindi lui si alzò e si riadagiò sul letto, al mio fianco. Fu allora che presi io il controllo della situazione. Mi misi a cavalcioni su di lui, bacino contro bacino.
«Oh...» mormorò con la sua solita aria di sfida, leccandosi maliziosamente le labbra e portando le mani sulle mie natiche.
Cominciai a muovermi sul suo corpo, lentamente, strofinando il mio bacino sul suo, mentre i suoi boxer si gonfiavano sempre di più; sembravano voler esplodere. Sentivo la sua eccitazione crescere sotto di me, mentre vedevo il suo volto cambiare man mano che andavo avanti con i miei giochi bastardi, forse anche più bastardi dei suoi nei miei confronti.
«Come va, Rivers?» chiesi, questa volta sfidandolo io con gli occhi.
Lui non fu capace di rispondere, semplicemente schiuse la bocca e chiuse gli occhi, contraendosi in un sospiro strozzato. Ora ero io a condurre il gioco. E decisi che dovevamo essere alla pari. Perché io dovevo essere completamente nuda mentre lui aveva ancora qualcosa addosso? E questo qualcosa, in quel momento, doveva andargli stretto, parecchio stretto. Con un rapido movimento di mani, gli sfilai i boxer, liberando la sua erezione. E lui avrebbe dovuto patire almeno quanto aveva fatto patire me.
«Oh...» sussurrai questa volta io.
Caleb aprì gli occhi e mi fulminò con lo sguardo, mostrandomi poi un sorriso. Mi fiondai sul suo volto e lo baciai con passione, fino a far venire ad entrambi il fiato corto. Quando decisi che poteva bastare, condussi la lingua dalla bocca di Caleb sempre più in basso, disegnando una scia umida che gli spaccava a metà il petto e l'addome, mentre con le mani tastavo le dune dei suoi muscoli. Arrivai sull'ombelico e mi fermai. Incastrai un lembo di pelle dei suoi addominali tra i denti e tirai quanto bastò per rubargli un mugolio, che lo portò a prendermi la testa tra le mani, quindi mollai la presa su quel piccolo spazio di pelle per lasciarvi un bacio delicato, che sapeva comunque di sfida. Cercai e trovai i suoi occhi ed il suo sorriso di estasi, quindi scesi ancora con la testa, accompagnata dalle sue mani, e finalmente raggiunsi la meta. So alla perfezione cosa e in che modo piace a Caleb, non avrei potuto sbagliare una sola mossa, ed ascoltavo ogni suo respiro per capire come stessi andando. E sì, sembrava proprio che stessi andando bene.
«Hanna...» mugolò ad un tratto, a metà tra una supplica ed un ringraziamento.
Capii che non dovevo andare oltre e, allo stesso modo in cui ero scesa, risalii il suo corpo ancora umido di pioggia, fino ad arrivare alle sue labbra e tuffarmici ancora una volta. Caleb era impaziente, e mi baciò con una foga non indifferente, per poi ribaltare la situazione e farmi scivolare sotto il suo corpo. Ci guardammo immobili e seri per qualche istante, ascoltando l'uno il respiro dell'altra, con i corpi bagnati che ormai erano sul punto di asciugarsi, l'uno contro l'altro. Lo guardai e nei suoi occhi vidi un'adorazione sconfinata, un amore enorme. Fu per questo che gli sorrisi e posai un bacio innocente sulle sue labbra, ancora inumidite della mia saliva.
«Ti amo, Caleb» sussurrai piano, quasi come se avessi paura che qualcuno potesse sentirci, quasi come se avessi paura di rovinare quel momento perfetto.
«Ti amo anch'io. Da morire, Hanna» rispose, piano anche lui, scostandomi con dolcezza una ciocca di capelli dal viso.
Afferrò il preservativo dal comò e se lo mise, poi mi sorrise e si riadagiò su di me. Unì di nuovo le nostre labbra, poi unì anche le nostre mani, ed infine unì i nostri corpi. Quando sentii Caleb entrare dentro di me, avvertii una stretta allo stomaco, sentii i polmoni pieni e irrigidii ogni muscolo del mio corpo. Rimasi completamente contratta per un istante, poi pian piano la sensazione di eccessiva pienezza diventò la più bella sensazione del mondo; un piacere senza limiti. Caleb fece una buffa smorfia con il volto, accompagnata da un verso gutturale, poi appoggiò la testa nell'incavo del mio collo e si spinse nel mio corpo, all'inizio lentamente e senza affondare troppo. Il suo fiato sul collo mi provocava una serie di brividi lungo la schiena, mentre il piacere che avvertivo cresceva sempre di più. Strinsi Caleb premendo con le mani sulle sue spalle, mentre lui cominciò ad accelerare il ritmo ed a spingersi sempre più a fondo. Il respiro ora mi sfuggiva, divenne affannoso, ansimante, veloce, così come quello di Caleb sul mio collo, ed il piacere cresceva sempre di più, sempre di più, sempre di più. D'improvviso il ritmo dei movimenti di Caleb rallentò. Diede quindi un'ultima spinta decisa, profonda, forte, e proprio in quell'attimo mi sembrò di toccare il cielo con un dito.

~
Te la ricordi, Caleb, la prima volta che abbiamo fatto l'amore? Per me fu la prima volta in assoluto. Mia madre aveva scoperto che alloggiavi nella nostra cantina e si era arrabbiata parecchio. Non ti considerava un tipo granché affidabile. Quel giorno piombammo in casa sbaciucchiandoci senza contegno perché pensavamo avessimo casa libera, invece mia madre era in cucina con il tuo zaino, pronta a sputare la sua acida sentenza. Ti cacciò via senza troppi giri di parole e a me fece una ramanzina che ricordo ancora oggi, ma mi importò ben poco perché due minuti dopo ero già fuori di casa a cercarti. Quando fece buio, ci accampammo con una tenda a ridosso di uno dei tanti boschetti di Rosewood. Era il cinque novembre, faceva freddo, così attrezzammo una specie di falò e mangiammo qualcosa di arrostito. Mi avevi detto di tornare a casa, che magari mia madre sarebbe stata in pensiero, ma io non volevo saperne e restai lì con te. Quella sera ti raccontai del mio passato, dei miei problemi col cibo, delle mie insicurezze. E tu mi parlasti della tua incasinata situazione famigliare, di quanto fossi rimasto deluso dai comportamenti delle persone che amavi. Quella conversazione mi convinse di quanto fossi una persona buona e profonda, al contrario di quello che tutti pensavano su di te. Ti ritenevano un "cattivo ragazzo" solo perché portavi i capelli lunghi e non avevi amici, solo perché a scuola te ne stavi da solo ad ossevare il resto del mondo, solo perché eri "quello nuovo" e stavi in una famiglia affidataria. Ma non sapevano niente di te. Non sapevano di quanto in realtà fossi meraviglioso. E mi piacque da morire scoprirlo da me, scoprirlo lentamente, scartandoti come un pacco di Natale e rimanendo incantata dal contenuto. In quel momento capii che al mio fianco c'era un ragazzo d'oro, e capii che volevo essere sua. Davvero sua. Ti diedi un bacio, poi ritornai al mio posto timidamente, come se avessi paura che per te magari fosse ancora presto, che magari non mi sentivi così vicina come io ti sentivo vicino a me. Tu mi guardasti negli occhi e capisti tutto; ti riavvicinasti a me e mi baciasti di nuovo, più a lungo, come per dirmi che non volevi che scappassi. Quando ti separasti dalla mia bocca ed io ti guardai di nuovo negli occhi, mi sentii ancora più sicura di quello che volevo.
«Caleb, io voglio...» sussurrai, ma non fui capace di continuare la frase, non riuscivo a trovare le parole.
«Dimmi» sussurrasti allora tu, accennando ad un sorriso.
«Voglio fare l'amore con te» dissi velocemente.
Tu lasciasti che il sorriso appena accennato ti si disegnasse completamente sul volto, poi mi accarezzasti.
«Vuoi davvero?» dicesti, continuando ad accarezzarmi.
«Sì. Ma io non l'ho mai fatto...» aggiunsi con una punta di rammarico.
«Non preoccuparti di questo. Devi solo dirmi se sei davvero sicura» continuasti, con tutta la premura del mondo.
Io fui capace unicamente di annuire, poi tu mi sorridesti e mi prendesti per mano, aiutandomi ad alzarmi.
«Vieni con me» aggiungesti, dandomi un altro bacio sulle labbra.
Entrammo in tenda e tu ti sfilasti la maglietta. Io ti guardai come per chiederti se dovessi fare -o magari togliere- qualcosa anch'io, ma tu mi rispondesti solo con un altro bacio. Mi trovai davanti il tuo torace perfetto e, preso coraggio, ci appoggiai con delicatezza una mano, che ti accarezzò dal petto fino allo stomaco, come per prendere confidenza col tuo corpo, fino ad allora protagonista solo dei miei più perversi pensieri. Sentii i tuoi muscoli appena accennati sotto il tocco delle mani, il calore del tuo corpo, il modo in cui il tuo busto si muoveva per respirare. Ricordo che mi hai chiesto di nuovo se fossi sicura, ed io te l'ho confermato. È stato allora che abbiamo ripreso a baciarci e non abbiamo più smesso per tutta la notte. Andò tutto alla perfezione, meglio di come avevo passato ad immaginarmelo per tutta l'età adolescenziale. Sì, perché la prima volta la si immagina sempre, la si sogna, la si progetta. Io la immaginavo su di un letto enorme, con dei petali di rosa e delle candele profumate, con un ragazzo biondo con la cravatta, pronto ad offirmi una vita in una villa da sogno, magari a Parigi. E invece fu in una tenda, con l'odore di erba bagnata sotto il naso ed il sottofondo musicale di gufi, grilli e cicali, con un ragazzo con i capelli lunghi e spettinati, che in tasca non aveva nemmeno uno spicciolo, e che invece di una cravatta portava un paio di guanti bucati. Eppure fu davvero tutto perfetto. La mia prima volta non fu come la immaginava la Hanna che viveva nel suo mondo fatato e principesco, certo, ma per la Hanna che aveva capito cosa davvero fosse la vita, e cosa contasse in questa, quella prima volta fu più di quanto avrebbe mai potuto chiedere. Fu con un ragazzo meraviglioso, che non aveva da offrirmi ville di lusso o denaro, ma semplicemente il suo cuore. E questa era l'unica cosa che davvero contava.
«Piccola, ascoltami... Ti prometto che ci andrò piano. Tu devi solo cercare di rilassarti e stare tranquilla. Vedrai che andrà tutto bene, fidati di me. Ma se dovessi sentire dolore oppure c'è qualcosa che non va o magari semplicemente hai ripensamenti, stringimi più forte che puoi, fino a farmi male se necessario... E ti giuro che mi fermerò e farò quello che decidi tu, solo quello che decidi tu, d'accordo?» mi sussurrasti mentre mi spogliavi con delicatezza.
Io non ero in grado di parlare in quel momento, ma annuii perché mi fidavo. Mi fidavo davvero. Provai un po' d'imbarazzo quando ci ritrovammo nudi l'uno di fronte all'altra, perché non ho mai visto il mio corpo come perfetto, anzi. Ma il tuo sguardo mi rassicurò, mi fece sentire bella. Mi guardavi come si guarda qualcosa di bello. Ed io quella notte mi sentii la più bella del mondo, grazie a te. Ti osservai mentre ti mettevi il preservativo, e cercavo di capire come davvero si facesse, dato che per me era qualcosa di ancora sconosciuto. Cominciasti a baciarmi dapprima le labbra, per poi passare al collo e dì lì a tutto il corpo, mentre io ti accarezzavo, provando a lasciarmi trasportare, poiché avevo parecchie insicurezze su come muovermi. Le tue mani vagarono libere tra le mie cosce, sfiorandomi poi il fondoschiena con un tocco che lasciava trasparire un certo velo di desiderio. Poi ti distendesti sul mio corpo e da quel momento non mi staccasti un secondo gli occhi di dosso. Sì, mi guardasti dritto negli occhi mentre per la prima volta io diventavo un tutt'uno con qualcun altro. Con te. Come promesso, ti muovesti con delicatezza, ma ciò non mi impedì di sentire una fitta di dolore. Ti strinsi forte le spalle, conficcandoti involontariamente le unghie nella pelle ed emettendo un gemito stridulo, dunque tu ti fermasti immediatamente. La tua bocca socchiusa era davanti alla mia ed i tuoi occhi si specchiavano nei miei. Ebbi il tempo di rendermi conto di questo e in un attimo il dolore non c'era più.
«Va tutto bene...» mormorai allora io.
«Sicura?» mi chiedesti quindi, restando immobile.
«Sì. Non fermarti più» continuai, annuendo.
Tu mi sorridesti e nascondesti la testa tra i miei capelli, all'altezza del collo, riprendendo quello che avevi interrotto poco prima. Io allargai di più le gambe per permetterti una maggior libertà di movimento. Ed iniziai a sentirmi davvero bene. Era la prima volta che percepivo una cosa simile. Il mio corpo era come in subbuglio, sentivo il sangue pulsare freneticamente, e la cosa era terribilmente piacevole. Tu mi eri addosso come una coperta, il tuo profumo mi riempiva i polmoni, che in quel momento mi restituivano il respiro troppo velocemente, mentre i battiti del mio cuore erano accelerati notevolmente. Il dolore non esisteva più, ti sentivo muoverti dentro di me e quella pressione era il desiderio proibito che si stava realizzando, e che era molto meglio di quanto avevo immaginato. Non esisteva più nemmeno il freddo, anzi, faceva caldo, terribilmente caldo, sempre più caldo. Ad un certo punto cercai di trattenerti, di prendere in qualche modo la padronanza del ritmo di quella danza di fuoco che i nostri corpi si stavano inventando, ma non ci riuscii; il mio corpo era nel tuo più totale controllo, e la cosa, pensai, non mi dispiaceva affatto. Le mie labbra si stavano lasciando sfuggire sospiri di totale piacere, non riuscivo a trattenermi e probabilmente non volevo. Sentire il tuo respiro accelerato sul mio seno, poi, non mi faceva capire più niente.
«Caleb...» mormorai più volte, stringendo un pugno tra i tuoi capelli ed immaginandoti sorridere, mentre chiudevo gli occhi e mi lasciavo trasportare.
«Sono qui, Hanna... Sono qui...» rispondesti tu qualche istante dopo, senza fermarti, col fiato sempre più corto.
Il cuore sembrava stesse esplodendomi nel petto, e probabilmente esplose davvero nel momento in cui, per la prima volta, toccai il cielo con un dito; mi morsi un labbro tentando di soffocare un urlo liberatorio che comunque si udì sonoramente, spalancando gli occhi. Tu invece espirasti a pieni polmoni, emettendo un gemito sordo, e in quell'attimo riuscii a sentire i tuoi addominali contrarsi sulla mia pancia. Ti fermasti ed accasciasti quindi la testa sul mio seno, affannato tanto quanto lo ero io, che invece avevo riabbassato le palpebre e boccheggiavo nel tentativo di recuperare un ritmo respiratorio normale. Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai la tua faccia davanti e pensai che fossi bellissimo. Sollevai di poco la testa e ti baciai a labbra aperte, lasciandoti prendere il controllo anche di quel momento. Dopo il bacio mi accarezzasti e mi sorridesti, quindi io mi misi seduta e ti abbracciai con le poche forze che in quel momento avevo nei muscoli, e tu ricambiasti.
«Grazie...» ti sussurrai nell'orecchio mentre ti stringevo, appoggiando la testa sulla tua spalla.
Tu mi poggiasti le labbra tra i capelli, senza sciogliere l'abbraccio, dandomi un bacio che mi fece sentire a casa. L'unica cosa che avrei voluto fare in quel momento, la stavo già facendo: annegare tra le tue braccia.
~


«Oh...» fu il commento di Caleb mentre era ancora adagiato sul mio corpo, a muscoli contratti.
«Non sai dire nient'altro?» lo bacchettai, pizzicandogli una guancia tra due dita.
«Con te le parole non bastano mai...» sussurrò prima di baciarmi sulle labbra.
Si lasciò poi ricadere sull'altro lato del letto, ponendosi su un fianco, con gli occhi rivolti verso di me. Mi sorrise e a me sfuggì un sospiro da perfetta cretina innamorata, di quelle che non credono possibile che quello che stanno vivendo sia vero. Lo guardai ed in quell'istante mi resi conto che lui era tutto ciò di cui avevo sempre avuto bisogno, che era mio, che era con me, ed io sentivo che ci sarebbe sempre stato. E quel sorriso che ormai era parte abituale dei miei giorni, continuava -e continua ancora adesso- a farmi lo stesso fottutissimo effetto della prima volta che l'avevo visto. Forse quello che sentii erano le famose farfalle nello stomaco di cui si parla tanto ma che io non avevo mai ben capito cosa diavolo fossero. Caleb, senza togliersi il sorriso dalla bocca, aggrottò le sopracciglia dopo avermi visto sospirare, dunque io mi avvicinai per lasciarmi abbracciare, cosa che lui fece prontamente. 
«Che hai, amore?» mi chiese, mentre mi stringeva al petto e mi accarezzava con tenerezza i capelli.
«Voglio solo annegare tra le tue braccia» risposi io, baciandogli una spalla.
«Annegare?»
«Sì, annegare»
«Mah, non dev'essere poi così bello. Credo che manchi il fiato quando si annega»
«Anche quando si fa l'amore manca il fiato. E per questo vorresti dirmi che non ti piace?»
«Beh, se la metti così...» rispose ancora, ridacchiando.
«Davvero, Caleb. Tu mi togli il fiato. In tutti i sensi»
«Ed è una cosa bella?» chiese, cercando i miei occhi.
Io alzai la testa e lo guardai.
«È la cosa più bella» risposi con sicurezza.
Caleb sorrise ancora e mi strinse più forte.
«Ti amo» mi sussurrò poi in un orecchio.
«Anch'io ti amo» risposi.
Gli schioccai l'ennesimo bacio sulla bocca e poi annegai tra le sue braccia, il posto più bello e più sicuro del mio mondo.
La mia situazione è strana; pericoli ovunque, bugie, segreti, troppe persone che ci hanno rimesso la vita...una storia infinita che sembra perseguitare me e le mie amiche e che incombe come una minaccia sulla vita di ciascuna di noi. Ma io riesco ad essere così felice grazie a Caleb. So che lui rimarrà al mio fianco pronto ad aiutarmi ed a proteggermi. Il nostro non è un semplice amore, è molto di più. È qualcosa di talmente forte da resistere a tutte queste situazioni assurde e macabre intorno a noi. E Caleb c'è, c'è sempre. Annegai tra le sue braccia addormentandomi come una bambina, scaldandomi con il suo corpo e cullandomi con il suo profumo. E mi addormentai tranquilla, perché ero con lui, e sapevo che se avessi avuto un incubo e mi fossi svegliata di soprassalto, mi sarebbe bastato vederlo accanto a me per capire che niente sarebbe potuto andare storto. Ecco perché per me Caleb è tutto.
   
 
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