Ci sono
orrori inimmaginabili che popolano i nostri sogni, creature ancora
più
spettrali che vivono non molto distante da noi che ci osservano con i
loro
minuscoli occhietti. Solitamente non vengono a contatto con
noi… ma ogni tanto
lo fanno.
A me
è
successo, non più tardi di una settimana fa, di avere un
incontro quasi troppo
ravvicinato con uno di quegli esseri orripilanti.
Tutto
iniziò
con una tranquilla gita in campagna. Era una di quelle giornate estive
in cui
splende il sole e nel giro di dieci minuti può scoppiare il
temporale.
Fu proprio
ciò che accadde, ma per fortuna la buona sorte era dalla mia
parte: mi trovavo
nei pressi di un castello solitario dall’aria abbandonata.
Raggiunsi la cima
della collina pochi secondi prima che cadesse la prima goccia. Lasciai
la
bicicletta sull’erba e mi precipitai verso il portone
d’ingresso che si aprì a
fatica, perché il passaggio era ostruito da calcinacci;
l’entrata era infatti
parzialmente crollata.
La luce
filtrava fioca dai vetri rotti delle finestre e dava alla stanza un
aspetto
lugubre. I mobili erano ricoperti di polvere, ma il pavimento era
stranamente
sgombro, e coperto da innumerevoli piccole impronte, come se degli
animaletti
vi avessero zampettato sopra.
Fu proprio
notando ciò che vidi il primo: un coniglietto bianco, quasi
un batuffolo di
cotone. Aveva il musetto spaventato e quando mi avvicinai a lui,
scappò verso
una zona in ombra. Mi accorsi così che la stanza era piena
di coniglietti che si
nascondevano nell’ombra.
Di primo
acchito, ciò mi sembrò la cosa più
strana del mondo, ma dovetti ricredermi
quando uno di loro mi parlò. Non era diverso dagli altri,
fatta eccezione, per gli
occhi, di un brillante tono di azzurro. Si capiva che era il capo.
Il suono che
emise non uscì dalla sua bocca, ma attraversò
l’aria e giunse a me come se
fosse stato un’onda sonora; tuttavia pensai che mia avesse
parlato con il
pensiero. Questo fu ancora più strano.
Impiegai un
attimo a capirlo, ma, sebbene esso stesse parlando una lingua a me
ignota, alla
fine compresi che mi stava salutando.
Risposi al
saluto, sentendomi una stupida a parlare tranquillamente con un
coniglio.
Chiunque sano di mente sarebbe scappato vedendo un coniglio parlante,
mentre io
rimanevo lì a disquisire con lui. La curiosità
aveva infatti sopraffatto la
paura. In effetti, un coniglio bianco e morbido non poteva certo
incutere alcun
timore.
Mi
raccontò
che non erano semplici conigli, ma esseri alieni venuti sulla terra in
cerca di
cibo, perché sul loro pianeta non ve n’era
più. Mi disse però che le carote
terrestri non avevano lo stesso sapore di quelle da cui provenivano e
che
quindi avevano dovuto cambiare dieta. Fu quando ebbi chiesto cosa
mangiassero
allora, che la mia vita prese una sfumatura da film
dell’orrore.
Dapprincipio
non capii cosa stesse succedendo i conigli si stavano raggruppando
attorno al
capo in un ammasso sempre più alto man mano che i conigli si
aggregavano, la
massa diventava più scura. Quando prese una forma quasi
definitiva il colore
stava virando sul viola scuro. Quando il mucchio smise di ribollire al
mio
cuore mancò un battito: i conigli si erano uniti a formare
un roditore più
grande, viola e con le antenne.
Di per
sé
ciò potrebbe risultare comico, ma vi assicuro che quando
aprì le fauci ed io
vidi i suoi denti affilati come rasoi ed il suo alito putrido mi
travolse, non
trovai nulla di divertente e le mie gambe, che alla vista del mostro mi
erano
divenute molli, scattarono verso la porta e, con un agilità
che non mi era mai
appartenuta, saltai i calcinacci, aprii la porta e corsi alla
bicicletta, con
il coniglio mostruoso alle calcagna.
Agguantai la
bici e pedalai con una foga tale, che presi troppa velocità
e, quando la bici
urtò contro un sasso, venni scaraventata malamente per aria
e precipitai verso
il suolo. Sbattei la testa e svenni.
Quando mi
svegliai vidi le fauci del mostro sopra di me, con la saliva che mi
gocciolava
addosso, pensai che fosse giunta la mia ora, così chiusi gli
occhi, immaginando
i denti del mostro che mi dilaniavano…
Quindi mi
svegliai.
Ero caduta
dal letto ed avevo battuto la testa, così mi ero svegliata.
Mi alzai e mi
accorsi di aver lasciato l’abat-jour acceso. Davanti ad esso,
per nulla
mostruoso, c’era il mio coniglietto Peter, che stava
placidamente mangiando una
carota.
C’era
veramente un coniglio gigantesco, che però non avrebbe certo
nuociuto a
nessuno. L’ombra di Peter ingigantita proiettata sulla parete
assomigliava al
coniglio del mio sogno.
Presi un
gran respiro e tornai a dormire tranquilla.