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Autore: piperina    14/01/2014    3 recensioni
SPOILER 5X10
«Cosa posso fare per te, Nadia?» notò che aveva un accento strano, ma conosciuto. Si chiese dove l’avesse già sentito.
«Katerina Petrova.»
Quel nome lo congelò. Non lo sentiva da molto tempo e il modo in cui la vampira aveva rotto con lui ancora gli bruciava, e non poco. Gli aveva scritto una lettera che l’aveva toccato, nonostante lui non l’avrebbe mai ammesso a voce alta.
«Cos’ha fatto stavolta la dolce Katerina?»
«Sta morendo.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce, Klaus, Nadia Petrova
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'The Vampire Stories'
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*Save Her*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elena l’aveva fatto molte volte, eppure, nonostante tutto, ogni volta che apriva la porta sapendo che dall’altro lato c’era lui, non poteva trattenere un brivido di paura.

Klaus non la salutò nemmeno, le rifilò un’occhiata assassina ed entrò a passo di carica. La villa dei Salvatore sembrava un mausoleo, come sempre, ben diversa dalla semplicità della casa dei Gilbert, ma evidentemente alla dolce Elena non importava molto dell’ambiente in cui viveva, purché potesse condividerlo con il suo ragazzo.

«Dov’è?»

«Da questa parte.»

La giovane vampira lo guidò attraverso il gran salone e le scale fino a una delle quattro camere da letto destinate agli ospiti. Lei era nervosa e non osava proferir parola, lui era furioso e non ci pensava neanche a fare le sue solite battute da zitella acida. Non era un buon segno.

Elena aprì la porta e lo lasciò passare per primo, seguendolo subito dopo e raggiungendo immediatamente Damon, in piedi accanto alla finestra.

Nadia si voltò di scatto e fissò lo sguardo in quello dell’ibrido: non l’aveva mai visto di persona, mai così vicino, finora ne aveva solo sentito parlare. Provò un istintivo moto di paura e riverenza nei suoi confronti e capì che era la sola presenza di Klaus a infondere quei sentimenti in chi gli stava vicino.

Ora capiva molte cose ed ebbe la conferma che le voci sul suo conto non erano affatto chiacchiere ingigantite a caso.

Lui notò immediatamente la somiglianza tra la vampira e la sua doppelganger preferita: lo stesso sguardo tagliente e attento, la piega delle labbra, la struttura fisica. Era incredibile che anche Nadia si fosse trasformata… strani scherzi del destino.

Chissà come l’aveva presa Katerina?

 

 

 

Klaus stava pensando a cosa farne di Tyler Lockwood, rinchiuso nel Giardino del Marcel, quando sentì il cellulare vibrare nella tasca posteriore dei pantaloni. Era una giornata relativamente tranquilla a New Orleans e sperava di non dover staccare teste entro sera.

Osservò il display: numero sconosciuto.

«Chiunque tu sia, spero che abbia un buon motivo per disturbarmi.»

«Klaus?» era un voce femminile e il timbro gli sembrò vagamente familiare. «Sei il Klaus che cerco?»

«L’unico e il solo» rispose, incuriosito: chi lo stava cercando e perché? Sapere che qualcuno aveva bisogno di lui gli rallegrava sempre la giornata.

«Mi chiamo Nadia» sembrava in ansia per qualcosa.

«Cosa posso fare per te, Nadia?» notò che aveva un accento strano, ma conosciuto. Si chiese dove l’avesse già sentito.

«Katerina Petrova.»

Quel nome lo congelò. Non lo sentiva da molto tempo e il modo in cui la vampira aveva rotto con lui ancora gli bruciava, e non poco. Gli aveva scritto una lettera che l’aveva toccato, nonostante lui non l’avrebbe mai ammesso a voce alta.

«Cos’ha fatto stavolta la dolce Katerina?»

«Sta morendo.»

 

 

 

Si era fatto spiegare brevemente gli avvenimenti di cui era all’oscuro e una rabbia cieca l’aveva invaso: Katerina stava morendo e nessuno gliel’aveva detto? Come avevano osato? La stavano semplicemente lasciando morire in quel modo, da umana?

Katerina era sua, lo era sempre stata e sempre lo sarebbe stata. Poteva morire in un solo modo ed era per mano sua. Niente e nessuno doveva mettersi in mezzo tra loro due.

Sapere che Nadia era sua figlia ed era una vampira era stata una gran sorpresa, tutto si sarebbe aspettato tranne che un risvolto come quello: le Petrova avevano davvero il fuoco nelle vene e coraggio da vendere.

Nessuno osò parlare mentre Klaus si avvicinava al letto e osservava la ragazza in fin di vita.

Katerina era l’ombra di se stessa: pallida, con le guance scavate, molte ciocche bianche nella sua un tempo splendida chioma castana. Oh, aveva amato i suoi capelli, così morbidi, e il modo in cui i riccioli le cadevano davanti al viso, e il modo in cui lei li rimetteva in ordine.

«Cosa ti hanno fatto…» mormorò a se stesso, incurante del fatto che gli altri tre esseri sovrannaturali nella stanza potevano udire perfettamente il più lieve sussurro.

Si voltò verso Elena con sguardo accusatorio. «Perché non mi avete chiamato prima?»

«Il suo corpo rigetta il sangue di vampiro» si giustificò lei, intimidita, quasi mangiandosi le parole.

«Abbiamo provato ad aiutarla» intervenne Damon, «ma non c’è modo di bloccare il tempo, Katherine ha cinquecento anni, gli umani non vivono così a lungo.»

«Io sono un ibrido! Avreste dovuto chiamarmi subito!» esclamò a quel punto Klaus, mostrando la sua rabbia.

Non aggiunse altro, si morse il polso e lo avvicinò alla bocca della ragazza. Lei era semi cosciente, troppo debole per fare qualsiasi movimento, ma aprì gli occhi e vi fu una grande sorpresa quando lo riconobbe.

«Kl

«Bevi» ordinò lui parlandole sopra. «I discorsi li faremo dopo.»

Lei non rispose, socchiuse gli occhi e provò a fare come le era stato detto, ma non riuscì a ingoiare il sangue. Non riusciva a fare nulla. Il suo corpo era troppo stanco, troppo vecchio, non aveva più forze.

Il sangue colò dalle sue labbra lungo la guancia. Gli occhi si chiusero e lei non si mosse più.

Klaus sgranò gli occhi, soffocò un’imprecazione e si sedette sul letto. Portò una mano dietro la sua testa e premette con più vigore il polso contro la sua bocca.

«Che tu sia maledetta se osi morire in questo modo.»

C’era qualcosa nella sua voce che fece tremare il cuore di Elena. Non l’aveva mai visto così nei confronti di nessuno che non facesse parte della sua famiglia.

Katherine non si mosse. Sembrava svenuta. Il battito aveva diminuito le frequenze. Nadia gli aveva detto dell’arresto cardiaco avuto il giorno prima.

Damon avvertì il panico nell’ibrido e si sorprese nel constatare quanto in realtà lui fosse legato a quel diavolo di Katherine Pierce. Si chiese cosa ci fosse realmente tra loro due, quanto forte fosse il loro legame.

«Non osare lasciarmi, Katerina, o giuro che verrò a prenderti nel mondo dei morti e stavolta te la farò pagare per davvero!»

Aveva gridato e non se ne era nemmeno reso conto. Strinse a sé la ragazza, facendo attenzione alla forza di quell’abbraccio: era umana, la minima pressione avrebbe disintegrato le sue ossa e lui era lì per salvarla, non per darle il colpo di grazia.

Non l’avrebbe mai fatto, di certo non così.

Katerina Petrova era una costante nella sua vita da ormai cinque secoli. Cosa avrebbe fatto senza di lei?

Nadia aveva le lacrime agli occhi: sua madre stava morendo proprio ora che l’aveva ritrovata. Non le importava essere stata rifiutata a lungo da lei, tutto ciò che voleva era l’occasione di conoscere la donna che l’aveva messa al mondo, la madre che l’aveva amata pur non avendola mai vista.

Si era trasformata in vampiro per lei, l’aveva cercata per tutte quelle vite, non avrebbe mai accettato di perderla tanto in fretta. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.

Pochi istanti dopo, avvenne il miracolo: Katherine mosse appena la mano sinistra, la alzò e, seppur con estrema fatica, la posò su quella di Klaus. Gli effetti della guarigione furono quasi immediati.

Man mano che beveva e che ingeriva il sangue, il suo corpo mostrò un miglioramento: il viso non era più scarno, la pelle riacquistava tonicità, le ciocche bianche si tingevano di castano e lei risultava visibilmente più in salute.

Elena sospirò di sollievo e scambiò un’occhiata complice con Damon – non avrebbe osato pensare alle conseguenze se Katherine fosse morta. Klaus l’avrebbe uccisa all’istante per quel che le aveva fatto ficcandole in gola la cura.

Nadia scoppiò a piangere e saltò sull’altro lato del letto. Non si vergognò della sua emozione, si trattava di sua madre in fin dei conti. Regalò un sorriso di riconoscenza a Klaus, che aveva una luce diversa negli occhi, e osservò Katherine tornare in salute minuto dopo minuto.

 

 

 

 

 

«Non aspetti che si risvegli?»

Klaus si bloccò sulla porta della villa. Si voltò e vide Damon. «Dovrei?»

«È una stronza, ma sa ringraziare chi la aiuta.»

«Non voglio i suoi ringraziamenti» replicò, secco. «Ritieniti fortunato, se fosse morta non saresti qui a fare conversazione, perché ti avrei già strappato la lingua.»

«Sì, lo so» il suo tono era annoiato, ma in realtà era ancora sorpreso da ciò che aveva visto e sentito. «Cosa succederà quando l’effetto magico svanirà? Ci hai pensato?»

«Se così fosse, ricordati di chiamarmi per tempo. Verrò a prenderla e la porterò via con me.»

«Wow, questo sì che è vero amore» lo prese in giro il vampiro. «Le farai da babysitter?»

Klaus gli rivolse uno strano sorriso. «Trasformala. Funzionerà.»

Nadia arrivò troppo tardi, Klaus aveva appena chiuso la porta ed era sparito a super velocità. Guardò Damon con aria confusa, ma lui scosse la testa e scrollò le spalle: non avrebbe mai realmente compreso il legame tra Klaus e Katherine, e forse neanche loro stessi.

«Non l’ho ringraziato.»

«Prima o poi ti chiederà di restituirgli il favore.»

La vampira guardò la porta chiusa e sentì il cuore colmo di gioia: sua madre era viva ed era salva. Entro ventiquattro ore avrebbe tentato di nuovo la trasformazione: sentiva che stavolta avrebbe funzionato e, se così non fosse stato, non avrebbe esitato a chiamare di nuovo Klaus.

Aveva sentito ciò che l’ibrido aveva detto a Damon: “Verrò a prenderla e la porterò via con me”. Suonava come una promessa d’amore. Ovunque Klaus avesse portato Katherine, lei l’avrebbe seguito senza indugio.

Tornò di corsa in camera, mentre Klaus si allontanava da Mystic Falls sul suo SUV nero dai vetri oscurati.

«Funzionerà?»

La ragazza seduta sul sedile del passeggero sorrise. Sembrava divertita da qualcosa. «Il tuo sangue è magico. Come quello degli unicorni.»

Lui fece una smorfia e represse un risolino: Klaus l’unicorno. Ci mancava solo questa.

«La trasformazione?»

«Te l’ho appena detto» lo prese in giro lei, «il tuo sangue è magico.»

«Lo prendo per un sì.»

Lanciò un’occhiata alla sua destra e vide Davina giocherellare con carta e penna. Quella ragazza non faceva che disegnare tutto il giorno. Non che lui non apprezzasse la sua vena artistica, al contrario, ma non si sapeva mai cosa spingesse la giovane strega a disegnare né cosa vedesse e sentisse con i suoi poteri ingestibili.

«Ti devo un favore. Senza il tuo consulto non ce l’avrei fatta» ammise Klaus.

Di nuovo, la ragazza sorrise, come se fosse a conoscenza di qualcosa di più. «Avresti comunque tentato di salvarla» legò i capelli in una coda alta, le davano fastidio davanti agli occhi. «Katherine è la tua doppelganger. È legata a te fin dalla nascita, così come ogni doppelganger Petrova. Se il suo sangue può essere utile a te, il tuo può essere utile a lei.»

Lui non rispose. La guardò con la coda dell’occhio e sorrise. Sulle sue guance si formarono le fossette che Katerina tanto aveva amato quando era sua ospite in Inghilterra.

Non vedeva l’ora di mostrargliele di nuovo.

 

 

 

 

 

   
 
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