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Autore: _Two of Spades_    10/01/2014    1 recensioni
Il nero ormai era il colore della sua vita, l’oscurità oltre che nella vista si propagò anche nel suo cuore.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Il nero, il niente.
Sentiva suoni, ma non vedeva lo stereo.
Sentiva odori, ma non ne sapeva la provenienza.

Il nero ormai era il colore della sua vita, l’oscurità oltre che nella vista si propagò anche nel suo cuore.
Non riusciva a vivere così, non voleva vivere così. Alfred era sempre disponibile ad aiutarlo, lo portava dove voleva, faceva tutto il possibile, ormai abitava praticamente con lui dopo che Arthur era diventato cieco.

Una mattina Alfred si avvicinò ad Arthur, era seduto su una poltrona davanti alla finestra, non poteva vedere niente, ma sentiva che la luce del sole gli faceva bene.
“Senti Arthur io devo andare a prendere due cose. Posso lasciarti qui?”
L’inglese si volse nella direzione di quella voce, avrebbe tanto voluto rivedere il suo viso, i suoi bellissimi occhi azzurri, aveva sempre paura che un giorno si sarebbe dimenticato dei lineamenti del suo viso, una cosa che non si sarebbe mai perdonato è quella di aver dimenticato il suo sorriso.
“Certo, ti aspetto qui.” Provò a rivolgergli un sorriso, non voleva che Alfred si preoccupasse.
“Ok, torno subito.”
Arthur senti il suo respiro caldo e le sue labbra scoccargli un bacio sulla fronte.
Poi sentì solo dei passi e una porta chiudersi.

Solo.

Era rimasto da solo, il silenzio di quella stanza era troppo pesante da sopportare, l’unico suono che regnava era il ticchettiò dell’orologio.
Rimase seduto sulla poltrona finchè il suono divenne insopportabile.
Provò a camminare verso la televisione, tutto quello che voleva era solo del rumore, si sentiva solo anche se sapeva che Alfred prima o poi sarebbe tornato.
Dopo essere inciampato sul filo del telefono riuscì ad appoggiarsi sull’apparecchio che stava cercando, fece un sospiro di sollievo pensando che finalmente quella tortura sarebbe terminata, tastò il tavolino che reggeva la televisione alla ricerca del telecomando, solo dopo aver toccato tutta la superficie si rese conto che il telecomando non c’era.
Cerco di mantere quel briciolo di sanità mentale che gli rimaneva pensando a cos’altro avrebbe potuto fare.
A un certo punto gli venne un illuminazione: i suoi libri.
I libri a cui aveva dedicato ore intere, i libri che gli avevano lasciato emozioni, i libri che lo avevano fatto ridere, ma anche piangere, i libri che con la fantasia erano riusciti a staccarlo per un po’ dalla sua vita.
Si diresse a passo incerto verso la sua libreria, nonostante abitasse da anni in quella casa non riusciva a orientarsi. Doveva toccare ogni superficie cercando di riconoscere l’oggetto e di ricordarsi in quale punto della stanza si trovava. Tastò le fredde superfici di legno inciampando più volte con il tappetto, ma alla fine riuscì ad arrivare a quella libreria. Subito afferrò un libro, accarezzò la copertina rigida, sentire di nuovo l’odore della carta che da tempo aveva ormai dimenticato gli  fece prendere una fitta al cuore e subito gli si balenò un pensiero nella mente

“Non posso leggerlo.”

Quel singolo pensiero bastò per distruggerlo, scaraventò il libro contro qualcosa che non riuscì a identificare.
La disperazione lo fece piegare  a terra con le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi.
Si sentiva un incapace, non poteva fare niente da solo, doveva sempre chiedere aiuto a qualcuno, a volte desiderava solo di morire per mettere fine a tutta quella sofferenza.
Nella sua testa c’era solo un singolo pensiero che lo tormentava notte e giorno:

“Perché a me?”




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Oooook, quando ho cominciato questa One-shot ero partita con molto entusiasmo, solo che a metà il blocco dello scrittore mi ha preso alla sprovvista, è da mesi che l'ho scritta e oggi finalmente l'ho finita. Grazie a tutti quelli che hanno letto, e ringrazio tutti quelli che recensiranno, sia in positivo che in negativo. :)
Ciao ciao.
  
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