Io
mi chiedo sempre cosa ho fatto di male per essere sempre di corsa in questo
modo.
Perché
nonostante io mi organizzi, pianifichi, schematizzi e faccia progetti accurati
mi ritrovo sempre a correre come una forsennata, perché altrimenti non riesco a
fare tutto?
Dopo
circa trenta anni di vita una dovrebbe riuscire ad organizzare la sua vita, no?
Perché diamine io non ci riesco!
In
realtà oggi però non è colpa mia se sto correndo come una forsennata verso la
fermata della metro di Green Park. Per mia fortuna non è l’ora di punta e non
c’è moltissima gente, dribblo una coppia di turisti intenta a fissare la mappa
della metro e riesco a saltare sulla prima macchina che trovo.
Macchina.
Non vagone.
Ultima
perla culturale imparata a guardare l’ennesima serie tv.
Stringo
le labbra in un sorriso e finalmente riprendo fiato andando a sedermi su uno
dei posti liberi. Un ragazzo gioca con il tablet nel
posto accanto al mio e sbircio la partita di Ruzzle
da sopra la sua spalla.
Stringo
le mani e decido di voltarmi altrove quando riesco a trattenermi a malapena dal
suggerirgli un paio di parole che sembra non aver visto.
Estraggo
il cellulare dalla tasca dei jeans e poi lo rimetto al suo posto. Inizio a
muovere la gamba destra mentre fisso il cartellone delle fermate affisso sopra
i sedili di fronte al mio.
Lo
faccio sempre, anche se so benissimo che devo scendere fra cinque fermate.
Percorro le linee colorate con gli occhi mentre il treno continua ad andare per
la sua strada, io con lo sguardo arrivo al capolinea e poi ripercorro la linea
in senso contrario.
Controllo
come procede la partita a Ruzzle del mio compagno di
viaggio e constato che, ovviamente, ha perso.
Se non vedi le
parole più elementari, è un dato di fatto.
L’altoparlante
gracchia l’arrivo alla mia fermata prima che io possa prendergli il telefono di
mano ed iniziare a selezionare tutte le parole che catturo al primo sguardo.
Come se poi
avessi il coraggio di farlo.
Mi
alzo sbuffando, osservo l’orologio legato al polso.
Sono in tempo.
Gongolo
sul posto e quando le portiere si aprono scendo dalla vettura e con calma mi
dirigo verso l’uscita.
Grigia
e uggiosa Londra, ti adoro con tutto il cuore.
Sorrido
alle nuvole sopra la mia testa e nascondo parte del volto con il para-collo.
Adoro la mia città, ma affretto il passo con in mente il calduccio che mi
aspetta alla mia meta.
Quando
arrivo al portone, trovo il coraggio necessario per estrarre la mano destra dal
cappotto e suonare il campanello. Nell’attesa dondolo sul posto per cercare di
scaldarmi in qualche modo.
Quando
finalmente qualcuno mi apre, sguscio all’interno del palazzo ed inizio a
sganciare il cappotto.
«Ciao
Liv.» Stacco
la visuale dai miei piedi e gli scalini che sto salendo per guardare e
contraccambiare il sorriso di Georgia. «Come stai?»
Mi
chede quando la raggiungo e la cingo in un abbraccio.
«Ciao.»
Rispondo al saluto mentre la stringo forte. Mi è mancata in questi due mesi che
non l’ho vista. «Bene, tu come stai?» Chiedo finalmente allontanandomi e
guardandola negli occhi.
«Bene.
Anche se stanca morta.» Mi risponde facendomi entrare in casa sua. Deposito il
mio cappotto sull’attaccapanni dell’ingresso e seguo la padrona di casa in
salotto. Ty ed Olive stanno guardando la televisione.
Rimango incerta sul salutarli o meno mentre mi distraggo guardando una scena di
Dragon Trainer.
Quanto
amo quel cartone!
«Ragazzi,
salutate zia Liv.» Ty
solleva il volto verso di me e mette in pausa il DVD, prima di venire a
salutarmi, seguito a ruota da sua sorella.
Cavolo.
Questo ragazzo diventerà altissimo, è già alto quasi quanto me ed ha solo
quattordici anni.
«Crescete
a vista d’occhio.» Affermo dando un bacio su una guancia alla piccola.
«Tyler…»
Georgia attira l’attenzione di suo figlio. «Non dovevi studiare?»
«Olive
vuole compagnia.» Georgia solleva un sopracciglio guardando scettica suo figlio
e trattengo a malapena una risata.
«Lascialo
stare.» Dico pacata. «Non si è mai troppo grandi per i cartoni animati. Può
studiare domani, tanto sei in vacanza, giusto?» Chiedo per conferma
guardandolo, lui annuisce vistosamente e regala a sua madre i migliori occhi da
cucciolo che abbia mai visto.
«Quelli
te li ha insegnati David?» Domando e Georgia sbuffa rumorosamente.
«Conoscono
i miei punti deboli.» Afferma prima di voltarsi completamente verso di me
sorridendo. «Come stai?» Chiede guardandomi seria negli occhi.
«Bene.»
Sorrido a mia volta. È la pura e semplice verità. Sto bene. Il lavoro va bene,
sono sana come un pesce. Quindi sto bene. Non parlerò di lui, perché sto bene.
Georgia
mi osserva con fare critico quindi mi affretto ad aggiungere. «Mi manca una
parte della famiglia.»
Il
viso della mia amica si illumina e si alza facendomi segno di seguirla.
Raggiungiamo in silenzio la porta della camera da letto sua e di David e lei
apre leggermente la porta.
Stringo
gli occhi per cercare di vedere attraverso l’oscurità, percepisco il profilo
alto e slanciato di David.
«Amore?»
Georgia parla sottovoce, lui si volta e mugola continuando a dondolare
l’esserino che ha fra le braccia. «È arrivata Liv.»
Georgia parla verso l’interno della stanza mentre io continuo a spiare dalle
sue spalle.
David
si avvicina e finalmente esce dalla stanza scura.
«Ciao
Liv.»
«Ciao.»
Non lo guardo nemmeno. Completamente rapita dal piccoletto che dorme fra le sue
braccia. «Ciao amore bellissimo della zia.» Dico sottovoce mentre sorrido e
poso una mano sul dorso morbidissimo di quella di Wilfred.
«Per
un attimo ho pensato di essere io l’amore bellissimo.» David parla ridendo e
solo a questa battuta sollevo leggermente lo sguardo su di lui.
«No.
Tu sei brutto.» Ribatto e mi trattengo dal fargli una linguaccia.
«E
tu sei una strega.» Risponde pronto prima di stamparmi un bacio sulla fronte.
«Torno subito.» Afferma prima di sparire di nuovo nella camera e riuscirne poco
dopo, stavolta senza pargolo.
«È
bello rivederti Liv.» Dichiara prima di abbracciarmi.
Ricambio il gesto prolungando e stringendo ancora di più.
«Mi
siete mancati ragazzi.» Affermo appena mi allontano da David e guardo Georgia.
«Perfetto.»
David strofina le mani. «Quindi non ti dispiacerà accompagnarmi stasera ad una
serata di gala organizzata dalla BBC alla quale Georgia non può venire.» Dice
tutto d’un fiato prima di incamminarsi verso la cucina.
Rimango
ferma nel corridoio per qualche secondo, l’unica cosa che riesco a fare è
guardare Georgia, lei sorride timidamente e solleva le spalle e le mani come
per dire “Non è colpa mia”.
«Cos’è
questa storia?» Domando ricordandomi in tempo di parlare sottovoce. «Non dirmi
che è questa l’emergenza di cui parlavi, potrei strozzarti.»
«Non
vuole andare da solo, ma non siamo riusciti a trovare una baby sitter.» Georgia spiega con un sorriso mentre raggiungiamo
suo marito.
«Bene.
Vi faccio da baby sitter, che problema c’è. Basta
chiedere.» Dichiaro tranquilla e David sbuffa divertito.
«Non
sai come si gestisce un bambino, figuriamoci se te ne lascio tre. I miei tre.»
Spiega tranquillo.
«Potrei
rimanere offesa dalle tue affermazioni, sai?» Gli faccio notare.
«Ho
semplicemente detto la verità, mia cara.» Sottolinea. «Inoltre sappiamo
entrambi che hai paura di venire perché sarà presente un certo qualcuno.»
«Verrà?»
Domando e mi maledico appena vedo lo sguardo divertito di David e la sua lingua
apparire fra i denti. «No.»
«Tu
vuoi venire. Lui verrà. Vi vedrete e poi…»
«Un
disastro accadrà.» Finisco per lui. Georgia non trattiene una risata e quando
la fulmino con lo sguardo mormora qualcosa su Olive e si dilegua. Lasciandomi
sola con suo marito.
Pessima. Pessima
situazione.
«Sete?»
Domanda David intento ad afferrare un paio di bicchieri da una credenza.
Annuisco e lo osservo con attenzione. Non vorrei che avesse rubato qualche
fialetta di Veritaserum ad Hogwarts
e adesso me la faccia bere.
Forse
è per questo che in tutti questi anni non sono mai riuscita a nascondergli
niente.
No,
riusciva a strapparmi la verità anche prima.
Cavolo.
«Ci
sei ancora o devi finire i tuoi tortuosi ragionamenti su quanto io ti conosca
eccetera, eccetera?» Chiede con un sorriso malcelato.
«Ti
odio.» Mormoro mentre mi porto il bicchiere alla bocca.
«Sappiamo
entrambi che non è vero.» David si siede accanto a me e fa cozzare la sua
spalla contro la mia. «Racconta al tuo carissimo fratellone che cosa frulla
nella tua testolina bacata.»
Gli
rivolgo un sorriso tirato.
«Lo
sai.» Mi limito a dire dopo aver sospirato rumorosamente.
«Quello
che so è che tu non vedi l’ora di vederlo appena ne hai l’occasione.» Afferma
David facendo schioccare la lingua contro il palato prima di riprendere a
parlare guardandomi con fare malizioso. «E vederlo dal vivo è molto meglio.»
«Ma
ti senti?» Gli chiedo mentre cerco di trattenere una risata. «Tu dovresti
proteggermi, non cercare di gettarmi fra le braccia di un altro uomo.»
«Tu
adori alla follia quell’uomo! Eri felice con lui.» Sottolinea guardandomi
serio. «Voglio solo realizzare i tuoi sogni.»
«I
miei sogni non riguardano…» Mi fermo nello stesso momento in cui lui solleva un
sopracciglio fino alla attaccatura dei capelli e sbuffo. «Ti odio.»
«Ancora?»
Si alza e mi porge una mano e non si degna nemmeno di nascondere il sorriso
vittorioso che gli percorre il volto da un orecchio all’altro.
«A
che ora è questa cosa?» Chiedo mentre lui ne approfitta per spettinarsi quei
capelli assurdi che si ritrova.
«Fra
un paio d’ore.» Afferma mentre diventa improvvisamente interessato al suo
frigorifero.
«CHE
COSA?!?!» Giuro che un giorno lo ammazzerò con le mie mani. «Ed io come arrivo
a casa e mi preparo e poi ti accompagno in due ore? Lo sai che abito dall’altra
parte della città!!»
«Nessun
problema.» David sorride misterioso e mi fa strada verso la camera per gli
ospiti.
Lo
guardo scettica fino a che non apre la porta lasciando che io possa vedere una
distesa infinita di abiti, tutti sono incellofanati e posizionati con cura.
«Tu
hai…»
«Ho
il cuore più grande che tu abbia mai visto?»
«…Perso
il senno.» Finisco senza staccare gli occhi da quelle meraviglie. «Grazie.»
Dico subito dopo finalmente voltandomi verso di lui in tempo per vederlo
sorridere soddisfatto.
«Ti
lascio tutta l’intimità di cui hai bisogno.» Dice carezzandomi la schiena. «Le
scarpe sono nell’armadio.» Aggiunge prima di uscire dalla stanza.
Io
adoro quel ragazzo. Ma a lui non lo dirò mai.
Credo
di essere stata un’ora a fissare gli abiti, a studiarne ogni minimo dettaglio e
alla fine sono convinta della mia decisione?
Ovviamente
no.
David
ha bussato alla porta mentre mi stavo truccando chiedendomi se ero pronta e la
mia risposta acida è stata “Non avevi detto due ore? Ti pare che siano passate?
E sei stato anche un signore del tempo!”
Lui
non ha risposto, me lo sono immaginato guardare Georgia sconvolto, lei che è
scoppiata a ridere e gli ha dato un bacio a fior di labbra per farlo calmare.
Scena
vista e rivista.
Osservo
il riflesso allo specchio e gonfio le guance mugolando.
«Tutto
bene?» Georgia fa capolino all’interno della stanza, Olive è fra le sue braccia
e gioca con una ciocca dei suoi capelli biondi.
Lei
sì che è bellissima.
Quel
viso da eterna bambina e quei capelli stupendi, non ho mai dubitato che mio
fratello potesse perdere la testa per un tipetto come lei ed infatti sono la
coppia più bella che io abbia mai visto. Superano anche mamma e papà, ma questo
non lo dirò mai a loro, né soprattutto a David.
Potrebbe
pavoneggiarsi fino alla fine dei miei giorni.
Guardo
i miei capelli leggermente mossi e scuri e sorrido a mia cognata tramite lo
specchio.
«Sicura
di non volere andare tu?» Chiedo sorridendo incoraggiante.
Lei
sorride dolcemente e scuote la testa.
Addio ultima
ancora di salvezza, addio.
«David
ci tiene tanto a stare un po’ con te.» Dice facendomi voltare verso di lei.
«Poi sai benissimo che devi affrontare Tu-Sai-Chi.»
«Voldemort?» Chiedo guadagnandomi uno sguardo esasperato.
«Lo so.» Affermo con un sussurro.
«Perfetto.»
Georgia passa una mano lungo i miei capelli arricciando una ciocca che mi
ricade sulle spalle. «Vorrei avere io i capelli così mossi.» Dichiara mentre mi
metto in piedi davanti a lei.
Con
questi tacchi la sovrasto.
«Scherzi,
vero?» le dico facendo una smorfia mentre indico la mia chioma.
«Affatto.
Sei splendida.»
Rimango
ferma a fissarla e sento che sto arrossendo. Non sono mai preparata ai
complimenti. Mai.
«Pronta?»
David fa capolino. Lui è impeccabile nel suo completo nero. Sembra…
«Sembri
quasi una persona seria.» Esterno i miei pensieri e lui sorride.
«Tu
sembri quasi una donna.»
Sguardo
omicida inviato.
«Sei
bella, non mi farai sfigurare, adesso andiamo.» Dice improvvisamente di corsa.
«Siamo
in ritardo?» Chiedo prima di raggiungerlo.
«Lo
saremo se non ti metti il tuo splendido cappotto e non corriamo via.» Risponde
porgendomi il capo e facendomi indossare le maniche col suo aiuto.
«Divertitevi.»
Georgia ci accompagna fino alla porta.
«Sarà
molto molto divertente.» David sghignazza troppo per i miei gusti mentre io
saluto sua moglie. «Ci vediamo dopo.» Dice con il tono basso e tenero che usa
quando parla con sua moglie. Mi sento tanto terzo incomodo in questo momento e
sposto lo sguardo verso le scale.
«Ciao
piccoletta.» Lo sento salutare sua figlia e finalmente si volta verso di me.
«Allons-y.»
Lo precedo, iniziando a scendere le scale.
«Ehy!!» Mi segue di corsa facendomi scoppiare a ridere.
«Matt
arriverà fra poco.» Mi comunica David mentre mi porge un calice di champagne.
«Bene.»
Lo bevo tutto d’un fiato e afferro il suo.
«Sei
calmissima, noto.» Dice mentre osserva il suo bicchiere svuotarsi.
«Wow,
sei un ottimo detective.»
Socchiudo
gli occhi.
Pessima. Pessima
scelta di parole.
«Ne
conosco di migliori.» Afferma con un tono canzonatorio che vorrei odiare con
tutto il cuore.
Forse
fra qualche bicchiere potrei riuscirci.
«Fra
poco sarà qui.» David sembra serio tanto che lo guardo colpita. «L’ultima cosa
che vogliamo è che ti veda ubriaca.»
«Vogliamo?»
Chiedo guadagnandomi uno sguardo esasperato.
«Vuoi
tu, di conseguenza voglio anche io.»
«Non
credo farebbe molta differenza.» Mormoro guardando con disappunto il bicchiere
vuoto fra le mie mani. «Ne vorrei ancora.»
«No.»
David mi afferra per le spalle e mi guarda serio. Troppo serio. «Tu vuoi solo
parlargli perché le cose fra voi sono assurde.»
«Ha
parlato il re dell’assurdo.» Ribatto.
«Appunto
perché sono il re dell’assurdo, adesso devi ascoltarmi.» Il suo sguardo si fa
dolce quando si perde nel mio. Devo essere davvero un caso disperato.
Io
odio tantissimo questo lato di me.
Quello
che dà tutto se stesso per far stare bene le persone a cui tiene, anche se poi
il farlo rende me quella che ha bisogno di aiuto.
Il
farsi da parte in amore non è stata la decisione più saggia che abbia potuto
prendere.
Ritirarsi
è come dire “Non vali la pena che io lotti per te”.
Ed
è inutile che poi tu dichiari tutti i fattori, tutte le spiegazioni, tutto
quello che ti ha portata a prendere quella decisione.
Resteranno
i suoi occhi inespressivi e le sue labbra sottili piegate in una smorfia e la
sua voce che ti dice che non importa…
«David…»
Provo ad iniziare.
«Lo
so che hai paura.» I suoi occhi mi scavano dentro. «Il tempo cambia tante
cose.»
«Già.»
Sospiro. «Ma alcune non cambiano mai.»
David
scuote la testa e mi stringe per le spalle.
So
che vorrebbe dire tante cose, so che vorrei farlo anche io, ma come ha detto
qualcuno una volta “Ci sono dei momenti in cui uno vorrebbe dire talmente tante
cose che forse l'unico modo per dirle tutte è stare zitto.”
Che
poi mi sono sempre chiesta, ma non è che non parlando poi l’altro rischia di
non capirti?
Con
David so che posso stare tranquilla, condividere il silenzio con lui è come
affrontare un discorso lungo e profondo, più di quanto riusciremmo a fare a
parole, ma con altri?
«Ragazzi!!!»
Oddio ci siamo.
David
stringe la mano di Matt ed io fisso le mie dita intrecciate fino a che il
ragazzo non viene ad abbracciarmi.
«Liv! Che bello rivederti!» Sorride cordialissimo come
sempre e mi ritrovo a sorridere a mia volta.
«Lo
è anche per me.» Affermo sincera. «Soprattutto sapendo che tu e David stavolta
non farete casini.»
«Non
faremo casini?» Chiede a mio fratello sollevando un sopracciglio.
«Non
mettetevi a pavoneggiarvi da Dottori davanti a me!» Minaccio. «Non ho bevuto
abbastanza.» Lancio un’occhiata a David e lui fa spallucce.
«Posso
portarti qualcosa da bere?» La sua voce mi fa accelerare il cuore. Classico.
Sposto
lo sguardo da Matt a colui che sta al suo fianco, che ha parlato e che ho
sempre voluto e non voluto affrontare.
Osservo le sue mani, una è infilata nella tasca dei pantaloni mentre l’altra tiene un calice ancora pieno di champagne.
Mi decido a sollevare lo sguardo ed incontrare
i suoi occhi azzurri con quelle sfaccettature verdi che mi hanno sempre fatta
impazzire.
«Non
ti scomodare, posso servirmi da sola.» Rispondo con un sorriso tirato.
«Ti
accompagno.» Non accetta la mia risposta e si posiziona al mio fianco.
Appena
siamo abbastanza distanti dalle orecchie dei nostri due accompagnatori si
sporge leggermente verso di me e sussurra con la sua voce profonda.
«Liv.»
«Benedict.» Rispondo senza allontanarmi da quell’improvvisa
vicinanza che dovrebbe sembrarmi
innaturale.
«Come
stai?»
«Bene,
tu?» Rispondo per abitudine, ma in realtà mi sento a disagio.
Questa
non è una situazione che ho programmato.
Non
ero pronta a questo.
«Ti
va di parlare?» Chiede giocherellando col suo bicchiere.
«Non
lo stiamo già facendo?» Mi guarda fra il contrariato ed il divertito e la cosa
mi scombussola ancora di più.
«Non
sarà facile.» Borbotta fra sé e sé.
«Cosa?»
Chiedo guardandolo da poco sopra la sua spalla, posizione guadagnata grazie ai
tacchi delle scarpe che mi ha procurato David, altrimenti a me preclusa. «Cosa
non sarà facile?» Insisto al suo silenzio.
Lo
osservo inumidirsi le labbra, si riavvia i capelli con la mano libera e mi
guarda serio.
Subito
dopo abbassa lo sguardo e sghignazza verso il pavimento.
«Che
c’è?» Chiedo più confusa che curiosa.
«Niente.»
Finalmente parla per negare una risposta alla mia domanda.
Reprimo
la voglia di gonfiare le guance solo perché siamo in una sala piena di gente
importante.
«Come
va la tua libreria?» Chiede dopo un attimo di silenzio.
«Sorprendentemente
bene.» Sorrido mentre mi fisso le mani. Non credo di essere capace di guardarlo
ancora in faccia senza perdermi a seguire il profilo dei suoi zigomi. «Probabilmente
il fatto che mio fratello si sia fatto “paparazzare”
nei dintorni è stato un vantaggio.» Aggiungo pensierosa.
«Sono
sicuro che molto è anche merito tuo.» Dice lui ed io mi limito a fare
spallucce. «Non ti sminuire, lo sai che mi spiace se lo fai.»
«Perché
ti comporti così?» Esordisco girandomi verso di lui.
Non
sono irritata, solo confusa.
«Così
come?» Chiede facendo finta di non capire.
«Perché
ti comporti come se nulla fosse successo fra noi. Come se non avessi rovinato
tutto.» Ammetto alla fine.
«Perché
penso che anche se abbiamo rovinato qualc…» Inizia ma
lo interrompo.
«Ho
rovinato. Sono stata io.» Lui mi guarda aggrottando la fronte contrariato. Poi
mi passa una mano fra i capelli e sorride. Sorride come sorrideva allora ed io
mi perdo nei suoi occhi come se nulla fosse cambiato.
«Le
cose si fanno in due in una coppia.» Dichiara spostando le mani dai capelli
alle guance che carezza con i pollici. «Roviniamo, ma possiamo anche rimediarle
insieme.» Aggiunge mentre unisce la mia fronte con la sua. «Che ne dici?»
Sussurra
la domanda ed io istintivamente chiudo gli occhi.
Percepisco
il suo respiro sulla mia pelle e cerco di trovare una risposta alla sua
domanda.
Sono
complicata. Lui è complicato.
«Possiamo
essere complicati insieme?» Domando scrutandolo dal basso.
«Non
puoi rispondere sempre con una domanda, sai?»
«E
tu non puoi cambiare argomento quando ti è più comodo.» Rispondo senza
nascondere il sorriso che si sta affacciando sul mio volto in risposta al suo.
«Non
ho cambiato argomento, era solo un inciso.» Afferma. Scuoto la testa e torno a
guardarlo sorridendo. Non so come, ma riesce sempre a destabilizzarmi.
«Quindi
sarebbe un sì?» Chiedo infine facendo incontrare la mia punta del naso con la
sua.
«Sarebbe
un sì.»
Dichiara
prima di portare le sue labbra sulle mie.
Non
posso credere di aver fatto il mio debutto in questo fandom
con questa storia…
Scusate
se non è all’altezza delle vostre aspettative, mi migliorerò. Spero. [Si
capisce che non sono molto convinta della storia, vero?]
Senza
contare che ho scomodato anche David Tennant e la sua
splendida famiglia senza motivi apparenti…*Lo hai fatto solo perché sei
ossessionata da Ten.*
Lanciatemi
pure i pomodori, me li merito, siate buone con me.
Se
siete ancora qui e avete solo voglia di strozzarmi per tutti questi discorsi
(ciao, moglie lo so che ci sei. xD)
spero che non vi sia risultata una storia così da buttare, come sembra a me.
Ultimo
ma non ultimo assolutamente non volevo danneggiare Benedict,
David e famiglia, né Matt. È solo la mia mente che collega Sherlock al Dottore
senza motivo. Maledetti BBC e Moffat mi fate
impazzire. *Diamo la colpa a qualcuno e facciamo finta di essere normali.*
Ok,
la smetto con gli sproloqui.
Grazie
a chi leggerà e a chi vorrà lasciare una recensione.
Bye
Bye
Cos