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Autore: dadless    06/01/2014    3 recensioni
-Promettimi di non piangere, per nessuna ragione, da oggi in poi- sussurrò quando i loro occhi nocciola si scontrarono.
Sophie tirò su col naso -Tu mi prometti di volermi sempre bene e di non abbandonarmi?- chiese lei di rimando.
Lui annuì -Lo prometto- mormorò.
-Lo prometto- concluse Sophie, chiudendo gli occhi.
*ATTENZIONE! Questa NON è assolutamente una storia d'amore, ma parla di come possa trasformarsi nel tempo il rapporto tra fratello e sorella.
-Sospesa per motivi personali-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Justin afferrò la manovella, per poi tirare giù la tapparella di quella finestra dove giorni prima Sophie si era addormentata e lui aveva provato un briciolo di tenerezza per quella ragazza che da molti anni maltrattava.

Da quando non avevano fatto niente per impedire che partisse per Londra, iniziava a sentirsi in colpa per tutto. Perché solo in quel momento si rendeva conto di tutti i suoi stupidi errori?

Chiuse la finestra, rimanendo di fronte ad essa con lo sguardo perso nel vuoto.

Di sicuro Sophie lo stava odiando in quel momento, e come darle torto?

-Allora non possiamo proprio fare nulla?- chiese per l'ennesima volta alla madre, che sospirò in risposta, per poi asciugarsi le lacrime che da quel giorno continuavano a percorrere il suo viso.

-No, Justin. Perderei completamente l'affidamento- rispose rattristata. Il ragazzo strinse i pugni per poi uscire dalla camera della sorella e rinchiudersi nella sua sbattendo la porta.

Quel giorno di cui parlava Sophie era arrivato: stava soffrendo per la sua mancanza.

Grugnì, per poi sferrare un pugno contro il muro. Sospirò affranto e si sdraiò sul suo letto con una palla da basket in mano e i piedi contro il muro. Iniziò a palleggiare contro la parete e, a ogni rimbalzo, sentiva i singhiozzi della piccola Sophie. In quel momento era arrabbiato con se stesso, ma anche confuso. Poteva davvero soffrire per la causa della separazione dei suoi genitori? Bloccò la palla e chiuse gli occhi, cercando di capire quale sentimento fosse dominante. Li riaprì di scatto per poi ricominciare a lanciare il pallone arancione con rabbia.

 

Immerse il cucchiaio nel brodo, per poi portarlo lentamente alle labbra screpolate.

-Ci metti ancora tanto a finire quella dannata minestra?- chiese la donna, scocciata. Fissò le sue unghie perfettamente curate e laccate di rosso, attendendo una risposta.

Per vari minuti continuò a regnare un silenzio assordante, interrotto solamente dal suono del metallo del cucchiaio a contatto con il vetro del piatto.

Sbuffò -Inutile ragazzina- sputò quelle parole con odio e si alzò dalla sedia per poi allontanarsi velocemente dalla cucina e raggiungere il figlio di nove anni e il padre della ragazza sul balcone dell'appartamento.

-Troia- disse lei, sicura che ormai la donna non potesse più sentirla.

Subito dopo, Sophie si alzò di scatto e buttò tutta la minestra nel lavandino, così come ogni sera da quando era arrivata lì a Londra dal padre, da quella sgualdrina di Jennifer e il suo fastidioso e capriccioso figlio.

Erano passati vari giorni e nessuno era venuto a prenderla, ma lei nemmeno lo voleva, considerando che sua madre l'aveva praticamente cacciata di casa e suo fratello la odiava, ma proprio non riusciva a stare in quella casa con Jeremy, Jennifer e Gabe.

Si diresse verso quella che era diventata la sua camera e sbatté violentemente la porta, come se quel gesto potesse aiutarla a sentirsi meglio. Lei, però, scoppiò a piangere e si sedette sul pavimento freddo, infrangendo nuovamente la promessa.

Era incredibile come, nonostante tutto, lei sentisse un vuoto allo stomaco a ogni lacrima versata, pensando di aver fatto un torto a Justin. Magari non al sedicenne arrogante e cattivo che la ricopriva d’insulti, ma a quel bambino di cinque anni. Quel bambino con i capelli biondi che l'aveva tenuta stretta fra le sue braccia quella notte di quasi undici anni prima. Di quel bambino non era rimasto altro che il ricordo impresso nella mente di Sophie e ormai non c'era nulla per cui valesse la pena di continuare a vivere, niente.

Aveva sperato di passare una magnifica estate, e invece si ritrovava nella città dei suoi sogni a vivere un incubo.

Per la seconda volta nella sua vita, aveva paura del futuro.

Che cosa avrebbe fatto dopo quegli infernali tre mesi? Come avrebbe potuto ritornare in quella casa e vivere con sua madre e Justin come se niente fosse successo? Ma il problema non era solo quello. Il problema era tutta la sua vita, perché avrebbe iniziato il liceo e sapeva che le offese e i pestaggi da parte dei suoi compagni non sarebbero finiti. Quel ciclo evidentemente non era destinato a concludersi.

Si alzò lentamente dalle piastrelle e si diresse verso la finestra. Scostò le tende chiare e soffermò lo sguardo sul cielo scuro di Londra.

Quello che le faceva più male, era che sua madre non avesse fatto niente per evitare che lei partisse per andare dal padre. Sophie, infatti, ormai aveva capito che era successo tutto a causa della Parker, ma perché nessuno si era opposto alla sua decisione?

Non avrebbe mai perdonato Pattie per questo.

Una lacrima percorse il suo viso al pensiero che anche l'unica persona che sembrava tenere a lei, l'aveva delusa. L'asciugò in fretta per poi afferrare il cellulare che non considerava dall'ultimo giorno di scuola. Sospirò e lo accese, dopo averlo attaccato al caricatore. In pochi istanti il display s’illuminò e Sophie digitò il codice, così da sbloccare il cellulare, che subito iniziò a vibrare come se fosse impazzito.

La maggior parte dei messaggi e delle chiamate era da parte di sua mamma e, senza pensarci due volte, li cancellò. Anche Andrea l'aveva cercata, ma non voleva richiamarla. Le avrebbe solo rovinato la giornata con i suoi problemi e non era assolutamente il caso.

Così spense nuovamente il cellulare, per poi lanciarlo sul letto, decisa a non usarlo più in quei tre lunghi mesi. Voleva stare sola il più possibile, senza contatti con altre persone, nemmeno con Andrea. Magari le sarebbe stato d'aiuto isolarsi e, in fondo, non le costava niente provarci.

 

Pattie bussò varie volte alla porta del figlio, senza ricevere alcuna risposta.

-Justin, per favore, non puoi stare tutto il tempo chiuso in camera tua- disse la donna, disperata.

Il ragazzo afferrò le cuffiette e iniziò ad ascoltare la musica, per isolarsi dal resto del mondo. Non aveva alcuna intenzione di alzarsi da quel letto, per il momento. Voleva continuare a palleggiare e a pensare.

La madre sospirò, pensando a un modo per entrare nella camera e subito si ricordò del doppione della chiave che teneva riposto in un cassetto del suo comodino.

Pattie entrò in fretta nella sua camera per prendere la chiave, ma il suo sguardo cadde su una foto racchiusa in una cornice dorata.

Una lacrima percorse il suo viso alla vista di quella bambina, distesa su un prato verde, con il sorriso sulle labbra.

Sophie era davvero piccola in quella foto ed erano anni che non la vedeva sorridere in quella maniera. Aveva un luccichio nei suoi occhi dalle sfumature verdi che avrebbe fatto invidia alla stella più luminosa del cielo.

Le mancava troppo e si sentiva maledettamente in colpa per non aver evitato che partisse per Londra, ma che cosa avrebbe potuto fare? Niente. Avrebbe solo rischiato di perdere la sua metà dell'affidamento dei ragazzi e non era assolutamente il caso.

In fondo i tre mesi sarebbero passati in fretta e Sophie non avrebbe provato troppo rancore, giusto?

Scosse la testa per scacciare quei pensieri e, dopo aver afferrato la chiave, tornò davanti alla camera di Justin. Girò la chiave nella serratura, aprendo la porta.

Suo figlio si girò verso di lei e si tolse le cuffie, scocciato.

-Cosa c'è?- chiese, visibilmente infastidito dal fatto che la madre fosse riuscita ad aprire la porta.

Pattie lo afferrò per il braccio per farlo alzare dal letto e il ragazzo non oppose troppa resistenza.

-Adesso ti vesti decentemente- iniziò, riservando un'occhiataccia alla vecchia tuta indossata da Justin -anzi, prima ti fai una doccia- si corresse storcendo il naso -e ti prepari psicologicamente perché dopo pranzo mi accompagni a dare il benvenuto ai nuovi vicini, chiaro?- concluse autoritaria.

Justin sbuffò, non avendo alcuna intenzione di uscire di casa per i vicini, ma qualcosa negli occhi di sua madre lo convinse. Erano occhi stanchi e umidi, ormai spenti dalla tristezza. Non voleva darle altre preoccupazioni, di sicuro non le avrebbe sopportate.

Annuì lievemente e Pattie uscì dalla camera dopo avergli rivolto un lieve sorriso di ringraziamento.

Justin sospirò, prese biancheria e vestiti puliti ed entrò in bagno. Si avvicinò al lavandino e guardò il suo riflesso allo specchio. Anche lavandosi e preparandosi non sarebbe mai stato abbastanza presentabile. Delle profonde occhiaie segnavano i suoi occhi nocciola e il suo sguardo era spento come quello della madre.

Scosse la testa ed entrò nel box doccia dopo essersi tolto i vestiti. Il getto fresco dell'acqua gli trasmise una sensazione di sollievo, ma bastò uscire dalla doccia per avere di nuovo quella confusione in testa.

Forse stare con i suoi amici gli sarebbe stato d'aiuto, in fondo aveva bisogno della simpatia di Chris, della responsabilità di Chaz e delle battute di Ryan, ma non avrebbe mai permesso che qualcuno potesse vederlo in quello stato pietoso, nemmeno i suoi migliori amici.

Indossò in fretta i vestiti puliti e si asciugò in pochi istanti i capelli, sistemando il ciuffo lievemente all'insù. Non erano poi così male in quel modo.

Uscì dal bagno dopo aver sistemato tutto e raggiunse sua madre in cucina.

La donna dagli occhi celesti sorrise al figlio -Stai bene così- sussurrò con dolcezza.

Justin sfiorò lievemente il ciuffo biondo e si avvicinò alla donna, per poi stringerla in un abbraccio.

Il silenzio regnava intorno ai loro corpi, ma non avevano bisogno di parole per capire le proprie emozioni. Sophie aveva lasciato un vuoto e loro avrebbero dovuto sostenersi a vicenda.

 

Dopo pranzo, Justin e Pattie uscirono dalla loro villa, attraversarono la strada e si ritrovarono davanti al cancelletto aperto dei nuovi vicini. Justin alzò lievemente le spalle e attraversò il breve spazio fra il cancello e il portone, seguito dalla madre, che suonò il campanello.

Attesero alcuni secondi prima che una donna non molto alta aprisse la porta, mostrando degli occhi color cioccolato e un'aria incuriosita.

-Benvenuta a Stratford, signora... Wilcox, giusto?- la voce di Pattie giunse cordiale alle orecchie di Justin, che si limitò a sorridere.

-Oh, non sono più la signora Wilcox da due anni ormai- rispose lei ridacchiando e il biondo capì che sua madre e la nuova vicina di casa sarebbero andate presto d'accordo.

-Sono Pattie- si presentò, allungando la mano verso la donna dopo che li aveva invitati a entrare.

-Diana Brooks- rispose lei, stringendole la mano.

-Lui invece è mio figlio Justin, che adesso fa il timido- le parole di Pattie provocarono la risata di Diana, mentre il ragazzo fece una smorfia di disapprovazione.

-Mamma...- mormorò con un lieve tono di rimprovero.

Il sedicenne, successivamente, si guardò intorno e notò che ancora la casa non era stata arredata.

-Justin, di sicuro ti stai annoiando. Nel salone ci sono i miei figli, magari puoi stare con loro per ora- propose la padrona di casa e il biondo annuì, nonostante non avesse molta voglia di fare amicizia. -Lo trovi facilmente perché è l'unica stanza, insieme alla cucina, in cui ci fosse un minimo di arredamento- commentò, mentre Justin cercò di orientarsi nella casa fino a trovare il salone.

Un ragazzo era davanti ad una televisione abbastanza vecchia a schiacciare alcuni tasti a caso, mentre una ragazza era sul divano con le gambe appoggiate sullo schienale, così da trovarsi a testa in giù.

Justin inarcò le sopracciglia, estremamente divertito.

-Sì sì, lascia su questo canale- esclamò lei con un tono di voce strano, probabilmente dovuto alla sua posizione.

-Ma non ci penso minimamente- replicò il fratello, non intenzionato a guardarsi un cartone animato.

Justin scoppiò a ridere, attirando l'attenzione dei due.

-E tu chi cazzo sei?- chiese la ragazza, ricevendo un'occhiataccia da parte del fratello.

-Sono il vostro vicino di casa, ho accompagnato mia madre a darvi il benvenuto qui a Stratford- rispose lui, fra una risata e l'altra.

-Oh, io sono Lucas- si presentò il ragazzo, con un sorriso.

-Io Justin- rispose il biondo, per poi rivolgere l'attenzione alla sorella di Lucas, che si sedette decentemente sul divano, per poi abbassare lo sguardo, in imbarazzo -E tu?- chiese con un sorrisetto.

-Andrea- rispose lei, fissando i suoi occhi in quelli di Justin.

Il ragazzo dischiuse lievemente le labbra sentendo la voce della ragazza e osservando i suoi capelli rasati da una parte e lunghi fino al collo dall'altra.

 

 

 

 

 

 

Tadaaaaaaaan!

Non ve lo sareste aspettate che avrei aggiornato dopo “solo” cinque giorni, vero? Eh, invece ce l’ho fatta, anche se non potrò più essere così puntuale dal prossimo dato che la scuola ricomincia tomorrow *si salvi chi può*

Passando al capitolo, che spero vi piaccia, che sta succedendo al nostro Justin? :O Si sente in colpa, anche se è ancora convinto che Sophie sia la causa di tutto… e, sorpresa sorpresa (per modo di dire) incontra Andrea e Lucas, i suoi nuovi vicini di casa…

Sinceramente amo il rapporto che ho creato fra Sophie e Jennifer, spero che anche voi lo apprezziate, e soprattutto quello fra Lucas e Andrea, che sono una coppia così diversa da Justin e Sophie!

Ringrazio come sempre tutte quelle che, nonostante i miei ritardi e i vari sfoghi, continuano a sostenermi e a farmi complimenti che apprezzo molto, davvero.

Prima che mi dimentichi, vorrei dirvi che ho in corso anche un’altra fan fiction sul mio amore, la mia Alison Swift *-* se vi va di passare a darle un’occhiata, questo è il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1959316&i=1

Un abbraccio coccoloso,

Morena

  
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