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Autore: alecter    04/01/2014    2 recensioni
Sherlock è un esperto in molti campi, ma comprendere la natura umana non è mai stato il suo forte. E questo è il motivo per cui si ritrova solo nel suo salotto in Baker Street, perchè John non ha reagito alla sua sorpresa come si aspettava.
Ma se solo John lo perdonasse. Se solo riuscisse per una volta a smettere di pensare senza sosta. Cosa potrebbe succedere?
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota autrice: non pensavo fosse possibile, ma questo episodio di Sherlock (3x01) mi ha ispirato al punto che ho scritto un'altra one-shot. Questa volta sono entrata un pò più nel dettaglio e soprattutto ho analizzato anche quello che per me potrebbe essere il punto di vista di Sherlock sulla faccenda "ritorno a sorpresa". Bè ecco, sono sempre molto autocritica e consapevole di non essere bravissima nello scrivere, ma uno dei miei obiettivi di quest'anno è quello di pensare meno e scrivere di più, quindi, bando alle ciance, buona lettura a chi leggerà. 





 

Half a heart.




"Ancora nulla, nessuna mossa da parte di nessuno dei principali indiziati. Uno di loro compirà un passo falso, ne sono certo. Non pensi anche tu, John?", Sherlock rimase per qualche secondo in piedi sul divano, lo sguardo fisso sul collage di foto appese al muro e collegate tra loro, scarabocchiate e piene di appunti in penna nera. Attese ancora qualche secondo che John rispondesse, prima di girarsi, ed accorgersi che la stanza era vuota.
Gli era ancora difficile abituarsi a ciò. 
John non era ancora pronto a tornare sui suoi vecchi passi, a tornare con lui. Nonostante avesse dichiarato di averlo perdonato, nutriva ancora del risentimento nei suoi confronti.
Sherlock non si era aspettato una reazione simile. Non aveva preso nemmeno in considerazione la possibilità che John lo rifiutasse. 
Era scomparso per due anni, il minimo che potesse fare era essere felice che fosse di nuovo lì al suo fianco.
Nei suoi occhi, invece, nel momento in cui si era palesato così, di sorpresa, aveva letto così tante emozioni. Era sconvolto, preoccupato, felice, e poi arrabbiato. Così arrabbiato che quell’ultimo sentimento aveva preso il sopravvento ed i suoi occhi erano diventati neri pieni di ira.
Sherlock attendeva da due anni quel momento, lo bramava come un cieco che desidera vedere la luce del sole. Lo aspettava così tanto da non poter pensare ad altro che rientrare nella vita di John Watson, di riappropriarsi del proprio mondo, senza pensare allo shock che avrebbe potuto causare. 
Sherlock Holmes, colui che non conosce la natura umana. O forse, non aveva voluto nemmeno considerare la possibilità che John fosse ormai andato avanti con la sua vita. Come poteva? Sherlock in quei due anni altro non aveva fatto che continuare la sua missione, ma non c'era stato un secondo in cui John non era con lui. 
Sapeva che entrare di nuovo all'improvviso nella sua vita era stata una mossa scorretta, sapeva che John sarebbe stato pronto a mollare tutti i progressi fatti in quei due anni per tornare con lui. Glielo aveva letto negli occhi, quando alla fine si era calmato. Le parole potevano essere taglienti e piene di odio e risentimento, ma il suo sguardo diceva che gli era mancato tutto ciò, gli era mancato Sherlock, i suoi zigomi, la sua aria da saccente, il modo in cui alzava il colletto della sua giacca per fare il misterioso.
Forse lentamente, la situazione si sarebbe normalizzata e tutto sarebbe tornato come prima. Più o meno. Sapeva che ora le carte in tavola erano diverse. John aveva Mary e anche se detestava ammetterlo, lei poteva rendere davvero felice John. Non come lui. Tutto ciò che aveva apportato alla sua vita era il rischio di perderla in continuazione. Si odiava per questo, odiava essere colui che avrebbe potuto porre fine alla vita di John semplicemente perché respirava al suo fianco. Nulla lo spaventava di più che perderlo. Se ne era reso conto per l'ennesima volta nel momento in cui stava correndo tra quei bambini urlanti ed adulti terrorizzati, mentre l'incendio divampava e le urla di John si confondevano con il crepitio delle sedie che bruciavano troppo velocemente. 
Non poteva perderlo, eppure era consapevole che stringerlo a se avrebbe voluto dire puntare un enorme bersaglio rosso sulla sua testa.
Sospirò, scese dal divano, e prese a girare per la stanza. Aveva così tanti pensieri per la testa da non riuscire a concentrarsi. Ce ne era uno, però, che continuava a martellarlo, insistentemente, senza lasciarlo un secondo.
"John" sussurrò senza rendrsene conto.
"Si?" Si sentì rispondere dalla porta dell'appartamento. Per un secondo pensò fosse ancora una volta frutto della sua immaginazione. Poi vide l'ombra del suo amico stagliarsi sul muro. Alzò lo sguardo e sorrise. Sorrise genuinamente, come solo con John riusciva a fare. Con sua grande sorpresa, anche l'altro rispose al sorriso.
Rimasero qualche secondo in piedi, l'uno di fronte all'altro, impacciati come non lo erano stati neanche durante il loro primo incontro, con tante parole da dire ma nessuna che voleva uscire fuori.
"John, io.." Iniziò Sherlock, ma fu subito interrotto.
"Ti ho già detto di averti perdonato Sherlock. Sai che non avrei potuto fare altrimenti," Sherlock sentì un improvviso modo alla gola, uno di quelli che solamente John poteva procurargli.
"Vorrei solamente tu capissi quali conseguenze la tua scomparsa abbia comportato per me," la voce di John si incrinò leggermente prima di riprendere il discorso, "ho perso il mio migliore amico. Tu non hai idea di quanto hai cambiato la mia vita. L'ho sussurrato sulla tua tomba, e lo ripeto qui, davanti a te: ti devo così tanto, e tu non riesci nemmeno a renderti conto dell'impatto che hai avuto sulla mia vita. Odio cederti tutto questo potere, non avere controllo delle mie emozioni e delle mie azioni quando sono con te, ma questo è tanto e non posso fare altro che arrendermi, perché non sarei l'uomo che sono oggi, se non fosse per te," Sherlock lo fissò, ammutolito.
Non erano mai stati entrambi tipi sentimentali, ma quelle parole lo tagliarono nel profondo. Si sentì come quando era stato alla sua tomba, ad ascoltare l'addio di John. Impotente. Avrebbe voluto dirgli di scappare, eppure, allo stesso tempo, era troppo egoista per poterlo lasciarlo andare. 
Quei pochi giorni a Londra trascorsi senza di lui, dopo il suo ritorno, non avevano avuto senso. Cercare il sostituto di John in qualcun altro era impossibile.
Si rese conto che John ribadiva così spesso quanto lui gli avesse cambiato la vita, ma non si era mai reso conto di quanto lui stesso avesse fatto altrettanto.
Prima di John, non aveva mai realmente vissuto. Era solamente una macchina nata per risolvere crimini e congetture, non poteva relazionarsi con il mondo, perché troppo inferiore, non all'altezza delle sue attenzioni. 
Come poteva uscire dalla sua campana e urlare al mondo la sua diversità? Nessuno lo avrebbe accettato, così come lui non sarebbe sceso all'altezza di gente con un quoziente intellettivo pari ad un briciolo del suo.
E poi era arrivato John. Sì, Sherlock aveva apportato alla sua vita tanto, scosse di adrenalina, emozioni, avventure. Ma John, nel suo piccolo, gli aveva insegnato come vivere. Prima di allora Sherlock aveva semplicemente lasciato scivolare la vita sulle sue spalle, era in uno stato permanente di apatia, fino a che John non gli aveva mostrato che poteva anche lui far parte del mondo, scrivere la sua vita piuttosto che lasciarla scorrere senza controllo davanti ai suoi occhi.
Ed era stato in quel primo momento, vedendo quell'uomo così fragile e altrettanto pieno di problemi come lui, che per la prima volta aveva provato una sensazione strana. Uomini comuni lo chiamerebbero amore, ma per Sherlock emozioni simili sono inutili, ti frenano, ti impediscono di pensare lucidamente. Sherlock Holmes non conosce l'amore. 
Eppure si era man mano inchinato di fronte a quel sentimento, si era lasciato andare, sino a che il loro rapporto era diventato così forte che non poteva più negarlo. John era parte di lui, qualsiasi cosa fosse successa. 
In quel momento, in quel frangente mentre tutti questi pensieri scorrevano nella sua mente, giunse a capire perché John era così turbato.
Sherlock sapeva che sarebbe potuto sparire per due anni, anche quattro, ma al suo ritorno avrebbe sempre trovato John ad aspettarlo. All'inizio avrebbe opposto resistenza, ma alla fine avrebbe ceduto di nuovo.
E invece John era rimasto li, a Londra, senza alcuna certezza di poter un giorno rivedere Sherlock. Si fosse trovato in una situazione del genere, sarebbe probabilmente impazzito. Come poteva vivere sapendo che non avrebbe più rivisto John? 
Capì quale era stato il suo errore, anche se ciò presupponeva che John provasse almeno in parte quanto provava lui. Che John lo amasse, anche se tante volte aveva negato di poter provare sentimenti del genere per un uomo?
"Sherlock?" Si scosse da suoi pensieri mentre la voce di John lo riportava a galla e lo tirava fuori dalla sua mente. 
"Scusami. Comprendo solo ora la gravità delle mie azioni e la mia superficialità nel non aver pensato a quali conseguenze avrebbero avuto per te. Il mio interesse era quello di poterti fornire una via di salvezza. In quel momento, era tutto ciò a cui potevo pensare" questa volta fu John a rimanere con la gola secca. Vedere Sherlock con le sue difese abbassate era raro, soprattutto vedere momenti in cui esprimeva le sue debolezze sinceramente e a cuore aperto, era qualcosa che non era mai capitato prima. 
John abbassò lo sguardo ed iniziò a giocare con le maniche della sua giacca, improvvisamente non a suo agio in quella situazione. Sentiva le guance avvampare e non riusciva a capirne il motivo. Il suo cuore batteva troppo velocemente.
Questo era l'effetto che gli faceva Sherlock Holmes. Sarebbe potuta passare una vita intera, e lui sarebbe ancora stato li, con le mani in mano, ad attenderlo, solamente per poi poter sentire il suo cuore correre nel momento in cui i loro occhi si sarebbero incrociati di nuovo.
Così tante volte aveva negato una possibile relazione tra loro due; lo aveva urlato al mondo, lo aveva strillato a chiunque provasse ad insinuare qualcosa, solamente per la paura che se gli altri se ne erano accorti, allora qualcosa di vero ci doveva essere.
Si andò a sedere con passo impacciato, si lasciò cadere su quella poltrona dove aveva passato così tante ore a leggere giornali, scrivere il suo blog, o semplicemente ad ascoltare i pensieri farneticanti di Sherlock.
"Avevi ragione" sussurrò poi, con lo sguardo fisso verso la finestra impolverata. Sherlock lo guardò, e si crogiolò in quel piccolo momento di gioia. Rivedere John al proprio posto, lo faceva sentire completo. Si appartenevano, non potevano essere altrove, se non uno accanto all'altro.
"Lo so, ho sempre ragione" ribatté poi, nascondendo un ghigno. John scosse la testa.
"Non sai nemmeno a cosa io mi stia riferendo, come diavolo pensi di aver ragione?" C'era una punta d’ira nella sua voce, ma era per lo più divertito. 
"Bè, è un dato di fatto, qualsiasi argomentazione da te presentata riguardo qualsiasi materia, non ha alcuna speranza di risultare corretta, soprattutto se in contro risposta ad una mia dichiarazione", John sbuffò.
"Va bene, stai zitto sapientone. In ogni caso, intendevo, hai ragione, mi è mancato tutto ciò," prese un secondo, respiro e poi punto i suoi occhi in quelli di Sherlock, "mi sei mancato tu" sputò fuori tutto d'un fiato, come fosse stato un macigno che teneva da tempo nella sua scarpa e di cui non vedeva l'ora di liberarsi.
Sherlock rimase basito nel sentire quelle parole. Non sapeva cosa rispondere.
"Io, beh, tu, insomma, anche tu.." John si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla porta. 
"Tranquillo, non devi rispondere. Sappiamo entrambi quanto tu sia incapace di provare e tanto meno di esprimere a voce i tuoi sentimenti" e fu allora che Sherlock reagì. Si sentì punto nel vivo da quell’argomentazione. Come poteva John insinuare che lui non provava sentimenti, quando per più di 700 giorni aveva passato ore ad immaginare conversazioni con lui nella sua mente, solamente per tenersi in vita e ricordarsi cosa lo faceva andare avanti. Come poteva permettersi di negare che tra loro c'era qualcosa quando continuavano a incombere situazioni innegabili, quando Sherlock non faceva altro che guardare lui, non faceva altro che sentire quello che John aveva da dire, senza rendere conto ad altri.
Con un passo, sorpassò John, allungò il braccio e chiuse la porta, bloccando l'uscita dell'altro, il quale lo guardò sorpreso.
"Cosa diamine stai facendo?" Chiese contrito, John. 
Non sapeva bene cosa stesse facendo. Situazioni simili, Sherlock non ne aveva mai vissute. Sentiva solo le sue viscere attorcigliarsi in una maniera innaturale, senza riuscire a capirne il perché. Si lasciò trasportare da quella sensazione che gli riempiva la testa, e il petto, inizio a chinarsi sempre di più, fino a che il suo profilo non fu all'altezza di quello di John.
Quello lo stava guardando con gli occhi spalancati. Sherlock percepì che stava trattenendo il respiro, ma nessuno dei due si era ancora mosso; John non si era scansato, e Sherlock teneva le sue labbra sicuramente troppo vicine a quelle di John. I loro nasi si sfiorarono leggermente.
John deglutì, prima di chiedere a Sherlock cosa cavolo avesse in quella testa malata.
E in quel momento, per una seconda volta, non s’interessò di pensare alle conseguenze, si lasciò andare e posò le sue labbra su quelle di John. 

Per un lungo istante, temette che John si allontanasse urlante, e che la loro fine fosse ormai prossima. Rimasero per qualche secondo fermi, con le loro labbra incollate.
Poi Sherlock lascio scivolare le sue mani sulle guance di John, strinse i suoi capelli che s’intrecciarono alle sue dita. Iniziò a baciarlo lentamente, infilando la lingua tra le sue labbra, che all'inizio erano restie a lasciarlo passare. Tirò leggermente i capelli di John che chiuse gli occhi e si alzò in punta dei piedi, schiudendo leggermente la bocca e sfiorando la lingua di Sherlock con la sua.
Rimasero lì, a baciarsi impetuosamente, mentre i loro corpi si avvicinavano sempre di più. Sherlock sentiva il petto di John schiacciato su di lui. Per un po' si sentì come qualsiasi altro essere umano.
Poi finì tutto, all'improvviso. Si guardarono per un secondo, un po' imbarazzati, un po' incerti su cosa dire.
"Pensa quanto sarebbe stato brutto se avessi avuto ancora quei maledetti baffi? Sai che fastidio sentirli addosso e cercare le tue labbra in mezzo a quel cespuglio incolto che ti ostinavi a portare con tanto orgoglio?" Un secondo, e tutto era tornato alla normalità.
 

   
 
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