06/01/2014
7 recensioniStay on these roads
We shall meet, I know
Stay on...my love
We shall meet, I know
I know
A-ha, 1988
We shall meet, I know
Stay on...my love
We shall meet, I know
I know
A-ha, 1988
Terra sorprendente e straordinaria, l’Islanda. Meravigliosa e spietata. Lunghe notti di buio artico cedono il passo a giorni d’estate infiniti. Un’isola di contrasti violenti e di aspra bellezza, plasmata dal ghiaccio e dal fuoco. Una natura primordiale, viva e vitale come uno scultore irrequieto la cui forza creatrice sa esplodere all’improvviso, spaccando la terra in due con la potenza di geyser e vulcani per poi tornare di nuovo a sonnecchiare avvolta nei suoi immensi ghiacciai come in una coperta. Fino al prossimo, turbolento, risveglio.
Ikki è in sintonia con il paesaggio che lo circonda mentre la moto aggredisce le curve della strada deserta e tormentata che compie il periplo dell’isola accompagnandone le coste frastagliate. I rari veicoli che la percorrono sembrano fuori posto, esseri surreali in una natura che ricorda a tutti, in ogni suo centimetro, di non poter essere domata da nessun uomo. Un ambiente che lo affascina, e di cui Ikki si sente parte.
Sopra il suo casco il cielo celeste delle alte latitudini è attraversato da un esercito imperioso di nuvole in marcia verso l’entroterra, spinte dal vento teso dell’ovest verso montagne ricoperte ancora di ghiaccio nonostante le lunghe giornate di luglio. Capriccioso e mutevole, il cielo si rispecchia nelle pozzanghere lasciate dall’ultima pioggia, dilatandosi e diventando un tutt’uno con la terra. Il fragore delle imponenti cascate, in lontananza, si mescola al vociare degli uccelli marini sospesi sulle vecchie colate di lava rappresa che ricoprono la costa meridionale dell’isola a perdita d’occhio.
La moto sembra volare sul nastro di asfalto che corre parallelo all’oceano, le cui onde provano a invadere le spiagge deserte per poi ritirarsi, scoprendo ampie strisce di sabbia scura. Se non fosse per il clima, freddo nonostante la data sul calendario, Ikki potrebbe quasi credere di trovarsi su un’altra isola a migliaia di chilometri di distanza. L’isola che lo ha visto diventare saint della Fenice. E diventare uomo. Per spezzare l’illusione, però, gli basta spostare lo sguardo sulle vaste praterie che si perdono verso le montagne ostili. L’erba fertilizzata dalla cenere vulcanica e dalla pioggia dà cibo a qualche sparuta mandria di cavalli islandesi, che approfitta di questa effimera abbondanza dopo i rigori dell’inverno. Animali coraggiosi, fieri e tenaci, temprati dalla durezza della vita. Come lui.
Ikki ruota la manopola dell’acceleratore e il motore gli sembra vivo mentre ruggisce aumentando i giri. La moto prende velocità e si lascia dietro sull’asfalto mille pensieri: i fantasmi delle recenti battaglie, il suo ruolo ingombrante di saint di Atena, lo sguardo deluso di Shun quando gli ha comunicato che sarebbe sparito per un po’. Se guardasse nello specchietto retrovisore potrebbe vederli diventare sempre più piccoli e scomparire all’orizzonte come puntini. Sempre più lontani.
Ikki non vorrebbe essere in nessun altro posto, adesso.
********************************************************************************************
Nota: il titolo della fic è ispirato a un lentone struggente e malinconico di fine anni ’80 lanciato dagli A-ha, gruppo norvegese che andava parecchio ai tempi in cui si situano i fatti narrati in questa storia. L’immagine di Ikki che corre in moto è presa dal video originale del pezzo, come pure l’idea che, prima o poi, se si percorrono le stesse strade si finisce sempre per ritrovarsi. La storia proseguirà a breve, se riesco a trovare il tempo di finirla...
Ikki è in sintonia con il paesaggio che lo circonda mentre la moto aggredisce le curve della strada deserta e tormentata che compie il periplo dell’isola accompagnandone le coste frastagliate. I rari veicoli che la percorrono sembrano fuori posto, esseri surreali in una natura che ricorda a tutti, in ogni suo centimetro, di non poter essere domata da nessun uomo. Un ambiente che lo affascina, e di cui Ikki si sente parte.
Sopra il suo casco il cielo celeste delle alte latitudini è attraversato da un esercito imperioso di nuvole in marcia verso l’entroterra, spinte dal vento teso dell’ovest verso montagne ricoperte ancora di ghiaccio nonostante le lunghe giornate di luglio. Capriccioso e mutevole, il cielo si rispecchia nelle pozzanghere lasciate dall’ultima pioggia, dilatandosi e diventando un tutt’uno con la terra. Il fragore delle imponenti cascate, in lontananza, si mescola al vociare degli uccelli marini sospesi sulle vecchie colate di lava rappresa che ricoprono la costa meridionale dell’isola a perdita d’occhio.
La moto sembra volare sul nastro di asfalto che corre parallelo all’oceano, le cui onde provano a invadere le spiagge deserte per poi ritirarsi, scoprendo ampie strisce di sabbia scura. Se non fosse per il clima, freddo nonostante la data sul calendario, Ikki potrebbe quasi credere di trovarsi su un’altra isola a migliaia di chilometri di distanza. L’isola che lo ha visto diventare saint della Fenice. E diventare uomo. Per spezzare l’illusione, però, gli basta spostare lo sguardo sulle vaste praterie che si perdono verso le montagne ostili. L’erba fertilizzata dalla cenere vulcanica e dalla pioggia dà cibo a qualche sparuta mandria di cavalli islandesi, che approfitta di questa effimera abbondanza dopo i rigori dell’inverno. Animali coraggiosi, fieri e tenaci, temprati dalla durezza della vita. Come lui.
Ikki ruota la manopola dell’acceleratore e il motore gli sembra vivo mentre ruggisce aumentando i giri. La moto prende velocità e si lascia dietro sull’asfalto mille pensieri: i fantasmi delle recenti battaglie, il suo ruolo ingombrante di saint di Atena, lo sguardo deluso di Shun quando gli ha comunicato che sarebbe sparito per un po’. Se guardasse nello specchietto retrovisore potrebbe vederli diventare sempre più piccoli e scomparire all’orizzonte come puntini. Sempre più lontani.
Ikki non vorrebbe essere in nessun altro posto, adesso.
********************************************************************************************
Nota: il titolo della fic è ispirato a un lentone struggente e malinconico di fine anni ’80 lanciato dagli A-ha, gruppo norvegese che andava parecchio ai tempi in cui si situano i fatti narrati in questa storia. L’immagine di Ikki che corre in moto è presa dal video originale del pezzo, come pure l’idea che, prima o poi, se si percorrono le stesse strade si finisce sempre per ritrovarsi. La storia proseguirà a breve, se riesco a trovare il tempo di finirla...