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Autore: Magica Emy    05/01/2014    1 recensioni
Già, il mio Cri Cri adorato odia i cambiamenti, lo hanno sempre spaventato un po’, e poi…si, devo ammetterlo, adoro quella sua aria da cucciolo smarrito mentre si aggira per casa chiedendosi cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto questo…il solito esagerato. Ma che posso farci? È fatto così, ed è anche per questo che sono pazza di lui...
Seguito di "Une nouvelle vie"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sfioro con le dita la metà del letto rimasta vuota, che ha ancora il suo profumo. Se ne è andato da appena un giorno e già mi manca terribilmente, vorrei tanto che fosse qui e mi dicesse che andrà tutto bene, che non rimarremo a lungo separati perché lui tornerà presto e ricominceremo da dove abbiamo interrotto. Senza più paure, senza minacce di alcun tipo a ledere la nostra serenità e quella dei bambini. Solo noi, senza più alcuna interferenza. Ma so che ci vorrà del tempo prima che le cose tornino a posto, così cerco di farmi forza tenendo la mente impegnata il più possibile e attraverso le piccole cose di ogni giorno, come preparare la colazione per tutti, accompagnare i bambini a scuola e fare provviste per la casa prima di andare al lavoro. Ma proprio mentre di ritorno dal supermercato cerco velocemente di mettere a posto la spesa l’improvviso suono del campanello mi fa trasalire, costringendomi a interrompere le mie faccende quotidiane per andare ad aprire la porta. Anche se vorrei non averlo mai fatto. Fermo sulla soglia, infatti, tutto scarmigliato e con gli occhi spiritati, mio fratello mi sta guardando con espressione da pazzo e prima ancora che riesca a emettere suono mi spinge via con decisione, entrando in casa come una furia e guardandosi attorno con aria minacciosa, tanto da riuscire immediatamente a spaventarmi.

- Dov’è? Dove diavolo si nasconde?

Urla a polmoni spiegati e la sua voce mi ferisce le orecchie mentre passa velocemente in rassegna ogni angolo della casa e io lo fisso a bocca aperta, senza capire.

- Roy, vuoi per favore darti una calmata e dirmi di cosa stai parlando?

Gli chiedo, accorgendomi solo vagamente di aver alzato la voce più di quanto intendessi fare, ma non mi importa. Non sopporto intrusioni di questo tipo in casa mia, nemmeno se si tratta di mio fratello.

- Di quel maledetto tossico di merda, ecco di chi sto parlando – esplode, pieno di rabbia – avanti, di’ a quel bastardo di smetterla di nascondersi da me e venire immediatamente fuori, o giuro su Dio che non risponderò delle mie azioni!

Continua a gridare, senza sosta, rosso in viso e agitato  come non mai mentre corre da una parte all’altra della stanza, salendo di corsa le scale per andare al piano di sopra e tornando giù subito dopo per raggiungermi con un balzo mentre mi afferra per le braccia, scuotendomi con forza e facendomi sussultare ancora una volta.

- Dov’è, dove cazzo lo hai nascosto quel dannato figlio di puttana?

- Smettila di sbraitare – esclamo esasperata, liberandomi della sua presa con uno strattone e indietreggiando istintivamente di qualche passo – Christian non è qui e faresti meglio a darti una calmata, perché non ti dirò dove si trova!

- E tu faresti meglio a smetterla di proteggerlo in questo modo – replica senza perdere un colpo, incenerendomi con lo sguardo – non capisci quello che sta facendo? Quell’uomo ti sta rovinando la vita, la sta rovinando a tutti quanti, anzi, lo ha già fatto! Ha ucciso mio figlio, minacciato te e la mia fidanzata e distrutto la mia famiglia, e tu non dovresti continuare a prendere le sue difese perché così fai soltanto il suo gioco! Non gli permetterò di continuare a fare del male a te e ai bambini, quel bastardo non deve nemmeno più avvicinarsi ai miei nipoti o lo ammazzo con le mie mani! Giuro su Dio che lo ammazzo con le mie stesse mani!

- Basta così – grido, fuori di me, dimenticandomi totalmente della porta d’ingresso ancora aperta davanti a noi – non ti permetto di intrufolarti in casa mia in questo modo e venirmi a fare una simile scenata! Sei sconvolto Roy e lo so, capisco benissimo che tu ne abbia tutte le ragioni, ma cerca di calmarti! Devi calmarti, adesso!

- Non ci penso nemmeno, e non starò a sentire le tue stronzate! Farò a modo mio, lo cercherò anche in capo al mondo se necessario, ma stavolta non la passerà liscia! Ti avverto Johanna, ti conviene non mettermi i bastoni fra le ruote o te ne farò pentire amaramente!

Ribatte e con queste parole esce di casa a grandi passi, senza nemmeno curarsi di richiudere la porta e lasciandomi lì, sopraffatta da quella orribile sfuriata mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime cocenti che, per quanti sforzi faccia, non riesco proprio a trattenere. Dovevo aspettarmela una reazione del genere da lui, ma non so perché ho sperato fino all’ultimo che niente di tutto questo sarebbe successo. Che le cose sarebbero andate diversamente, che lui avrebbe capito e…oh, ma chi voglio prendere in giro? Lui e Laly hanno appena perso il loro bambino, e stanno soffrendo terribilmente. Questo per Roy rappresentava l’inizio di una nuova vita, la possibilità di avere finalmente una famiglia. Una famiglia che forse ha sempre sognato e che adesso gli è stata strappata via all’improvviso e prima che potesse rendersene conto, facendolo piombare in una cieca disperazione che nessuno sembra in grado di placare. Mi dispiace tanto per loro, non sopporto di vederlo in questo stato e mi sento così in colpa verso Laly. Non avrei dovuto aprirle la porta quella mattina, non avrei dovuto lasciarla entrare. Christian non stava ragionando, e…Dio, che stupida che sono. Ma non devo preoccuparmi, Roy non saprà mai dove si trova e non potrà fargli del male, la sua era solo una minaccia priva di fondamento. E se…

Mi prendo la testa fra le mani e sento che tutta la tensione accumulata solo pochi minuti prima si sta sciogliendo teneramente facendomi crollare in ginocchio, d’un tratto priva di forze, e mi accorgo solo vagamente che due braccia robuste ma gentili mi sollevano di peso, rimettendomi lentamente in piedi.

- Johanna, che succede? Stai bene?

Mi chiede una voce preoccupata e quando rialzo lo sguardo mi ritrovo faccia a faccia con Charles, che mi sta fissando con espressione allarmata.

- Che…che cosa ci fai qui, e come hai fatto a entrare?

Esclamo, guardandomi attorno confusa e ignorando la sua domanda, anche se lui sembra intenzionato a non mollare tanto facilmente.

- La porta era aperta – dice infatti senza scomporsi – e ho sentito gridare, così ho lasciato le mie valige fuori e mi sono precipitato qui per assicurarmi che fosse tutto a posto. Sono appena tornato dal viaggio di cui ti avevo parlato, sono stato a trovare i miei genitori, ma…dimmi di te piuttosto, che cosa sta succedendo, e perché stai piangendo?

D’un tratto sento di non riuscire più a reggere oltre e il suo sguardo è così limpido e sincero, la sua espressione così aperta e rassicurante che ben presto mi ritrovo a singhiozzare fra le sue braccia, finendo così per raccontargli tutto ciò che è successo in sua assenza e lasciandolo di stucco.

- Sono addolorato da questa brutta situazione – dice dopo un lungo momento di silenzio, quando dopo esserci seduti sul divano mi prende la mano, stringendola forte tra le proprie in un tenero gesto di conforto – e mi dispiace tanto che tu sia stata costretta a subire tutto questo, non te lo meriti proprio, ma vedrai che presto le cose si sistemeranno in meglio. Tuo marito starà bene e tornerà presto da te, ne sono convinto. Intanto, se c’è qualcosa che posso fare…qualunque cosa, davvero, non esitare a chiedermelo. Voglio che tu sappia che ci sarò sempre per te e i bambini, perciò…

- Ti ringrazio – lo interrompo, facendogli un debole sorriso e asciugandomi le lacrime – è davvero molto importante per me e lo terrò presente, ma sto bene adesso, davvero. Non devi preoccuparti. È stato solo un momento di sconforto, ma è già passato.

Ricambia il mio sorriso e mi abbraccia affettuosamente prima che lo accompagni alla porta, e solo allora mi accorgo di essere terribilmente in ritardo per il lavoro. Quando raggiungo l’ufficio resto moto sorpresa di trovare Laly seduta alla sua scrivania che firma documenti come se fosse la cosa più naturale del mondo, ma quando rialza lo sguardo i suoi occhi arrossati mi provocano una stretta al cuore che non riesco a ignorare. Vorrei che mi parlasse, che tirasse fuori l’immenso dolore che prova, ma quando apro la bocca per dire qualcosa lei mi zittisce con un gesto della mano, l’espressione seria, le labbra serrate in una linea dura e ostile, il corpo rigido e in tensione. Come fosse sul piede di guerra. Non riesco nemmeno a immaginare come si senta, cosa pensi di me o di Christian adesso e quali saranno le sue prossime reazioni, ma sono sicura che non le faccia bene continuare a tenersi tutto dentro in questo modo. Non è salutare, non nelle sue condizioni, anche se il fatto che sia tornata subito al lavoro dimostra la sua tenacia e la voglia di lasciarsi alle spalle tutta questa brutta storia. Trascorriamo il resto della giornata a lavorare fianco a fianco, senza dire una parola, e anche se non voglio forzarla in alcun modo spero davvero che un giorno possa riuscire a perdonare me ma soprattutto Christian per quello che è successo, proprio come ci sono riuscita io. Anche se so che non sarà affatto facile.

Quella sera, dopo aver sparecchiato la tavola e mandato a letto i bambini mi accorgo della piccola spia rossa che lampeggia sul telefono, segno evidente della presenza di messaggi in segreteria. Premo così distrattamente il tasto corrispondente e immediatamente la voce di Christian riempie la stanza, provocandomi un’intensa emozione difficile da descrivere.

“Johanna, tesoro, ma dove sei? Muoio dalla voglia di sentirti ma il tuo cellulare risulta spento da questa mattina, e in ufficio non sono riuscito a prendere la linea così ti ho lasciato un messaggio a casa. Spero che tutto proceda per il meglio anche senza di me, e che tu e i bambini stiate bene. Di’ loro che papà li pensa sempre e che non vede l’ora di tornare a casa per abbracciarli forte. E laly, lei sta bene non è vero? Ti prego, ho bisogno di sapere che lei e il piccolo sono al sicuro. Qui tutto bene, anche se mi manchi tanto e spero di poterti parlare al più presto. Magari domani. Ti amo.”

Sospiro profondamente, trattenendo a stento le lacrime e imprecando sottovoce quando mi accorgo che il mio cellulare è spento. Cavolo, che sbadata, come ho fatto a dimenticare di caricarlo? Me ne sono andata in giro per tutto il giorno con il telefono fuori uso, si può essere più stupidi di così? Sbuffo, poi mi affretto a metterlo in carica e lo accendo, componendo il suo numero e picchiando freneticamente sui tasti come se sferrassi delle pugnalate, prima di sentire la sua voce registrata che mi invita a lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.

“Amore mio” comincio con voce incerta “mi dispiace tanto di aver perso le tue chiamate, ma devi sapere che tua moglie è una vera cretina perché oggi ha dimenticato di ricaricare la batteria del telefono, perciò…questo è il risultato. Accidenti, odio doverti parlare in questo modo e spero di poter sentire presto la tua voce. Qui va tutto…”

Mi blocco all’improvviso, deglutendo nervosa. Non posso dirgli di Laly, non posso addolorarlo con questa terribile notizia perché so che ci starebbe male da morire. Non si riprenderebbe più ed è ancora così fragile che…no, non posso. Non adesso.

“Va tutto benissimo” continuo, cercando di imprimere convinzione alla mia voce “non devi preoccuparti di niente, pensa solo a rimetterti e tornare presto, io e i bambini ti aspettiamo con ansia. Anche tu mi manchi tanto e non vedo l’ora di poterti riabbracciare. Ti amo, ti amo da morire, non dimenticarlo mai.”

 

   
 
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