Justin
afferrò la manovella, per poi tirare giù la
tapparella di quella finestra dove
giorni prima Sophie si era addormentata e lui aveva provato un briciolo
di
tenerezza per quella ragazza che da molti anni maltrattava.
Da
quando non avevano fatto niente per impedire che partisse per Londra,
iniziava
a sentirsi in colpa per tutto. Perché solo in quel momento
si rendeva conto di
tutti i suoi stupidi errori?
Chiuse
la finestra, rimanendo di fronte ad essa con lo sguardo perso nel
vuoto.
Di
sicuro Sophie lo stava odiando in quel momento, e come darle torto?
-Allora
non possiamo proprio fare nulla?- chiese per l'ennesima volta alla
madre, che sospirò in risposta, per poi asciugarsi
le lacrime che da quel
giorno continuavano a percorrere il suo viso.
-No,
Justin. Perderei completamente l'affidamento- rispose rattristata. Il
ragazzo
strinse i pugni per poi uscire dalla camera della sorella e
rinchiudersi nella
sua sbattendo la porta.
Quel
giorno di cui parlava Sophie era arrivato: stava
soffrendo per
la sua mancanza.
Grugnì,
per poi sferrare un pugno contro il muro. Sospirò affranto e
si sdraiò sul suo
letto con una palla da basket in mano e i piedi contro il muro.
Iniziò a
palleggiare contro la parete e, a ogni rimbalzo, sentiva i singhiozzi
della
piccola Sophie. In quel momento era arrabbiato con se stesso, ma anche
confuso.
Poteva davvero soffrire per la causa della separazione dei suoi
genitori?
Bloccò la palla e chiuse gli occhi, cercando di capire quale
sentimento fosse
dominante. Li riaprì di scatto per poi ricominciare a
lanciare il pallone
arancione con rabbia.
Immerse
il cucchiaio nel brodo, per poi portarlo lentamente alle labbra
screpolate.
-Ci
metti ancora tanto a finire quella dannata minestra?- chiese la donna,
scocciata. Fissò le sue unghie perfettamente curate e
laccate di rosso,
attendendo una risposta.
Per
vari minuti continuò a regnare un silenzio assordante,
interrotto solamente dal
suono del metallo del cucchiaio a contatto con il vetro del piatto.
Sbuffò
-Inutile ragazzina- sputò quelle parole con odio e si
alzò dalla sedia per poi
allontanarsi velocemente dalla cucina e raggiungere il figlio di nove
anni e il
padre della ragazza sul balcone dell'appartamento.
-Troia-
disse lei, sicura che ormai la donna non potesse più
sentirla.
Subito
dopo, Sophie si alzò di scatto e buttò tutta la
minestra nel lavandino, così
come ogni sera da quando era arrivata lì a Londra dal padre,
da quella
sgualdrina di Jennifer e il suo fastidioso e capriccioso figlio.
Erano
passati vari giorni e nessuno era venuto a prenderla, ma lei nemmeno lo
voleva,
considerando che sua madre l'aveva praticamente cacciata di casa e suo
fratello
la odiava, ma proprio non riusciva a stare in quella casa con Jeremy,
Jennifer
e Gabe.
Si
diresse verso quella che era diventata la sua camera e
sbatté violentemente la
porta, come se quel gesto potesse aiutarla a sentirsi meglio. Lei,
però,
scoppiò a piangere e si sedette sul pavimento freddo,
infrangendo nuovamente la
promessa.
Era
incredibile come, nonostante tutto, lei sentisse un vuoto allo stomaco
a ogni
lacrima versata, pensando di aver fatto un torto a Justin. Magari non
al
sedicenne arrogante e cattivo che la ricopriva d’insulti, ma
a quel bambino di
cinque anni. Quel bambino con i capelli biondi che l'aveva tenuta
stretta fra
le sue braccia quella notte di quasi undici anni prima. Di quel bambino
non era
rimasto altro che il ricordo impresso nella mente di Sophie e ormai non
c'era
nulla per cui valesse la pena di continuare a vivere, niente.
Aveva
sperato di passare una magnifica estate, e invece si ritrovava nella
città dei
suoi sogni a vivere un incubo.
Per
la seconda volta nella sua vita, aveva paura del futuro.
Che
cosa avrebbe fatto dopo quegli infernali tre mesi? Come avrebbe potuto
ritornare
in quella casa e vivere con sua madre e Justin come se niente fosse
successo?
Ma il problema non era solo quello. Il problema era tutta la sua vita,
perché
avrebbe iniziato il liceo e sapeva che le offese e i pestaggi da parte
dei suoi
compagni non sarebbero finiti. Quel ciclo evidentemente non era
destinato a
concludersi.
Si
alzò lentamente dalle piastrelle e si diresse verso la
finestra. Scostò le
tende chiare e soffermò lo sguardo sul cielo scuro di
Londra.
Quello
che le faceva più male, era che sua madre non avesse fatto
niente per evitare
che lei partisse per andare dal padre. Sophie, infatti, ormai aveva
capito che
era successo tutto a causa della Parker, ma perché nessuno
si era opposto alla
sua decisione?
Non
avrebbe mai perdonato Pattie per questo.
Una
lacrima percorse il suo viso al pensiero che anche l'unica persona che
sembrava
tenere a lei, l'aveva delusa. L'asciugò in fretta per poi
afferrare il
cellulare che non considerava dall'ultimo giorno di scuola.
Sospirò e lo
accese, dopo averlo attaccato al caricatore. In pochi istanti il
display s’illuminò
e Sophie digitò il codice, così da sbloccare il
cellulare, che subito iniziò a
vibrare come se fosse impazzito.
La
maggior parte dei messaggi e delle chiamate era da parte di sua mamma
e, senza
pensarci due volte, li cancellò. Anche Andrea l'aveva
cercata, ma non voleva
richiamarla. Le avrebbe solo rovinato la giornata con i suoi problemi e
non era
assolutamente il caso.
Così
spense nuovamente il cellulare, per poi lanciarlo sul letto, decisa a
non
usarlo più in quei tre lunghi mesi. Voleva stare sola il
più possibile, senza
contatti con altre persone, nemmeno con Andrea. Magari le sarebbe stato
d'aiuto
isolarsi e, in fondo, non le costava niente provarci.
Pattie
bussò varie volte alla porta del figlio, senza ricevere
alcuna risposta.
-Justin,
per favore, non puoi stare tutto il tempo chiuso in camera tua- disse
la donna,
disperata.
Il
ragazzo afferrò le cuffiette e iniziò ad
ascoltare la musica, per isolarsi dal
resto del mondo. Non aveva alcuna intenzione di alzarsi da quel letto,
per il
momento. Voleva continuare a palleggiare e a pensare.
La
madre sospirò, pensando a un modo per entrare nella camera e
subito si ricordò
del doppione della chiave che teneva riposto in un cassetto del suo
comodino.
Pattie
entrò in fretta nella sua camera per prendere la chiave, ma
il suo sguardo
cadde su una foto racchiusa in una cornice dorata.
Una
lacrima percorse il suo viso alla vista di quella bambina, distesa su
un prato
verde, con il sorriso sulle labbra.
Sophie
era davvero piccola in quella foto ed erano anni che non la vedeva
sorridere in
quella maniera. Aveva un luccichio nei suoi occhi dalle sfumature verdi
che
avrebbe fatto invidia alla stella più luminosa del cielo.
Le
mancava troppo e si sentiva maledettamente in colpa per non aver
evitato che
partisse per Londra, ma che cosa avrebbe potuto fare? Niente. Avrebbe
solo
rischiato di perdere la sua metà dell'affidamento dei
ragazzi e non era
assolutamente il caso.
In
fondo i tre mesi sarebbero passati in fretta e Sophie non avrebbe
provato
troppo rancore, giusto?
Scosse
la testa per scacciare quei pensieri e, dopo aver afferrato la chiave,
tornò
davanti alla camera di Justin. Girò la chiave nella
serratura, aprendo la
porta.
Suo
figlio si girò verso di lei e si tolse le cuffie, scocciato.
-Cosa
c'è?- chiese, visibilmente infastidito dal fatto che la
madre fosse riuscita ad
aprire la porta.
Pattie
lo afferrò per il braccio per farlo alzare dal letto e il
ragazzo non oppose
troppa resistenza.
-Adesso
ti vesti decentemente- iniziò, riservando un'occhiataccia
alla vecchia tuta indossata
da Justin -anzi, prima ti fai una doccia- si corresse storcendo il naso
-e ti
prepari psicologicamente perché dopo pranzo mi accompagni a
dare il benvenuto
ai nuovi vicini, chiaro?- concluse autoritaria.
Justin
sbuffò, non avendo alcuna intenzione di uscire di casa per i
vicini, ma
qualcosa negli occhi di sua madre lo convinse. Erano occhi stanchi e
umidi,
ormai spenti dalla tristezza. Non voleva darle altre preoccupazioni, di
sicuro
non le avrebbe sopportate.
Annuì
lievemente e Pattie uscì dalla camera dopo avergli rivolto
un lieve sorriso di
ringraziamento.
Justin
sospirò, prese biancheria e vestiti puliti ed
entrò in bagno. Si avvicinò al
lavandino e guardò il suo riflesso allo specchio. Anche
lavandosi e
preparandosi non sarebbe mai stato abbastanza presentabile. Delle
profonde
occhiaie segnavano i suoi occhi nocciola e il suo sguardo era spento
come
quello della madre.
Scosse
la testa ed entrò nel box doccia dopo essersi tolto i
vestiti. Il getto fresco
dell'acqua gli trasmise una sensazione di sollievo, ma bastò
uscire dalla
doccia per avere di nuovo quella confusione in testa.
Forse
stare con i suoi amici gli sarebbe stato d'aiuto, in fondo aveva
bisogno della
simpatia di Chris, della responsabilità di Chaz e delle
battute di Ryan, ma non
avrebbe mai permesso che qualcuno potesse vederlo in quello stato
pietoso,
nemmeno i suoi migliori amici.
Indossò
in fretta i vestiti puliti e si asciugò in pochi istanti i
capelli, sistemando
il ciuffo lievemente all'insù. Non erano poi così
male in quel modo.
Uscì
dal bagno dopo aver sistemato tutto e raggiunse sua madre in cucina.
La
donna dagli occhi celesti sorrise al figlio -Stai bene così-
sussurrò con
dolcezza.
Justin
sfiorò lievemente il ciuffo biondo e si avvicinò
alla donna, per poi stringerla
in un abbraccio.
Il
silenzio regnava intorno ai loro corpi, ma non avevano bisogno di
parole per
capire le proprie emozioni. Sophie aveva lasciato un vuoto e loro
avrebbero
dovuto sostenersi a vicenda.
Dopo
pranzo, Justin e Pattie uscirono dalla loro villa, attraversarono la
strada e
si ritrovarono davanti al cancelletto aperto dei nuovi vicini. Justin
alzò
lievemente le spalle e attraversò il breve spazio fra il
cancello e il portone,
seguito dalla madre, che suonò il campanello.
Attesero
alcuni secondi prima che una donna non molto alta aprisse la porta,
mostrando
degli occhi color cioccolato e un'aria incuriosita.
-Benvenuta
a Stratford, signora... Wilcox, giusto?- la voce di Pattie giunse
cordiale alle
orecchie di Justin, che si limitò a sorridere.
-Oh,
non sono più la signora Wilcox da due anni ormai- rispose
lei ridacchiando e il
biondo capì che sua madre e la nuova vicina di casa
sarebbero andate presto
d'accordo.
-Sono
Pattie- si presentò, allungando la mano verso la donna dopo
che li aveva
invitati a entrare.
-Diana
Brooks- rispose lei, stringendole la mano.
-Lui
invece è mio figlio Justin, che adesso fa il timido- le
parole di Pattie
provocarono la risata di Diana, mentre il ragazzo fece una smorfia di
disapprovazione.
-Mamma...-
mormorò con un lieve tono di rimprovero.
Il
sedicenne, successivamente, si guardò intorno e
notò che ancora la casa non era
stata arredata.
-Justin,
di sicuro ti stai annoiando. Nel salone ci sono i miei figli, magari
puoi stare
con loro per ora- propose la padrona di casa e il biondo
annuì, nonostante non
avesse molta voglia di fare amicizia. -Lo trovi facilmente
perché è l'unica
stanza, insieme alla cucina, in cui ci fosse un minimo di arredamento-
commentò,
mentre Justin cercò di orientarsi nella casa fino a trovare
il salone.
Un
ragazzo era davanti ad una televisione abbastanza vecchia a schiacciare
alcuni
tasti a caso, mentre una ragazza era sul divano con le gambe appoggiate
sullo
schienale, così da trovarsi a testa in giù.
Justin
inarcò le sopracciglia, estremamente divertito.
-Sì
sì, lascia su questo canale- esclamò lei con un
tono di voce strano,
probabilmente dovuto alla sua posizione.
-Ma
non ci penso minimamente- replicò il fratello, non
intenzionato a guardarsi un
cartone animato.
Justin
scoppiò a ridere, attirando l'attenzione dei due.
-E
tu chi cazzo sei?- chiese la ragazza, ricevendo un'occhiataccia da
parte del
fratello.
-Sono
il vostro vicino di casa, ho accompagnato mia madre a darvi il
benvenuto qui a
Stratford- rispose lui, fra una risata e l'altra.
-Oh,
io sono Lucas- si presentò il ragazzo, con un sorriso.
-Io
Justin- rispose il biondo, per poi rivolgere l'attenzione alla sorella
di
Lucas, che si sedette decentemente sul divano, per poi abbassare lo
sguardo, in
imbarazzo -E tu?- chiese con un sorrisetto.
-Andrea-
rispose lei, fissando i suoi occhi in quelli di Justin.
Il
ragazzo dischiuse lievemente le labbra sentendo la voce della ragazza e
osservando i suoi capelli rasati da una parte e lunghi fino al collo
dall'altra.
Tadaaaaaaaan!
Non
ve lo sareste aspettate che avrei
aggiornato dopo “solo” cinque giorni, vero? Eh,
invece ce l’ho fatta, anche se
non potrò più essere così puntuale dal
prossimo dato che la scuola ricomincia
tomorrow *si salvi chi può*
Passando
al capitolo, che spero vi piaccia,
che sta succedendo al nostro Justin? :O Si sente in colpa, anche se
è ancora
convinto che Sophie sia la causa di tutto… e, sorpresa
sorpresa (per modo di
dire) incontra Andrea e Lucas, i suoi nuovi vicini di casa…
Sinceramente
amo il rapporto che ho creato
fra Sophie e Jennifer, spero che anche voi lo apprezziate, e
soprattutto quello
fra Lucas e Andrea, che sono una coppia così diversa da
Justin e Sophie!
Ringrazio
come sempre tutte quelle che, nonostante
i miei ritardi e i vari sfoghi, continuano a sostenermi e a farmi
complimenti
che apprezzo molto, davvero.
Prima
che mi dimentichi, vorrei dirvi che
ho in corso anche un’altra fan fiction sul mio amore, la mia
Alison Swift *-*
se vi va di passare a darle un’occhiata, questo è
il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1959316&i=1
Un
abbraccio coccoloso,
Morena