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Autore: Rugerfred    26/05/2008    1 recensioni
Una torre nera in un pianeta desertico. Cinque piani, per chi?
Genere: Science-fiction, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Ruolo della Torre

La spazionave “Elysa-VDC”, partita in esplorazione dalla colonia spaziale 18, era ormai fuori controllo.

Unico equipaggio, il Comandante volontario Riddler di Franco, non sapeva come gestire la cosa.

In parte perché si era offerto come volontario per il primo viaggio umano in quel settore ancora sconosciuto dello spazio, un po’ perché con l’entrata nel buco nero che aveva inghiottito l’Elysa-VDC, aveva sbattuto la testa e, ora, era senza sensi coricato sul pavimento della spazionave, con un rivolo di sangue che gli scendeva dalla nuca.

Incontrollabile, l’Elysa-VDC si era persa dentro il buco nero e tutto sembrava perduto.

Riddler, ancora a terra, si sveglio e si portò la mano alla nuca, dove aveva sbattuto, ma sembrava tutto a posto, niente perdite di sangue ne ferite.

Tutto sembrava immobile.

Il Comandante diede un occhiata in giro, tutto normale.

Fece uno sforzo, e riuscì a rialzarsi, quasi senza fatica.

Ma non fu il fatto della bassa gravità a impressionare Riddler, bensì fu quando, fuori dall’oblò, vide sabbia.

Sabbia dentro un buco nero? Impossibile.

Doveva essere atterrato da qualche parte, il computer di bordo doveva avere effettuato un atterraggio d’emergenza in qualche modo, doveva esserci una spiegazione alla sua vita miracolata da quella che sembrava una incontrollabile morte certa.

Decise di aprire il portellone, per lo meno per darsi un idea di dov’era finito.

Indossò la tuta spaziale, controllò che il respiratore fosse pieno, aprì il portello, saltò fuori e...

Sabbia. Solo sabbia. Un mare di sabbia.

Ma, guardandola bene, forse non era proprio sabbia. Non normale, perlomeno...

Aveva un colorito arancio-salmone, con una tonalità leggermente grigia, e quel mare di sabbia, non sembrava proprio un mare.

A ben vedere, in effetti, non aveva mucchi di sabbia, o “onde”, o rocce che interrompevano la monotonia di quel paesaggio arancione.

Era come un pavimento di sabbia, preciso, perfetto, quasi come se qualcuno avesse posto quella sabbia granello per granello, ponendola in una posizione precisa, perfetta, indiscutibile.

Poi Riddler alzò lo sguardo da quella monotonia arancione, e vide il cielo.

Uno strano cielo, in effetti, non si vedeva alcun sole, ne stelle. Solo una specie di aurora violacea, senza fine, che andava sempre più scurendo con l’allontanarsi del paesaggio.

Decise di incamminarsi, voleva vedere cosa poteva esserci in quel mondo sconosciuto di apparente perfezione.

Man mano che si allontanava dalla spazionave, il cielo diventava sempre più scuro e viola.

Nemmeno un soffio di vento correva in quella sterminata distesa di sabbia.

Tutto l’ambiente circostante era immobile e muto, persino i passi di Riddler sembrava non causassero alcun rumore o spostamento.

Quando, all’improvviso, all’orizzonte si potè scorgere un punto nero.

E man mano che il Comandante camminava, quel punto nero diventava sempre più vicino, sempre più nitido, e inizio ad assumere una propria forma.

Iniziarono a distinguersi i contorni della nera struttura, longilinea, e stagliata verso il cielo.

E sempre più vicina, ogni passo, si iniziò a distinguere chiaramente.

Era una torre, costruita con mattoni neri, e si potevano vedere chiaramente i cinque piani di cui era composta, e ad ogni piano, una grande torcia accesa era appesa al muro esterno.

Riddler non si chiese cosa ci faceva una torre in quel posto.

Non si chiese perché delle torce accese erano appese, ne perché la torre era costruita solo con grossi mattoni neri.

Non si chiese nulla di tutto ciò e, quando fu davanti al portone della torre, lo spinse con entrambi le mani, e entrò.

Piano terra. Era ormai entrato quando la porta si chiuse dietro di lui.

All’interno del piano terra regnava il buio.

Riddler attese che i suoi occhi si abituassero alle tenebre della stanza, per poter scorgere meglio l’ambiente circostante.

Quando si abituò a quell’oscurità, potè scorgere dei lunghi tavoli, alla quale erano sedute delle ombre.

Le ombre stavano sfogliando alte pile di fogli, con sopra scritti alcuni nomi, Riddler non sapeva in che lingua erano scritti, ma li capiva.

Una voce irruppe dall’alto e affermò:

“Essi sono coloro che cercano pagina dopo pagina errori di stampa, sono coloro che cercano le imperfezioni nel nome, ma essi sono condannati all’oscurità, poiché tra i tanti nomi che traducono, hanno dimenticato il proprio.”

E il silenzio tornò.

L’uomo non capiva cosa stava accadendo, ma vide una scala a chiocciola, dalla quale scendeva uno spiraglio di luce, nell’angolo della stanza e decise di salirla.

Primo piano. Qui una fitta nebbia permeava l’ambiente impediva a Riddler di vedere più avanti dei propri passi.

E all’improvviso, un rumore di passi silenziosi.

Erano delle persone, prive di vesti, alcune con le palpebre cucite, altre con le orecchie tagliate.

E la voce, dall’alto, parlò di nuovo:

“Essi sono coloro che non hanno voluto vedere e sentire, sono i ciechi che credono a quello che vedono, e i sordi che credono a quello che sentono, sono condannati a inseguirsi per le proprie credenze, fino a che i ciechi vedranno e i sordi sentiranno.”

Detto questo, Riddler proseguì verso una scala a pioli vicino al muro.

Ma prima di salirla, si sporse da una feritoia sul muro, e guardò giù.

La fiaccola che doveva trovarsi a livello del piano terra era spenta, e il cielo da viola era diventato nero, e poche stelle rimanevano a vegliare sulla totale oscurità.

Salì la scala con decisione, e arrivò al piano successivo.

Secondo piano. Qui crescevano molti alberi, e l’uomo dovette districarsi tra essi, per proseguire.

All’improvviso, vide alcune persone, dalla pelle fatta corteccia, che rimanevano immobili, attorcigliate da lunghe liane, che pendevano dagli alti alberi che regnavano nella stanza.

Riddler prosegui nella giungla d’alberi e di uomini fatti piante quando la voce dall’alto tornò:

“Essi sono quelli che non hanno saputo interpretare se stessi, siamo tutti costantemente chiamati a interpretare un ruolo, e quando cerchiamo di cambiarlo, è finita, si diventa diversi, le liane della solitudine li stringono e li mutano.”

Riddler proseguì, senza voltarsi indietro, verso una scala di corda ma si fermo davanti a una finestra, si sporse e guardo il paesaggio.

Il cielo era ormai nero, e una fitta nebbia stava salendo le pareti della torre.

La fiaccola che doveva essere al primo piano si era spenta, e la vista al suolo era celata dalle fitte tenebre.

L’uomo salì anche questa scala, e giunse nel terzo piano.

Terzo piano. Qui era come un labirinto di muri di fiamma, un aura rossa di fuoco permeava la stanza, e negli angoli di quei muri di fiamma, delle persone rannicchiate si stringevano il capo, rotolandosi per terra.

E altre persone, ormai incenerite, saltavano attraverso i muri di fiamma, essendo anche loro ormai presi dalle fiamme.

La voce dall’alto non tardò ancora una volta ad arrivare:

“Essi sono coloro che hanno sofferto, sono quelli che hanno fatto soffrire, sono entrambi colpevoli di evitare i sentimenti che loro stessi provano, sono gli amati e gli amanti.”

E Riddler, cercando di non bruciarsi con le fiamme, prosegui, verso una scalinata di pietra, ma prima si fermò, ancora una volta, a osservare fuori attraverso una grata.

E tutto fu nero.

Il nero della disperazione saliva dal basso, ed era arrivato a spegnere la torcia del secondo piano, e saliva avido le nere mura della torre.

L’uomo arrivò al piano successivo.

Soffitta, qui il tetto della torre era crollato, e rovine di tempi antichi circondavano la stanza.

Dagli squarci nel tetto, come cicatrici, si intravedeva non un cielo nero, bensì una forte luce bianca.

Ma nonostante tutta quella luce, la soffitta era buia, e all’angolo della stanza sedeva su uno sgabello un vecchio, dai lunghi capelli bianchi e dalla folta barba.

Riddler si avvicinò cautamente, il vecchio si girò, tese la mano all’uomo e, quando Riddler la afferrò, tutto si fece bianco, e la sua vista si annebbiò, seguita da un onda di buio.....

Documento tratto dal Diario di Bordo del Capitano David Sosso:

Oggi, alle ore spaziali 30:70, nel settore galattico N.9.40 abbiamo ritrovato un astronave abbandonata e ormai in disuso.

Analizzando l’architettura interna e esterna della nave, possiamo dedurre che sia vecchia di circa 1470 anni.

Il reperto verrà portato al museo navale di Grothlan Settimo, sotto scorta di una piccola truppa imperiale di grado Blu.

All’interno della nave, solo i resti di un essere umano della specie Homo Sapiens Sapiens Idaltu Terrenus.

Tale uomo, secondo le analisi del laboratorio mortuario locale, dovrebbe essere morto sbattendo la testa contro un pannello di comando dell’astronave...

Un grazie a Chiara, mio unico amore, e all'Arcanavdc

per una frase importante in questo racconto.

  
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