17/01/2014
0 recensioni‘Cos we always try hard.
Chapter 1.-Prologo
Ed eccola, arrivata lì, al solito bar vicino alla stazione, il Caffè Noir, intenta a sorseggiare un mini tazzina di caffè, forse perchè dicevano che lo facevano buono in quel posto, con gli auricolari sempre nelle orecchie, le mani perennemente in tasca e la Blazer grigie ai piedi.
Non era normale per le francesi essere così, loro di solito avevano i capelli biondi, lisci sempre perfetti “che non si scomponevano nemmeno con un ventilatore dietro” come li definiva lei, e poi avevano gli occhi azzurri, al massimo verdi e tutte altissime, educatissime e mangiavano perfettamente, mentre lei quando mangiava era tipo “un maiale che mangia come un camionista che mangia tanto tanto anche se ha il diabete” sempre dalle sue stupende citazioni.
Poi i suoi capelli erano ricci, neri, e forse l’unica cosa che aveva in comune con le altre erano i suoi grandi occhioni azzurri che risaltavano sulla pelle chiara.
Finito il caffè pagò lasciano gli spiccioli sul tavolo come sempre, più una mancia per il cameriere Philipe che ormai era suo amico.
E alla fine prese la prima metropolitana che la riportò a casa, nella periferia di Parigi, dove già l’aspettava la madre.
“Ehi, io vado, studia e ricordati di passare a prendere Charlotte alla quattro non la lasciare lì di nuovo” “ si mamma si” “mi raccomando eh” “ok ciao mamma ciao” disse mentre saliva di sopra ed eccola combinare il primo disastro quotidiano, buttare giù tutti i libri, vestiti e robe varie “Merda” pensò “faccio più disastri al giorno delle preghiere” ed ecco a voi signori e signore Ariellie Chaton, Ariel per gli amici.
“Ah a proposito, amen”
Writer’s space
Taaa-daa! Ecco a voi la specie di prologo di questa storia, so già che fa schifo, ma mi è venuta in mente durante matematica, quindi ha servito a qualcosa ;) beeh se volete recensite (solo se volete eh) e nada, anzi scusate pardon, alla prossima
Sciaaao belle.
Chapter 1.-Prologo
Ed eccola, arrivata lì, al solito bar vicino alla stazione, il Caffè Noir, intenta a sorseggiare un mini tazzina di caffè, forse perchè dicevano che lo facevano buono in quel posto, con gli auricolari sempre nelle orecchie, le mani perennemente in tasca e la Blazer grigie ai piedi.
Non era normale per le francesi essere così, loro di solito avevano i capelli biondi, lisci sempre perfetti “che non si scomponevano nemmeno con un ventilatore dietro” come li definiva lei, e poi avevano gli occhi azzurri, al massimo verdi e tutte altissime, educatissime e mangiavano perfettamente, mentre lei quando mangiava era tipo “un maiale che mangia come un camionista che mangia tanto tanto anche se ha il diabete” sempre dalle sue stupende citazioni.
Poi i suoi capelli erano ricci, neri, e forse l’unica cosa che aveva in comune con le altre erano i suoi grandi occhioni azzurri che risaltavano sulla pelle chiara.
Finito il caffè pagò lasciano gli spiccioli sul tavolo come sempre, più una mancia per il cameriere Philipe che ormai era suo amico.
E alla fine prese la prima metropolitana che la riportò a casa, nella periferia di Parigi, dove già l’aspettava la madre.
“Ehi, io vado, studia e ricordati di passare a prendere Charlotte alla quattro non la lasciare lì di nuovo” “ si mamma si” “mi raccomando eh” “ok ciao mamma ciao” disse mentre saliva di sopra ed eccola combinare il primo disastro quotidiano, buttare giù tutti i libri, vestiti e robe varie “Merda” pensò “faccio più disastri al giorno delle preghiere” ed ecco a voi signori e signore Ariellie Chaton, Ariel per gli amici.
“Ah a proposito, amen”
Writer’s space
Taaa-daa! Ecco a voi la specie di prologo di questa storia, so già che fa schifo, ma mi è venuta in mente durante matematica, quindi ha servito a qualcosa ;) beeh se volete recensite (solo se volete eh) e nada, anzi scusate pardon, alla prossima
Sciaaao belle.