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Autore: Hi Fis    09/01/2014    3 recensioni
One Shot ambientata subito dopo l'assalto di Cerberus alla Cittadella e di alcune delle sue conseguenze, come la morte di un vecchio amico. Se non avete finito Mass Effect 3, può contenere spoiler.
Può essere letto separatamente dalle mie raccolte precedenti.
Genere: Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Liara T'Soni
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Io credo che le storie che chiunque scrive vivano di vita propria: questo pezzo, basato fortemente su un dialogo realmente presente in ME3, non è diverso. Avevo cominciato a scriverlo con un'idea diversa in mente, ovvero dare una voce e un interpretazione a tutti coloro che quando il sopravvisuto di Virmire chiede di tornare a bordo hanno risposto: "Richiesta negata."
E invece, nonostante le mie migliori intenzioni, la storia ha preso una piega differente. Spero che vi piaccia lo stesso, abbastanza magari da lasciare una recensione.


 
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
 
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
 
Ma nel cuore
nessuna croce manca
 
E' il mio cuore
il paese più straziato
 
G. Ungaretti - S. Martino del Carso

***
 
Ogni guerra toglie qualcosa all'universo: è nella sua natura. Prendere e privare, senza dare niente in cambio.
 
Garrus la trovò dove si aspettava che fosse: il muro della memoria. L'unico luogo a bordo in cui poter esprimere il proprio lutto.
Un pezzo alla volta, la guerra contro i Razziatori stava privando l'equipaggio della Normandy di ogni cosa: salute, memorie, tempo... amici. Garrus non sapeva cosa fosse più terribile: perdere i propri compagni, un'eventualità certa in ogni guerra, o scoprire di cominciare a dimenticarli.
Non era mai uguale: c'erano giorni migliori di altri, c'erano giorni in cui era possibile celebrare quasi con piacere i volti e i suoni del passato. Giorni in cui Garrus quasi riusciva a toccare gli spiriti dei suoi vecchi commilitoni: non parlavano mai, ma il Turian quasi poteva credere che vegliassero su tutti loro. E poi c'erano giorni come quello, in cui un altro nome si aggiungeva sul muro: un altro compagno che raggiungeva gli spiriti dei venti uomini e donne che non erano riusciti a fuggire dalla Normandy SR1.
Il comandante passò una mano sul nuovo nome, come a spazzare via polvere che non aveva ancora cominciato a posarsi: Thane Krios, il sicario; il Drell lasciava una vita spesa come assassino, un figlio che era cresciuto odiandolo e pochi rimpianti.
"...Kalahira, signora delle profondità imperscrutabili, io chiedo perdono." Sussurrò il comandante.
"...Kalahira, le cui onde consumano le pietre e la sabbia... mondalo dai suoi peccati e conducilo alle distanti rive dello spirito infinito."
Con mani tremanti, il comandante accese una candela e la posò ai piedi del muro: non era la prima, e non sarebbe stata l'ultima in quella Guerra. Ma forse... forse erano già diventate troppe: troppe per il comandante, per qualcuna che come lei era già morta una volta e che moriva un po' di nuovo ogni giorno.
"...Guidalo nel luogo dove il viaggiatore non è mai stanco, l'amante non parte mai, l'affamato non ha mai fame. E lui sarà per te un compagno così come lo è stato per noi." concluse, facendogli cenno di avvicinarsi.
Garrus non si era illuso di poterla sorprendere: con così tanto a rischio, Shepard non poteva abbandonarsi alle emozioni nemmeno per un momento. Una parte di lei era, doveva essere, sempre vigile, pronta a rispondere secondo la logica più spietata e terribile: quella di una guerra per l'esistenza.
"È morto con questa preghiera sulla labbra." sussurrò il comandante con voce rotta: "...è morto pregando per me."
Il Turian non seppe cosa dire: dategli in mano un'arma e avrebbe capito come usarla accarezzandone il grilletto. Ma per confortare il suo mentore, Garrus era peggio di un ubriaco smarritosi in un campo minato.
Il comandante lasciò cadere la mano lungo il fianco, continuando a parlare:
"...Nessuno aveva mai pregato per me. Nemmeno io prego per me stessa. Ci..." il comandante dovette interrompersi, soffocando un singhiozzo con la mano: "...tramandiamo l'ateismo in famiglia da quattro generazioni. È il motivo che ha spinto la mia famiglia nello spazio... Perché allora fa così male?"
Un altro singhiozzo strozzato, un altro brivido nelle spalle: Garrus si meravigliò ancora una volta di come quel cataclisma del campo di battaglia, la sua migliore amica, potesse sembrare così fragile fuori dalla corazza e senza il suo fucile in mano.
"...E non serve a nulla ripetermi che era terminale. Che sarebbe dovuto morire un anno fa, se si fosse arreso alla malattia. Che è morto da eroe. Ma in un letto. Con Kolyat al suo capezzale. Lo SO: ma non smette di fare male." Shepard si batté il pugno sopra il cuore, forte abbastanza che il Turian sentì il suono cupo di ossa che non erano più solo calcio. Garrus le si affiancò, sentendo il bisogno di fare, di provarci almeno: la sua mano di tre dita le si appoggiò sulla spalla e Shepard non si ritrasse. Pochissimi avrebbero osato farlo e meno ancora avrebbero ricevuto il consenso del comandante: non avrebbe mai accettato pietà in quel momento.
Fu una fortuna che i lineamenti di Garrus, scagliosi e senza labbra, non potessero esprimerla.
"Ed è così dannatamente ingiusto. E sono così dannatamente ingiusta e sleale anch'io..." mormorò il comandante.
"... È per Valern che i Salarian schiereranno la loro flotta al completo?" Garrus aveva sentito la voce, ma non aveva collegato le due cose fino a quel momento.
Shepard assentì lievemente, incrociando la sguardo col suo: occhi violetti in azzurro acciaio.
"E finalmente, anche Sparatus e Tevos sembrano aver tirato fuori la testa dalla sabbia per una boccata d'aria..." Il comandante tornò a fissare lo sguardo sul muro: "...La vita di uno dei miei per una flotta. Non il peggiore degli accordi che ho fatto finora..."
"Ma?"
"...Ma se fossi stata sincera con me stessa, se avessi potuto seguire il mio cuore, allora io oggi li avrei salvati da Cerberus. E poi li avrei uccisi tutti a sangue freddo."
Garrus non ritirò la mano quando i poteri biotici del comandante l'accesero come un sole freddo: non fu facile, ma riuscì a imporselo. Loro si coprivano le spalle a vicenda dalla Normandy SR1 e Garrus sapeva che cosa Shepard fosse sul campo di battaglia. Ma quella guerra, in cui tutta l'esistenza era a rischio, la stava lentamente trasformando, non in un animale, perché perfino le bestie possono trovare piacere nella carne e nel sangue, ma in qualcosa di fin troppo simile a ciò che combattevano ogni giorno: un Razziatore in forma umana.
Quanto a lungo si possono sopprimere i propri istinti e le proprie emozioni prima che scompaiano del tutto?
"Se davvero si fosse arrivati al punto, se Ashley non ti avesse creduto, saresti davvero riuscita a premere il grilletto, Shepard?" le chiese.
I poteri biotici del comandante svanirono in una nuvola elettrostatica e odore di ozono prima che trovasse il coraggio di rispondere:
"Sì. Se non si fosse tirata indietro, allora le avrei sparato in faccia." Nessuna esitazione nella risposta del comandante: "Questa guerra è più grande di ognuno di noi, Garrus. Quando siamo là fuori, il mio cuore e i miei sentimenti non hanno posto. Non devono..." concluse scuotendo la testa.
Il Turian lasciò andare la sua spalla e incrociò le braccia, mimando inconsciamente la più classica delle abitudini del comandante:
"Sono felice che Ashley non abbia raggiunto Kaidan sul muro Shepard. Perderne uno su Virmire... è stato abbastanza."
Il comandante non commentò, ma Garrus notò che la sua schiena era un po' meno rigida e i suoi muscoli un po' meno tesi: fu per questo che decise di continuare.
"È per questo che non l'hai voluta a bordo quando ti ha chiesto di unirsi all'equipaggio?" C'era anche lui quando Williams aveva praticamente placcato il comandante sul molo della Normandy: non si era fermato, ma non era necessario essere un ex detective per sapere cosa Ashley avesse chiesto in quel momento.
"...Disapprovi?"
Garrus scosse la testa:
"No. Semplice curiosità."
"... Sei davvero un pessimo Turian." il sorriso sulle labbra del comandante non si rifletteva nei suoi occhi, e anche se stirava le cicatrici quasi invisibili degli impianti di Cerberus, non le nascondeva affatto.
"E tu stai deflettendo la mia domanda Shepard. Hai paura che la situazione possa ripetersi?"
"Che lei mi punti una pistola contro?"
"Sai cosa intendo."
"..Sì. Lo so. È solo..." Il comandante sospirò, appoggiandosi una mano sul collo, in un gesto imbarazzato: "Sai cosa vedo quando guardo Williams, Garrus?"
Il Turian scosse la testa.
"Vedo la stessa persona che ho incontrato sulla Normandy Sr1."
"E questo è un male perché...?."
"..Per lei, Garrus, non è cambiato niente. Solo noi: soprattutto io. E non è solo per la tecnologia che Cerberus mi ha messo dentro, che mi fa muovere e respirare di nuovo."
Il comandante passò delicatamente la mano sul nome di Mordin Solus, che col suo sacrificio aveva reso possibile l'intesa Krogan- Turian. E ora che Thane aveva salvato il consigliere Valern dagli assassini di Cerberus a costo della propria vita, i Salarian si erano finalmente schierati al completo contro i Razziatori.
"Siamo dovuti cambiare perché altrimenti non avremmo potuto accettare i soldi di Cerberus e questa nave. Siamo dovuti cambiare perché altrimenti saremmo morti inseguendo i Collettori."
"Non siamo cambiati così tanto..."
"Garrus: ti ho trovato su Omega mentre cercavi di suicidarti con tre bande mercenarie."
"...Sono un pessimo Turian, no?"
Il comandante scosse la testa: chi si nascondeva adesso dietro a falso umorismo?
"Noi siamo dei sopravvissuti. E abbiamo visto e combattuto abbastanza da sapere che stare da questa parte della trincea non fa di noi persone buone di per se. Che una bandiera colorata non ci dà ne forza ne ragione. Ashley... lei non vede tutto questo."
"Dovrebbe."
"Forse... E forse riuscirebbe perfino a sopportarlo. Ma a cosa servirebbe? Sulla Sr1 era pronta a farsi ammazzare per riscattare l'onore della sua famiglia... come se allora importasse. Qui, sulla Sr2? Cercherebbe di fare il doppio solo per riscattarsi, fra persone che non hanno più tempo. O a cui non importa. Ma lei non ne ha la forza Garrus e non potrebbe accettare metà di quello che succede qui a bordo: morirebbe lungo la strada o sul campo di battaglia solo per testardaggine. Non è una sua colpa, ma lei è così... debole. Non voglio dover sopravvivere anche a lei. Tocca a noi difenderli: altrimenti, sarebbe come se avessi premuto quel grilletto. Come se avessi già messo il suo nome su questo muro."
"Lei non lo sa vero?"
"Certo che non lo sa. Quando mi ha chiesto di salire a bordo le ho dato ragioni perfettamente plausibili per non farlo. E anche perfettamente false."
"Pessima umana."
"Lo sono. Se posso mentire per rendermi questa guerra più facile, lo farò. Si fottano le conseguenze."
Il Turian assentì distratto: per molti di quelli a bordo, i peggiori colpi al morale provenivano sempre dai loro alleati. Stupidi, meschini, gretti, egoisti e a volte persino crudeli: aggrappati spasmodicamente a poltrone che affondavano invece di cercare un salvagente. E nonostante questo la Normandy combatteva per tutti loro, perché tutti volevano una possibilità: e il comandante Shepard e il suo equipaggio avrebbero fatto del loro meglio perché la avessero.
"...Quindi è così che hai ottenuto la più grande coalizione che la galassia veda dalla sua nascita. E pace, pace vera, anche se nel momento più buio della nostra storia, tra razze che si sono odiate per più di dieci millenni. Impressionante."
"...Ne è valsa la pena almeno?"
Il Turian non ebbe bisogno di pensarci:
"Ne vale la pena. Anche solo per vedere Turian e Krogan mettere da parte l'odio e smettere di guardarsi attraverso un mirino... Spiriti, se riesci a fare qualcosa del genere anche con i Razziatori ti prometto, farò in modo di farti fare Santa."
"...Atea, ricordi? E... vorrei evitare di morire. Di nuovo."
Garrus si rese conto di quello che aveva detto:
"Non succederà. Non fino a quando posso fare qualcosa per impedirlo..." Quello che il Turian non si aspettava, era che il comandante lo interrompesse baciandolo sulla sua guancia sfregiata:
"Sei dolce, Garrus. Ma... non lo voglio. Non voglio che tu sia un altra persona a cui dovrò sopravvivere. Un altro nome su questo muro."
Shepard non gli permise di rispondere, perché gli diede le spalle e si diresse verso la lounge, appena qualche portellone più in là: non lo invitò a seguirla e Garrus la lasciò andare.
Il Turian sapeva perché volesse stare sola: o meglio, perché lui non potesse seguirla in quel momento.
Ma quando le porte la nascosero alla sua vista, Garrus scattò di corsa dirigendosi alla stanza di Liara, animato da un bisogno che non poteva essere ignorato.
 
La stanza della dottoressa era sullo stesso ponte, ed era il luogo dove l'Asari raccoglieva e organizzava l'intelligence che i suoi agenti le inviavano da tutta la Galassia: un'attività indispensabile per le sortite della Normandy nei territori occupato dai Razziatori. Ma in quel momento quelle informazioni, quell'apparato, erano solo un ostacolo: ed era meglio che la dottoressa fosse pronta ad ascoltarlo, o che gli spiriti gli fossero testimoni, Garrus l'avrebbe buttata fuori di peso.
Non perse nemmeno tempo a bussare e se la porta non si fosse aperta automaticamente, probabilmente il Turian l'avrebbe sfondata di peso.
La cabina di Liara era piuttosto spaziosa, ma coperta interamente da computer, schermi olografici, datapad e quella che Garrus sapeva essere l'unica interfaccia hardware esistente capace di connettersi agli impianti di Shepard.
Offriva al comandante la possibilità di potenziarsi ulteriormente, includendo ancora più hardware e software ad un corpo che aveva già da tempo oltrepassato i limiti non solo umani, ma anche Krogan. A Garrus, quell'oggetto offriva la possibilità di prenderle entrambe in giro scherzando sul fatto che giocassero al dottore nella stanza di Liara... il che aiutava tutti a non pensare a cosa davvero Shepard stesse facendo a se stessa e perché.
L'Asari non lo stava aspettando e fu sorpresa nel vederlo entrare: Liara si perdeva spesso nella sua rete di spie, dimenticandosi quello che la circondava. il Turian era lì per ricordarglielo:
"Garrus qualcosa non va?"
"Sì. Si tratta di Shepard, Liara."
"Cosa è successo?"
"...Sta male. La morte di Thane l'ha ferita più profondamente di quanto pensassi possibile. Sta andando in pezzi, Liara e io non posso aiutarla, a parte venire qui e ordinarti di andare da lei."
"Garrus..."
"No Doc, ascoltami: so che il tuo lavoro è importante e senza la tua intelligence voleremmo alla cieca, ma dovresti prenderti una pausa con Shepard..."
"Garrus..."
"...Perché noi altri non possiamo fare niente per aiutarla. Il mondo le sta crollando addosso, Liara: tu sei la sua ultima ragione per continuare a vivere."
Liara non tentò di avere la sua attenzione questa volta: lo chiuse in un campo di stasi, rendendolo finalmente muto. Con la grazia della sua specie, L'Asari posò il datapad che aveva in mano, si alzò in piedi allacciandosi meglio il suo camice e lo lasciò andare in un unico movimento fluido:
"Dov'è?"
"Lounge." rispose il Turian e l'Asari lo superò in un balzo.
"Garrus?" gli disse, mentre stava già uscendo
"Sì?"
"Grazie."
"Era il minimo che potessi..." ma le porte si erano già chiuse fra loro. Garrus non si sentì meglio, ma nemmeno particolarmente in colpa: quelle due avevano più bisogno l'una dell'altra di quanto capissero.
C'erano giorni migliori di altri sulla Normandy: quello era stato infernale. Garrus controllò il suo cronometro: mancavano ancora 14 ore all'alba artificiale della Cittadella. Così tante cose potevano ancora andare male. Ma il domani li avrebbe trovati di nuovo in prima linea: era quello il loro posto.
  
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