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Autore: La Mutaforma    15/01/2014    1 recensioni
Se batti i pugni su una porta chiusa nessuno ti sentirà, nessuno verrà ad aprirti. Potrai piangere e cadere, ma non potrai guardare nemmeno sotto la porta. Come un cane che è rimasto chiuso fuori. E così è per me. Sono rimasto chiuso fuori. Sono stato chiuso fuori.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sakuya Le Bel Shirogane, Yuuya Sakazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gusci Rotti

 

 

 

Lo sai di colore sono le porte chiuse? Sono bianche di disperazione, chiuse e impenetrabili. Non hanno serrature né buchi per guardare oltre di loro, né si possiede la certezza che esista qualcosa al di là di esse. Se batti i pugni su una porta chiusa nessuno ti sentirà, nessuno verrà ad aprirti. Potrai piangere e cadere, ma non potrai guardare nemmeno sotto la porta. Come un cane che è rimasto chiuso fuori. E così è per me. Sono rimasto chiuso fuori. Sono stato chiuso fuori”

 

 

 

Camminò a passi svelti nel corridoio. La pistola nella sua freddezza bruciava come un rammarico nella tasca posteriore dei jeans.

Nessuno lo sapeva.

Nessuno lo avrebbe mai saputo.

Il suo stesso respiro riusciva ad appannare le lenti degli occhiali.

Rallentò leggermente passando davanti alla sua porta, sperando che casualmente si aprisse e ne uscisse il fratello.

Buongiorno Sakuya” avrebbe detto.

Zitto mezzosangue” sarebbe stata la risposta.

Non ebbe questa fortuna.

Superò la porta senza che si aprisse.

 

C’era una volta il principe

Con gli occhi come il mare blu

E quel principe sei proprio tu

 

Yuuya non provava risentimento verso nessuno. Almeno questo era il suo tentativo.

Però andare a scuola era diventata la sua maggiore gioia.

L’opportunità di vederlo per caso nei corridoi.. è così facile.

Mandarlo alla Saint Pigeonation's era stato un modo per il signor Le Bel di lavarsi la coscienza. Non si era mai interessato della sua istruzione.

E lui stesso non si era mai interessato di chiamarlo padre.

Si incrociarono come il caso vuole nel corridoio della scuola. Avrebbe giurato di non sentirsi altro se non l’ombra proiettata dal suo splendore.

Buongiorno Sakuya”

Zitto mezzosangue”

Lo superò senza aggiungere altro, nemmeno a guardarlo.

Yuuya pensò che le sue scarpe non sarebbero mai state lucide quanto le sue. Ma andava bene così.

Sakuya meritava ogni bene.

 

La villa dei Le Bel era ampia. C'era spazio quasi per tutti.

Yuuya e sua madre abitavano in un vano ai limiti della grande abitazione. Era più che confortevole come spazio per solo due persone, e la signora Shirogane poteva mettersi in giardino da sola a prendersi cura dei fiori e delle colombe.

Sosteneva che le faceva bene.

Lui si metteva nel giardino con lei, seduto su una poltrona di plastica con la radio accesa sulle ginocchia, a fischiettare. La signora Shirogane aveva la tipica fisionomia giapponese. Piccola e minuta, le dita delicate come piume. Una donna da abbracciare e da preservare.

Come stai mamma?”

Come i fiori in primavera”

Sei molto bella oggi”

Lo hai detto anche ieri, Yuuya.

Come sta mio figlio?”

Abbassò gli occhi, colpevole.

Sta bene, mamma. L'ho visto oggi a scuola. Ti manda i suoi saluti”

Perché non viene mai a trovarmi?” il suo sorriso gli avrebbe potuto spezzare il cuore.

Lo sai mamma, ha molto da fare, è un aristocratico, appena avrà il tempo verrà a trovarci”

Persino le colombe tubarono di dissenso, ma loro fecero finta di nulla.

 

Una scintilla e la sigaretta era già accesa.

Aveva preso da poco l'abitudine di fumarne almeno una dopo cena. Restava fuori a passeggiare per il vasto giardino, un filo di fumo a fargli da scia.

A volte lo sentiva suonare.

E pensava che fosse bellissimo.

Pensò che fin da piccolo non aveva fatto altro che fantasticare su quel mondo scintillante dal quale era stato chiuso fuori. Adesso di quei giorni gli era rimasto soltanto un sordo disprezzo, la piena consapevolezza di non essere parte né di ciò che gli era stato concesso né di ciò da cui era stato escluso.

Yuuya amava Tchaikovsky. Sakuya non lo avrebbe mai saputo, né compreso.

D'improvviso una finestra di aprì.

Chi si nasconde nel mio giardino? Sei un ladro?”

Yuuya alzò la testa, esibendo l'usuale sorriso sornione.

Buonasera Sakuya”

Ah, dunque eri tu, sporco bastardo. Come un ladro nella notte. Cosa ci fai qui?”

Niente di particolarmente dannoso nei tuoi riguardi, fratello”

Fratellastro” sottolineò l'altro, con asprezza “Non confondermi con un tuo simile, Sakazaki

Sakazaki era il cognome del primo -e se vogliamo, anche unico- papà.

Stavi suonando”

Non ti interessa saperlo”

E' difficile non sentirti da qui. Sto solo passeggiando prima di andare a letto”

Yuuya attese, tirando un grigio sospiro dalla sigaretta, e guardò il fratello attraverso il fumo.

Stai diventando bravo” disse, senza particolare espressività.

Non accetto complimenti da te, feccia”

Poi ci fu il rumore della finestra che si chiudeva. Aspettò, ma persino il pianoforte tacque, e la luce si spense.

La sua passeggiata riprese quando aspettare divenne più inutile del guardare i vetri neri della finestra sigillata, e camminò da solo, con la sigaretta che sfumava nel suo rosso bruciore in mezzo ai fiori.

 

Yuuya Sakazaki non avrebbe mai detto che la sua vita non fosse perfetta.

Poi ricevette quella telefonata.

Aveva già aperto il vano nascosto dell'ultimo cassetto, quello con i suoi vecchi vestiti.

Sotto le camicine da bimbo e i golfini di lana, scoprì che in tutto quel tempo non si era mai mossa.

Era nera e lucida, e fredda.

E una scatola bianca di proiettili.

Yuuya l'aveva messa da parte, ma non per sempre. Si era limitato ad aspettare l'incarico. Perché lui lo sapeva che sarebbe arrivato.

Ed era lì in corridoio, in un giorno apparentemente normale, e forse lo era per davvero, con lo zaino sulla spalla, e la pistola in tasca.

Aveva già parlato con sua madre.

Mamma oggi torno più tardi. Faccio un salto al lavoro Ti telefono appena posso”

Non sono una bambina Yuuya, e nemmeno tu. Ti aspetto per cena”

Qualcuno lo spinse alle spalle, alla fine del lungo corridoio. La coda della giacca azzurra di Sakuya gli saltò all'occhio come se non ci fosse null'altro intorno.

Se mi avesse spinto da più vicino avrebbe sentito la pistola!

Buongiorno Sakuya”

Zitto Sakazaki. Quando lasci la scuola?”

Questo è l'ultimo anno per me”

Almeno non ti vedrò più entrare dal mio stesso portone”

C'era forse bisogno di aggiungere altro? Lo guardò uscire e anche quella volta non disse nulla.

 

Mi canti una canzone sulla pioggia?

Se ti bagni il signore Le Bel si arrabbierà con me.

Non succederà. Dirò di averla aperta io la finestra. Tu cantami una canzone. 

   
 
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