Ho fatto crescere l’edera velenosa su queste sbarre.
Le mani che reggono le pareti, a tastare quanto di reale sussiste in questo sonno.
Col suono di una pioggia di piume e petali di rose.
Una bestemmia incastonata tra i denti; una parola d’amore trattenuta, inacidita, consumata.
Un rumore di sottofondo, con l’interruttore spento. Il ronzio elettrico dell’eco di una promessa.
E tutto il veleno come fuoco nel ventre che sale, che scalda nel suo modo cattivo. Le fiamme veneree, il morso di una farfalla alla fine della sua stagione più bella.
Volevo solo aprire le tue porte, le tue tende, far entrare la luce.
E l’unica cosa che hai fatto è stato uscire e chiudere la porta a chiave.