Man of the hour
Eddie è figlio dell’oceano: nessun altro elemento ha mai saputo farlo
sentire a proprio agio come l’acqua, e la sua stessa infinità non lo spaventa
affatto.
Sa che l’oceano non lo tradirà: lo ha sempre protetto e continuerà a farlo
fin quando il suo cuore non cesserà di battere.
Da quel momento in poi, Eddie stesso diventerà l’oceano.
Tidal waves don't beg
forgiveness
Crash, then on their way
Nelle sue innumerevoli uscite in compagnia della propria tavola da surf e
di se stesso, Eddie ha avuto modo di riflettere a lungo su quel che lo circonda
e sui significati e l’importanza che attribuisce alle varie componenti della
vita.
Gli piace poi pensare all’oceano come una metafora della vita stessa: ci
sono quelli che preferiscono passeggiare sulla battigia e si accontentano di
quella poca acqua che scivola sinuosa tra le dita dei piedi, gli scalmanati che
si tuffano a capofitto – magari bevendo lunghe sorsate e arrivando quasi a
strozzarsi – per poi uscire con fare trionfante e la consapevolezza di aver
vissuto a fondo tutto quello che l’acqua ha loro offerto, e poi le persone che
amano farsi trascinare dalla corrente e che giungono sane e salve a riva, e
altre che magari scompaiono improvvisamente tra i flutti, e neppure l’ombra
pallida di una richiesta d’aiuto ha fatto in tempo ad uscire dalla loro bocca.
I gorghi non sono altro che una sfaccettatura della bellezza immensa che
l’oceano può donare a chi vi si addentra: il segreto sta nel non abbandonarvisi
con troppa leggerezza.
Donarsi, questo è il termine giusto.
Father, he enjoyed collisions
Others walked away
Quando surfa Eddie pensa sempre a suo padre: tra
le onde ha sempre la piacevole illusione di poterlo raggiungere più facilmente…
di essergli più vicino.
Gli sembra quasi di poter toccare con mano i suoi occhi, e di poterli poi far scontrare con i propri, solo un
ammasso di palpebre e ciglia e sale e lacrime e spuma…
Ma quando è in mezzo all’oceano e la schiuma inizia ad avvolgerlo, andando
a sbattere freneticamente sulla tavola e sulla sua pelle, Eddie ripensa a
qualcun altro, qualcuno che non ha mai incontrato ma che ha comunque imparato a
conoscere molto in fretta.
The snowflake falls in May
Come la schiuma è solita sciabordare con impetuosità, così Andy usava avviluppare
con il medesimo fervore chiunque stesse assistendo ai suoi spettacoli o ai
discorsi che intavolava con quella sua parlantina fluente che in tanti gli
invidiavano.
Andy sapeva di non essere l’oceano: l’oceano è quasi banale, nient’altro
che una distesa d’acqua tutta uguale, profonda e pullulata da natanti e mostri
in egual modo… lui invece era consapevole di essere un fiocco di neve da
ammirare nell’aria di maggio.
La neve caduta in quel mese suona come una benedizione, un evento talmente
irreale da apparire sin troppo bello per poter essere apprezzato nella sua
totalità.
Andy sapeva di essere più unico che raro, ma nella frenesia di poter
annoverare gli svariati cristalli che lo componevano aveva forse dimenticato
una cosa importante: l’oceano, nella sua banalità, resta immutato nel tempo… il
fiocco di neve, a maggio, è destinato a combattere una guerra inutile contro il
fango che, prima o poi, lo divorerà.
And the doors are open now as
the bells are ringing out
'Cause the man of the hour is
taking his final bow
Goodbye for now
L’ultimo show che aveva dato era stato lo stesso memorial
del 24 marzo 1990: da quel che gli hanno raccontato, Eddie sa che era stata
organizzata una cosa in grande stile per omaggiare Andy e l’impatto che aveva
avuto su centinaia di giovani di Seattle e dintorni.
Il Paramount Theatre era stato prenotato e
riempito da esponenti della scena musicale locale – per la maggior parte amici
di Wood – più qualche parente e un’infinità di fan dei Mother
Love Bone, ciascuno con la propria candela ben stretta tra le mani e il cuore
ridotto per la prima volta ad essere un pozzo profondo e ricolmo di catrame e
lutto fino all’orlo.
Comunque sia, Andy avrebbe semplicemente cacciato uno strillo entusiasta se
solo avesse visto il suo nome e le date di nascita e decesso troneggiare fiere
all’ingresso dell’edificio, quasi fossero l’insegna di un musical di successo…
Eddie questo in cuor suo lo sa, e nessuno
è mai andato a dirglielo.
Nature has its own religion,
gospel from the land
Il segreto del surf, come quello che sta alla base della vita, consiste
solamente nel rispettare i tempi della natura: se l’uomo ha fretta di godere,
bramosia di succhiare fino al midollo ciò che l’universo ha da offrirgli,
quest’ultimo non farà altro che rallentare il proprio corso e lasciarlo con un
palmo di naso.
Forse anche Andy lo aveva capito, prima di lasciare tutti quanti con un
ultimo coup de théâtre, il più crudele ed efficace
che avesse mai potuto escogitare… o forse lo stava ancora ricercando, chi lo sa.
A Eddie piace credere che un giorno o l’altro avranno modo di confrontarsi,
appianando così le sicure divergenze in grado di distanziarli e rinsaldando con
maggior vigore le opinioni che in un qualche modo li accomunerebbero.
Father ruled by long division,
young men they pretend
Old
men comprehend
A dir la verità Eddie sente Andy un po’ vicino a sé anche per il fatto che
entrambi non abbiano avuto molta fortuna in campo familiare: uno il vero padre
non l’ha mai conosciuto, l’altro avrebbe fatto meglio a non averci nulla a che
fare… avevano praticamente trascorso le loro gioventù ricercando se stessi o
anche soltanto un misero barlume d’identità in un cognome o in un po’ di cerone
bianco, e Eddie rimpiange il fatto di non poter chiedere ad Andy se a lui, alla
fine, questa ricerca abbia fruttato veramente qualcosa.
Sarebbe stato bello poter invecchiare
insieme… magari avremmo potuto comprenderci a vicenda e provare a spiegarci
l’un altro, entrambi libro e lettore.
Entrambi vecchi e nodosi, ma vivi.
And the sky breaks at dawn,
shedding light upon this town
They'll all come 'round
La punta del pennarello percorre un breve e rapido tragitto per tre o
quattro volte, facendo così scomparire il titolo di una canzone che Eddie ha
scritto poco fa e che non lo ha convinto del tutto: fuori intanto piove e la
gente ha iniziato a mettersi in coda, i biglietti ben stretti tra le mani e
l’agitazione pre-concerto bella scalpitante.
Eddie rimugina sulla setlist, mordicchia un po’
il tappo del pennarello e inclina leggermente il capo per vedere se, da un
differente punto di vista, questa possa finalmente andargli a genio.
Nulla da fare: creare una scaletta convincente – sincera – si rivela sempre essere uno dei compiti più difficili che
gli spettano.
Bisogna iniziare col botto, poi infilarci qualche pezzo più calmo e, quando
il pubblico meno se l’aspetta, pigiare con foga sull’acceleratore e schiaffarci
dentro le hit più pesanti… e occorre anche saper gestire bene le perle, i regalini inaspettati che lo
spettatore, inconsapevolmente, sta sempre lì ad aspettare.
Poco importa se siano cover o canzoni che la band non suona da anni e che
daranno a Stone un ottimo motivo per brontolare dietro le quinte: il concetto fondamentale è donarsi, sempre e
comunque.
Quando Eddie ha completato la setlist e ha potuto
finalmente sollevare il proprio sguardo dal foglio, la pioggia ormai ha smesso
di cadere da un pezzo.
Ora può uscire a fumarsi una sigaretta di nascosto, mentre la gente
continua a confluire nella KeyArena con l’irruenza e
l’allegria che notoriamente contraddistinguono i fan dei Pearl Jam.
Eddie sorride tra sé e sé: sono lì per loro… sono lì per lui.
'Cause the man of the hour is
taking his final bow
Goodbye for now
Eddie beve una generosa sorsata dalla bottiglia di vino e lancia uno
sguardo veloce al foglio della setlist, poco distante
dai suoi piedi: il momento è arrivato.
Si scambia un cenno d’intesa con Jeff e Stone e, quando le mani di Boom
iniziano a pigiare delicatamente sui tasti del pianoforte, il pubblico esplode
in un boato.
Poi sono solo applausi, urla entusiaste e occhi lucidi nelle prime file;
Eddie sa che non sono solo loro ad essere commossi: lui stesso ha la voce che
trema e le nocche ormai pallide, ma è comunque una bella sensazione.
And the road the old man paved
The broken seams along the way
The rusted signs, left just
for me
Sin da quando è entrato a far parte dei Pearl Jam, Eddie ha sempre
confrontato se stesso con Andy: d’altronde farlo è stato praticamente
inevitabile.
Lui non era altro che l’ultimo arrivato, quello che si aggrappava al
microfono e si nascondeva ostinatamente dietro i ricci scarmigliati, cercando
di sostenere a fatica il peso di un’eredità piombatagli addosso
inaspettatamente, e forse anche troppo presto.
Molto spesso si è chiesto cos’avesse pensato Seattle – la gente comune, i
musicisti del posto, perfino le strade – quando aveva dovuto scambiare Andy
proprio con lui: lasciar partire all’improvviso quel folletto biondo, così
irriverente e sfacciato e meravigliosamente stravagante, per ritrovarsi al suo
posto un tipo schivo, distaccato e perennemente incazzato con il mondo era
stato veramente un bell’affare?
Aveva voluto avere qualche registrazione live dei Mother
Love Bone, Eddie: si era studiato quelle videocassette di nascosto,
ritrovandosi inevitabilmente catturato dal carisma di Andy e dalla sua
vitalità, tutte qualità che, con il tempo, lui stesso era riuscito a far
proprie e a padroneggiare con una certa sicurezza.
Sapeva inoltre che il suo destino era fatalmente destinato ad essere legato
a doppio filo con quello di Wood: era difficile da ammettere ma, dove c’era
uno, l’altro non poteva stare.
A Eddie è sempre dispiaciuto non poter condividere con Andy certe
esperienze, ma non si è mai deciso ad esprimere apertamente quei pensieri; è
una cosa soltanto fra loro due, Stone e Jeff lo capirebbero.
D’altronde è stato come essere un viandante perso tra la nebbia, la pioggia
e i muri scrostati della città: Andy è stato il faro che, in un certo senso,
l’ha guidato attraverso tutto quel groviglio di capelli al vento, cavi
elettrici e muffa… Andy è la strada,
costellata di segnali scalcagnati e arrugginiti dal tempo, ma ancora lì,
presente nonostante tutto.
He was guiding me, love, his
own way
Eddie chiude gli occhi e lascia che il pubblico canti al posto suo, mentre
le parole aleggiano nella KeyArena come presenze
vivide e tangibili.
“Questo è il mio tipo d’amore, è il
tipo d’amore che passa oltre, è il tipo d’amore che mi lascia da solo…”
urlano tutti a squarciagola, mentre Jeff e Stone cantano i cori e sorridono
soddisfatti.
Poco dopo Eddie riapre gli occhi e, di fianco a sé, intravede una chioma
bionda risplendere sotto i riflettori, l’enorme cappello da leprechaun,
una familiare calzamaglia a stelle e il microfono a mezz’asta impugnato senza
alcun timore.
Andy gli rivolge un occhiolino e gli si fa vicino, per poi indicargli il
foglio per terra: in alto a destra, accanto allo schizzo veloce di un’onda,
sono comparsi un fiocco di neve stilizzato e le loro iniziali, intrecciate come
la più ostinata delle edere.
Gli angoli della bocca di Eddie si sollevano piano finché l’altro gli
rivolge un inchino e l’ombra di un sorriso; l’uomo del momento si offre
un’ultima volta al pubblico, dopodiché torna ad aleggiare nell’aria come una
ragnatela di ghiaccio e cristalli, mentre poco distante l’oceano continua a
sciabordare e ad avvolgere lui e migliaia di altre facce con le sue onde
placide.
Now the man of the hour is
taking his final bow
As the curtain comes down
I feel that this is just
goodbye for now
Note autrice
L’8 gennaio 1966 Andrew Patrick Wood nacque a Columbus: 8836 giorni dopo si
spense a Seattle.
Aveva poco più di ventiquattr’anni.
Avevo in cantiere il progetto di scrivere una storia su Andy da un sacco di
tempo, ma non sono mai riuscita a decidermi a iniziarla: prima o poi riuscirò a
scrivere quelle dal punto di vista di Cornell e di Xana ma, per ora, mi limiterò a lasciare un breve commento
a quella che avete appena letto.
Man Of The Hour rientra sicuramente nella mia Top 5 di
canzoni dei Pearl Jam che amo alla follia (e, badate bene, stilarla è stata una
fatica indescrivibile!): da quando sono venuta a conoscenza delle vicissitudini
personali di Andy, poi, non ho potuto fare a meno di attribuirgli l’appellativo
di uomo del momento e di associarlo
alla suddetta canzone.
Sapevo che prima o poi avrei utilizzato questo brano come sfondo, cornice
per un tributo su di lui, ma non sapevo quando e come sarei riuscita a farlo…
sono solita scrivere i tributi ai musicisti che, in un qualche modo, sono
riusciti a dare una svolta alla mia esistenza in occasione dell’anniversario
del loro decesso.
Le storie dal punto di vista di Cornell e Xana, che prima o poi mi auguro di riuscire a scrivere,
saranno proprio incentrate sulla scomparsa di Andy; però un giorno c’ho pensato
su e mi sono detta “Ma perché non scrivere un tributo alla sua nascita, al suo
essere semplicemente se stesso?”
E quindi eccomi qua.
Dopo aver letto questo scritto una mia cara amica mi ha fatto notare come
in circolazione non vi siano racconti che accostino la figura di Andy a quella
di Eddie, e io stessa sono rimasta stupita: il confronto tra loro due a me
sembra una delle cose più scontate e ovvie che possano balenare in mente a chi
conosce i Pearl Jam e i vari avvenimenti che hanno portato alla loro nascita,
eppure è vero, non ho ancora letto nulla su loro due.
Il mio vuole quindi essere solo un omaggio a due dei miei artisti preferiti,
un tributo al fiocco di neve di maggio che abbiamo avuto modo di ammirare per
pochissimo tempo e all’oceano che lo ha abbracciato e che continua ad evocare
il suo nome, la sua figura in giro per il mondo.
Ringrazio mio fratello Daniel per
l’avermi introdotto alla meravigliosa scena musicale di Seattle e l’aver
sopportato le mie cialtronerie sull’Emerald City ed illustri cittadini durante
quest’ultimo annetto… e, ovviamente, l'adorabile Kip: oltre ad essere una
superlativa co-autrice di scritti a quattro mani, sei uno spirito affine nonché
una splendida amica… questa storia è nata anche grazie a te.
Buon compleanno, Andy.