Sehnsucht
Prologo.
A Stefano, semplicemente a lui,
credo di non dover aggiungere altro.
Una
mattina come tante, ti ritrovi a camminare per le strade dorate con le
cuffiette nelle orecchie.
Anche
se dovesse scoppiare la terza guerra mondiale non te ne accorgeresti
perché l’unica
cosa che noti è dove metti i piedi e la melodia lenta della
tua canzone
preferita.
Stringi
la manica dello zaino sulla spalla destra e nascondi le mani nel
cappotto nero,
cercando così di non farle intorpidire per il freddo,
già rosse come sono.
Tanti
autobus ti sorpassano, quelli che tu da un po’ di tempo hai
smesso di prendere
per non incontrare quella gente.
Intravedi
l’edificio grigio della tua scuola, e la marmaglia di ragazzi
già svegli e
attivi che si scambiano opinioni e racconti sorridenti, felici.
E
tutto ciò che pensi è solo ad un plurimo omicidio.
“Buongiorno
Signor Fizgerald”
“Buongiorno
anche a te Brett” la voce del professore era roca e molto
bassa, ma il suo viso
accennava sempre una punta di serenità sotto quella massa di
barba e di baffi
grigi.
Brett
era solito arrivare prima di tutti in qualsiasi classe. Non
chiacchierava con
nessuno e non si fermava nemmeno a ripassare per i corridoi quindi
tanto meglio
era andare in classe.
Di
solito il signor Fizgerald sfogliava riviste di design, visto che da
poco aveva
comprato un monolocale poco lontano dal centro. A Brett sembrava strano
che un
uomo creativo come lui si dovesse affidare a certi spunti banali e
chich, ma
come risposta aveva ricevuto solamente un gemito di disappunto, ed il
ragazzo
era andato a sedersi al suo banco: l’ultimo vicino alla
finestra.
Spesso
guardava aldilà del vetro, non che ci fosse qualcosa
d’interessante, ma in
realtà pensava e basta.
A
volte scarabocchiava o faceva caricature ai dipinti sui libri
prestatogli dai
compagni, tutto purchè prestare attenzione alla lezione.
Dopo
le prime quattro ore della giornata era solito andare a mensa e
prendere il
piatto del giorno, non gli importava cosa fosse, ma gli piaceva la
casualità
con la quale venivano scelti.
Abbozzava
un sorriso a Sarah, la capocuoca, e riceveva anche una mela rossa in
omaggio,
che però conservava sempre per il ritorno a casa.
Era
tanto abitudinario da far spavento: era come un treno che viaggiava
sempre
sulle stesse rotaie e che fermava sempre nei stessi punti, e nessuno
sembrava
farlo dirottare.
“Oh,
sei a casa” Brutalmente Marie venne scavalcata senza una
risposta.
Sospirò,
portandosi le mani nei capelli rossi creando una crocchia disordinato
con una
penna blu.
Sentì
la porta della camera di suo figlio sbattere e sussultò,
portandosi una mano al
cuore: non poteva continuare a fare così, o
l’avrebbe uccisa.
“Devi
smetterla” Sussurrò “Hai
capito?” successivamente urlò, facendo rimanere
immobile suo figlio di fronte a lei. “Cosa ho fatto per
meritarmi questo? cosa?”
continuò, avvicinandosi sempre di più a
lui.
Il
figlio era impassibile, ma le sue iridi si stavano scurendo
palesemente: era
segno che stava per arrabbiarsi.
“Se
entro stasera questo disastro non viene ripulito ti caccio fuori da
casa” disse
talmente velocemente che per poco non le si avvolgeva la lingua, e
detto questo
uscì dalla camera, sbattendo a sua volta la porta bianca,
lasciando un Brett
ancora immobile e con le nocche bianche.
Ovviamente
Brett non si smosse nemmeno di un centimetro, ed il pavimento della sua
camera
non vide la luce nemmeno quel giorno.
Marie
non lo cacciò di casa e capì di aver sprecato
solamente fiato, ma d’altro
canto, lo sapeva già.
A
volte lo avrebbe voluto distruggere così come lo aveva
creato: lo vedeva lì sul
suo letto con le cuffiette e quel taccuino nero, senza aspirazioni
né voglia di
vivere.
E' un monotono sabato mattina e in testa mi frullavano molte cose, compreso questo prologo.
Ho cominciato a scrivere ed ho semplicemente ricavato ciò che avete appena letto e che spero vi sia gradito.
Aspetto le vostre recensioni con ansia.
Un grosso abbraccio.