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Autore: Fae    27/05/2008    4 recensioni
Ha l'impressione di aver appena varcato la soglia di un altro posto, di un'altra vita, qualcosa che non gli appartiene più. Non c'è più niente che parli di casa. Niente che parli di Mary.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jo, John Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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genere  generale, drammatico
rating   giallo (PG13)

personaggi  John Winchester, Mary Winchester, Dean Winchester, Mike Guenther, Missouri Mosely, padre Jim Murphy
pairing  John/Mary nella prima parte
timeline  pre-serie (1977 circa nella prima parte, 1983 nella seconda e terza, 1984 nella quarta e quinta)
spoiler  nessuno rilevante

disclaimer  Supernatural e tutti i personaggi della serie sono © di Eric Kripke e di ogni altro avente diritto.
 
 
 
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CALL IT HOME
 
 
 
"Non posso crederci" sussurra Mary non appena si fermano di fronte al portico, premendosi una mano sulla bocca. "E'… è davvero nostra?"
 
John alza lo sguardo verso il piano superiore, con un sorriso orgoglioso. Il sole tiepido di marzo - tiepido come la mano di Mary ancora stretta nella sua - batte pigramente contro la facciata, inondandola di luce e riflettendosi sui vetri delle finestre.
 
"Non esattamente nostra, ancora" ride. "Ma lo sarà."
"Tu sei pazzo" ribatte Mary incredula, scuotendo la testa. "Avevo solo detto che mi piaceva, non… sei sicuro che possiamo…"
"Avevi detto" precisa "che era perfetta. Che era esattamente quella dove avresti voluto vivere." Si ferma per scrutarla in volto, leggermente divertito. "Non hai cambiato idea, vero?"
"No, oh no, per niente." Mary si passa entrambe le mani tra i capelli, eccitata. "Dio, non so cosa dire."
John le scivola alle spalle e la stringe tra le braccia, posandole un bacio a lato della testa. "Dimmi che mi sposerai."
 
Lei volta appena il collo, quanto basta per guardarlo negli occhi. "Lo sai che lo farò" gli sussurra sulle labbra prima di baciarlo. Lui la stringe più forte, sollevando una mano per scostare una lunga ciocca bionda.
 
"A proposito" comincia, non appena si separano "c'è un'altra cosa che dovresti vedere."
 
Si fruga rapidamente nella tasca, sotto lo sguardo incuriosito di Mary, e ne tira fuori una scatolina quadrata, porgendogliela con un sorriso.
 
"Ecco, so che avremmo dovuto sceglierle insieme, ma quando le ho viste mi sono sembrate… insomma, quelle giuste." Esita per un istante, incerto. "Ma se non ti piacciono, almeno queste possiamo sostituirle."
"Sono perfette." Mary gli restituisce il sorriso, senza smettere di fissare le fedi adagiate l'una accanto all'altra sul velluto bianco.
"Così" scherza, accostandole le labbra all'orecchio "ho definitivamente esaurito i miei risparmi. Sposerai l'uomo più in bolletta dello stato, sei sicura di volerlo fare?"
"Prova a fermarmi" sussurra lei, rilassandosi nel suo abbraccio e chiudendo gli occhi.
 
 
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"John?"
 
La pietra è dura e fredda come ghiaccio sotto le sue dita. John la fissa stordito, incapace di distogliere gli occhi dalle lettere che compongono il nome di sua moglie. Non c'è speranza che una lapide possa ricordarla degnamente, come non c'è speranza che il suo ricordo possa sostituirla. Mary era troppo attaccata alla vita, troppo piena di vita, per poter anche solo immaginare di saperla senza.
 
"John." La voce di Mike gli arriva lontana, quasi ovattata, e gli occorre un attimo per riconoscerla. "Coraggio, andiamo."
"Dove sono i bambini?" domanda senza voltarsi.
"Sono con Kate, non preoccuparti per loro."
 
John si rialza e si passa le mani sul viso, le guance ancora umide, gli occhi stanchi e gonfi sotto le dita.
 
"Non so cosa fare" sussurra, parlando più a se stesso che all'amico. "Non so cosa fare senza di lei."
"Devi farti forza. Devi pensare ai tuoi figli, ora."
"Se solo potessi sapere" continua, gli occhi rivolti alla lapide ma lo sguardo perso nel vuoto. "Se… potessi almeno capire se la colpa è stata mia…"
"Questo non devi pensarlo" lo interrompe Mike, cercando il suo sguardo. "Qualunque cosa sia accaduta, John, tu non avresti potuto fare nulla. Non puoi incolparti per questo, non ha senso. Mary non avrebbe voluto che ti facessi del male così."
 
Una folata d'aria gelida si alza d'improvviso, facendo rabbrividire entrambi.
 
"Ascolta, perché non venite a stare a casa nostra per qualche tempo?" propone Mike.
L'altro si volta a fatica verso di lui. "Sei gentile, ma non so se…"
"E' stata Kate a dirmi di chiedertelo" lo anticipa, prima che possa continuare. "Hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di Dean e Sam. Non essere testardo come al solito, lascia che ti aiutiamo, almeno per un po'."
John riflette per un istante, poi annuisce lentamente. "Ti ringrazio."
 
 
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"Non è più entrato nessuno qui dentro?"
 
John prende un profondo respiro, guardandosi attorno. Ha l'impressione di aver appena varcato la soglia di un altro posto, di un'altra vita, qualcosa che non gli appartiene più. Non c'è più niente che parli di casa. Niente che parli di Mary.
 
"Solo la polizia" risponde con voce atona. "Io non ci sono più venuto, dopo quella notte."
"Capisco" annuisce gravemente Missouri. Allunga una mano accanto a sé, indugiando con le dita sul muro, un'espressione concentrata a segnarle il volto. "E non sono stati di grande aiuto, da quanto mi hai raccontato."
 
John segue la direzione del suo sguardo. Sulla parete impolverata e annerita dal fumo è ancora appeso un orologio, scampato al fuoco ma con le lancette ferme - immobili, come tutto il resto - sulle sette meno venti.
 
"Non hanno saputo dirmi nulla. Parlano di un corto circuito ma non sono riusciti a individuarne l'origine, continuano a imputare la mancanza di prove certe alla gravità dell'incendio." I suoi occhi corrono istintivamente alle scale che raggiungono il piano superiore. "Sanno solo che è iniziato dal soffitto, e non sanno capirne il perché."
"Lo credo bene" commenta sarcastica la giovane sensitiva, percorrendo la stanza con un'occhiata. "Non hanno la minima idea di cosa sia entrato in questo posto."
"E'… come credevo, allora?"
"Non c'è dubbio." Lo guarda negli occhi, mortalmente seria. "Qualunque cosa sia stata, non è umana. E non è niente di buono."
"Che cos'è?" chiede immediatamente lui.
"Non so dirlo. Devo vedere il resto della casa, prima."
 
John le fa strada verso le scale e la precede lungo i gradini. Li sale uno alla volta, lentamente, quasi temesse di vederli cedere sotto i suoi piedi e scomparire.
 
"Sei sicuro di volerlo fare?" domanda lei, leggermente incerta. "Posso salire da sola, se tu non…"
"No" la interrompe. Prende un altro respiro e chiude gli occhi per un secondo, imponendosi di non tremare. "No. Voglio esserci anch'io."
 
 
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"Sei il più cocciuto figlio di puttana che abbia mai visto, John Winchester."
 
La porta sbatte con un rumore secco, sfuggendo di mano all'uomo mentre la richiude nervosamente. La piccola canonica, illuminata solo dalla luce di una lampada appoggiata sul tavolo ingombro di libri, è deserta a quell'ora della notte.
 
"Farei attenzione se fossi in te, padre" lo canzona John con un sorriso beffardo. "Non credo siano parole adatte a un uomo di Dio."
Padre Jim ignora volutamente il sarcasmo della frase e sospira. "Ti sto solo chiedendo di pensare a cosa sia meglio per tutti voi" comincia, in tono ragionevole. "Se lasciassi Dean e Sam qui, o se li affidassi a qualcuno che…"
"Dean e Sam resteranno con me" lo interrompe l'altro, perentorio. "Separarci è fuori questione."
 
Prima che l'uomo possa replicare, John scosta rumorosamente una sedia e vi si lascia cadere.
 
"Non toglierò loro l'unica famiglia che ancora hanno. Non toglierò a Sammy l'unica famiglia che potrà mai conoscere." Alza gli occhi, tristi e decisi allo stesso tempo, verso quelli davanti a lui. "E' la mia guerra, Jim. Lascia che la combatta a modo mio."
"La tua guerra?" ribatte il sacerdote. "Hai idea di quante persone come te ho conosciuto? Di quanti passano la propria vita a combattere il male, di quanti innocenti sono morti?" Si interrompe per avvicinarsi all'altro, senza smettere di sostenere il suo sguardo. "E' la guerra di tutti loro, John. La guerra di tutti noi."
"E tu vorresti che mi arrendessi?" esclama John furiosamente. "Perché è questo che vorrebbe dire vivere lontano dai miei figli. Vorrebbe dire farmi portare via l'unica cosa che mi è rimasta."
"Vorrei soltanto che ti lasciassi aiutare."
 
Un rumore improvviso interrompe la conversazione, facendo voltare entrambi gli uomini verso la finestra. Pochi istanti dopo, il ramo di uno degli alberi del cortile della chiesa crolla a terra, spezzato dal vento che continua a infuriare.
 
John resta senza parlare per un poco, lo sguardo rivolto oltre il vetro. "Prudenza, quindi?" domanda poi in tono amaro. "E' questo che mi consigli?"
Padre Jim esita qualche attimo prima di rispondere. "Speranza" replica a voce bassa. "Di questo avresti bisogno."
"Non ne ho più di speranza, Jim. Forse per questo non ho paura." C'è un istante di silenzio. "Non ho più niente in cui sperare."
"Tranne i tuoi figli."
"Tranne loro, sì." John torna a guardarlo, nient'altro che una cieca risoluzione, questa volta, a brillargli negli occhi. "Per questo non li abbandonerò. Impareranno a combattere, impareranno a difendersi. Perché ti giuro" si ferma per un istante, fissando le iridi dell'altro "che finché io sarò vivo, nessuno li toccherà."
"Ma non avranno un posto da poter chiamare casa." Padre Jim gli si avvicina di nuovo, appoggiandogli gentilmente una mano sulla spalla. "Pensaci, è questo che Mary avrebbe voluto per loro?"
 
Le dita di John si stringono istintivamente attorno alla fede che ancora gli circonda l'anulare.
 
"Quello che Mary avrebbe voluto non posso più darglielo. Non posso, senza di lei" sussurra dopo un attimo, la voce leggermente incrinata. "Ma so che avrebbe voluto vederli crescere. Avrebbe voluto vederli vivi." Inspira profondamente, sollevando la testa. "Questo è tutto ciò che posso fare."
 
 
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"Papà."
"Sì?"
"Quando andiamo via da qui?"
 
Dean è seduto allo scrittoio della stanza d'albergo, impegnato a svuotare un piccolo portafoglio di tela trovato chissà dove dalle poche monete che contiene. John, seduto sul letto accanto a Sam - avvolto in una coperta ed immerso in un sonno agitato - alza lo sguardo su di lui e inarca un sopracciglio.
 
"Perché me lo chiedi?" domanda.
Il bimbo si stringe nelle spalle. "Non mi piace" sussurra senza alzare gli occhi.
"Sai che non voglio capricci, Dean" lo ammonisce John, e Dean resta in silenzio per un attimo.
"Neanche a Sammy piace" aggiunge piano subito dopo. "Continua a piangere, di notte."
 
John osserva suo figlio, lo sguardo ostinatamente rivolto al piano di legno mentre traffica con le monete sotto le sue dita. Le muove rapidamente ammucchiandole da un lato e poi dall'altro, le dispone in gruppetti a seconda della grandezza. Infine le impila in una torre, pareggiandola con le mani per farla stare in equilibrio.
 
"Vorresti tornare a casa?" gli chiede a bassa voce, dopo un po'.
Dean solleva la testa, guardandolo per la prima volta. "La nostra casa è bruciata."
"Lo so. Ma vorresti tornarci?"
La torre, spinta con un gesto secco della mano, crolla improvvisamente sul tavolo in un tintinnare di metallo. "No" dichiara scuotendo la testa, la voce che trema appena. "Non voglio tornarci più."
 
John rimane a fissare le monete che ancora ruotano piano contro il legno, fino a quando il rumore cessa e nella stanza c'è di nuovo silenzio.
 
"Dean, vieni qui" chiama, battendo leggermente con la mano sul materasso. Il piccolo scende dalla sedia e si getta sul letto fino ad arrivare sull'altra sponda, e John lo solleva tra le braccia sistemandolo a sedere sulle proprie ginocchia. "Ascolta" comincia, guardandolo negli occhi. "Anche se non viviamo più nello stesso posto, questo non vuol dire che non siamo più una famiglia." Si ferma per un istante, dandogli il tempo di assorbire le sue parole. "Dovunque andremo, finché saremo tutti e tre insieme, quella sarà sempre casa nostra. Hai capito?"
 
Dean annuisce, fissando il fratellino addormentato. "Allora" sussurra dopo un attimo "promettimi che staremo insieme sempre."
 
John esita per un istante, poi si sforza di sorridergli. "Staremo insieme sempre" dichiara, abbracciandolo stretto.
 
 
 
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credits/ispirazioni  titolo da Northern Downpour dei Panic at the Disco.

Scritta per la terza Disfida di Criticoni, che prevedeva di ispirarsi nella stesura a una serie di prompt di vario genere:
 
1) le fedi che John mostra a Mary erano raffigurate in questa immagine.
2) la frase 'Mary era troppo attaccata alla vita, troppo piena di vita, per poter anche solo immaginare di saperla senza' è ispirata alla citazione di Fabrizio de André 'Chi bene condusse sua vita male sopporterà sua morte'.
3) l'orologio fermo sulle sette meno venti era raffigurato in questa immagine.
4) la frase 'Non ne ho più di speranza, Jim. Forse per questo non ho paura. Non ho più niente in cui sperare.' è ispirata al proverbio 'Dove non c'è la speranza del bene, non entra la paura del male'.
5) il portafoglio con le monete con cui gioca il piccolo Dean era raffigurato in questa immagine.
6) l'intera storia ed il concetto intorno a cui ruota (ovvero quello di casa) sono ispirati alla canzone Domo mia dei Tazenda.
 
Molti particolari, inoltre, si rifanno al diario di John pubblicato sul sito ufficiale della serie (e che può essere quindi considerato canon).

Per la cronaca, sono arrivata nona su dodici :P però la media dei voti non è male e a me questa storia piace comunque, quindi sono soddisfatta così. Mediterò se ampliarla un poco, come mi è stato consigliato, ma in ogni caso non credo succederà tanto presto :D


risposte alle recensioni  rispondo sempre, qui in fondo alla storia: quindi se recensite (pliz? é_è) poi ripassate a leggere la risposta, se vi va :P

JenJM: puoi squeeare eccome, un FC è sempre un FC è_è/ *le dà bandierina da sventolare* e io sono ridicolmente felice che questa robina abbia portato all'account nuovo, sappilo <3 COUGH e aspetto di vedere taaante belle versioni italiane presto, così potrò pimparle in giro COUGH Comunque, che dire ;_; io sono convinta di non meritarmi tanto, visto che subito dopo averla pubblicata sono andata in 'AGSFHGGDHRIPETIZIONISCHIFEZZECOSEDETTEMALEOMGDNW' mode ù_ù ma ti ringrazio tantotanto perchè <3 tu sai quanto vale il tuo giudizio per me <3 soprattutto se si parla di John <3 *se la abbraccia e stritola tutta* Luvya :*
Nike87: di certo l'amore di John per la sua famiglia era una cosa che volevo far trasparire, sì ;_; volevo sottolineare come nonostante le scelte discutibili che ha fatto (e ne ha fatte) sia sempre stato il desiderio di proteggere i suoi figli a spingerlo ad agire ;_; Thanks <3
Scarlett89: che bello, ti ringrazio ;_; John non è affatto un personaggio facile e sono sempre un po' in ansia nello scrivere di lui :o Un bacio :*
Selina: sì, è questo che rende John così bello da scrivere, sai ;_; è un personaggio controverso, drammatico, che fa scelte estreme ma le fa sempre e comunque per amore dei figli, anche se questo non le rende meno estreme. Solo che queste stesse caratteristiche lo rendono anche assai difficile da gestire :o Per cui ti dico di nuovo grazie, sono felice che questa storia in particolare sia ben riuscita <3
  
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