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Autore: ringostarrismybeatle    05/01/2014    1 recensioni
“Allora non lo sai. È brutto dover essere la persona che te lo dice. Non so se lo dirò nel modo giusto.”
“Dai, mi stai facendo preoccupare. Parla.”
George rialzò gli occhi su di lui. Paul si accorse che erano lucidi. Qual era il problema?
“Ehi. Stai piangendo?”
“Paul. Ieri sera un pazzo ha sparato a John.”
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, Paul McCartney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Paul si avvicinò sorridente alla porta. Qualcuno aveva bussato qualche secondo prima. Chi poteva essere a quell’ora? Erano solo le nove e mezza, e per quel giorno non ricordava di avere impegni. Ma non era per niente scocciato dall’interruzione, anzi. Era decisamente di buon umore.

“Ciao, amore!”

Sulla porta, Paul salutò George calorosamente. Il ragazzo non rispose, ma si limitò ad entrare quando il più grande prese la sua mano. I suoi occhi non promettevano nulla di buono, ma Paul era troppo allegro per accorgersene. Prese il suo viso tra le mani, baciandolo dolcemente più volte. Il compagno provò a rispondere, ma dopo qualche secondo chiuse gli occhi violentemente, distaccandosi da lui.
Paul non capiva. Cosa poteva essere successo? Quella sembrava la giornata perfetta. Il Natale si stava avvicinando, e solo Dio sapeva quanto Paul amasse le festività. Certo, da quando John lo aveva lasciato non era più lo stesso. Ma ora aveva George. Se John preferiva passare il proprio tempo con quella maledetta donna, poteva benissimo farlo. E poi il suo ultimo album da solista era appena uscito. Cos’altro poteva desiderare?

“Paul, devo dirti una cosa.”

Ma lui cercò di non dargli ascolto. Non avrebbe rovinato quel giorno.

“Parliamo dopo, va bene?”

Sorrise maliziosamente, passando le mani sul petto di George e cercando di aprire la sua camicia. Ma neanche stavolta ci fu nulla da fare. Dopo appena due bottoni, il più giovane si staccò da lui, tornando di corsa a coprirsi.

“No, Paul. Dobbiamo parlare adesso. È importante.”

Il suo tono era serio, ma non come i suoi occhi. Paul poteva giurare di non averli mai visti così duri. E se George non cedeva ai suoi tentativi di portarlo a letto, allora doveva essere successo qualcosa.

“Paul.”
“E va bene, parliamo. Cosa c’è?”
“No, non qui. Andiamo in cucina.”

Paul non capì, ma lo assecondò. Ora George gli stava sembrando davvero strano. Arrivarono in cucina, ma Paul rimase in piedi, accendendosi una sigaretta.

“Siediti.”
“Sto bene in piedi, grazie.”
“Cazzo, vuoi sederti?”

Paul lo guardò a bocca aperta. Mai aveva provato ad alzare la voce con lui in quel modo.

“Geo, stai calmo. Mi siedo. Vuoi dirmi che c’è?”
“Non è facile.”
“Che c’è, mi hai tradito?”

Paul aggiunse una risata sarcastica. Ma quello era il primo pensiero che si formava nella sua mente quando qualcuno dove dire qualcosa di importante. Non che George l’avesse mai tradito. Ma con John era stato costretto a sentire quella frase.

“No. Non ti preoccupare di questo. Non c’entra nulla.”
“E allora?”

George abbassò lo sguardo, iniziando a contorcere nervosamente le mani.

“Cazzo, non è facile. Non lo è per niente. Pensavo lo sapessi, ma sembra proprio di no. A meno che tu non sia sotto qualche acido.”
“Geo, lo sai che non li prendo più da cinque anni.”
“Allora non lo sai. È brutto dover essere la persona che te lo dice. Non so se lo dirò nel modo giusto.”
“Dai, mi stai facendo preoccupare. Parla.”

George rialzò gli occhi su di lui. Paul si accorse che erano lucidi. Qual era il problema?

“Ehi. Stai piangendo?”
“Paul. Ieri sera un pazzo ha sparato a John.”

 Gli occhi di Paul cercarono subito quelli del compagno, ma lui abbassò la testa e non gli permise di rialzargliela. Il cuore del più grande iniziò ad accelerare i propri battiti. Poteva sentirli non solo nel petto, ma anche nel collo, nelle orecchie. Nel silenzio della stanza anche George avrebbe potuto accorgersene.

“Ma che cosa stai dicendo?”
“Ieri sera, di fronte a casa sua. Lui stava rientrando con Yoko, quel matto si è avvicinato e gli ha sparato.”

Lo sguardo di Paul si spostò a terra su un punto indefinito. Rimase qualche secondo in silenzio, ma poi tornò a parlare.

“Povero John. Mi dispiace.”
“Questa è la tua reazione?”
“Beh, sì. Cosa dovrei dire? Mi dispiace, dovrò andarlo a trovare in ospedale, anche se significherà arrivare fino a New York.”

George lo guardò incredulo, con le lacrime che lentamente iniziavano a scendere dai suoi occhi. Davvero non aveva capito? Eppure pensava di essere stato abbastanza chiaro.

“Non.. Non puoi andarlo a trovare.”
“Perché no? Voglio solo vedere come sta. Pensavo volessi venire anche tu.”
“Paul.. Hai frainteso..”
“Cosa?”

George singhiozzò rumorosamente, coprendosi il viso con le mani. Paul non capiva. Cos’era tutta quella disperazione? Sì, capiva che il compagno potesse essere spaventato, ma stava decisamente esagerando. Dove poteva averlo colpito? Su una gamba, su un braccio..

“Geo. Lui sta bene, vero?”

George non ce la fece a rispondere. Continuò a piangere con il viso coperto, senza dare spiegazioni. Fu in quel momento che Paul si preoccupò seriamente.

“Geo. Come cazzo sta?”

Il più piccolo alzò gli occhi su di lui, guardandolo senza parlare. Paul si mosse di scatto, alzandosi da lì e allontanandosi leggermente da lui. Lo guardava con distacco, con il respiro affannato dai continui battiti e quasi con paura. Cosa doveva dirgli? Non poteva essere successo qualcosa a John. No, non era possibile.

“Dimmi che ce la farà.”
“Paul..”
“Dimmelo!”

George si appoggiò con un gomito sul tavolo, reggendo la propria testa che stava ora risultando troppo pesante. Infine lo guardò, con gli occhi più tristi che avesse mai sfoggiato in tutta la sua vita.

“È morto.”

Paul si sentì trafitto. Forse da cento lame, forse da mille. Sentì il cuore esplodere nel petto. Le gambe tremavano sempre di più, stavano per cedere. Non riusciva a parlare, non riusciva quasi più a respirare. Aveva il respiro corto, troppo corto. Le lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi senza che se ne accorgesse o senza che lo desiderasse. Era come se il suo corpo e la sua anima si fossero distaccate. Non rispondevano più l’uno all’altra. Fu l’unico momento della sua vita in cui si sentì davvero di morire. E a quel punto cosa importava? Vivere così non aveva senso. Almeno, se fosse morto, avrebbe raggiunto John. Il suo John. Quello stronzo che lo aveva fatto soffrire. Quel John che conosceva da sempre, e che ora non c’era più. Non era possibile.
George osservò tutte le sue mosse. I suoi occhi erano increduli, si voltavano da una parte all’altra della stanza mentre il corpo restava immobile. Cercavano un aggancio, cercavano qualcosa a cui appigliarsi per non cadere in una tristezza che sarebbe durata per sempre.
George sapeva. George lo avvertiva. Paul non lo amava come aveva amato John, e mai lo avrebbe fatto. Più volte aveva detto di amarlo allo stesso modo, ma lui non credeva a quelle parole. Il modo in cui Paul e John si amavano andava oltre ogni cosa. Era semplice come respirare, era naturale come vivere. Ecco, la loro vita era l’amore che provavano l’uno per l’altro. I loro giorni erano costruiti su quel sentimento puro, e non c’era bisogno di sforzarsi per provarlo. Era venuto naturale dalla prima volta in cui si erano visti. Non importava che George e Paul fossero stati insieme per nove anni, mentre con John fossero riusciti a durarne solo cinque, tra addii e ritorni. George poteva amare il suo compagno come faceva John, ma Paul non avrebbe mai ricambiato allo stesso modo.

“Cosa cazzo stai dicendo?”
“Mi dispiace.”
“George, cosa cazzo stai dicendo?”
“È stato un trauma anche per me.”
“Tu non capisci.”
“Pensi di capire meglio di me solo perché sei innamorato di lui? Ti sbagli. Era il mio migliore amico.”

Paul lo guardò ferocemente negli occhi, vedendolo alzarsi.

“Io non sono innamorato di lui.”
“No? A me sembra di sì. Ho visto la tua faccia.”
“Cosa avrei dovuto fare? Essere felice?”
“Non essere stupido. Anch’io ho sofferto molto, ma la tua espressione diceva tutt’altro.”
“Ah, sì? E cosa avrebbe voluto dire?”

George mantenne lo sguardo su di lui, sempre più duramente.

“Che vorresti che non fosse troppo tardi. Che faresti qualunque cosa perché fosse ancora vivo, per tornare da lui e dirgli quello che provi.”
“No, non è vero. Io non provo nulla.”
“Tu lo ami, Paul. È inutile negarlo, lo so! Non potresti mai amare me come ami lui, e se fosse possibile scambieresti i nostri posti adesso!”

Paul non poteva sentire tutte quelle cazzate. Non ce la faceva più. Chiuse di scatto gli occhi, colpendo George sul viso con tutta la potenza possibile. Lo schiaffo fece girare il suo viso da un lato, mentre le lacrime continuavano a scendere sulle sue guance.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre Paul cercava di pensare a ciò che aveva fatto e di regolarizzare il proprio respiro. No. Non lo amava. Non amava più John da quando lui lo aveva abbandonato. Cazzo, George mentiva. Non sapeva nulla. Non capiva cosa doveva significare per lui la morte di John. Avevano condiviso qualcosa che nessuno, nessuno al mondo avrebbe mai potuto capire.
George rialzò il viso, toccandosi una guancia. Sullo zigomo che Paul aveva colpito con la mano sinistra era comparso un livido, mentre il resto della guancia era rossa. Sentì dolore appena sfiorò la parte più scura, imprecando più volte nella propria mente. Ecco cosa provocava in Paul il solo pensiero di John. Avrebbe ucciso per lui. Per questo non si era fatto problemi a picchiarlo. Il compagno che da nove anni cercava di aiutarlo, di esserci sempre per lui, di amarlo come nessun altro al mondo. Ma evidentemente non era ciò che Paul cercava. No. Paul cercava solo John.

“Mi hai confermato ciò che già sapevo. Non basta uno schiaffo per cancellare le convinzioni che ho. Ti conosco, meglio di chiunque altro. Meglio di te stesso. Ma forse non ti conosco come ti conosceva John. Perdonami.”

Conosceva? No, perché George parlava al passato? Paul non poteva ancora crederci, non voleva crederci.

“Ho cercato di fare qualunque cosa per te. Non è bastato per fartelo dimenticare.”
“Non è così, lui non contava più nulla per me.”
“Smettila di mentire a te stesso. Sai meglio di me come stanno le cose. Tu lo amerai per sempre, anche ora che non c’è più.”

Paul si portò le mani alle tempie. Il solo sentire quella frase aveva fatto girare violentemente la sua testa. Non poteva essere vero. Doveva essere una giornata indimenticabile. E in realtà lo sarebbe stata, ma in senso negativo. Per tutta la sua vita.

“Vattene, George.”

Il compagno lo guardò, incredulo. Non voleva lasciarlo da solo in quel momento. Avrebbe potuto fare qualunque cosa.

“Cosa?”
“Vattene!”

Paul aveva provato a rimanere calmo, ma non ci era riuscito. Voleva restare solo, non voleva parlare con nessuno. Tantomeno litigare con George. Cadde in ginocchio a terra, dopo aver gridato al compagno di andare via. Pianse tutte le proprie lacrime lì, davanti a lui. Sì, perché nonostante Paul gli avesse detto di andarsene, lui era rimasto. Come sempre.
Si inginocchiò davanti a lui, abbracciandolo dolcemente e stringendolo al proprio petto. Paul ricambiò l’abbraccio con tutte le forze che gli erano rimaste. George poteva aiutarlo molto in quel momento, ma sapeva di avere anche bisogno di restare solo.
Per qualche minuto rimasero lì, a terra, scambiandosi qualche tenero bacio per cercare di farsi forza. Poi Paul chiese al compagno di lasciarlo solo per un po’. George non era d’accordo, ma capì il suo bisogno.
Una volta solo in casa, Paul cercò di calmarsi. Si alzò lentamente da terra, avviandosi verso la sala con un passo incerto. Rimase in piedi davanti al televisore per qualche minuto, pensando a ciò che stava facendo. Alla fine si decise. Allungò una mano tremante fino ad accenderlo, ma subito si rese conto di non essere pronto.
Il primo volto che vide fu quello di John. Tutti i canali, ovviamente, parlavano di lui. Era una foto recente. Occhiali da sole, i capelli lunghi, il sorriso sul volto. Subito apparve un’altra foto. Il cuore di Paul mancò un battito. Erano loro. Lui e John. Vicini, sorridenti, felici. E come dimenticarlo? Era il 1965, il loro anno migliore insieme.

“I giornalisti sono ora alla ricerca degli altri ex Beatles, per chiedere la loro opinione sull’accaduto. La morte di John Lennon ha sconvolto il mondo intero. La moglie Yoko Ono sta affrontando in queste ore il problema con il figlio della coppia, Sean, di soli cinque anni. Nel frattempo, l’assassino rimane in carcere. Solo poco fa la stampa è venuta a conoscenza del nome: si tratta di Mark David Chapman, venticinquenne con problemi psicologici che ha colpito il suo idolo con quattro colpi di pistola. Uno di questi ha raggiunto l’aorta. Il ragazzo aveva incontrato Lennon qualche giorno fa, sempre sotto casa del cantante, e l’aveva fermato per chiedere un autografo. Questo spiega il perché della loro foto insieme.”

Paul non ce la fece più. Spense indelicatamente la tv, sentendo il cuore incapace di reggere ancora un secondo. Quelle immagini, quelle parole, tutta quella sofferenza. Non poteva più sopportare tutto questo. Si sedette sul divano, accendendosi una sigaretta mentre le lacrime ricominciavano a scendere una dopo l’altra.
Se fosse rimasto con lui non sarebbe mai successo. Lui l’avrebbe protetto, lui avrebbe fatto qualunque cosa perché non gli accadesse nulla. Lui sarebbe stato capace di prendere tutti quei quattro fottuti colpi al suo posto, dritti nel cuore. Si sarebbe parato davanti all’uomo che amava per proteggerlo, fino alla fine. E invece quella stronza cosa aveva fatto per evitarlo? Niente. Era rimasta a guardare, mentre suo marito veniva ucciso da un folle.
Mark David Chapman. Questo nome sarebbe rimasto ben impresso nella mente di Paul. Perché se mai quel maledetto figlio di puttana fosse uscito di galera, sarebbe stato lui ad ammazzarlo. Con le sue stesse mani. L’avrebbe ridotto in mille pezzi, gli avrebbe fatto scontare ciò che aveva causato con il suo gesto.
John. La mente di Paul non poteva pensare ad altro. Riviveva lentamente ogni momento che i due avevano trascorso insieme. I giorni belli, i giorni brutti. Qualunque cosa in quella casa lo riportava a lui. Per anni non l’aveva visto, solo una volta l’aveva sentito. Si alzò da lì, avvicinandosi al mobile del salotto. Aprì il primo cassetto, estraendo una lettera tenuta in perfetto stato. L’aveva letta circa mille volte, o forse anche di più. Ma non si era mai stancato. La aprì ancora una volta, cercando di salvarla dalle lacrime che continuavano a venire fuori dai suoi occhi rossi.
 
18 giugno 1975

Caro Paul,
È molto che non ci sentiamo. Cinque anni. Cinque anni senza tue notizie, solo quelle che la tv comunica di tanto in tanto. Che siano vere o no, io non posso saperlo. Non mi fido dei giornalisti. Hanno sempre detto solo cazzate. Vorrei sapere come stai. Perché non mi hai mai scritto? Perché non mi hai mai fatto sapere nulla di te? Perché non mi hai mai chiesto come andassero le cose qui a New York? Ti accontenti di ciò che dice la tv? Non hai mai voluto sentire la mia voce ancora una volta? Sono queste tutte le domande che mi passano per la mente, mentre penso a te come se non fosse successo nulla di negativo tra di noi.
E alla fine ho trovato il coraggio di scriverti. Forse è un po’ banale, proprio il giorno del tuo compleanno. Non trovavo occasione migliore. Forse non ce n’era neanche bisogno. Potevo scriverti senza cercare una ricorrenza. Non dovrei farmi questi problemi con te.
Mi manchi, Paul. Qui le giornate scorrono lentamente senza di te. Mi sembra sempre di vivere una vita vuota, senza nient’altro che i ricordi a farmi compagnia. I tuoi ricordi. Quelli che mi riportano a te, a noi. A quando le cose erano più belle. Le mie giornate qui sono piene di musica, è vero, ma quella musica mi parla solo di te. Su ogni nota rivedo te. Su ogni parola ripenso a te. E sognarti ogni notte sta diventando un’ossessione. Yoko lo capisce. Mi sveglio nella notte e credo di averti accanto. Anche se non dico nulla, lei sa quello che penso. Non la amo, Paul, mi sbagliavo. Perché ti ho tradito? Perché ti ho fatto tutto questo? Eri la mia vita. Eri l’unico motivo che mi faceva sorridere ogni giorno. Ora sono costretto a farlo per le telecamere, ma non sono felice. Mi sento giù, come non mai.
Yoko aspetta un bambino. Non lo abbiamo deciso. È arrivato. Va bene così, lo terremo. Amerò lui, e te. Perché non smetto di amarti, Paul. Non potrei mai farlo. Ti ricordi i nostri progetti? Ti ricordi le nostre idee su come saremmo stati a sessantaquattro anni? Era bello immaginarmi con te. E pensavo davvero che ci saremmo riusciti. Se non fosse stato per me, tu saresti ancora qui, a condividere il mio letto, la mia casa, la mia vita.
Sono stato stupido, Paul. Ma non mi arrendo. Io so che tu mi ami ancora, almeno quanto ti amo io. E se non posso averti adesso aspetterò, perché il futuro ci riserva ancora molte sorprese. E voglio che riguardino te.
Spero che George ti faccia stare bene. Più di quanto ti abbia fatto stare bene io. Te lo meriti davvero. Sei un ragazzo speciale. Credo che tu sia felice con lui, ma so che mai, mai potresti amarlo come hai amato me. Come ami me. Perché tu sei la mia perfetta metà. E sarà così per sempre.
Aspettami sempre, Paul. Tornerò per riprendermi la mia principessa.
Buon compleanno.
Ti amo.
John

Le lacrime che Paul versò a terra dopo aver chiuso la lettera fecero bruciare i suoi occhi per ore. Le sue guance, ormai umide da quando George gli aveva fatto visita, non potevano più sopportare quel tale sforzo. Sentiva dolore in ogni parte del corpo. Sentiva che non avrebbe potuto mangiare, che non avrebbe potuto dormire. Ma soprattutto, che non avrebbe più potuto sorridere. Mai. Perché John non c’era più. Perché non gli avrebbe più potuto scrivere nessuna lettera, non gli avrebbe più potuto raccontare com’era la vita a New York. E Paul non poteva minimamente pensare a questa condanna. Sì, perché ormai era un condannato a morte. Vivere in quel modo non significava nulla.
Vivere senza John era la sorte peggiore per lui.
Perché John era tutto per lui.
Perché John era sempre stato la sua ispirazione.
Perché George aveva ragione. Lui non avrebbe mai smesso di amarlo. Mai.



Ecco un'altra produzione del periodo natalizio :) L'unica decisamente triste, ma quella che preferivo tra tutte quelle che ho scritto.
Questa è l'ispirazione, che arriva all'improvviso e scrive al mio posto.
Grazie a chi mi sostiene sempre e mi porta a scrivere nuove cose. E' davvero importante per me.
E grazie a chi leggerà e recensirà la storia :)

Peace&Love,

ringostarrismybeatle
  
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