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Autore: Lia483    20/01/2014    3 recensioni
Coppia: Jackunzel - Jack Frost da Le 5 Leggende e Rapunzel dall'omonimo film
"Questa è una storia che Jack Frost non racconta spesso. E' una di quelle storie che si serbano strette nel cuore, per paura che qualcuno possa sciuparle, anche soltanto con una domanda innocente.
Io la so perché ne faccio parte. Anche io lo serbo nel cuore come uno dei più bei ricordi del mio Jack."
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rapunzel
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'Autrice:
Buonasera a tuttiiiii ^^
Come ogni volta che comincio a scrivere su un nuovo fandom, ho scritto una breve storia triste. Però, spero che vi piaccia lo stesso **
Attraverso vari video, mi sono innamorata di questa coppia (Rapunzel e Jack Frost) e ho voluto scriverci sopra ** <3
Spero che vi piaccia questa mia One Shot ^^
Buona lettura **


 
 

Il Mio Fuoco Non Si Spegnerà Mai


Questa è una storia che Jack Frost non racconta spesso. E' una di quelle storie che si serbano strette nel cuore, per paura che qualcuno possa sciuparle, anche soltanto con una domanda innocente.
Io la so perché ne faccio parte. Anche io la serbo nel cuore come uno dei più bei ricordi del mio Jack.


Un tempo, quando Jack era appena diventato Jack Frost, spirito dell'inverno, colui che porta la neve in ogni dove, io vivevo in una torre isolata da tutto il mondo.
Non potevo uscire mai, per nessuna ragione. "Per il tuo bene..." mi diceva mamma, accarezzando i miei lunghi capelli biondi.
Non avevo nessun amico, mi sentivo tanto sola e passavo le mie giornate a guardare fuori dalla finestra, cercando di immaginare cosa ci fosse oltre le montagne.
Un giorno, durante l'inverno dei miei 14 anni, arrivò il freddo e la neve. Non era la prima volta che la vedevo. In quella valle, c'era spesso d'inverno. Ma non era mai arrivata sotto forma di ragazzo.
Guardavo il cielo, come al mio solito, quando un'ombra passò davanti al sole che tramontava. Vidi l'ombra muovere un lungo bastone e subito la neve cominciò a cadere.
Poi lui, senza sapere che lo stavo osservando, cominciò a svolazzare per la valle che si stava imbiancando.
Potei così notare che aveva dei corti capelli bianchi e una pelle pallida ma in salute. Portava dei pantaloni marroni e una felpa blu, ma non aveva scarpe.
Correva felice per il cielo, lasciandosi trasportare da correnti d'aria fredda, scoppiando a ridere quando faceva le capriole. Ogni tanto formava palle di neve a cui tirava dei calci.
Sembrava così libero... lo fissai piena di invidia. Quanto avrei voluto avere anche io il potere di librarmi nell'aria e andare via da quel posto.
Ad un certo punto, cominciò a girare intorno alla torre e vidi che ogni punto che toccava con il bastone veniva ricoperto da bellissimi disegni ghiacciati. Non gli ci volle molto, ovviamente, per vedermi, appoggiata al davanzale in legno. I nostri sguardi si incrociarono e io rischiai di perdermi nei suoi occhi azzurri, freddi come il ghiaccio che emanava, ma accesi dal fuoco del suo spirito.
Mi ritrassi dalla finestra, quando lui si avvicinò al bordo. Mi fissava con una curiosità mal celata e con una strana sorpresa, che capii solo quando lui mi chiese:"Riesci a vedermi?".
Annuii, senza voce. Non avevo mai parlato ad altri oltre a mia madre.
"Devi essere molto speciale come me allora. Nessun essere mortale può vedermi".
Non gli spiegai che avevo dei capelli magici che risplendevano al mio canto, ma continuai a guardarlo, a mangiarmi con gli occhi quella figura sconosciuta, ma a cui mi sentivo così vicina. La sua voce, poi, era forte come un ululato di vento in una notte gelida. Mi lasciava strani brividi addosso.
Lui allora entrò nella mia casa, avvicinandosi a me così tanto che potevo sentire il suo fiato freddo sul viso. Poi mi sorrise nella penombra che si era formata con il sole che tramontava e i suoi denti brillarono come neve appena caduta. "Come ti chiami?".
"Ra... Rapunzel" risposi, balbettando, con voce acuta.
Continuò a sorridere. "Io sono Jack. Jack Frost". Mi girò intorno, sempre senza posare i piedi sul pavimento, come neanche il bastone, poi si fermò di nuovo davanti a me. "Non ti avevo mai visto. Abiti da tanto qui?".
"S-sì, da quel che mi ricordo". Cercai di prendere coraggio. Quello era il primo essere vivente oltre a mia madre che vedevo. Non potevo lasciarmi sfuggire l'occasione. "Cosa sei tu?".
"Sono... come si potrebbe dire...? Lo spirito dell'inverno. Porto le giornate di neve e il ghiaccio".
"E voli...".
"E volo, sì. So anche pattinare. Tu sei capace?".
Scossi la testa, senza mettermi a spiegare che non sapevo nemmeno cosa volesse dire.
Continuai a guardarlo, mentre accendevo una candela per combattere il buio e anche il freddo.
Lui intanto girava per la torre, fino al soffitto, e osservava i miei disegni. Capii, dal modo in cui guardava certi punti, quasi sfiorandoli con le dita, che ne stava cogliendo il significato.
Quei disegni mi rappresentavano sempre fuori dalla torre, nella valle a giocare nel fiume o nell'erba, ma, come un'ombra, la torre era sempre sullo sfondo. Come un'ombra sulla mia vita, una vita in catene.
Tornò verso di me e mi porse la mano. "Perché non vieni fuori a giocare con me nella neve?".
Mi ritrassi, nascondendomi tra i miei capelli biondo oro e scuotendo la testa.
Lui, con mia sorpresa, se ne andò, scusandosi.

***

Da quel giorno, cominciò la nostra difficile amicizia.
La seconda sera volò intorno alla mia torre, facendo le più strambe acrobazie nell'aria della sera. Io lo osservavo in silenzio, assorbendo la sua libertà con tutte le cellule del mio corpo.
La terza sera, si sedette sul davanzale e mi raccontò qualche sua avventura in terre lontane e molto fredde, di cui io non avevo mai sentito parlare.
Mi parlò anche della Pasqua e di un coniglio brontolone che lo minacciava sempre.
Mi raccontò di quella volta che aveva cercato di entrare nella casa di Babbo Natale e si era ritrovato a testa in giù nella neve per colpa degli Yeti di guardia.
Io lo ascoltavo senza fiatare, rapita da quelle esperienze che io non avrei mai potuto fare, ma che potevo vivere attraverso di lui. Era bravo a raccontare storie, mi sembrava di essere proprio lì con lui, mentre scappava inseguito da grosse uova di pietra con la faccia arrabbiata.
Piano piano, sera dopo sera, mi avvicinai sempre di più a lui, fino a sederci insieme sul davanzale, a guardare la luna, dove lui diceva abitasse un Uomo che gli aveva dato la vita e il nome.
Jack non mi chiese più di uscire dalla torre per giocare con lui. Capii che lo faceva per me, perché fossi io a chiederglielo quando mi fossi sentita pronta. Però, finché Jack fosse stato lì con me, non avevo più bisogno di uscire. Nella sua voce, nel suo freddo calore, nella sua presenza, c'era tutta la libertà di cui avevo bisogno. Lui era tutto ciò di cui avevo avuto bisogno.

***

Una sera, arrivò prima del solito e, posatosi sul pavimento della mia casa, disse:"Oggi, Rapunzel, ti insegnerò a pattinare".
Ora sapevo cosa volesse dire pattinare, ma c'era bisogno di acqua ghiacciata. E io non sarei uscita dalla torre.
Sorrise, vedendo la mia perplessità, e, impugnando il bastone a metà, appoggiò la cima attorcigliata sul pavimento, congelando tutto. Salii sulla sedia, per paura di congelarmi i piedi, ma nel frattempo lui mi porse delle strane scarpette con una lama sotto.
Le indossai, mentre lui posava il bastone da una parte e si avvicinava a me. Raccolse i miei capelli con un nastro azzurro. Almeno per quanto era possibile raccoglierli, dato che erano lunghi due volte me e lui. Poi mi prese le mani.
Mi alzai e, con il suo aiuto, cominciai a scivolare su quel ghiaccio momentaneo.
Ero nata per stare su quel liscio pavimento. Non ci misi molto a prendere il via e a volteggiare intorno al tavolo e alle sedie di casa, mentre lui mi seguiva ridendo e scivolando meglio di me.
"Tu bari" esclamai, prendendolo in giro. Ma sapevo che non era vero.
A piedi nudi, lui riusciva a fare giravolte e salti senza alcuna paura, fidandosi del ghiaccio molto più di me.
Ad un certo punto, però, persi l'equilibrio, finendo dritta dritta tra le sue braccia. Non sentii il freddo della sua pelle, non sentii niente oltre al suo contatto, al suo corpo per pochi istanti contro il mio. Lui mi tenne abbracciata stretta, non mi lasciò andare finché non cominciai a rabbrividire di freddo.
Mi fece sedere su una sedia e mi coprì con un mantello trovato lì vicino, mentre mi toglieva le scarpe e lasciava che il ghiaccio si sciogliesse. Non so esattamente come fece, ma di colpo si lasciò sfuggire un ahia, mentre piccole gocce di sangue cominciavano a colare dalla sua mano.
Mi feci subito avanti, per aiutarlo, ma lui cercò di liquidare la faccenda.
"Ma dai, è solo un graffio, non preoccuparti".
"Lasciami fare, posso guarirlo".
La frase lo lasciò perplesso, mentre io gli prendevo la mano tra le mie e scioglievo i miei capelli dal nastro azzurro. Cominciai a fasciare il taglio sul palmo con alcune ciocche, concentrandomi. Poi mi raddrizzai, sempre tenendo la sua mano, e cominciai a intonare una dolce ninna nanna che mi cantava mia madre da bambina e con la quale i miei capelli funzionavano.
Pian piano il colore dorato si accese di luce e illuminò la mano di Jack, guarendola nel temppo della mia canzone.
Era quello il motivo per cui non potevo uscire dalla torre e finalmente Jack capì.
Il mio potere mi teneva rinchiusa. Il suo potere invece non gli permetteva di stare con qualcuno.
Eravamo così simili... e così soli.
Con la mano appena guarita, mi sollevò il viso e sfiorò le mie labbra calde con le sue fredde.
Fu un contatto breve, ma il più emozionante della mia vita. Il mio cuore cominciò a battere con una tale forza che pensavo sarebbe uscito dal mio petto. Gli passai una mano tra quei capelli bianchi che avevo sempre desiderato toccare e cercai di stringerlo di più a me.
Mi sentii rabbrividire, quando anche l'altra mano si posò sulla mia guancia, ma dentro mi sentivo tutta un fuoco. Un fuoco caldo che speravo potesse scaldargli il cuore.
Però, mentre dentro di me mi sentivo sempre più calda, il mio corpo si faceva sempre più freddo e lui se ne accorse. Mi allontanò da sé, cercando di essere delicato, ma il suo rifiuto fu quasi una pugnalata.
"Mi dispiace, Rapunzel. Mi dispiace, non volevo". Mi coprì di nuovo col mantello e accese il fuoco, che sciolse gli ultimi rimasugli di ghiaccio. Si fermò davanti ad esso e sospirò. "Non posso toccare nessuna persona normale per più di pochi secondi. Il mio freddo non mi permette di tenere stretto qualcuno di speciale. Ho rischiato di ucciderti. Mi dispiace, Rapunzel".
Si diresse alla finestra, ma si fermò solo al mio richiamo. "Dove vai?".
"Lontano".
"Non puoi lasciarmi. Non voglio restare di nuovo sola".
"Non resterai sola". Mi sorrise un'ultima volta. "Troverò qualcuno di speciale che possa farti compagnia".
"Ma io voglio te".
Scosse la testa. "Sono rimasto qui troppo a lungo. Tu vuoi sciogliere il mio ghiaccio, ma non è possibile. Io posso solo spegnere il tuo fuoco, ma non voglio. E' la cosa che più amo di te". Prese il proprio bastone e, in piedi sul davanzale, mi guardò un'ultima volta. "Non permettere mai a nessuno di spegnerlo. Combatti per le tue scelte. Tu sei la ragazza più forte che conosca e andrai lontano, molto lontano. La torre non potrà tenerti rinchiusa per sempre. Addio, Rapunzel".
E si lasciò cadere all'indietro.
Corsi alla finestra, urlando. "Jaaaaack!!!".
Non tornò indietro, non lo vidi volare via. Vidi soltanto cadere così tanta neve da far scomparire qualsiasi altro colore e sapevo che quel colore rappresentava il nostro vuoto.

***

Molti giorni dopo, ricevetti una lettera, portata da un piccolo animale che non avevo mai visto, ma che Jack mi aveva descritto.
Il piccolo camaleonte prese il colore rosa del mio vestito e mi salutò, porgendomi la lettera.
Dovetti farmi forza per aprirla, ma dovevo leggere il mio ultimo contatto con Jack.

"Amore mio, questo è il mio regalo per te. Pascal è molto dolce e combattivo, ti difenderà sempre e per sempre resterà con te, come io non posso fare. Un giorno, troverai qualcuno che potrà amarti nel modo giusto e che renderà più vivo il tuo fuoco.
Ti chiedo solo questo, però. Non dimenticarmi mai, come io non ti dimenticherò mai.
Tuo per sempre.
Jack".



Sentii piccole lacrime bagnarmi il viso, ma una zampina ruvida me le asciugò. Io e Pascal ci fissammo e di colpo mi ritrovai a sorridere.
Senza nemmeno saperne la ragione.
O forse sì...

Non ti dimenticherò mai, Jack.
Per te, che eri così freddo, il mio fuoco non si spegnerà mai.

 

 

 

FINE.
  
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