Anime & Manga > D'Artagnan
Segui la storia  |       
Autore: floflo    15/01/2014    4 recensioni
C’č ancora vita in questo fandom?
Ho deciso, dopo un lungo travaglio, di pubblicare questa fic a cui sto lavorando da piů di un anno.
Una storia tutt’altro che semplice - che mi ha fatto penare parecchio fin dal primo istante in cui ho deciso di raccontarla -, costruita su diversi livelli temporali: un po’ prequel del prequel, e spin-off del sequel (tanto per confondere ulteriormente le idee a chi avrŕ la pazienza di seguirmi...) “^^
Cosa conosciamo in realtŕ di Renče e del suo passato? E di quello che č stato il suo immediato futuro dopo il matrimonio con Athos?
Sequel di Feuilleton2- Reloaded, questo racconto inizia esattamente dopo la fine del capitolo quarto della mia precedente storia Feuilleton.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aramis, Athos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il feuilleton del feuilleton'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 

4. Diane – prima parte -



Renče era riuscita, alla fine, a farsi dare qualche abito del barone, l’aveva buttata sul fatto della sicurezza: Diane era sola a palazzo, il marito fuori a caccia e avere un “uomo” in casa a proteggere lei e i bambini poteva sempre fare comodo…
Madame de la Croix, seppure con qualche riottositŕ, aveva acconsentito che Renče si vestisse da uomo, a patto che anche suo marito, il conte de la Fčre, giungesse a Noisy al piů presto.
L’aveva lasciata in quel limbo di incertezza: donna vestita da uomo che si comporta come tale, e donna con un marito da qualche parte.
Diane era fatta cosě, sembrava sempre abbandonare tutto a metŕ, con noncuranza, disattenzione, pigrizia, ma segretamente convinta che alla fine tutto si sarebbe ricomposto secondo i suoi desideri.
Apparentemente era remissiva e malleabile, aveva la capacitŕ di adattarsi a qualsiasi situazione con facilitŕ, avvezza ad assumere qualsiasi forma, come l’acqua, pur rimanendo sempre indissolubilmente lei stessa.
Diane era forte, forse addirittura piů forte di Renče, lei riusciva sempre a sopportare tutto, si piegava, ma non si spezzava.
Renče invece, era piů propensa alla fuga, era come un animale selvatico del bosco, mal sopportava le imposizioni, i cambiamenti repentini, le gabbie… Se Renče era un torrente impetuoso che nulla puň trattenere, Diane era la goccia che lentamente scava la roccia.
Quel giorno gliel’ aveva data vinta, eppure Renče sapeva che Diane non avrebbe desistito tanto facilmente: l’aveva accontentata, in modo paternale le aveva concesso di vestirsi da maschio in casa sua ma tuttavia non aveva dubbi che alla fine l’avrebbe spuntata la sua amica.
Era questione di tempo, bastava solamente attendere come e quando Diane avrebbe deciso di sferrare il suo affondo finale.

Si ricordava ancora il giorno in cui aveva incontrato Diane.
Era appena assurta agli onori della famiglia, dopo la morte del cugino David, era lei l’erede designata dei D’Herblay; i suoi parenti avevano discusso intere settimane sul da farsi, e alla fine avevano deciso di farle recuperare tutto il tempo perduto in pochi mesi.
In precedenza stato deciso che sarebbe entrata in convento per prendere i voti, ma ora le cose erano mutate improvvisamente: sarebbe stata educata tra le sacre mura, ma non per diventare sposa di Dio, bensě per ricevere l’educazione che spetta ad una futura nobildonna.
Era accaduta una cosa strana perň, proprio zia Bčnčdicte, che era sembrata tanto reticente quando si era trattato di accoglierla in casa sua, si era opposta con fermezza all’ipotesi del suo ingresso in convento.
La zia aveva insistito per occuparsi personalmente dell’educazione della nipote, cosě Renče era rimasta a Noisy con zia Benčdicte a palazzo D’Herblay.
All’epoca era una bambina pallida e introversa che si ritrovava in continuazione sballottata dagli eventi per certi versi tragici della sua vita, non faceva in tempo ad abituarsi alla sua condizione che immediatamente doveva ricominciare tutto daccapo.
Renče non aveva amici, non c’erano bambini a palazzo D’Herblay, se si escludevano i figli di qualche serva, e comunque a lei non era concesso giocare con i figli dei domestici.
Di tanto in tanto zia Benčdicte riceveva la visita di madame de Gaillard, una nobildonna sposata al marchese de Gaillard i cui possedimenti confinavano proprio con quelli dei D’Herblay.
Al cugino David era stata fatta la proposta di prendere in moglie proprio la figlia del marchese, Diane, che allora era soltanto una bimbetta esattamente come Renče. Era un affare praticamente giŕ concluso, i terreni dei D’Herblay e dei Gaillard si sarebbero uniti raddoppiando cosě le rendite agricole, inoltre dal momento che Diane era ancora troppo giovane per sposarsi, David che era giŕ in giovanotto, avrebbe avuto tutto il tempo per scapricciarsi e frequentare il bel mondo.
Con la morte di David perň Diane era rimasta senza marito e Renče senza amici.
A zia Benedictč che nel frattempo forse aveva avuto modo di affezionarsi alla nipote, non era parso vero di potere usufruire della frequentazione di madame de Gaillard e della giovane figlia per introdurre gradualmente Renče al suo nuovo ruolo.
Che leprotta era Diane da bambina, tutta allegria e trepidazione!
Il giorno in cui l’aveva incontrata le era comparsa improvvisamente nel salotto di zia Benčdicte, un faccino paffuto e pieno di lentiggini, al cui sorriso sul davanti, mancavano un paio di denti.
Avevano giocato per un po’ “a fare le signore” sotto gli sguardi amorevoli e orgogliosi della madre di Diane e quello severo della zia, ma Renče che non aveva mai giocato con una bambina e presto aveva cominciato ad annoiarsi, cosě aveva trascinato Diane di sotto in giardino, a giocare a volano e a correre tra le siepi e le aiuole in fiore, come aveva fatto fino a poco tempo prima assieme al cugino David.
Il giorno successivo fu la piccola d’Herblay ad essere ospite dei Gaillard, e quando la bambina tornň a casa aveva le guance infiammate dalla febbre, tanto era stravolta dalla stanchezza e dalla meraviglia di quella nuova esperienza.
Diane aveva diversi fratelli e sorelle di etŕ assortita e Renče non aveva mai visto tanti bambini messi assieme: bambini che le sembravano estremamente chiassosi e disordinati per lei che era abituata a recitare preghiere inginocchiata davanti a un crocefisso.
La sua nuova amica le aveva mostrato i suoi giocattoli: le bambole dal viso di porcellana, gli occhi dipinti e gli abiti delicati che erano la perfetta riproduzione in miniatura di quelli delle signore, i suoi libri dalle figure fantastiche e colorate…
Renče osservava estasiata ogni cosa, lei abituata a maneggiare una piccola Bibbia, immagini di santi e crocifissi, timorosa e allo stesso tempo desiderosa tenere tra le mani quegli oggetti meravigliosi e sconosciuti che appartenevano alla sua amica.
Una cosa in particolare perň aveva colpito l’animo di Renče: la madre di Diane.
Era una donna leggermente pingue dalla cui morbidezza delle forme scaturiva un senso materno di calore e tenera voluttŕ.
Aveva grandi occhi bovini e un naso capriccioso che arricciava in continuazione facendo smorfie buffe quando si rivolgeva ad ognuno dei propri bambini.
Renče l’aveva trovata bella come una dea.
Madame de Gaillard si era dimostrata da subito molto cordiale con la piccola d’Herblay, ma una cordialitŕ differente da quella di maniera che le avevano dimostrato fino a quel momento i suoi parenti, una cordialitŕ che presupponeva grande confidenza priva di distacco: la cordialitŕ affettuosa tipica di chi ha a che fare con la tenerezza e poco con la cerimoniositŕ di certi atteggiamenti.
Madame de Gaillard era attorniata perennemente da quella nidiata di bambini che erano i suoi figli.
Pochi mesi separavano le loro etŕ, come se la sua unica occupazione negli ultimi anni fosse stata solo quella di sfornare marmocchi.
Alcuni di essi erano ancora in braccio alla balia, ma ella non faceva distinzioni tra quelli piů grandicelli e quelli ancora in fasce, si chinava a turno su ognuno di loro e dispensava carezze e baci sulle guance e sulla testa di ognuno di loro.
Quella fisicitŕ talvolta ingombrante e quei gesti erano quasi completamente sconosciuti a Renče, la turbavano e la sorprendevano al contempo, lasciandola estasiata ad osservare.
Forse per gioco o forse di proposito, circondata com’era di bambini, la madre di Diane aveva finito con il dare un tenero bacio sulla guancia anche a Renče, per poi posarsi una mano sulle labbra sorridenti come fosse stato un errore divertente, un piccolo e innocente scherzo… La piccola Renče rimase tramortita da quel contatto inaspettato.
Quando madame de Gaillard le si era avvicinata aveva odorato il suo delizioso profumo, aveva sentito la morbidezza quasi sfrontata di quella pelle delicata e invitante, quelle labbra tenere color geranio che le avevano sfiorato la guancia le avevano fatto nascere un sentimento nuovo e completamente sconosciuto per lei fino a quel momento.
Con il tempo l’avrebbe invidiata la sua amica Diane, non per le bambole e la quantitŕ di giocattoli, ma per quella madre e per quei fratelli.
Avrebbe imparato a riconoscere i sentimenti che le ispiravano il salone e il grande giardino dei Gaillard: allegria per tutti quei bambini sempre in procinto di mettersi a correre, urlare, piangere e ridere, mentre la presenza di quella donna sensuale e amorevole la riempiva di nostalgia.
“Si puň provare rimpianto per qualcosa che si č conosciuto appena?” Si era domandata in seguito, quando aveva compreso la natura del sentimento che provava per la madre della sua amica.
Eppure il ricordo della luce e del calore che si irradiava da quella donna attorniata di mocciosi aveva fatto affiorare in Renče un sentimento a lungo assopito ma non del tutto dimenticato.



 
***


Gli abiti del barone le stavano decisamente larghi, inconfutabile segno che il padrone di casa era piuttosto corpulento.
Se non altro l’ampia camicia di lino che indossava sotto il farsetto di lana grossa mascheravano leggermente il suo aspetto esile, anche se le cuciture dell’ampio carrč ricadevano un po’ miseramente sulle sue spalle spioventi.
Meglio era riuscita ad aggiustarsi le brache, e tuttavia non aveva rinunciato alla compagnia del cinturone di cuoio in cui era appesa la sua spada, senza la quale si sarebbe sentita nuda.
Qualche domestico aveva provveduto ad asciugare e a lucidare i suoi stivali, l’unico indumento che non avrebbe mai potuto scambiare con quelli del barone.
Mentre misurava con ampie falcate battendo i tacchi solennemente lungo il corridoio deserto si sentiva sicura di sé e possente, come avesse dimenticato le angosce del giorno precedente e della notte, ma giunta a metŕ del grande scalone che conduceva dal piano nobile a quello sottostante, si arrestň sgomenta…
Era convinta che avrebbe trovato ad attenderla soltanto qualche domestico, una tavola imbandita e la sua amica Diane, invece...
Quei rumori e quelle vocine tenere e cristalline non lasciavano dubbi di sorta…
“Bambini…” Aveva constatato.
Nulla la terrorizzava come quelle misteriose creature, soprattutto quando si trovava costretta a interagire, suo malgrado, con loro. Piů erano giovani d’etŕ e piů avevano il potere di metterla a disagio.
Assomigliavano a folletti, gnomi, creature magiche e misteriose, totalmente imprevedibili che si reggevano a stento su quelle gambe ora grassocce ora macilente, con quegli occhi spalancati, talmente grandi da sembrare infinti, profondi come le maree di Normandia che tutto sommergono, tanto limpidi da potersi specchiare dentro.
Istintivamente Renče pensň a Jean, l’unico bambino con cui avesse avuto a che fare nella sua vita da adulta, l’unico che, con una semplicitŕ disarmante, aveva scoperto il suo segreto quando si travestiva da moschettiere.
Soltanto un bambino, dotato di quelle particolari doti magiche di intuizione, sarebbe riuscito laddove altri non avevano capito ancora niente.
"Ci risiamo..." pensň con un groviglio nello stomaco.
Inspirň profondamente prima di entrare nella sala da pranzo, gonfiando il petto, come se con quel gesto cercasse di innalzare una barriera tra sé e quegli esseri minacciosi.
Il salone da pranzo era ampio e luminoso, le pesanti tende erano state completamente scostate per fare entrare la luce del sole che illuminava una tavola per metŕ ancora imbandita di prelibatezze e per l’altra metŕ, invece, contenente i resti della colazione appena consumata dai commensali: madame Diane e un paio di bambini, maschi, che se ne stavano tutti impettiti a fianco della bambinaia, vestiti pomposamente di velluto e pizzi come piccoli adulti, nonostante i teneri e rosei lineamenti tradissero la loro giovanissima etŕ.
Dal momento in cui Renče aveva fatto la sua comparsa nel salone, i due fanciulli avevano cominciato ad occhieggiare da dietro le sottane della bambinaia intimoriti e allo stesso tempo irresistibilmente attratti dal nuovo arrivato.
- Buon giorno, avete riposato bene? - disse furbescamente Diane lanciandole un’occhiata maliziosa.
- Benissimo madame…- le fece il verso Renče inchinandosi ossequiosa nell’atto del baciamano.
Un inatteso tintinnio metallico catturň gli occhi dei bambini che si concentrarono immediatamente sul il fianco di Renče, dove pendeva la sua spada.
Diane non riuscě a trattenere una lieve smorfia di disappunto:
- Non riuscite proprio a fare a meno di quell’affare, vero? -
Costernata Renče si liberň alla svelta del cinturone con l’arma, posandolo sopra una cassapanca.
Immediatamente le due testoline si volsero verso l’oggetto che aveva attirato la loro curiositŕ il loro desiderio.
Il bambino piů piccolo perň aveva negli occhi una luce strana e aveva preso a osservare il nuovo arrivato con insistenza, lanciando occhiate furtive ora alla sua spada e ora a lei stessa.
- Perché indossate gli abiti di nostro padre? – ruppe gli indugi con una vocina che sembrava avere la soavitŕ del canto di un cherubino.
- Jean-Luc! Che maniere sono? – Lo riprese a bassa voce la bambinaia assestandogli un buffetto sulla nuca.
Il bimbo rientrň rapidamente nei propri ranghi senza battere ciglio.
- I miei figli, Jean-Marie e Jean-Luc. Vi prego di perdonare la loro irruenza. - Si affrettň a dire Diane indicando i due bambini mentre chinavano le testoline in un ossequioso gesto di riverenza.
Il bambino piů grandicello non si trattenne a lungo e pochi attimi dopo aver terminato l’inchino al loro ospite, domandň soavemente alla madre se “monsieur poteva mostrare loro la sua spada”.
Diane sospirň, annuendo non troppo convinta per poi aggiungere severamente.
- Senza toccarla, perň. –
I due bambini trotterellarono accanto alla cassapanca, mentre Renče, che in realtŕ avrebbe voluto fuggire il piů lontano possibile, afferrava l’arma e lasciava sgusciare dal fodero una piccola porzione della lama.
Esclamazioni di estasi e meraviglia spalancarono le labbra dei due bambini che si scambiavano rapidi sguardi di intersa, combattuti tra il desiderio di avvicinare le dita paffute all’elsa della spada e il rigoroso divieto della madre.
Renče non poté fare a meno di notare quanto fossero graziosi quei due visini dalla pelle rosata e trasparente, quegli occhi limpidi da cui stillavano soltanto innocenza e stupore.
- Avete combattuto molti duelli, monsieur? - domandň di nuovo il bimbo piů grande con la sua vocina.
Renče annuě presa da un improvviso groppo che le serrň la gola che le impediva di parlare, scoprě ulteriormente la lama con un gesto lento, in modo da offrire la lama alla luce del giorno, facendola rifulgere di bagliori cangianti.
I due bambini allungarono il collo pur di avvicinarsi, soltanto con gli occhi, ulteriormente all’oggetto del loro desiderio, immaginando magnifiche battaglie.
- Avete ucciso molte persone con questa, monsieur? - la incalzň il piů grandicello prendendo ulteriore confidenza.
- Beh… insomma… - balbettň Renče colta completamente alla sprovvista dalla feralitŕ della domanda, facendo rientrare completamene la lama nel fodero.
- Adesso basta Jean-Marie. Lasciamo monsieur desinare in pace. Piů tardi, se ne avrŕ voglia, potrŕ raccontarvi le sue mirabolanti avventure. – intervenne prontamente Diane con un piglio autoritario ed un inaspettato accenno di ironia su quelle “mirabolanti avventure”.
La bambinaia allargň le braccia, e come una chioccia con i pulcini accolse i due bambini imbronciati tra le ampie maniche del suo abito, conducendoli fuori dalla sala.
- Fate pure con comodo monsieur, piů tardi potete raggiungerci sotto il porticato. – aggiunse poi Diane con un inchino prima di lasciare una Renče attonita e spaesata alle attenzioni di due domestici.



 
***


Diane aveva proprio ragione, come del resto spesso negli ultimi tempi: tanto la giornata precedente era stata uggiosa, tanto quella che avevano dinnanzi pareva gradevole.
Renče indugiň parecchio assaporando la promessa di quel radioso mattino di primavera davanti alla grande porta a vetri scostata che dava sul giardino della casa.
L’aria era ancora frizzante, ma non pungente e fradicia, i raggi del sole cominciavano a riscaldare con un tenero tempore, mentre la luce prepotente del giorno inondava copiosamente il mattino trafiggendo le gocce di umiditŕ ancora sulle foglie della lussureggiante vegetazione, facendole risplendere dei colori dell’arcobaleno, come minuscole luci appese da misteriose creature a mo’ di lanterne alle foglie.
Si sentě per la prima volta dopo molto tempo a casa, poteva riconoscere finalmente l’odore particolare dell’aria di quella regione selvaggia che, in fondo, le apparteneva.
Si lasciň abbracciare dai raggi tiepidi del sole, sentiva quel piacevole tepore irradiarsi nelle sue ossa intorpidite, insinuarsi fin dentro la sua anima a sciogliere il freddo che sentiva dentro.
Rinfrancata da quell’atmosfera idilliaca, pensň di andare a controllare il suo cavallo nella scuderia, prima di incontrare Diane e mettersi alla scrivania a cercare le parole adatte per convincere Athos a raggiungerla palazzo del la Croix.
Aveva giusto mosso pochi passi quando ebbe l’impressione che voci infantili la stessero rincorrendo.
- State in guardia messere! -
- Come osate, ora assaggerete il mio ferro! -
Renče non potč fare a meno di sorridere tra sč e sč: frasi tanto altisonanti e minacciose pronunicate da quelle vocette soavi...
- Vostre signorie, vi supplico di non correre in quella maniera e di rimanere sopra il ciottolato: l’erba del giardino e bagnata e piena di fango! –
Jean-Marie e Jean-Luc alternavano scene di inseguimenti a scene di duello, mulinando con fare minaccioso due piccole spade di legno sotto un piccolo gazebo al centro del giardino, inseguiti da una bonne d’enfants trafelata che cercava di riportarli ad un minimo di disciplina.
- Č arrivato anche Monsieur! - gridň, ad un tratto, uno dei due bambini interrompendo il gioco. Abbandonato il duello all’ultimo sangue come se nulla fosse, i due presero a trotterellare in direzione di Renče che indietreggiň qualche passo riuscendo a dissimulare a malapena la sua non remota volontŕ di fuggire lontano da quei due perniciosi nemici alti quanto un soldo di cacio, completamente ignara che un'altra minaccia, ben piů terrificante, stava sopraggiungendo alle sue spalle preceduta da un miagolio ovattato trasportata da passi lenti e da una nenia sussurrata.
- Bene! Noto con piacere che avete deciso di fare quattro passi in giardino…- la voce di Diane echeggiň soave dietro di lei.
Il colore sembrň per un istante abbandonare le guance di Renče non appena il suo sguardo incontrň la sua amica: Diane teneva infatti tra le braccia un fagottino avvolto da morbide coperte che emetteva un borbottio tutt’altro che rassicurante. 
Presa completamente alla sprovvista da quella visione e circondata da quei marmocchi urlanti, a Renče non rimase altro da fare fermarsi ed affrontare ciň che di piů temeva.
- Voglio presentarti un altro membro della famiglia del barone de la Croix: Madeleine, la mia ultima nata.- disse con orgoglio Diane mostrando a Renče il contenuto del fagottino.
- … Č una femmina?...- farfugliň Renče a stento.
Da ragazza trovava poche cose piů insopportabilmente noiose dell’ostentato chiacchiericcio delle mamme sui propri figli, ma a quel tempo era troppo giovane per domandarsene il motivo, quindi semplicemente si defilava con una scusa qualsiasi.
Le matrone di Noisy la guardavano con accondiscendenza quando mostravano i loro pargoli a zia Bčnčdicte e lei rimaneva impassibile di fronte a quelle faccine da scimmietta, sentenziando semplicemente “Imparerŕ…”.
Provava una sorta di istintiva e incontrollabile repulsione per i lattanti di qualsiasi ordine e grado, perfino per quelli della sua amica d’infanzia.
Li trovava tutt’altro che deliziosi e, ogni volta che se ne trovava uno di fronte, si interrogava sul motivo per cui qualsiasi giovane donna o fanciulla si sdilinquisse nel vezzeggiare quei piccoli mostriciattoli capaci soltanto di cacare e strillare per ore e ore con il volto paonazzo.
La neonata di Diane dal canto suo, pur non essendo ancora dotata di parola, pareva avere avvertito lo stato d’animo tutt’altro che amichevole di Renče e le aveva rivolto uno sguardo con gli occhietti obliqui a metŕ tra l’indifferente e l’annoiato prima di sbadigliare e girare la testolina verso la madre, come a interrogarla sul motivo di quell’incontro.
- La vuoi tenere? - domandň Diane in modo del tutto inutile dal momento che, mentre pronunciava quelle parole, aveva giŕ piazzato la bimba tra le braccia di pietra di Renče.
La donna che era stata un tempo moschettiere fu scossa da un tremito di puro terrore, avrebbe preferito passare attraverso un plotone d’esecuzione piuttosto che ritrovarsi quel fagottino infiocchettato tra le braccia.
Quando prestava servizio come moschettiere era stata enormemente grata alla divisa che indossava, perché la esonerava dal mostrare il benché minimo interesse verso quelle creature agghiaccianti, che si trattasse indistintamente di rampolli di qualche nobile casato o dei figli delle strade di Parigi.
Avrebbe dovuto esibirsi ora in una ridda di mossette, gorgheggi e smorfie ridicole come tutte le donne allo scopo di sollazzare l’infante e compiacere la madre e le tate che osservavano la scena estasiate?
Per un istante che sembrň eterno Renče rimase di pietra con la neonata tra le braccia senza sapere bene che fare, con le mani che arpionavano le coperta ricamata quasi a cercare disperatamente un appiglio e l’ansia crescente le contorceva le viscere.
Un silenzio assordante d’un tratto pareva calato nel giardino, come se l’universo intero fosse in attesa di un gesto, un sorriso un sospiro da parte di Renče: Diane e balia avevano perso misteriosamente l’uso della parola, gli uccellini avevano smesso di cinguettare, i non ti scordar di me di occhieggiare tra i fili d’erba e perfino Jean-Luc e Jean-Marie tacevano immobili con le loro piccole spade di legno abbandonate sul fianco.
L’unica che poteva salvare Renče era proprio Madeleine, la neonata.
Dopo quell’attimo che sembrava non finire piů, la bimba spalancň la sua boccuccia sdentata ed iniziň a frignare, dapprima sommessamente, poi via via a pieni polmoni, come a reclamare con stizza quella dose di attenzioni che Renče le aveva negato.
Con il pianto della piccola, il volto di Diane si rianimň come per magia mentre la balia tendeva le braccia verso Renče perché le restituisse il prezioso fagottino urlante. - Ci penso io Monsieur. – furono le parole della sua salvatrice.
Sbarazzatasi dell’ingombrante fardello, quella che una volta era stata la donna moschettiere, riacquistň la padronanza del proprio corpo e della propria mente.
In un battibaleno tutte le attenzioni erano tornate alla figlia di Diane e con enorme sollievo Renče tornň ad eclissarsi tra la balia e la sua amica.
Una sottile inquietudine perň continuava a farle tremare le mani: dal suo punto di vista non aveva affatto superato l’esame e la prova era soltanto rinviata per qualche tempo.
Nella concitazione generale gli occhi turbati di Renče incontrarono quelli di Jean-Marie che stringeva la sua piccola spada di legno.
- Che ne dici, piccolo moschettiere, di fare un po’ di pratica?- domandň stupendosi lei stessa dell’audacia al bambino che la osservava rapito.
- Sěěěěěěě! - rispose un coro due voci infantili.
Reneč sospirň con una certa soddisfazione, del resto, due spade di legno erano di gran lunga meglio di una culla.






 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D'Artagnan / Vai alla pagina dell'autore: floflo