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Autore: giraffetta    15/01/2014    4 recensioni
-“Sei sempre da solo.” riuscì a dire alla fine, guardando malinconicamente il suo ometto.
Finn sorrise, prendendo una mano della madre tra le sue.
“Non sono solo, mamma.” disse convinto. Si voltò verso l’infinita distesa marina e la indicò con un movimento del braccio, quasi a volerla abbracciare.
“Papà… papà è qui con me.” spiegò, illuminandosi tutto. Era vero, lo sentiva: suo padre era lì, in quel mare profondo e gentile, in quella spuma bianca e delicata, in quel profumo salmastro e pungente.-
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Mio padre è il mare






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Mio padre è il mare.
È l’onda impetuosa che spazza la rena sabbiosa.
È la spuma che carezza gentile i piedi dei bambini.
È la goccia salata che riverbera sul viso dopo un tuffo.
È il profumo salmastro che invade le narici dopo un sospiro.
Mio padre è il mare.




Un ragazzino di circa quindici anni stava seduto su uno scoglio affilato, beandosi degli schizzi salati che le onde gli spruzzavano sul viso, frangendosi contro le rocce.
Tirava un vento fresco, che faceva ruggire il mare e alzare piccole onde bianche ricche di spuma.
La spiaggia era deserta, fatta eccezione per quella piccola figurina che si stagliava nitida nella vivida luce del tramonto, la corta zazzera bionda accesa dal riverbero del sole infuocato.
Sembrava un piccolo dio marino silenzioso e, se non avesse avuto le ginocchia strette al petto e i piedi ben piantati sulla superficie frastagliata dello scoglio, lo si sarebbe potuto scambiare per un tritone, che si riposava dopo una lunga nuotata.
Il giovane si schermò gli occhi con una mano, contemplando tra le dita dischiuse il sole che si tuffava nel mare: era il momento da lui preferito, quando la grossa sfera infuocata si lasciava abbracciare dalle dolci acque azzurre, che inghiottivano con uno spasmo deciso l’intero globo.
Quella volta, però, il mare ruggì richiudendosi su una porzione di sole, come spaventato dall’idea di inabissare la sfera luminosa, come impaurito dal volerla affogare tra le sue braccia liquide.
Il ragazzo non si mosse, e continuò a guardare il sole divorato dal mare, mentre la spuma delle onde gli carezzava gentile i piedi. Sembrava voler abbracciare anche lui, il mare, ed era questo ciò che provava quando si immergeva per nuotare: sentiva l’acqua lambire il suo corpo con dolcezza, sfiorargli le braccia e le gambe come un melodioso sussurro e gorgogliare giuliva nelle orecchie allorquando immergeva anche la testa al di sotto della superficie e si lasciava cullare beato dal moto ritmico delle onde.
Ormai, il sole era completamente calato nell’acqua tumultuosa, lasciando il cielo striato dai primi colori della sera e piccole stelle pallide affacciarsi lievemente tra le nubi.
Eppure, il ragazzino biondo seguitava a rimanere immobile, respirando l’aria salmastra e contemplando il mare freddo e spumoso, senza muovere un muscolo. Era come se fosse in comunione con quell’elemento, come se appartenesse al mare e non al mondo degli uomini. Sembrava quasi sul punto di dissolversi così, tra la spuma e le gocce salate, tra le onde e il profumo di sale.
Una voce di donna, però, ruppe l’incanto.
“Finn!”
Il ragazzo si voltò verso una figura femminile che, sul limitare della spiaggia, lo chiamava con apprensione. Camminava lenta, stando attenta a poggiare i piedi al suolo e tenendosi una lunga ciocca di capelli su con una mano.
“Finn!” esclamò esausta, fermandosi alla base degli scogli neri. Solo allora, il giovane si decise a scendere dalla sua postazione e raggiunse la donna.
“Mamma.” mormorò appena con la voce resa roca dal vento, sorridendo gentile.
Annie si sentì sciogliere di fronte a quel sorriso, lo stesso identico sorriso di colui che aveva tanto amato e poi perso. Era arrivata fin lì con una bella ramanzina appuntata nella mente, ma dimenticò tutto nell’attimo in cui i suoi occhi si scontrarono con le iridi color cielo di suo figlio, del suo Finn.
“Ero preoccupata.” riuscì solo a dire. Non si era del tutto abituata alle improvvise sparizioni del ragazzo: un momento prima, Finn leggeva tranquillo sotto l’albero del giardino e, un momento dopo, era sparito. Sapeva però che Finn si trovava sempre nello stesso punto, sugli scogli, come un piccolo marinaio di vedetta, che attendava il ritorno di qualcosa.
“Ero qui, mamma… come sempre.” disse a mo’ di scuse il ragazzino, stringendosi nelle spalle. Il vento si era fatto più forte e soffiava con forza contro le due figure, sferzandole con impeto.
“Lo so, è solo che…” Annie non concluse la frase. Si strinse nel suo scialle, senza sapere bene cosa dire.
Era così, per lei: a volte le parole le sfuggivano dalla testa, rapite dalle onde del suo mare personale e lei non poteva farci niente. Per quanto cercasse di intrappolarle in una rete, quelle erano sempre più furbe e veloci e sgusciavano via come pesciolini dalle maglie, lasciandola muta. Solo il suo Finnick era stato capace di leggere anche i suoi silenzi, o le sue grida o soltanto i suoi occhi. Comunicare con lui era sempre stato facile, troppo facile.
“Sei sempre da solo.” riuscì a dire alla fine, guardando malinconicamente il suo ometto.
Finn sorrise, prendendo una mano della madre tra le sue.
“Non sono solo, mamma.” disse convinto. Si voltò verso l’infinita distesa marina e la indicò con un movimento del braccio, quasi a volerla abbracciare.
“Papà… papà è qui con me.” spiegò, illuminandosi tutto. Era vero, lo sentiva: suo padre era lì, in quel mare profondo e gentile, in quella spuma bianca e delicata, in quel profumo salmastro e pungente.
“Mio padre… mio padre è il mare.” sussurrò appena, quasi temesse di rompere un incanto.
Annie lo guardò stupita, gli occhi velati dalle lacrime, e strinse di più quella piccola e forte mano fra le sue. Il suo piccolo Finn era cresciuto, era un uomo adesso.
Si passò una mano su una guancia per scacciare una lacrima ribelle e sorrise.
“Hai ragione, sai?” disse, sedendosi sulla sabbia e trascinando con sé il figlio. “Tuo padre è il mare. È nelle sue onde e nella sua spuma, nelle sue correnti e nel suo profumo. È l’abbraccio che ti avvolge ogni volta che nuoti, è la carezza che ti sfiora i capelli ogni volta che ti immergi, è la spuma che ti solletica i piedi quando rimani a riva ad osservarlo frangersi contro le rocce. Ed è perfino il sussurro che odi quando il vento lo smuove, quel sussurro che ti parla al cuore e al cuore soltanto.” terminò Annie, poggiando la mano sul petto di Finn. Il ragazzo annuì, specchiandosi negli occhi di sua madre.
“Credevo… credevo che fosse solo la mia fantasia, ma io lo sento e lo vedo. Mi ha parlato anche di te, sai mamma? Mi ha parlato di quanto ti amava e ti ama ancora, mi ha raccontato di come è rimasto incantato dal tuo viso gentile e di come sarebbe stato felice di vivere ancora accanto a te, di crescere me e stare insieme con noi ancora a lungo.” confidò il ragazzo, affondando una mano nella sabbia soffice.
Annie annuì, attirando il figlio al suo petto e baciandogli il capo. Aveva allevato Finn con tutto l’amore e la dedizione del mondo, sperando di essere una brava madre e, ora, vedendo che ragazzo era diventato, pensò di aver fatto un buon lavoro. Poi, guardò il mare e ringraziò mentalmente anche lui, il suo Finnick: dovunque fosse, sapeva che vegliava su di loro.
“Ora dobbiamo andare.” sussurrò Annie al figlio, alzandosi e spazzolando con cura la sabbia dal suo vestito. Finn annuì, scattando in piedi e prendendo sua madre per mano. Si incamminarono insieme, il giovane uomo e sua madre, con piccoli e attenti passi.
Prima di abbandonare la sabbia, si voltarono entrambi verso la chiazza nera del mare, illuminato solo dal riverbero delle stelle.
“Ciao papà, a domani.” salutò Finn, curvando le labbra in un sorriso. Annie sorrise con lui, sussurrando mentalmente il suo personale saluto al marito.
“Ciao Finnick. A questa sera… nei miei sogni.”                     
Non appena le due figure si persero tra le strade del villaggio, il mare si placò e il vento smise di soffiare. Una placida calma scese sulle onde e uno spicchio di luna fece capolino dalle nubi, riflettendo un largo sorriso su quelle acque adesso serene.




Mio padre è il mare.
È l’onda impetuosa che spazza la rena sabbiosa.
È la spuma che carezza gentile i piedi dei bambini.
È la goccia salata che riverbera sul viso dopo un tuffo.
È il profumo salmastro che invade le narici dopo un sospiro.
Mio padre è il mare.






NOTE:
L'idea di scrivere sul figlio di Finnick mi è balzata in testa secoli fa. Inizialmente doveva essere una child!Finn, ma poi ho deciso di rendere il personaggio come un ragazzino di quindici anni, certamente più maturo per arrivare a fare un certo tipo di riflessione su suo padre, che non ha mai conosciuto. Finn (ho scelto di chiamare il bambino come Finnick, non trovando nessun nome che suonasse bene!) conosce la storia di suo padre, sa come è morto ed è stato capace di crearsi una sua idea e una sua personificazione, per sopperire alla mancanza. E quale miglior personificazione, se non il mare, tanto amato da Finnick? .-.
In tutto ciò, si è intrufolata anche Annie, che spero di aver mantenuto IC: ho accennato al suo disturbo con la sua "incapacità" di riuscire a formulare un discorso a braccio, diciamo, e quindi di doverselo creare preventivamente nella sua testa. 
E niente, credo di aver scritto anche troppo! Ah, le poche righe iniziali e finali sono mie, le ho scritte appositamente come punto di vista interno da parte di Finn: sono un riassunto di ciò che pensa quando guarda il mare e lo identifica col padre!
Bene, alla prossima!

baci,Giraffetta 


 
  
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