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Autore: Jo Hamish Watson    14/01/2014    3 recensioni
E se dopo Reichenbach un'altra minaccia, ancora più grave, avesse minacciato la vita di Sherlock e John? E se questa volta non ci fosse niente da fare?
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Care lettrici, questa è una fan fiction che prende sfacciatamente spunto dalla celeberrima e, a mio dire, stupenda “Alone on the water”, che, credo, tutte conosciate.
Non solo, ma mi sono permessa di seguire, come filo conduttore, il film che ha protagonista Benedict “Third Star”, altro elemento, fortemente, strappalacrime.
Spero di non essere accusata di plagio. Ci sono molte citazioni di “Alone on the water” che, non ho potuto fare a meno di trascrivere.
Buona lettura, sweeties.

Un uomo con un violino componeva musica triste rivolto verso la finestra che si affacciava sul mare, quel giorno tempestoso.
Fu questa l’immagine che John si trovò davanti quando entrò nell’appartamento. Subito la sua mente andò ad un quadro di Matisse che aveva potuto ammirare al Musée National d’Art Moderne di Parigi. L’opera si intitolava appunto “Violinista alla finestra” ed era ben diversa dalle altre dell’artista francese.
Se Matisse, durante tutta la sua carriera, aveva reso protagonisti assoluti delle sue tele i colori forti e “la joie de vivre”, il “Violinista” rappresentava una nota stonata nella sua composizione. Atmosfera cupa, colori spenti, mare in tempesta: era bellissimo da ammirare, ma provocava, nello spettatore, un senso di vuoto e malinconia.
Le stesse sensazioni che aveva sentito John non appena era entrato.
Sherlock quasi non si accorse del suo arrivo, immerso come era in quegli acuti così perfetti da far venire i brividi.
John capì subito che qualcosa non andava “Stai componendo musica triste” “E allora?”, rispose quello senza degnarlo di uno sguardo e continuando a muovere con abilità e precisione l’archetto. “Allora significa che è successo qualcosa”, sbottò, irritato dall’abituale comportamento dell’amico.
Sherlock si fermò, l’archetto sospeso a mezz’aria e gli occhi persi nel vuoto. A cosa sarebbe servito mentire? John sapeva tutto di lui e non si sarebbe accontentato di un semplice “Non è successo niente”. Lo conosceva troppo bene e non meritava di essere preso in giro, non in quella situazione.
Ripose il violino nella custodia e si accomodò nella solita poltrona di pelle nera, le dita delle mani giunte. “Ascolta” cominciò “devo parlarti”.
E gli raccontò tutto: da quando poche settimane prima aveva perso conoscenza, a quando era andato in ospedale per fare degli accertamenti, a quando Molly lo aveva chiamato, non riuscendo a trattenere le lacrime, per dirgli che un maledetto tumore stava avanzando nel suo cervello, lasciandogli poco più di un mese di vita.

Time stands still
Beauty in all he is
I will be brave
I will not let anything take away
What’s standing in front of me
Every breath
Every hour has come to this
One step closer…


Sherlock aveva parlato con un tono di voce tranquillo, misurato, senza esitazioni. John, invece, impallidiva sempre di più, cercando di ribattere alle affermazioni dell’amico, venendo sempre zittito dai cenni della mano di quest’ultimo.
Tremante, si alzò e si diresse verso la finestra, mentre l’altro riprendeva a suonare.
Fissava il mare, il sole che scendeva sotto la linea dell’orizzonte, come se potessero parlargli, suggerirgli una soluzione.
Sherlock non doveva, non poteva morire. Era troppo giovane e pieno di vita, come quei quadri di Matisse da lui tanto amati.
John non riusciva a pensare di dover assistere al suo funerale, non poteva immaginare di doverlo veder spegnersi lentamente e dolorosamente.
La voce dell’amico lo riportò al presente e, quasi come se avesse seguito il filo conduttore dei suoi discorsi, disse con voce spaventata “Non ho alcun desiderio di sopportare tutto questo”. E John, fissandolo negli occhi “E io non posso guardarti sopportare tutto questo”.
Bastò questo breve scambio di battute per capire quanto l’uno tenesse all’altro: Sherlock non avrebbe mai voluto che John rinunciasse alla sua vita per occuparsi di lui giorno e notte e John, dal canto suo, non sarebbe riuscito ad assistere al dolore di Sherlock.
Chi, durante la sua vita, nel pieno della sua giovinezza, pensa a quale sia il modo migliore per morire?
Sherlock lo stava facendo, e non era solo. Con lui c’era il suo migliore amico, il suo unico amico, che non lo avrebbe abbandonato di fronte a nulla.

Il mare era leggermente agitato quella mattina di metà autunno, e anche il cielo non prometteva che pioggia, ma lì, a Barafundle Bay, questo scenario era altamente suggestivo e sublime, e i due amici trascorsero la mattinata distesi sulla sabbia, a discutere del meraviglioso concerto al quale avevano assistito la sera precedente.
“Cosa ti va di fare?” domandò John. “Mi piacerebbe riposare un po’, proprio qui”
Il morso della gelosia strinse lo stomaco di John. Erano le sue ultime ore di vita e cosa voleva fare? Riposare? Non riusciva a capirlo. Sherlock percepì i pensieri dell’amico. Si avvicinò “Ci sono tre cose al mondo che mi stanno veramente a cuore; e vorrei utilizzare il tempo che mi resta per dire addio ad ognuna di loro. La prima è la musica e me ne sono occupato ieri sera al concerto di violino. Quindi permettimi di rilassarmi un po’ adesso, in riva al mare”
“E quale è la terza?” si lasciò sfuggire John.
“John, sono sicuro che non è necessario che te lo dica”
Bastò questo a scaldargli il cuore. Sapere di essere importante per qualcuno, per lui, gli diede la forza per affrontare quello che sarebbe successo di lì a breve. Quello per cui John pregava ancora l’amico affinché cambiasse idea, ma invano.
Mentre stavano distesi lì, fianco a fianco, Sherlock parlò, aveva solo un piccolo tarlo che lo tormentava di tanto in tanto, aveva paura di non riuscire a dire ciò che invece voleva dire a tutti i costi.

Lost and insecure
You found me, you found me,
Lying on the floor
Surrounded, surrounded
Why’d you have to wait?
Where were you? Where were you?
Just a little late, you found me, you found me.


“Non avevo mai avuto qualcuno a cui dire addio prima. Qualcuno che avrebbe sentito la mia mancanza”, fece una pausa. “Ti mancherò, John?”
Un nodo gli strinse la gola, deglutì a fatica “Fino alla fine dei miei giorni, Sherlock”.

Goodbye my lover,
Goodbye my friend,
You have been the one,
You have been the one for me.
   
 
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