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Autore: Hi Fis    19/01/2014    1 recensioni
Seguito della mia precedente One- Shot 'Seconds' racconta di un possible finale per la coppia MShep e Jack, un anno dopo la battaglia di Londra. Consiglio di leggere Seconds per avere una migliore comprensione del rapporto dei personaggi. Se non avete finito ME3 può contenere spoiler.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Uomo, Jack
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Prima che leggiate questo pezzo, permettetimi di spiegarvi solo quattro cose, che altrimenti potrebbero risultarvi oscure:
In Me3, durante la missione all'accademia Grissom, Liara rivela che il vero nome di Jack è Jennifer. Blake è il cognome fittizio che ho voluto darle, ma non è canon.
Per chiunque non abbia giocato al DLC "Citadel", Eezo è un Varren con poteri biotici che Jack adotta e di cui si prende cura nel tempo libero. Ed è adorabile.
Amy è un nome che significa adorata...
E per quanto Bioware possa aver scritto diversamente, sono dell'opinione che la scelta di distruggere i Razziatori includa soltanto i Razziatori, lasciando i Geth e IDA incolumi. Se questo pezzo vi è piaciuto, nella sua brevità, sarei felice di saperlo: ho un rapporto difficile coi finali della trilogia di Me ;).



"...Ha mai sentito dell'ora del lupo?" 

"No." 
"Mio padre me ne parlava... È fra le tre e le quattro del mattino. Non riesci dormire, e tutto ciò che vedi sono i guai e i problemi e come la tua vita sarebbe dovuta andare ma non l'ha fatto. E tutto ciò che senti è il suono del tuo cuore. Sto vivendo nell'ora del lupo da sette giorni, Lyta. Sette giorni: il lupo e io ci chiamiamo per nome, ormai. In momenti come questi, mio padre prendeva un lungo sorso di vodka, prima di andare a dormire. 'Per tenere il lupo a bada' diceva. E poi prendeva altri tre sorsi più piccoli, nel caso avesse dei cuccioli.
Non funziona."
 
Susan Ivanova - Babylon 5
 
***
 
"Ehi boy scout."
"...Ehi." le rispose dopo un momento con una voce molto lontana.
"...Il letto è freddo. Torni?"
Lui scosse la testa, senza dire niente.
Non era la prima volta che succedeva: era normale per persone come loro portarsi dentro cose... chiuse a chiave, giù nel profondo e non c'erano molti modi di sfuggirgli quando spiavano dalla toppa della memoria.
La donna lo guardò attentamente, mentre lui sembrava fissare un luogo mille miglia lontano: era nudo, con le chiappe sulla moquette e accovacciato contro la porta della loro camera. Tra le mani, la destra di carne e la sinistra di metallo e plastica, stringeva un fucile grosso abbastanza da poterci fare il bagno dentro.
Un tempo, lei non avrebbe saputo nemmeno da dove cominciare, ma le persone possono cambiare se hanno abbastanza coraggio o se non hanno altra scelta: la donna nata come Jennifer Blake si sedette lentamente accanto a lui, passandogli una mano attorno al collo e stringendolo a sé, fino a quando le loro teste si toccarono. Lui non si oppose, ma non riuscì nemmeno ad abbandonarsi in quel suo abbraccio: rimase rigido, come un vigile pezzo di ferro.
"Parlami...?" gli chiese.
I suoi incubi lui se li portava dentro, come schegge affilate di una vita infranta passata troppo tempo sulla breccia, mentre lei li portava sulla pelle e nella testa. Shepard rispose solo dopo un'eternità:
"...Non riesco a non pensare. E non posso dormire. Ti è mai capitato?"
"...Adesso? Non più. Prima? Tutte le volte." ammise lei.
"Cosa facevi allora?"
"Lo sai: qualcosa di molto stupido. E andava via... per un po'. Poi però tornava. Tornavano sempre."
Parlare con lui in quella stanza, mentre fuori era buio, era diventato ...facile. Era diventato facile per entrambi, in verità: si stavano salvando a vicenda, come naufrago e relitto, senza sapere chi fosse che cosa.
La donna lo sentì rilassarsi appena e cercare la sua mano: lei non lo fece aspettare. Jennifer adorava le sue mani: lui era stato il suo primo posto sicuro, il primo porto a cui tornare e il primo sonno senza sogni o incubi. Col tempo, lei aveva imparato ad accettare che non avrebbe più potuto vivere senza di lui, ed era una sensazione che le faceva venire le lacrime agli occhi ogni volta che ci pensava troppo a lungo.
La "biotica psicotica" che era un tempo sarebbe fuggita se avesse scoperto di essere diventata a sua volta insostituibile per qualcuno: non avrebbe potuto sopportare quelle nude emozioni, ma Jennifer non fuggiva più: qualcosa la teneva accanto a lui ed era quasi pronta a dirne il nome a voce alta.
"...Mi ha afferrato, questa notte. Mi ha afferrato e non vuole lasciarmi andare." sussurrò Shepard.
"Che cosa?"
"Tutto. Questa stanza. Lei. Tu." disse stringendola finalmente a sé. "...La mia Guerra è finita. Abbiamo vinto. Siamo ancora qui."
 
Era passato più di un anno dalla fine del conflitto: l'arma finale costruita dall'alleanza di tutte le razze unite, nome in codice 'Crucible', era stata davvero la nemesi che tutti avevano sperato che fosse. Era così che i Razziatori erano caduti: macchine più antiche della memoria e della lingua, macchine che avevano visto sorgere centinaia di migliaia di specie ed erano state la fine di tutte le civilizzazioni passate fin dalla notte dei tempi, finalmente erano state sconfitte. Avevano vinto, tutti loro assieme, ma il costo in vite era stato altissimo: sulla Terra, a sopravvivere all'assalto finale non erano stati i più forti, ne i più fortunati. Le truppe d'assalto a Londra erano state assottigliate in quelle poche ore nei modi più violenti possibili e quando finalmente la polvere si era posata, meno dell'8% dei soldati era ancora in piedi. Non erano stati i deboli i primi a morire: i Razziatori si erano presi alcuni fra i migliori di loro e chi era sopravvissuto non lo aveva fatto indenne. Shepard ne era la prova più lampante: durante l'assalto finale, l'Araldo dei Razziatori si era preso il suo braccio destro ardendolo fino alla spalla e gli aveva bruciato metà della testa. Il Razziatore l'avrebbe ucciso, se un capitano dell'Alleanza non avesse usato la sua intera corazzata per speronare l'Araldo e portarlo lontano dall'accesso alla Cittadella: era stato l'ultimo sacrificio di quella Guerra e quello che aveva dato loro la vittoria. Anche se menomato e quasi delirante per la sofferenza, senza quell'ultimo ostacolo il comandante era potuto passare, attivando l'arma finale e ponendo fine alla Guerra. Shepard si era fatto due mesi di coma dopo il conflitto, e la cancrena si era presa anche il piede destro: troppo a lungo era rimasto sepolto sotto le macerie di Londra e il suo aspetto non sarebbe mai più stato lo stesso.
A Jennifer non importava: lui aveva ancora entrambi gli occhi, anche se solo a causa del fatto che erano protesi già in partenza e i Geth avevano costruito degli arti nuovi per sostituire quelli mancanti: un muto ringraziamento per ciò che il comandante aveva fatto per tutti loro. E anche se ora Shepard aveva un piede ed un braccio bianco porcellana e nocche di Silaris, poteva ancora stringerla a sé: il resto lo stavano affrontando assieme.
 
"Ma...?" lei gli chiese.
Lui scosse la testa:
"Non c'è nessun ma: è questo che mi tiene sveglio. Era facile fingere che questa fosse solo un'altra pausa tra due battaglie. Ma io so che domani e il giorno dopo ancora, non dovrò più combattere. Mi scopro a... sperare. A sognare."
Le persone possono cambiare se hanno abbastanza coraggio o se non hanno altra scelta: il comandante alzò il suo braccio sinistro, come se stesse consultando un orologio invisibile.
"Non giudicarmi troppo severamente." le disse.
La protesi che gli era stata data dai Geth conteneva quasi ogni genere di gadget: bastò al comandante un impulso sinaptico per attivare l'omnitool incorporato e grazie alla tecnologia delle interfacce olografiche, davanti agli occhi di Jennifer si disegnarono linee e schemi, cubi e curve. Jennifer ebbe bisogno di un attimo per capire cosa fosse: era qualcosa che lei non aveva mai avuto prima, dopotutto.
"È...?" sussurrò la donna.
"Sì... e potrebbe essere la nostra."
La mano di Jennifer si allungò lentamente su quelle linee luminose, quasi ad impedire loro di scomparire via: l'espressione della biotica era a metà fra il terrore e il bisogno. Non osava provare a toccarle, non perché la sua mano le avrebbe attraversate, ma perché quelle linee luminose, quelle curve olografiche, erano il progetto di un edificio: una casa a tre piani che aspettava qualcuno che la abitasse.
"...Ho pensato che potremmo costruirla su Elysium, sulle montagne, lontano dalla gente. Ci sarebbero boschi tutt'attorno e nessuno a infastidirci..."
Elysium: lei avrebbe potuto continuare a insegnare all'accademia Grissom se lo avesse voluto.
"...avremmo tutto lo spazio che vogliamo. Perfino per Eezo e un branco dei suoi simili."
A sentir chiamare il suo nome, il Varren dall'altra parte della stanza aprì uno dei suoi occhi bulbosi, spalancando una bocca piena di zanne in un lungo sbadiglio: Eezo, il cane- pesce.
"...Potremmo mangiare all'aperto durante l'estate e guardare la pioggia da sotto il portico d'inverno."
Avrebbero potuto invecchiare assieme, essere felici: dando al tempo l'occasione di essere più buono con entrambi.
"Possiamo permettercelo?" gli chiese. Era qualcosa di così dannatamente stupido da chiedere in quel momento, ma Jennifer lo disse lo stesso, invece di ciò che pensava davvero.
"...Potremmo." rispose dolcemente.
Se solo avesse voluto, Ziusudra le avrebbe potuto comprare un pianeta: l'esplorazione di innumerevoli mondi in quegli anni aveva dato al comandante della Normandy, che spesso si era avventurata in territori sconosciuti, il diritto di prelazione su ogni risorsa mineraria trovata in essi. E con la corsa alle materie prime per sostenere la ricostruzione di tutte le specie, ognuno di quei diritti acquistava un valore a nove zeri.
"Ci sarà spazio anche per lei?"
"Sì... e potremmo stare a guardare mentre gioca alla cavallina con i nostri amici, fino a quando non sarà il suo turno di portare a casa altre persone..."
E si sarebbero preoccupati comunque quando fosse giunto quel momento, anche dopo averle insegnato tutto quello che sapevano sullo sparare e sui poteri biotici: alcune cose, non si possono cambiare.
"... e le daremo, se non quello che vogliamo, almeno quello che noi non abbiamo avuto."
Jennifer smise di provare a resistere: si abbandonò, completamente, come un albero tagliato di netto. Qualcosa.. di caldo e indescrivibile risalì dal suo petto fino ai suoi occhi: lei stava piangendo e per la prima volta nella sua vita, non le importava.
"...sono... sono un bel casino, non è vero?" balbettò la biotica.
Il comandante la strinse a sé: "Non saprei... lo siamo entrambi."
 
Era presto quando finirono le lacrime: come sempre da quattro miliardi di anni, all'orizzonte il Sole stava sorgendo sulla Terra.
Non sono le date o le stelle a rendere i nostri giorni speciali: siamo noi che creiamo ogni nostro giorno. Ziusudra e Jennifer avrebbero ricordato quell'alba anche quando sarebbero diventati vecchi e rugosi: avrebbero ricordato di esseri tenuti per mano e di aver guardato il sole che sorgeva, senza dire niente, ascoltando solo il silenzio.
"Il mio cuore ha scelto: lascia che sia come ha deciso." citò semplicemente la biotica alla fine. Il Comandante assentì con quel suo strano sorriso sulle labbra, che Jennifer non vedeva da quasi un anno.
Avrebbero potuto rimanere seduti contro la porta, aspettando che qualcuno venisse a cercarli, ma l'altra persona nella stanza pretese la loro attenzione: bastò un vagito e un biascichio, e i due furono subito in piedi, in una reazione codificata dai loro stessi geni: con la pratica che avevano acquistato durante la guerra, si mossero all'unisono.
La piccola li osservò sporgersi su di lei dal fondo della sua culla: Amy, che aveva gli stessi occhi di sua madre e che allungò una manina verso di lei per afferrarla.
Un giorno, sarebbe venuto il momento in cui Amy avrebbe fatto domande difficili ai suoi genitori: chi erano prima che entrasse nelle loro vite. E perché la sua mamma avesse tutti quei tatuaggi e il papà tutte quelle cicatrici: sarebbe arrivato quel momento, ma Ziusudra e Jennifer non avevano più paura: perché avevano l'un l'altro.
"Deve esserci una via d'uscita..." iniziò piano Jennifer: "...Disse il giullare al ladro. C'è troppa confusione: non riesco ad avere sollievo..."
Shepard continuò:
"...Uomini d'affari bevono il mio vino... e contadini scavano la mia terra. Nessuno di loro lungo il confine sa il perché..."
"Non c'è motivo di allarmasi, disse il ladro gentilmente. Ci sono molti qui tra di noi, che pensano che la vita sia solo un gioco..."
"... Ma tu ed io ci siamo passati e non è questo il nostro destino...Perciò, basta mentire adesso: si sta facendo tardi." finirono assieme.
La piccola Amy si era già riaddormentata.
  
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