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Autore: I Fiori del Male    07/01/2014    2 recensioni
- Così andrà bene per ora. Io so chi sei. Finnick Odair. Sei sopravvissuto cinque anni fa. –
- E io so chi sei tu. Annie Cresta, la vincitrice di quest’anno. –
ATTENZIONE: ambientata in Mockingjay quindi possibile spoiler :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio ultimo pensiero sarà per ...
Il tuo sorriso.
 
- L’hai vista? E’ Annie Cresta, la vincitrice di quest’anno ... ~.

- Ma cos’ha? Dicono sia pazza ... –

Non sopportavo nessuno di loro. Avevano diciannove o vent’anni come me, ma per qualche ragione sembravano vivere in un mondo dove forse non appariva loro l’evidenza dei fatti o nel quale potevano chiudere fuori tutto ciò che era troppo brutto per essere vissuto.
Io non riuscivo a vivere così.                                                                                              
 
Ricordo bene il giorno in cui vidi Annie per la prima volta dopo i suoi giochi. Fu quello in cui venne ad abitare nel villaggio dei vincitori del distretto quattro completamente sola.
La vidi dalla finestra della mia camera, con indosso un lungo abito bianco, le bretelle sottili un po’ lente sulle spalle magre e troppo pallide per essere quelle di una ragazza del distretto del mare. Si guardava attorno.  Doveva essere una cosa del tutto nuova per lei, abituata come noi a vivere di stenti. Lo era stato anche per me quando ero tornato vincitore, la coscienza zuppa del sangue di coloro che avevo ucciso per uscirne vivo.
 
Non le avevo fatto da mentore, il compito era spettato quell’anno a un altro dei nostri vincitori e ricordare la ragione di questo mi faceva rovesciare lo stomaco. Era quel che dovevo fare per far si che la mia famiglia fosse salva e rimpianti non ne avevo, ma di certo era un modo disgustoso di vivere. Senza contare che l’aria di Capitol City mi dava la nausea. Se il mare si portava via i miei incubi, stare in quella città a vendermi per ordine di Snow non faceva che tenerli in vita. Annie mi diede da subito l’impressione che nemmeno il mare sarebbe bastato a salvarla. Non sapevo bene cosa fosse accaduto nell’arena perché cercavo di evitare di guardare i giochi quando potevo, ma doveva esser stato qualcosa di terribile per averla ridotta in quello stato che quei ragazzi proprio non riuscivano a comprendere.

Lo fece anche quel giorno. Un secondo prima guardava il cielo e un attimo dopo aveva le mani premute sulle orecchie, gli occhi serrati. La bocca era chiusa in una linea dura ma anche così riuscivo a sentire i suoi lamenti. Sussultai quando le ginocchia urtarono violentemente il suolo, intrappolando il grazioso abito che si strappò appena sotto il seno, lasciando scoperta una porzione di pelle candida.
 
Non ricordo di aver pensato di uscire da casa quel giorno, ma lo feci. Uscendo passai accanto ai ragazzi che bisbigliavano e spinsi uno di loro deliberatamente, con la mano. Fece per reagire ma quando vide chi ero lasciò stare. Non è mai il caso di mettersi contro un vincitore. M’inginocchiai davanti a lei chiedendole se stesse bene. Non mi sentiva, anche lei come me aveva il suo mondo solo che non sceglieva liberamente quando immergervisi, evidentemente.
 
- Annie ... sei Annie Cresta vero? –
 
Continuava a dondolare, avanti e indietro, avanti e indietro con le mani premute sulle orecchie e il volto contratto in una smorfia di dolore.
 
- Annie! – esclamai, con un’urgenza che sorprese anche me; lei alzò lentamente il volto a guardarmi, piegò un po’ la testa di lato e parve rilassarsi perché si tolse le mani dalle orecchie.  
Ora che aveva gli occhi bene aperti potevo vederne la sfumatura color dell’oceano, forse più vicina al verde. Fu come vedere il mare in cui di tanto in tanto le capitava di naufragare e malgrado fossi perfettamente in grado di nuotare mi sentii affogare.
Stavo affogando nel suo dolore come se fosse il mio.
 
- Grazie – farfugliò, alzandosi in piedi e scoprendo così lo strappo nella veste.  Distolsi lo sguardo e lei parve accorgersene perché la sentii ridacchiare sommessamente. Un suono che mai più si cancellò dalla mia mente. Incrociò le braccia sotto il petto.
 
- Così andrà bene per ora. Io so chi sei. Finnick Odair. Sei sopravvissuto cinque anni fa. –
 
- E io so chi sei tu. Annie Cresta, la vincitrice di quest’anno. –
 
Lei scosse la testa. – Non vincitrice. Sopravvissuta. – mi corresse in tono un po’ cupo, lasciando vagare lo sguardo. Temetti quasi di vederla crollare di nuovo mentre riflettevo su quella scelta di parole, scoprendo che aveva perfettamente ragione: in fondo cosa mai avevamo vinto tutti noi? Gli Hunger Games non davano mai qualcosa, prendevano sempre in un modo o nell’altro; l’hanno sempre fatto.
 
- Ora scusami, ma devo andare. – mi disse in un sussurro, accennando al vestito strappato. Sobbalzai ricordando che aveva bisogno di cambiarsi e mi scostai per lasciarla passare, scoprendo che avrebbe occupato la casa accanto alla mia.
 
La ricordo voltarsi all’improvviso, con un movimento leggiadro e fluido, verso di me e sorridere come una bambina.
 
 
E’ buio. C’è puzza di sangue e sudore e corro lungo un condotto fognario. Davanti a me ci sono diverse persone ma vedo solo Katniss e Peeta. Corrono con quanto fiato hanno in corpo, e dietro di noi ci sono gli ibridi, mostruosi, affamati della nostra carne.
Non ci sono parole per descrivere il terrore che provo, nemmeno nell’arena mi sono mai sentito così. E’ come se ci fosse qualcosa a darmi un allarme costante nel cervello.
 
E’ quando stiamo per raggiungere un’uscita che  lo capisco:
Non ce la farò. Morirò qui dentro.
Di nuovo, punto lo sguardo davanti a me dove riesco a vedere solo la treccia di Katniss e la chioma bionda e spettinata di Peeta, come se null’altro contasse a parte loro; gli innamorati sventurati che devono salvarsi per capire entrambi di essere innamorati davvero.
 
Ad un tratto nel vortice confuso di emozioni che mi attanaglia lo stomaco mi viene in mente il volto di Mags e lo sguardo che mi posò addosso prima di incamminarsi nella nebbia velenosa, carico di consapevolezza. Immagino di avere un’espressione uguale alla sua ora.
 
Gli altri salgono, nessuno mi guarda, danno per scontato che io sia lì pronto a uscirne assieme a loro ma non ce la farò. Lo realizzano solo una volta usciti e gli ibridi mi sono già addosso.
 
Sento la carne che mi viene strappata dalle ossa, ma quella sensazione  è solo ai margini della mia coscienza, dominata da quell’unico ricordo felice che riesco a richiamare alla mente:
 
Il dolce sorriso di Annie, che mi fu regalato quel primo giorno e poi per sempre.

 

*Angolo autrice* ehm ... salve a tutti ^^ Vi lascio, non senza temere il linciaggio, questa breve one shot. Fatemi sapere che ne pensate :) Un bacio :*

 
 
   
 
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