Una di noi
Ci fu una scossa sismica di
notevole forza, un lampo di luce abbagliante e…La Cacciatrice era tornata. Era
di nuovo con loro. A tutta prima era leggermente confusa per tutto quello che
era successo, ma si riprese immediatamente. Dawn, la sua sorellina, le gettò le
braccia al collo e poi, uno per uno, passarono anche gli altri. Dentro al Magic
Box sembrava quasi che ci fosse una festa, tanta era la confusione e
l’allegria. Una persona soltanto se ne stava in disparte, in piedi nel suo
angolo buio ad osservare la scena. Le sembrava di essere stata catapultata in
uno dei libri di Dickens, magari “Canto di Natale”. Ma lei non aveva nulla da
spartire con loro. Non faceva parte della loro allegria, né del loro mondo. Era
un’intrusa. Senza farsi notare, quasi fosse invisibile, il Buffy-bot si staccò
dal muro a cui stava appoggiata e uscì dalla porta sul retro, senza fare rumore.
Nella stanza nessuno si accorse che se n’era andata. Almeno non subito. Ognuno
reclamava per sé la Cacciatrice, ma la precedenza andava sicuramente alla
sorella e ad Angel. Spike si sentiva a disagio in quella situazione, e si
allontanò un poco dal gruppo. Alzò gli occhi e si accorse che il Buffy-bot era
sparito. Temendo il peggio per quello che avrebbe potuto combinare uscì nella
notte per rintracciarlo.
Gli scocciava assai perdere tempo
dietro a quel maledetto robot anziché partecipare ai festeggiamenti e stare
vicino a Buffy. Ma non voleva che qualcosa rovinasse il ritorno a casa della
sua Cacciatrice. Continuò a camminare, finché uno strano rumore proveniente dal
parco attirò al sua attenzione. Dopo aver proseguito per alcuni istanti, vide
il Buffy-bot dare testate conto il muro di cinta. Faceva un rumore strano con
la gola, una via di mezzo tra un lamento ed un singhiozzo. Subito corse accanto
a lei e cercò di staccarla dal muro. Fu un’azione impulsiva, dettata anche dal
fatto che nelle ultime settimane quel robot si era comportato in modo strano
con lui. L’aveva trattato diversamente da come era solita fare Buffy e da come
era stato programmato di fare. << Buffy, smettila. Potresti… >>
iniziò trascinandola lontana dal muro, ma l’altra non lo lasciò finire.
<< Farmi male? Non posso
farmi male: sono gli umani che si fanno male, non gli ammassi di ferraglia come
me. >>
<< Cosa? >> Spike
rimase interdetto. Il Buffy-bot non sapeva di essere un robot, almeno
teoricamente.
<< Ma che stai dicendo? >>
<< Oh, finiscila. Finitela.
Credete davvero che sia così stupida? Io so chi sono anzi so chi non sono. Io
non sono Buffy. Sono solo una copia che le somiglia perfettamente, ma
nonostante tutto non è lei. >>
Spike era ancora più confuso.
<< Ma come…Voglio dire, tu non…Non dovresti….Dovevi credere… >>
<< Di essere la vera Buffy.
E all’inizio è stato così. Ma poi, tre settimane fa…Quando quel demone mi ha
scagliato addosso quel cavo elettrico…Non so cosa sia successo, so solo che ho
capito tutto. Forse c’entrano quei chip che Willow mi ha inserito. Venivano da
un altro robot, molto più sofisticato di me. Dovevano servire a rendermi ancora
più simile a Buffy, sembrava che non funzionassero…E in effetti non l’hanno
fatto >> tentò di spiegare il robot. << Questo è tutto quello che so:
che mi sono svegliata una mattina e ho capito che quella nello specchio non ero
io >>
<< E adesso…Cosa vuoi fare,
Buffy? >>.
Il robot lo guardò contrariato.
<< Non chiamarmi in quel modo! Io non sono Buffy. Sono un surrogato, come
il caffè in polvere…Credo. Non ho mai bevuto caffè in polvere, comunque io non
sono Buffy. Non sono niente. Sono solo…Una cosa. Non sono viva, ho preso la
vita di Buffy. Ho preso anche il suo nome. E avrei fatto volentieri a meno di
entrambe le cose. Neanche mi piace “Buffy”! Ma di che mi preoccupo? Tanto non è
il mio nome. Io non ho un nome. Tutti hanno un nome, persino i cani. Ma io no.
Perché sono una cosa. >> Spike la
fissava sbalordito. “Buffy” si voltò verso di lui. << Non è giusto. Non
l’ho chiesto io di esserci. Prima mi create, anzi copiate, poi mi smontate,
quindi mi rimettete insieme perché vi servo, mi faccio spaccare la testa dalla
pazza isterica e voi ricomponete i miei cocci perché avete bisogno della
controfigura della Cacciatrice. E adesso dimmi, cosa mi farete ora che non vi
servo più? Mi chiuderete in un ripostiglio ad arrugginire finché la vostra
eroina non ci avrà lasciato le penne un’altra volta? >> chiese
arrabbiata.
<< Non è affatto così >>
cercò di calmarla Spike.
<< Certo che lo è. “Quel
coso non è mia sorella”; “quel coso non sarà mai come Buffy”; “sto male ogni
volta che me la vedo davanti, perché sembra Buffy ma non è Buffy” >>
disse imitando in rapida successione le voci di Dawn, Giles e Willow e aggiunse
<< Capisco che vi sentiste in colpa per la morte di Buffy, e io non
volevo sostituirla nei vostri cuori. Sarebbe stato impossibile e non mi avevate
riparata per quello. Tutto quello che dovevo fare era studiare-andare a
scuola-cacciare. Stop. Io l’avrei anche fatto se solo non mi aveste trattato
come un oggetto, come se fossi un…Un tostapane. Non l’avevo chiesto io di
esserci. Non era mica colpa mia se Buffy era morta. Io…Ho cercato di fare la
sua parte, anche quando ho capito di essere una copia.Odiavo farlo, ma l’ho
fatto lo stesso perché era la cosa giusta. Voi avreste anche potuto sforzarvi
un poco, non ti pare? >>
<< Hai ragione >> le
disse Spike chinando la testa. << Posso capire come ti senti. Ti abbiamo
trattata come un essere inferiore…Mi dispiace >> E gli dispiaceva
veramente. << Lo so cosa si prova. Anch’io, per loro…Sono solo un essere inferiore
>>
<< È vero, noi in un certo
senso ci somigliamo…Ma non così tanto >> ribatté il robot diventando
triste << Per te è diverso. Tu sei umano. O almeno lo sei stato. Tu lo
sai cosa significa sentire l’aria che ti entra nei polmoni la mattina. Come
batte il cuore quando hai paura. Io non ce li ho i polmoni. Ho una scatoletta
che simula un battito cardiaco. E non so cosa voglia dire provare sentimenti.
Sono programmata per simularli ma…Non li sento >>
<< Anche Dawn… >>
tentò Spike.
<< No, no, non capisci.
Dawn non è come me, anche se è la chiave. La forma umana Dawn è diversa dalla
mia, va ben oltre la pura apparenza. Se si taglia, sanguina. Se è triste,
piange. Io non posso piangere, anche se mi “sento” triste. E non è solo qui la
differenza. Se tu guardi in cielo e vedi una nuvola, puoi pensare che abbia la
forma i qualcosa, che ne so, di un gatto, di un canarino, di un cono gelato…Di
quel che diavolo è. Se la guardo io penso che è vapore acque condensato.
Orribile, vero? >> chiese alzando gli occhi su di lui.
<< Molto terra-terra >>
rispose Spike. << Tu lo vorresti, non è vero? >> aggiunse.
<< Cosa? >>
<< Essere viva. Provare
delle emozioni. Respirare. Guardare il cielo e pensare a qualcosa di più
romantico del vapore acqueo condensato. Sentire il cuore che batte per qualcuno
>> spiegò il vampiro.
Il robot, anzi la ragazza, annuì
<< Sarebbe meraviglioso. Ma non succederà >>
<< Perché no? >>
<< Andiamo, Spike!
Guardiamo in faccia la realtà. Questa non è una favola di Walt Disney, alla
fine non verrà nessuna fatina buona a trasformarmi con un colpo di bacchetta
magica. Sono solo una cosa senza nome e senz’anima. >>
Spike guardò la ragazza, quella
stessa ragazza che lui aveva voluto far costruire e provò per lei una grande
pena. Si sentiva stranamente in colpa verso di lei. Si avvicinò e l’abbracciò.
<< Mi dispiace >> sussurrò. La ragazza non disse nulla. << Vieni,
sediamoci >> disse il vampiro staccandosi da lei e guidandola verso una
panchina. << Io non posso trasformarti in un’umana e…Temo che nessuno
possa farlo. E’ colpa mia se ci sei. Non posso dire di essere tuo padre,
ma…Potrei essere una specie di…Fratellastro maggiore? >> Non sapeva
neanche lui da dove diamine venivano quelle parole.
<< Mi prendi in giro? >>
gli chiese il robot.
<< No. Visto che ti ho
cacciato io in questo pasticcio…Insomma, farti da padre mi sembra troppo ma da
fratellastro si può fare. No? >>
<< Credo di sì >>
rispose dopo un attimo di riflessione la ragazza, anche se le intenzioni del
vampiro non le erano del tutto chiare. << Bene. Anche se non sei umana ti
serve un nome. E quello posso dartelo anch’io. Vediamo…Jane? >>
<< Banale >> replicò
la ragazza.
<< Acc…Martha? >>
<< Scialbo >>
<< Mildred >>
<< Noioso. >>
<< Rosemary >>
<< Fuori moda >>
<< Elvira >>
<< O per carità! >>
<< Uffa…Ma non te ne va
bene uno! E dai, non sono così brutti >> si spazientì infine il povero
Spike. Per i suoi parametri aveva già resistito a lungo.
<< Senti chi parla, uno che
si chiama Spike >> replicò la ragazza.
<< Beh? Cosa c’è che non va
nel mio nome? >> la pazienza di Spike era pericolosamente agli sgoccioli.
<< Spike. Sostantivo
maschile singolare. “Chiodo”, “lancia.” E tu me lo chiami un nome normale? >>
replicò il robot.
<< Detto da una che ha
imparato a parlare da un vocabolario… >> rispose Spike sarcastico.
Restarono un attimo in silenzio, il vampiro si accese una sigaretta e rispose:
<< Comunque Spike è solo un soprannome. Io mi chiamo William >>
<< Perché non hai tenuto
quello? È un nome molto bello >> chiese la ragazza più dolce.
<< Non rendeva l’idea. E
adesso lasciami pensare… >> il vampiro finì la sigaretta e poi si rivolse
nuovamente alla ragazza.
<< Millicent ti va? >>
<< Millicent…È un nome
simpatico. Mi piace >> concluse approvando con un cenno.
<< Bene. Però…Ora che ci
penso, ti serve anche un cognome, accidenti. >>
I due, completamente privi di
idee ci pensarono a lungo, finché il Buffy-bot (ma da qui in poi dovremo
chiamarla Millicent) gli chiese: << Tu come ti chiamavi di cognome? >>
<< Non me lo ricordo, è
passato tanto tempo >>
<< Oh, non fare lo stupido!
Nessuno può dimenticarsi come si chiama >>
<< Mi chiamavo MacAskill.
Il mio bisnonno era scozzese. >>
Millicent si voltò a guardarlo e
dopo un istante d’esitazione parlò. << Posso chiamarmi MacAskill anch’io?
>>
<< Se ti va >>
rispose il vampiro alzando le spalle e la ragazza gli gettò le braccia al
collo. << Su, su… Adesso dobbiamo andare >> disse facendola alzare.
<< Perché? Dove andiamo? >>
<< Al Magic Box. Ora non ho
una fata a portata di mano, ma rilancio con due streghe e una chiave. Forza,
andiamo! >>
Ovviamente l’idea di trasformare
Millicent in umana non era così semplice, e se non fosse stato per l’appoggio
di Buffy e Dawn, probabilmente non sarebbe mai andata in porto. Ci vollero tre
giorni di ricerche prima di scovare la formula. Ma le cose non erano affatto semplici.
<< Innanzitutto, poiché il
robot ha le sembianze di una persona realmente esistente, bisogna fare in modo
che il suo nuovo corpo umano sia differente da quello della persona reale, in
questo caso Buffy. >>
<< Siamo sicuri che si
possa fare? >> chiese Xander.
<< In linea del tutto teorica sì, ma… Nessuno ci ha mai
provato prima d’ora. Però il principio è esatto e sulla carta dovrebbe
funzionare >> spiegò Willow.
<< Ci manca solo l’oggetto
più importante per dare il via all’incantesimo…La Gemma Della Vita. Senza di
essa nulla può essere fatto >> li informò Giles.
<< Allora ci dica: dove si
trova questa pietruzza? >> chiese la Cacciatrice.
Giles tossì leggermente, e le
rispose. << Il problema è proprio questo. La Gemma non esiste. Essa non è
una vera e propria pietra, ma una somma di energia. Questa energia speciale è
la chiave di tutta la trasformazione >>
<< Allora che cosa possiamo
fare? >> domandò Spike.
<< Anche se non esiste la
pietra può essere creata seguendo un antichissimo ed unico rituale. Per dare la
vita essa nasce dalla vita stessa dei suoi creatori >>
<< Uffa, signor Giles non
parli difficile e traduca per noi poveri mortali >> commentò Anya.
<< Scusate. In pratica la Gemma Della Vita nasce dall’unione di parte
delle forze vitali di coloro che la creano. Ovviamente più sono coloro che
partecipano al rituale meno saranno i rischi. Ma spetta a voi decidere >>
<< Io ci sto. Chi è con noi
alzi in piedi >> disse Buffy scattando come spinta da una molla, subito
imitata da tutti gli altri della Scooby Gang, vampiri compresi.
<< Non so se i vampiri
possono partecipare… >> commentò Tara dubbiosa.
<< In questo libro dice il
contrario: a quanto pare i vampiri sono un’eccezione alla regola. Chissà come
mai…Uhm, devo assolutamente studiarlo… >> iniziò Giles, ma per fortuna
Anya lo interruppe << Sveglia! Abbiamo un incantesimo da fare, non c’è
tempo per fare gli sgobboni! >>
<< Eh? Come? Oh, certo.
Grazie, Anya. Meglio prepararsi >> disse Giles iniziando a dare
istruzioni ad ognuno.
Per motivi tecnici, venne deciso
di compiere il rituale a casa di Buffy,
che acconsentì di buon grado.Tutti i partecipanti si disposero in cerchio,
seduti a terra lungo un cerchio sul cui bordo erano incisi simboli magici. Dopo
un lungo istante si silenzio in cui i partecipanti dovevano concentrare le loro
energie il più possibile, Giles diede il via alla cerimonia. Prese un coltello
dalla lama d’argento e la manico ligneo scolpito con misteriose figure, e con
esso si fece un taglio su una mano. Alcune stille di sangue caddero in una
piccola ciotola su cui era incisa una strana decorazione che pareva formata da
un’unica scalfittura. Tutto questo ripetendo un’invocazione in antica lingua
babilonese. Terminata la formula, con la mano sinistra passò il coltello a
Buffy, che si trovava seduta alla sua destra, e anch’ella ripeté tutto da capo.
Infine, quando ognuno ebbe versato il proprio sangue, unirono le loro mani
sopra la coppa recitando ossessivamente una formula antichissima. Per un attimo
sembrò che una strana luce scaturisse dalle loro stesse mani, ma fu così breve
che parve un’illusione. Ripeterono tre volte la frase conclusiva e poi tutti
poterono vedere che in fondo alla ciotola d’argento era rimasta una piccola
gemma, luminosa quanto una stella.
A quel punto entrarono in scena
le due streghe: presero in consegna ciotola e gemma e si recarono nella stanza
al piano di sopra, opportunamente allestita. Mentre le due ragazze lavoravano
attorno al disattivato robot, al piano di sotto regnava una grande agitazione.
Buffy non faceva altro che camminare su e giù, Xander cercava di distrarsi
facendo solitari che non gli riuscivano neanche auto-imbrogliandosi, Giles
continuava a leggere la stessa riga da mezz’ora almeno, Dawn guardava
l’orologio ogni cinque minuti, Spike fumava una sigaretta dietro l’altra ed
Angel se ne stava seduto in disparte scarabocchiando sullo scontrino di un bar.
Non sopportando ulteriormente la tensione, Dawn ruppe il silenzio. << Mi
chiedo come sarà. >>
<< Chi? >> chiese
Buffy senza interrompere la passeggiata.
<< Millicent. Se non deve
somigliare a te… >> lasciò sospesa la frase.
Giles si schiarì la voce <<
Sui testi non c’era scritto molto ma penso che, presumibilmente assumerà
caratteristiche intermedie a quelle di coloro che hanno ceduto la loro energia
per renderla umana. >>
<< Speriamo che non prenda
il naso di Angel >> commentò Spike.
<< O il cervello di Spike >>
ribatté quello.
<< Ehi, voi due, seppellite
l’ascia di guerra. E tu, Buffy, piantala di camminare avanti e indietro o
finirai per consumare il pavimento >> si frappose Anya arrivando dalla
cucina.
<< Sospendete, gente. Sono
arrivati i rifornimenti >> esclamò Xander lasciando il solitario a metà.
<< Caffè? >> chiese
Buffy avvicinandosi.
<< No, camomilla. Siete
troppo nervosi per il caffè >> replicò l’ex-demone appoggiando il vassoio
sul tavolo.
<< Nervosi? Noi? >>
esclamò stupita Dawn tormentandosi una ciocca di capelli.
<< Dovreste vedervi.
Sembrate tutti dei padri in attesa >> commentò ancora mrs. Harris.
<< Effettivamente…Visto che
le abbiamo dato il nostro sangue, eccetera…E’ un po’ come se Millicent fosse
figlia nostra >> rifletté Buffy.
In quel mentre Willow, stanca,
scese le scale e tutti si affollarono intorno a lei. La strega fece loro cenno
di star zitti e comunicò che l’incantesimo era riuscito. Millicent non aveva
ancora ripreso conoscenza, ma se volevano potevano andare a vederla, anche
tutti insieme a patto di non fare troppo fracasso. Gli altri non se lo fecero
ripetere due volte, e pochi minuti dopo erano tutti nell’ex-camera di Joyce a
vegliare “la piccola.” E subito fu uno scatenarsi di commenti bisbigliati, per
individuare da chi aveva preso cosa. Un attento esame rivelò che la forma del
viso era di Buffy, il naso di Xander, i capelli erano per lunghezza e struttura
di Dawn, anche se un po’ più scuri, e leggermente ricci come quelli del signor
Giles; le sopracciglia erano di Angel, la bocca era quella di Tara, le mani di
Willow e le gambe di Anya.
Quella era Millicent MacAskill.
E a quanto pareva, l’unico che
non le aveva passato nulla era Spike, che se ne stava in disparte e un poco gli
dispiaceva. Intanto, attorno al letto ove era distesa la fanciulla, tutti
stavano cercando di risolvere un mistero: gli occhi. Non si riusciva a capire
da chi avesse preso il taglio degli occhi, e si facevano scommesse sul colore.
Alla fine la ragazza si svegliò: tutti poterono vedere che aveva gli occhi
azzurri ma ancora non capivano da chi li avesse presi. Millicent sbatté un paio
di volte le palpebre per svegliarsi, si alzò a sedere e prese un profondo
respiro trattenendo il fiato per alcuni istanti.
<< Allora? Com’è? >>
chiese Dawn sedendosi accanto a lei.
<< Wow >> rispose la
ragazza a corto di argomenti.
Buffy l’aiutò ad alzarsi e poi la
trascinò davanti all’armadio, sulla cui anta era fissato l’unico specchio a
figura intera di tutta la casa. << Oddio >> mormorò Millicent
portandosi le mani al volto. << È…è proprio vero? Sono veramente io? >>
<< Sei Millicent MacAskill.
L’unica e originale >> le rispose Buffy.
Spike, dal suo angolo, non
smetteva di fissare la ragazza, quando Dawn esclamò: << Guarda, Spike. Ha
i tuoi occhi. >>
Incredulo, in vampiro si avvicinò
e li osservò attentamente ma ormai non c’erano più dubbi: erano proprio i suoi.
Lo stesso taglio, lo stesso identico colore.
<< Allora? Com’è essere
umani? >> chiese Anya alla nuova arrivata.
<< Stranissimissimo >>
replicò Millicent toccando la fredda superficie dello specchio << Se non
sapessi che è impossibile, direi che è sogno. >>
<< Non è un sogno. Sei
umana, e…Noi cercheremo di essere le tua famiglia >> le disse Buffy passandole
un braccio attorno alle spalle.
Lacrime si pura gioia rotolarono
lungo le guance di Millicent, come piccole perle di luce.
Tempo dopo…
Da alcuni giorni Millicent era
stranamente chiusa e nervosa. Buffy e la Scooby gang non sapevano da cosa dipendesse
e azzardavano varie ipotesi: metà del gruppo aveva abbracciato la scuola di
pensiero di Willow (ripercussioni psicologiche dovute alla mancanza di
un’infanzia e di ricordi), mentre l’altra metà patteggiava per Anya (paura
della vita da affrontare autonomamente e della morte). Nessuno osava chiederlo
apertamente a Millicent, ma alla fine fu lei stessa a svelare il mistero.
Millicent scese di corsa le scale
ed afferrò la sua giacca.
<< Dove vai Milly? >>
le chiese Buffy dal salotto.
<< Ehm…A comprare il latte,
è finito. >>
<< Milly… >>
<< Sì? >>
<< Sono le otto e un
quarto, i negozi sono chiusi >> le fece notare Buffy.
<< Oops… >> mormorò
Millicent vedendosi scoperta.
<< Se vuoi andare a fare un
giro fa’ pure: non sei certo una bambina…Però, Milly, la prossima volta che
vuoi andare a trovare Spike, trova una scusa migliore >> le disse Buffy
con aria divertita.
<< Ci vediamo dopo >>
borbottò la ragazza scappando fuori.
Spike, di ronda al cimitero,
stava lottando contro un vampiro particolarmente agguerrito. Lo scontro
rischiava di protrarsi troppo a lungo, ma finalmente Spike riuscì ad
impalettare il suo simile.
Vide una sagoma scura presso uno
dei cipressi del cimitero e impugnò nuovamente il paletto, dicendo ad alta
voce: << Chi sei? Fatti riconoscere! >>
La persona vicino all’albero
avanzò lentamente fino ad uscire alla luce della luna. << Ah, sei tu Cent
>> disse Spike rimettendo via il paletto.
<< Ciao, Willie. Bella
lotta >> si complimentò dando un’occhiata alle ceneri del trapassato
vampiro. << Ti ringrazio. Ma immagino che tu non sia venuta fin qui in
piena notte per assistere alla mia ronda. Qual è il problema, piccola? >>
<< Scusa, ma come fai a
dire che ho un problema se non ci siamo visti da prima che consegnassi il
materiale? >> gli chiese sconcertata.
<< Ce l’hai scritto in
faccia, Cent. Avanti, sputa il rospo >> e aggiunse, poiché lei non
rispondeva << Ci sono problemi con Buffy e compagni? >>
<< No, no, non potrebbero
essere più buoni con me. È solo che… >> sconsolata, si sedette su una
lapide fissando il prato ai suoi piedi, poi alzò di scatto la testa. << Ti
ricordi tutta quella tonnellata di carte che ho compilato per essere ammessa
alla Sunnydale University? >>
Il vampiro annuì << Ebbene? Hanno risposto? >>
<< Sì >> la ragazza
prese un profondo respiro, come prima di lanciarsi da un trampolino <
<< Che cosa!? >>
esclamò Spike, non sapendo neanche lui se era più sorpreso o infuriato.
<< Non c’era abbastanza
posto >> spiegò la ragazza.
<< Ma davvero? Credevo che
fosse la Sunnydale University, invece a quanto pare quella è Harvard. O magari
Oxford! >>
<< Dai, non è il momento di
fare del sarcasmo. >>
<< Buffy e gli altri lo
sanno? >> la interrogò pur immaginando la risposta.
<< No. Sei il primo a cui
l’ho detto >> ammise Millicent.
<< E c’è dell’altro, vero? >>
continuò il vampiro sedendosi accanto a lei.
Millicent lo guardò e si lasciò
sfuggire un sorriso. Come al solito sapeva tutto senza bisogno che gli dicesse
niente. Tra loro due c’era un’intesa speciale e in momenti come quello, mentre
se ne stavano vicini a parlare, sembravano davvero fratello e sorella. <<
Io non l’ho detto a nessuno, ma avevo fatto domanda anche per altre due
università: una è la Stanford di Berkley, vicino a San Francisco. E mi hanno
presa. Pensavo che avrei finito per andare lì ma…Una settimana fa mi è arrivata
la risposta dalla Ramsgate, che è un’università di Ottawa, in Canada. Mi hanno
presa anche lì. >>
<< E tu non sai cosa fare >>
concluse per lei Spike.
<< Già >> sospirò
Millicent lisciandosi la gonna.
<< Uhm…Ok, ammetto che non
è facile. La Stanford, per quanto ne so, è una buona università, ci vanno anche
studenti stranieri… >>
<< Ed è indubbiamente più
vicina. >> Stavolta fu Millicent a concludere la frase.
<< Esatto. Anche questo è
un vantaggio. Potresti tornare a casa per il week-end e per le vacanze senza
strapazzarti troppo, noi potremo venirti a trovare qualche volta…Sempre se
riusciamo a convincer Giles a chiudere il negozio e a lasciar perdere i libri
per un giorno. Quell’uomo sembra sposato al suo lavoro, mi chiedo come diavolo
faccia! >>
<< Già… >> mormorò
Millicent con aria assente riuscendo a mala pena ad introdurre quel monosillabo
nel monologo-fiume di Spike.
<< Ma non è quello che tu
vuoi >> concluse mestamente il vampiro scrutandola in volto.
La ragazza sospirò. << È
giunto il momento di dirvi la verità. Ho fatto domanda alla Stanford nel caso
in cui non mi avessero preso alla Ramsgate. E l’avevo fatta alla Sunnydale
University solo perché lo volevate voi…E per starvi vicino, ovviamente. Ma alla
Ramsgate mi hanno accettata. Adesso sono in un bel pasticcio e come al solito
ci vai di mezzo tu. >>
Spike le passò un braccio attorno
alle spalle. << Ehi, nessun problema, piccola. Non devi pensare a noi.
Insomma, la vita è tua. L’hai voluta così tanto, e adesso non vorrai
lasciartela rovinare da noi? >> tentò di confortarla.
<< Ma voi siete la mia
famiglia! >>
<< Anche le famiglie
migliori a volte si separano. >>
I due rimasero in silenzio, poi
Millicent riprese la parola. << Allora? Che si fa? >>
<< Beh, io direi che per prima
cosa andiamo a dirlo agli altri. Poi andiamo da Buffy e ti do una mano ad
imballare la tua roba mentre tu telefoni a quelli della Ramsgate e gli dici di
tenere una bella stanzetta pronta per la mia “sorellina” >> disse
alzandosi e facendo alzare contemporaneamente la ragazza.
<< Ma Willie… >>
tentò di obbiettare quella, ma l’altro non la lasciò finire. << Niente
ma. Se quello è il tuo sogno, tu andrai a quell’università, dovessi trascinarti
fino in Canada a cal…Ehm, per un braccio. >>
La ragazza si bloccò costringendo
anche Spike a fermarsi. << Ma i fratelli maggiori fanno cosa del genere? >>
chiese attonita.
Spike rise e le passò nuovamente
un braccio attorno alle spalle. << Anche di peggio, piccola. Anche di
peggio >>.
Qualche giorno dopo, tutto era
pronto per la partenza. L’università era stata avvertita, gli effetti personali
di Millicent erano stati imballati e spediti, i regali d’addio consegnati.
Adesso si era giunti ai saluti finali e nonostante cercassero di avere un’aria
allegra avevano tutti quanti gli occhi lucidi. Millicent li abbracciò uno per
uno, trovando per tutti una frase personale da dire. D’altro canto ognuno di
loro aveva per lei più di un consiglio e di una raccomandazione. Sembrava quasi
una gara, finché Anya non si stufò e sbottò: << Ma insomma ragazzi! Sta
andando a studiare in Canada, mica la deportano in Siberia! >> Ma anche
lei al momento giusto tirò fuori il suo bravo consiglio (<< Non fidarti
mai delle compagne di stanza: non vedono l’ora di fregarti il tuo ragazzo. E
lui non vede l’ora di passare una nottata con loro >>)
Ognuno rimase stupito delle poche
parole con cui Spike congedò Millicent: era cosa nota che l’ex-robot aveva più
profondamente legato con il vampiro che con chiunque altro del gruppo. Spike
l’abbracciò e le disse semplicemente: << Fai la brava, Cent >>,
senza raccomandarsi di scrivere e di tornare a casa per le feste come avevano
fatto tutti gli altri. Non potevano sapere che quei due avevano passato tutta
la notte precedente a parlare e parlare.
L’addio più commovente fu
sicuramente quello di Buffy, che aveva compreso più di ogni altro il desiderio
dell’ex-robot di una vita e che le era grata per non aver, nonostante tutto,
cercato di rubare la sua. << Qualunque cosa accada, noi saremo sempre la
tua famiglia >> le disse stringendola mentre le lacrime le rigavano il
volto.
Infine arrivò l’auto che doveva
portarla alla stazione e Millicent vi salì piangendo. Si voltò a salutarli
ancora mentre si allontanava dietro al vetro del taxi, che svoltò sul corso e
scomparve dalla vista. La ragazza rimase ancora voltata indietro, poi si
riscosse e si girò sul sedile. Vide il riflesso dei suoi occhi nello
specchietto retrovisore.
Gli occhi di William, anzi di
Spike.
<< Io sono Millicent
MacAskill >> mormorò mentre un’immagine andava pian piano imprimendosi
indelebilmente nel suo cuore. Vedeva tutti i componenti della “sua famiglia”
che in piedi sul prato la salutavano e piangevano come se fosse stata figlia
loro.
Fine.