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Autore: marzia ds    12/01/2014    0 recensioni
"In quel preciso istante, si accorge di lui: seduto sul davanzale di una finestra sproporzionatamente larga, la gamba sinistra in bilico fuori dall'argine delle imposte, l'altra appena piegata ma pur sempre poggiata sull'asse di legno laccata di bianco, un ragazzo dai sinuosi ciuffi eburnei screziati d'argento s'intrattiene giocando col fiocco dell'obi malamente allacciato, le iridi chiare che, annoiate, fissano un punto qualsiasi del panorama che scorge oltre il bosco nel suo cortile."
{Killugon - Kurapika x Pairo - Accenni Past!Killumi}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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Alzarsi dopo una notte del genere non è mai semplice, e per quanto tu possa essere educato al dolore, la sensazione delle membra che si lacerano non è mai facile da ignorare.

Kalluto entra silenzioso in camera, il passo leggero, simile al battito d'ali di una falena, il kimono che gli fascia il corpo eccessivamente esile, femmineo, fra le mani un barattolo in vetro pieno per metà di una sostanza verdognola.

-Nii-san- pronuncia con voce sottile, poggiandosi appena sulla sponda del letto -Ho chiesto alla mamma di poter venire io... Ultimamente il fratellone Illumi si accanisce contro di te, ho pensato che non vederlo dopo quello che ti ha fatto ieri potesse farti bene- spiega debolmente, timoroso di poter graffiare con le sue parole le orecchie già assordate del suo amato fratello maggiore

-Kalluto- lo chiama l'albino, la voce roca attutita dal cuscino, le lenzuola chiazzate in più punti di rosso che gli coprono la schiena eburnea. Il bruno scatta in avanti, non potendo fare a meno di preoccuparsi per colui che raccontava favole ambientate in luoghi lontani e mai visti a lui ed Alluka quando Silva aveva cominciato ad indirizzarli verso quello che poi sarebbe diventato il loro lavoro, sperando in tal modo di poter far vivere loro qualche ora di ingenua fanciullezza.

Killua gli afferra il polso, facendolo stendere sul materasso, cercando le sue iridi ametista nella nebbia del risveglio: quando le trova, il minore trasale spaventato, arretrando inconsapevolmente. L'essenza di suo fratello sta sgorgando via amplesso dopo amplesso, e lui davvero non sa cosa fare, rimanendo agghiacciato dinnanzi allo sguardo anticamente zaffiro che ormai ha perso quello sprazzo di vita che un tempo si ostinava a sopravvivere, la voglia di libertà ben espressa nel cielo nebuloso racchiuso dalle palpebre.

-Ti accompagno in bagno, vuoi?- domanda rispettoso, mettendosi un suo braccio intorno alle spalle magre, tentando di dargli sostegno. I suoi muscoli non rispondono agli stimoli esterni e il desiderio di piangere cresce sempre più, gravando nel petto, perché il suo fratellone sta appassendo come la più bella delle rose e, nonostante la sua bellezza abbagli e stupisca, nessuno di coloro che la amano riesce a farla sopravvivere. Se lo corica a fatica sulle spalle, potendo finalmente udire la melodia di cuore e polmoni che gli invade l'udito: il sollievo che si espande, permeando le membra di un lieve torpore, lo convincono a resistere passo dopo passo, nonostante il peso che, seppur esiguo, grava sulla sua muscolatura mai sviluppata. Apre la porta del bagno con un calcio instabile, dirigendosi con quel poco di resistenza rimastagli verso la vasca in ceramica, poggiando il corpo indolenzito sul bordo lindo, seguendolo in ogni movimento con le mani tremanti, provate dallo sforzo.

Apre la valvola del rubinetto in ottone, girandola con insistenza tutte le volte necessarie ad ottenere una temperatura congeniale, portandosi poi verso l'unico oggetto presente in quella camera, un mobiletto basso contenente oli, essenze e asciugamani puliti. Afferra quel che sa essere lo shampoo meno disprezzato dal fratello, afferrando poi qualche altra boccetta dal profumo esotico, versandone il contenuto per buona parte nell'acqua che man mano sale di livello.

Interrompe il flusso con un gesto secco mentre l'imboccatura lascia libera un'ultima goccia che scompare in uno zampillo, nel mentre slaccia l'obi color crema, pronto per immergersi e così lavare il giovane dalla chioma lattea.

-Fermo!- urla a gran voce, fermandolo immediatamente. Alza il volto, gli carezza stanco una guancia e il bruno annuisce comprensivo, rintanandosi ancora privo d'abiti in un angolo, sedendosi sulle piastrelle gelide. Il maggiore, con quel gesto forzato, gli ha chiesto gentilmente di uscire fuori dalla camera eppure il minore non riesce a lasciarlo solo, la paura che possa crollare sul peso delle sue stesse gambe che lo attanaglia prepotente.

Killua si alza con movimenti lenti e fiacchi, si porta le mani a coppa verso il viso e si sciacqua, sperando così di ritornare un minimo nel mondo dei vivi. Quel che fa dopo gli lacera quel briciolo di orgoglio che proprio non riesce ad abbandonare, avviluppato tenacemente al suo animo evanescente: poggia la mano sinistra davanti a sé, sorreggendosi, la destra invece raggiunge l'ano, allargandolo con indice e medio, mentre lo sperma di Illumi cola pigro fra le soffici nuvole di schiuma, mescolandosi alle bolle che avvolgono le sue gambe puerili.

Kalluto prova una pena immensa guardando suo fratello che cerca di privarsi della presenza del primogenito mentre, parallelamente, una paura furiosa sferza il suo cuore in tumulto: il suo Nii-san si è battuto, sacrificando il suo corpo e il suo spirito, pur di ritardare a lui, ancora ingenuo decenne, il dolore e l'umiliazione della penetrazione effettuata prima da un membro della famiglia e poi dal miglior offerente. Vorrebbe aiutarlo, ringraziarlo, eppure cosa può fare lui, colui che all'interno della famiglia è al più basso gradino della scala gerarchica, per poterlo salvare dal baratro che lo attira nelle sue viscere senza possibilità di far ritorno?

-Otouto- sussurra, richiamandolo, invitandolo ad avvicinarsi al margine in ceramica che li divide.

-Un anno fa il tuo fratellone ha conosciuto un ragazzo dal carattere inusuale, non avevo mai incontrato persone che gli somigliassero, neanche vagamente: il suo aspetto era piuttosto comune, incarnato roseo, zazzera scura, due occhi ebano che, colpiti dalla luce, divenivano screziati d'oro- inizia a raccontare, le dita sottili che scoppiano una dopo l'altra le bolle che galleggiano dinnanzi a lui

-Cos'aveva di tanto speciale, Nii-sama?- chiede curioso, il ricordo della sua infanzia passata coccolato fra le braccia del suo amato cantastorie che bussa nostalgico, riempiendolo di un entusiasmo puramente bambinesco

-Mi ha fatto una promessa, ha giurato che sarebbe venuto a prendermi, di non dimenticare mai il suo nome perché sarebbe arrivato...- risponde paziente, massaggiando con calma cute e chioma, in uno stato di apparente tranquillità

-Ma papà mi ha sempre detto di non fidarmi di nessuno, solo della famiglia!- espone perplesso, sporgendosi per poterlo guardare in viso

-Io non ho mai creduto ad una singola parola uscita dalla sua bocca, ne tanto meno da quella putrida e menzognera di Illumi... Eppure, le parole di Gon erano pregne di sicurezza, ispiravano fiducia- spiega con un sorriso ad increspargli le labbra gonfie, appena screpolate.

L'ultimo figlio della famiglia Zoldyck rimane stupido, osservando le sue iridi: un colore così caldo, genuino, non ha mai invaso i suoi occhi altrimenti vacui e la gelosia che monta nel suo petto, impetuosa, gli fa desiderare che i suoi pensieri non siano rivolti a questo principe dall'armatura splendente che ben si delinea nella sua fantasia di bambino, ma ben si a sé, che lo cerca sempre nella solitudine della notte per poterlo stringere e farsi coccolare, alla spasmodica ricerca di affetto.

-Fratellone, abbandonerai tutti noi?- chiede quasi disperato, chiudendo in pugni le mani curate sulle ginocchia mal ferme tanto da far sbiancare le nocche. L'albino non è avvezzo ai contatti umani e probabilmente mai lo sarà, eppure si alza, uscendo dalla vasca, e inginocchiandosi accanto al minore non può far a meno di stringerselo al petto, stuzzicandogli i capelli corti della nuca.

Kalluto allora scoppia a piangere, la malinconia che lo assale, la vicinanza dell'altro così reale da ferirlo, la speranza che sarà così per sempre tanto travolgente da istigarlo ad addossarsi ancor più al suo petto glabro, desiderando di poter divenire un tutt'uno con lui.

-Non lasciarmi qui, non fuggire con Alluka ed il tuo salvatore, non voglio restare solo con mamma e papà!- singhiozza angosciato, strofinando la fronte all'altezza del suo cuore.

-Ancora con questa tua fantasia che io preferisca Alluka a te, fratellino?- domanda già consapevole della risposta, sollevandosi per raggiungere la stufa poco lontana, il freddo che già intorpidisce i muscoli stanchi.

Il bruno annuisce soltanto, vergognandosi per quel suo grande difetto di cui non riesce a liberarsi, aggrappandosi al collo del ragazzo dalla chioma candida quando questi lo prende in braccio per avere maggiore libertà di movimento.

Quando il sonno prende il sopravvento quasi non se ne accorge, stretto fra le sue braccia che sembrano l'unico lido sicuro scampato alla corruzione del mondo, ma il risveglio non è altrettanto rassicurante, avrebbe preferito che comparisse chiunque da quella porta fuorché lei.

-Kalluto, perché mai stai infastidendo in quel modo Killua? Dovresti essere con tuo nonno, ti ho concesso di aiutarlo a lavarsi diverse ore fa, avresti dovuto portare a termine il tuo compito già da tempo!- sbotta severa una donna distinta entrando rumorosamente in bagno, il suo ventaglio che, irrequieto, fende l'aria con movimenti controllati

-Haha*, chiedo venia, mi reco immediatamente in biblioteca- si scusa immediatamente, indossando frettolosamente il kimono e poi fuggendo via spaventato. Kikyo cade teatralmente sulle ginocchia accanto al suo prediletto, gettando poco lontano i guanti in seta bianca, il pomposo vestito vittoriano che le fascia perfettamente la vita snella, lasciando appena intravedere gli stivali scuri nascosti dal tulle abbondante. Gli prende il volto fra le dita lunghe, preoccupata, stringendo poi il suo magnifico corpo al petto generoso, cullandolo dolcemente.

-Madre, perché mai ti ostini a tenermi in vita? Mi ami, eppure non vuoi né uccidermi né liberarmi, concedendo invece a mille e più uomini di usufruir viscidi del mio corpo per il proprio piacere carnale- esala a mezza voce, allontanandosi da quel che piuttosto che un abbraccio materno sembra la morsa di un serpente dal veleno letale. Lei lo guarda apprensiva, non capendo il perché di quelle domande assurde, che mai nessuno dei suoi figli le aveva posto prima.

-Tesoro mio, cosa ti porta ad avanzare richieste del genere? Questa è la tua vita, l'hai sempre vissuta senza opporti, tuo padre e tuo fratello devono averti senza dubbio spiegato che questo è il meglio per te- pronuncia con tono incipiente all'isteria, una ciocca corvina che sfugge allo chignon ricadendo sulla linea affilata del viso

-Madre, prima che il mio odio per te aumenti esponenzialmente o che l'effetto del narcotico che Illumi mi ha somministrato svanisca, ti consiglierei di uscire da questa camera- afferma astiosamente, sgranchendosi le braccia con un rumore secco

-Ma, amore, per quale motivo mi tratti in questo modo?- domanda ferita, carezzandogli le ciocche della frangia ancora umida. Il ragazzo, iroso, le sferra uno schiaffo, spingendola poi con un calcio lontano da sé: dell'affetto malato che la sua genitrice gli rivolge preferirebbe volentieri farne a meno, quel che gli interessa è da tutt'altra parte, fuori da quel bordello zeppo di ricchi nullafacenti e ingordi lussuriosi.

Esce dalla stanza finalmente in grado di poter muovere ogni arto a suo piacimento, la donna ancora rannicchiata dolorante ed in lacrime sulle piastrelle scivolose. Si dirige al suo armadio, recuperando il completo che indossò l'ultima volta per quello sconosciuto maestro di dolci parole e onirici giuramenti, scampato per puro miracolo alla foga del suo amante più feroce. La taglia non è ancora esatta, i pantaloncini restano ancorati ai fianchi vittima dell'indotto sottopeso grazie all'elastico, ma lui gli adora comunque, trovandoli decisamente più comodi della seta che gli ricopre giornalmente le membra.

Lega al meglio l'obi ad una gamba del letto, scavalcando poi con un balzo il davanzale, stringendo la stoffa con presa salda mentre scende lungo il muro della sua abitazione. Un urlo fende l'aria, deve muoversi, altrimenti lo troveranno e le possibilità di fuggire si ridurranno comparando lo zero: questa è la sua ultima occasione, se lo raggiungono suo fratello maggiore diverrà la sua ombra, la catena che gli arpiona la caviglia, ed allora non ci sarà più speranza, non gli sarà neanche concesso sognare di poter avere quel futuro che Gon aveva delineato con entusiastiche parole e nitide pennellate.

Corre silenzioso attraverso le fronde degli alberi, il limite del giardino non è lontano, la recinzione in ferro che da bambino non sopportava per nulla è improvvisamente diventata il suo lasciapassare per il giardino dell'Eden: allora la stanchezza delle gambe diventa secondaria, i graffi che i rami procurano alle sue braccia infimi, la libertà così vicina da poter essere tastata con mano.

-Aniki...- mormora sconfitto quando la sua figura avvolta in un raffinato kimono pece compare nell'oscurità della notte, affiancando in una posa elegante l'apertura nella rete metallica che avrebbe potuto condurlo nel mondo esterno

-Kiru, cosa ti porta a desiderare di prendere il volo lontano da me che ti amo incondizionatamente?- chiede camminando verso di lui, i lunghi capelli che ondeggiano sfiorandogli le spalle strette

-Quel che tu chiami amore non è altro che un egoistico desiderio di assoluto possesso nei miei confronti!- urla indietreggiando, il terrore che lo soggioga, irretendolo

-Kirua, l'amore che tu canti è solo egoismo, paura e smania di possesso, quel che ti arpiona il cuore ogni volta che mi vedi, quella paura folle e senza fine che ti porta a voler fuggire da me, quello è amore. Lo capisci, Otouto?-

Le sue parole rimbombano nella sua mente, false, maligne, tossiche, infilzano quel che rimane della sua umanità senza riguardo, distruggendolo. Non vuole che gli si avvicini, assolutamente, mai più, eppure il suo corpo non lo asseconda, facendolo crollare sul tappeto di pietre e foglie che lo circonda.

-Non ti permetterò mai di andar via, siamo legati indissolubilmente, mio magnifico rapace dalle ali spezzate-.

E l'oscurità trasporta via con sé gioia e dolore, sogni e colori, desideri e speranze, lasciando solo la totale indifferenza.

*Haha potrebbe essere considerato come l'equivalente giapponese del nostro "madre", decisamente più formale del maggiormente conosciuto "Oka-san"

Angoletto Autrice

Inizio queste mie note finali con un avviso: essendo cominciata nuovamente la scuola, gli aggiornamenti della long slitteranno di una settimana, quindi pubblicherò un capitolo ogni quattordici giorni. La scuola mi occupa molto tempo, riducendo quello che utilizzo per scrivere. Spero che continuerete ugualmente a leggere la storia nonostante questo piccolo disagio.
Detto questo, vorrei parlarvi un attimo del capitolo: in primis, vorrei specificare che non avendo mai conosciuto il personaggio di Alluka e poco quello di Kalluto, incerta della loro effettiva sessualità, ho ricercato su internet alcune notizie che mi hanno confermato siano entrambi maschi, motivo per il quale ho utilizzato il maschile per rivolgermi a loro; in questo capitolo ho descritto una scena piuttosto forte, quella di Kiru che si libera del seme del fratello, la stessa che mi ha portato a bollare la storia come contenente "tematiche delicate", in quanto questa è la dimostrazione più esplicita del rapporto malato e non consensuale che lega Killua ed Illumi: spero di non aver turbato nessuno, in quanto ho voluto scrivere quel momento non per scombussolarvi ma per farvi comprendere meglio sia la voglia di fuggire dell'albino sia le mecchaniche distorte che legano i componenti della famiglia Zoldyck.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi invito, sempre se vi va, a lasciarmi una recensione, volendo sapere cosa ne pensate voi lettori della storia.
Bye By marzia ds
  
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