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Autore: Francesca Alleva    20/01/2014    4 recensioni
[Frozen- Il Regno di Ghiaccio]
[...] Elsa non toglieva gli occhi da dove credeva ci fosse il viso di Jack e lui ricambiava il suo sguardo. E le si avvicinò. Elsa percepì il freddo che emanava Jack e fece un passo avanti. Erano a pochi cm di distanza. E non potevano toccarsi. [...]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amo Frozen, Elsa in particolare,
e mi è piaciuto tantissimo Jack Frost come personaggio.
Spero di rendere giustizia ad entrambi.
Buona Lettura.

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Dedico questa storia al mio migliore amico, Ea. _____________________________________________________________________________________________________________________________



Girovagava solo come al solito, parlando alla Luna, seguendo il vento. 
Aveva appena lasciato l'Alaska, una delle sue mete preferite, dove la neve non destava mai sospetto, e si preparava a dirigersi nel bel mezzo dell'oceano, dove indisturbato avrebbe potuto divertirsi nel freddo. 
Mentre viaggiava alzando spruzzi d'acqua e giocando con le creature del mare, s’imbatté in un'isola coperta di neve. Si bloccò. Non si ricordava di essere passato da quelle parti... 
Cominciò a farsi cadere su quell’estranea bianchezza, e quando la sfiorò col piede si ritrasse stupefatto. Era piena di dolore, di paura, di rabbia. Non era sua, non era la sua neve. 
La seguì, ne seguì le tracce, chiese al vento di guidarlo ed esso lo portò in mezzo alla tormenta. Dove lo scorse. E lo sentì. 
Scorse un castello di ghiaccio che lui non aveva mai eretto, sentì una neve diversa che gli si adagiava addosso, una neve piena di rivalsa, di euforia. 
Guardò quella costruzione incuriosito, spiò le guglie, le finestre accese, le torri e le terrazze. Era una costruzione perfetta nella sua armonia, il ghiaccio di cui era fatta parlava a Jack di una rinascita e di un amore puro costruito con il dolore e la fatica: quello verso se stessi. 
Mentre girava intorno al castello sperando di respirarne più essenza possibile, sentì una finestra aprirsi e un canto levarsi al sole. E di nuovo il silenzio. 
Si diresse verso la terrazza da cui aveva udito il canto e scrutò la fonte della voce con quei suoi occhi di ghiaccio. 
 
E si innamorò. 
 
Di quei capelli candidi, della neve che aveva negli occhi, di quelle labbra rosse, di quelle dita di cristallo. La vide giocare con la neve e crearsi una poltrona di fiocchi su cui si adagiò con un libro e un pigro gatto, candido ed evanescente come pareva essere anche la sua pelle. 
Si appollaiò sulla balaustra e la chiamò. Ma lei non rispose. 
Saltò agilmente sulla terrazza e picchiò il bastone a terra, ma lei non lo sentì. 
Le scrutò il viso ponendosi a pochi centimetri di distanza, ma quando lei alzò il suo sguardo, forse avvertendo un freddo estraneo, quello lo trapassò da parte a parte. Non solo nel senso che non lo vide, ma che proprio lui sentì gli occhi di lei trapassargli il cuore. 
Non si poteva arrendere, doveva scoprire chi fosse e perché era lì, il suo nome e la sua storia e soprattutto perché lui non avesse mai saputo della sua esistenza. 
Non sapeva come fare e cadde nello scoramento. Iniziò a camminare avanti e indietro interrogandosi sul da farsi e maledicendo la Luna che non gli forniva risposte. 
Si sedette a gambe incrociate fluttuando nell'aria, toccato dalla neve sempre più rada di lei che gli sfiorava le guance. 
Una neve che stava lasciando il posto al sole, quella neve con cui lui l'aveva percepita... La neve!  
 
Ma era così ovvio! 
Si alzò di scatto e batté piano il suo bastone, incanalando la sua sorpresa in quei fiocchi che andarono ad incastrarsi nei capelli soffici di Elsa. 
Lei si alzò improvvisamente, sorpresa e spaventata insieme, abbandonando il libro, che cadde a terra con un leggero tonfo. Si guardò intorno e domandò chi ci fosse. 
Jack rispose ma lei non lo udì. 
Altra neve la avvolse, più fitta, più pregna: una neve che portava un nome inciso nei fiocchi. 
"Jack Frost?" Chiamò lei. Lui sbuffò e della neve gli si depositò intorno, abbozzando la sua figura per pochi attimi e cadendo subito dopo. 
Lei spalancò gli occhi e si diresse laddove la figura del ragazzo si era intravista. 
 
Allungò la mano ma non sentì nulla. La ritrasse, sconcertata. Poi accadde di nuovo, una neve, non chiamata da lei, le si posò addosso. 
Erano fiocchi pesanti, che portavano una storia: la storia di un ragazzo che non sapeva chi fosse, che nessuno vedeva, e che nessuno poteva amare. 
La storia di qualcuno che si era sempre battuto per la felicità di chi comunque non credeva in lui, non lo riconosceva o magari non sapeva nemmeno chi fosse. 
Fioccavano parole piene di rancore, di tristezza, di vita, di solitudine. 
Elsa si sedette a terra affinché il peso di questa vita non la schiacciasse ma la riempisse. Si lasciò ricoprire con le parole di lui, lasciò che la neve di Jack Frost si confondesse con la sua pelle, sentì molte delle emozioni come sue, come condivise. 
L'isolamento forzato, l'invisibilità imposta, un potere che non derivava dalla sua volontà ma gli era stato imposto. 
Ma non comprese una cosa. Non comprese come non potesse vedere quanto grande era il suo potere quando rendeva felici i bambini. Una cosa che lei non poteva fare perché creava ghiaccio senza preavviso, feriva, congelava. Non regalava sorrisi, non chiudeva scuole. 
 
Si alzò in piedi e guardò dove immaginava fosse Jack Frost; chiuse gli occhi e gli regalò se stessa. La sua neve scomposta, selvaggia, che turbinò attorno alla sagoma del ragazzo. 
 
Fiocchi di storia, pezzi di vita intrappolati nel ghiaccio gli si sciolsero addosso, pieni di rassegnazione e prospettiva. 
Jack si inginocchiò, sotto il peso della vita di lei, con un sorriso di gratitudine negli occhi; non era più solo. 
La neve di lei lo gelò nel racconto delle sue emozioni represse, del suo affetto più grande respinto per una vita intera, per un lutto vissuto in solitudine. 
La neve gli raccontò della sua fuga, della sua rivincita quando SCELSE di rimanere sola, di fuggire per non ferire più nessuno. 
Ma una cosa lui non comprese. Lei poteva vivere i suoi ricordi. Sapeva (nel senso, sapeva di esserci nata) come aveva avuto i suoi poteri, ricordava i suoi genitori, sua sorella e l'amore che provava per lei. Una cosa che lui non possedeva, che lui non poteva fare perché nella sua vita il silenzio era stata la risposta che aveva sempre ricevuto. 
 
Si alzò in piedi e la guardò. 
Glielo chiese. 
Lei nevicò che forse a volte era meglio non possedere dei ricordi se dovevano fare del male. Lui fioccò la sensazione di abbandono con cui conviveva da anni. 
Lei abbassò il capo. 
Gli chiese come facesse a non rendersi conto della gioia che poteva provocare. 
Lui nevicò che vivere accanto alla gioia e non poterne fare parte era una tortura. 
Lei fioccò la sensazione di felicità che le dava, da bambina, far ridere Anna con le sue creazioni. 
A lui affiorò un mezzo sorriso. 
                                           
 
Elsa non toglieva gli occhi da dove credeva ci fosse il viso di Jack e lui ricambiava il suo sguardo. E le si avvicinò. Elsa percepì il freddo che emanava Jack e fece un passo avanti. Erano a pochi centimetri di distanza. E non potevano toccarsi. 
E lui fece nevicare ancora, timidamente, su di lei. 
E lei ricambiò, e fece nevicare piano su di lui. 
Si toccavano nell'unico modo a loro possibile, nel gelo più completo. 
 
E fu un attimo improvviso. 
Attorno a loro infuriò una bufera.




 
   
 
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