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Autore: Kim_Pil_Suk    14/01/2014    0 recensioni
Dal I° capitolo:
"Anno 2099.
New York, Stati Uniti.
Erano passati tanti anni. Tante cose erano cambiate. Le città, il governo, la cultura, il modo di pensare, l'arte, la tecnologia, ma soprattutto, le persone.
Le città si erano unite, erano scomparse, erano state sommerse, avevano cambiato nome, ma comunque c'erano e facevano parte di una nazione. Invece le persone non c'erano più.
E questo Talia lo sapeva bene.
Di nuovo. L'aveva fatto di nuovo. Si era lasciata trasportare dai pensieri negativi, piangendo e crogiolandosi nella solitudine come una mocciosa.
Si era ripromessa di non farlo. Di essere più forte, per se stessa. Per lui.
Ma non era durato a lungo.
La notte si ritrovava a dare le spalle ad Artemide, nascondendosi dai raggi della Luna. E piangeva. Piangeva finché non sentiva il sonno prendere il sopravvento.
Si nascondeva per paura di essere scoperta, forse. Per vigliaccheria, probabilmente.
Non lo faceva apposta, ma aveva paura.
[ ... ]
Continuò a piangere tutta la notte, nascosta da lei.
Solo quando si era sentita vuota, aveva fatto la sua decisione. E non avrebbe cambiato idea, per nulla al mondo."
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Talia Grace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Anno 2099.-
-New York, Stati Uniti.


Erano passati tanti anni. Tante cose erano cambiate. Le città, il governo, la cultura, il modo di pensare, l'arte, la tecnologia, ma soprattutto, le persone.
Le città si erano unite, erano scomparse, erano state sommerse, avevano cambiato nome, ma comunque c'erano e facevano parte di una nazione. Invece le persone non c'erano più.
I nonni morivano. I genitori invecchiavano. I ragazzi vivevano l'adolescenza. Anche in un mondo così diverso.
E questo Talia lo sapeva bene.

Camminava per la Grande Mela ripensando a quando lei, Annabeth e Percy combattevano i mostri. A quando passeggiavano nei giardini. A quando rischiavano la vita, e a quando se la salvavano a vicenda.
Ma in quel momento lei era sola.
Percy e Annabeth si erano costruiti una vita assieme. Avevano avuto un bellissimo matrimonio, due figli stupendi e una vita magnifica. Poi erano morti, come tutti gli esseri viventi. Nascono, vivono e muoio.
Naturalmente c'è chi vive al meglio e chi butta la sua vita al vento.
Tutti i suoi amici erano morti, troppo vecchi per vivere e sopravvivere.
Era rimasta sola con le Cacciatrici. Ma loro erano più delle sorelle per lei. Sorelle immortali, certo, ma pursempre sorelle.
Lei invece non moriva. Viveva una vita estesa all'infinito ma non moriva. Non sentiva nemmeno il peso degli anni addosso. Aveva sempre i suoi vestiti punk, il suo corpo da quindicenne e la media statura di sempre. Era sempre uguale. Da sempre.
Non era pentita della scelta che aveva fatto. Adorava essere una Cacciatrice di Artemide, ma certe volte le sarebbe piaciuto innamorarsi, avere una famiglia e casomai morire con qualcuno accanto. Ma sapeva che non poteva.
Le sarebbe piaciuto diventare grande assieme ad Annabeth, casomai trovarsi assieme a lavorare. Parlare con lei dei bambini, della casa, dei mariti, e sì, magari anche di libri.
Le sarebbe piaciuto pure battibeccare tutto il giorno con Percy su chi fosse più forte. 
Le sarebbe piaciuto cambiare Nico, sempre così triste e cupo.
Le sarebbe piaciuto vedere Grover e Juniper che vivevano la loro lunga vita assieme.
Le sarebbe piaciuto vivere al Campo, forse.
E infine le sarebbe piaciuto morire, consapevole di essere amata, amata davvero.

Ma lo sapeva che tutto ciò che non le era concesso.

Una cosa le dispiaceva più di tutte.
Non aveva potuto aiutarlo. Non aveva avuto la possibilità di vederlo l'ultima volta, prima che se ne andasse.
Non aveva potuto dirgli quanto lui fosse stato per lei, anche più di un fratello.
Non aveva potuto dirgli quanto lo aveva amato e quanto ancora lo amava.

Ma sono le scelte dure della vita, Talia.
Lui se n'è andato. Fattene una ragione. E' morto e te sei immortale, non c'è speranza.

Si ripeteva ogni volta, con tristezza e rammarico.
Poi delle lacrime iniziavano a scendergli lungo le guance. Non si fermavano. Le scavavano le guance e le corrodevano la pelle, fino a farla scoppiare in forti singhiozzi. Singhiozzi di cui si pentiva. Perché sapeva che lei non doveva piangere. Non per lui. 
Era una Cacciatrice di Artemide, diavolo. Non poteva innamorarsi.

Stava fissando il sole che tramontava sulla nuova New York. 
I grattacieli sempre più vasti, alti, le nuove architetture, i parchi naturali sempre meno, sempre più piccoli.

Lo ammise. Odiava tutto della sua nuova vita.
Essere una Cacciatrice non la rendeva così tanto. 
Sì, la sorellanza, le Cacciatrici, combattere i mostri. Tutte cose fantastiche, che faceva da una vita.
Poi c'era la cosa peggiore: l'immortalità.

Immortalità.
Può suonare bella. Vivere per sempre, fuori dal tempo. Vedere il mondo che cambia. Non morire. Non invecchiare. Sì, bello.
Ma dopo i primi 50 anni tutto cambia. Il mondo peggiora. Ti senti sola, nonostante la popolazione aumenti a dismisura. Rimani sempre uguale, non diventi un adulto, o almeno non di aspetto. Gli amici muoiono.

Di nuovo. L'aveva fatto di nuovo. Si era lasciata trasportare dai pensieri negativi, piangendo e crogiolandosi nella solitudine come una mocciosa.
Si era ripromessa di non farlo. Di essere più forte, per se stessa. Per lui.
Ma non era durato a lungo.
La notte si ritrovava a dare le spalle ad Artemide, nascondendosi dai raggi della Luna. E piangeva. Piangeva finché non sentiva il sonno prendere il sopravvento.
Si nascondeva per paura di essere scoperta, forse. Per vigliaccheria, probabilmente.
Non lo faceva apposta, ma aveva paura.

Anche in quel momento, con la faccia rossa per lo sfogo, la testa fra le ginocchia e il buio che la sovrastava si sentiva una vigliacca.
Non aveva avuto il coraggio di dirglielo, un secolo fa, e non aveva adesso il coraggio di dirlo a lei. Di ammettere davanti alla sua Signora che lo amava. Che lei non meritava di servirla, che l'aveva tradita. Che il suo sentimento non sarebbe cambiato da un giorno all'altro, e che sicuramente non era colpa dell'adolescenza.

Continuò a piangere tutta la notte, nascosta da lei
Solo quando si era sentita vuota, aveva fatto la sua decisione. E non avrebbe cambiato idea, per nulla al mondo.



 
 
« Family, Luke. You promised. »
-cit.                                            
  
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