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Autore: Hitsuki    21/01/2014    1 recensioni
{ triste; angst | what if?; ambientato in un periodo non precisato }
Muovi le dita fra l'aria soffocante, dipingi utilizzando il silenzio più totale come pennello, curioso nei confronti di quel disegno a noi tanto familiare. Socchiudi le labbra e i tuoi occhi osservano meravigliati l'immagine, come un bambino che scopre il mondo che lo circonda. ×
I sentimenti di un virus che prova troppo amore.
[ • Konoha/Ene; Ene!pov | hints?Shintaro/Ene | implicit?Shintaro/Ayano ]
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haruka Kokonose/Konoha, Shintaro Kisaragi, Takane Enomoto/Ene
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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»Cantuccio scemo dell'Autrice;
KonoEneSÌ OK AVEVO IN MENTE QUESTA ROBA DA TIPO PRIMA DI ISCRIVERMI SU EFP E FINALMENTE L'HO FINITA. Buonsalve, comunque, amati lettori! *A* Tra l'altro è la prima fanfic che pubblico nella sezione-sezione (QUELLA VERA HHH) del KagePro
Uhm, se devo essere sincera… ho una specie di rapporto amore-odio con questa fanfiction. Come idea non mi dispiace (nonostante mi sembra simile all'altra KonoEne presente nel fandom, spero di non aver fatto una scopiazzatura ihhh ;;;;), ma ho la netta sensazione di aver scritto un immenso schifo. In tutto e per tutto, titolo incluso. Davvero, non sto qui a tartassarvi con la mia ansia e spero di non aver fatto casini con il tempo presente e l'Ene's pov eee sorry frantelli. Sì, il tutto è visto dagli occhi di Ene: all'inizio scrive riferita a Konoha, poi nella "seconda parte" amplia i suoi sentimenti ed emozioni. Ho sempre sognato di cimentarmi in una fanfiction KonoEne vista sotto l'aspetto di Ene dato che waaa che amore che è <3 (non per niente non fa una bella fine in questa one-shot //coff) 
Il tutto è una fiaba molto macabra, triste, con Ene da principessa imprigionata e Konoha il principe spaesato e Shintaro l'orco il cattivo. Ah, la one-shot è What If? perché da come capirete è una roba strana e anche un po' nonsospiegarlo quindi.
Ordunque, vi auguro una buona lettura e mi piacerebbe davvero molto sentire il vostro parere! 

C'era una volta il Virus infetto di tristezza e l'Androide dalle memorie dimenticate;
Una fiaba dal non lieto fine.


Sono un virus, vero?
Non lascio tregua alle persone che mi circondano e le infetto, traggo da loro la gioia. Rubo a chiunque le sue emozioni, facendole mie per sentirmi più umana, ricordando quando ancora io ero la ragazza di nome Takane.
Ma tu, Haruka - o forse dovrei chiamarti Konoha -, non assimili le emozioni altrui. Preferisci sovrapporre pezzi di memoria sfocata una sopra l'altra, trovi migliore rimanere un androide privo di sentimenti propri. 
Sentimenti propri? Colei che gli ruba agli altri dovrebbe tacere. Ma continuo a ostentare di essere innocente, allegra e spensierata e senza bisogno di te.
ciao beli
«Konoha» le mie parole sono dettate dalla tristezza «noi… ci hanno preso in giro, vero? Questo potere è una presa in giro!» quanto sono cambiata, in questo universo parallelo e surreale. Nego, nego, nego. Scaccio i pensieri negativi, quando invece essi mi tormentano senza fine in un mondo senza tempo. Non ascolto la mia coscienza: "Ciò che una persona desidera ha un proprio prezzo" mormora, in un tono flebile e sottile scacciato così dalla tempesta che imperversa nella mia mente.
Tu rimani in silenzio. Dal tuo sguardo non traspare alcuna emozione. Anche tu sei cambiato. Poi le tue labbra si schiudono, producendo un suono talmente piatto che mi colmi ancor più di pentimento per aver bramato questo potere che ci rinchiude in un mondo che sempre avevamo amato ma da cui adesso vorrei disperatamente uscire.
«Come fai a conoscermi?».
Delle lame taglienti mi infliggono infiniti tagli al cuore, mi lacerano l'anima senza produrre alcun suono straziante. Perché io rimango ferma, davanti a te, immobile. Come una statua priva di vita, scolpita a mio proprio piacimento per fingere di avere un'esistenza felice e spensierata senza il tuo volto ad accompagnarmi in ogni momento. 

Intanto in questo mondo le immagini si rincorrono all'infinito, come tessere del domino che cadono nel vuoto vorticosamente.

Tu mi ignori. È naturale: chi mai potrebbe rivolgere particolare attenzione ad una statua scolpita con uno scalpello rovinato da una mano tremante e insicura del suo lavoro? Chi mai vuole bene a un virus che si ostina a diventare una persona dal carattere proprio?  
Con un tuo gesto lento ma altrettanto sicuro tutto si ferma e mi desti dai miei pensieri. I sorrisi dipinti nelle foto scompaiono, le immagini gioiose e spensierate lentamente vengono eliminate. Solo un disegno, un disegno a matita creato dalle tue mani morbide ma al contempo decise, fluttua placido. Avvicini la mano, a poco a poco, a quel disegno e dai un fugace sguardo nella mia direzione - per poco un lampo di speranza si accese nel mio cuore, ma subito quella piccola fiaccola che animava la mia anima venne spenta. Sfiori il mio viso dipinto sul foglio stropicciato, quasi fosse un ricordo rarefatto, ostruito dalla foschia; vorrei essere il faro che illumini la tua coscienza, ma so perfettamente che ciò è un sogno irraggiungibile.
Muovi le dita fra l'aria soffocante, dipingi utilizzando il silenzio più totale come pennello, curioso nei confronti di quel disegno a noi tanto familiare. Socchiudi le labbra e i tuoi occhi osservano meravigliati l'immagine, come un bambino che scopre il mondo che lo circonda. La tua mano si muove subito, con movimenti precisi e scorrevoli; conosci a memoria i passaggi, i miei lineamenti che tanto spesso disegnavi, le mie espressioni imbarazzate e falsamente arrabbiate. Espressioni troppo belle per il mio sguardo grottesco verso ogni cosa e il mio volto sempre corrucciato, nonostante tu insistessi a dire che tutto il mio corpo fosse un'opera d'arte in pieno movimento. Che cosa divertente ma al contempo terribile, pensare invece che ora non reagisco fisicamente alle tue azioni. Ora che ci penso, no, non sono una statua. Sono un virus contagioso, troppo falso dal poter comprendere qual è il momento giusto per agire. Ma in questo mondo in cui il "tempo" è solo una parola archiviata, come faccio a distinguere il giorno dalla notte? Solo secondo gli androidi ciò non ha importanza.
Io intanto voglio correre verso di te, abbracciarti, sorridere e baciarti dicendo "È tutto finito, ormai ci sono io a proteggerti". Vorrei finalmente sentire il tuo corpo caldo come un tempo, colmo di quel tepore che mi faceva sentire realmente felice, una sensazione ormai cessata quando tu chiudesti le palpebre per sempre salutando per l'ultima volta il mondo terreno.
Un muro subito si materializza davanti al mio corpo fluttuante - un corpo così evanescente quasi fossi un fantasma che vuole riposare in pace -, trasparente come la tua figura troppo lontana dalle mie braccia, come la tua anima che non possiede più il tuo sguardo sorridente d'una volta. Idea mille giochi di luce, scivolando serenamente dall'alto verso il basso, creando scintille che si ripercuotono nell'intera area. Si intersecano fra i miei capelli spettinati e offuscano il mio sguardo fisso nella tua direzione. Tu intanto osservi esterrefatto l'immagine deformarsi, i miei lineamenti nel disegno diventare informi e improbabili. Tutto questo luogo scompare in un vortice scintillante, troppo luminoso per i miei occhi accecati. Tendo in un ultimo tentativo la mano verso di te, allungo il braccio fino a sentire i miei muscoli virtuali soffrire al pari di quelli di un essere umano, ma tu rimani di spalle a contemplare il disegno che s'è sciolto come ghiaccio in un'estate afosa. Le tue labbra si afflosciano verso il basso, gli occhi si riempiono di delusione. Ti volti verso di me, finalmente, ma mi guardi inespressivo come sempre. Vuoi una risposta da me, eh? Cos'era quell'immagine? Io ritraggo la mano, il braccio duole ancora. Le mie sopracciglia si inarcano avvicinandosi, le mia labbra sono tese. Prima di scomparire, sono sicura che tu abbia visto la mia testa scuotersi e mimarti con le labbra un "no" pieno di tristezza mista a rabbia.
ciao beli
«Ahhh, un bug aveva infestato il mio bellissimo computer» Shintaro si buttò sulla sedia, spiegandomi l'avvenimento quasi fosse qualcosa di drammatico.
Installare un antivirus decente non si poteva. O almeno, non con il mio corpo falso all'interno del computer. Avrei fermato chiunque senza indugi. Non voglio scomparire, né tantomeno in questo mondo affannoso e misterioso. Comunque, Shintaro talvolta è più falso di me. Trovo ridicolo il suo falso tono melodrammatico, sa perfettamente che non gl'interessa del computer - ormai vuole rinunciare al dono della vita, lasciare questo posto per andare nel mondo ultraterreno. Ma, in fondo, lo invidio. Lui possiede amici, qualcuno che gli vuole bene, dei sorrisi rivolti solamente ed unicamente a lui. Io invece ne ricevo solo di deboli e spenti, talvolta anche forzati, per paura che possa assorbire anche le loro emozioni e sfoggiarle nel giorno a seguire. Negano semplicemente il terrore nei miei confronti, ma lo trovo normale. Sono un virus senza anima, che tenta di provare delle emozioni e differenziarsi dagli androidi, continuo a credere di somigliare a Takane. No, ormai non mi sento più come lei. Siamo due persone diverse. Takane ed Ene. La ragazza permalosa e il virus infetto. 
«Ene? Ene?». 
Shintaro mi desta dai miei pensieri banali, i miei occhi scattano nello schermo che mi divide da lui. Uno schermo trasparente come la personalità di Konoha - Haruka, il ragazzo allegro, non è Konoha l'androide trasparente. Trasparente come quel dannatissimo muro elettrico che mi ha separato da lui.
«Ti sto ascoltando, Master!» ostento un nuovo sorriso, quello che più Shintaro ama[1]. Meglio abbindolarlo, nonostante lui sappia che quell'espressione non appartiene a me bensì ad un'altra persona. Lui mi guarda di sottecchi.
«E comunque, com'è che un computer bello come il tuo possiede un bug all'interno?» la malizia è l'unica cosa che mi rimane. Trovo divertente infastidire le persone, fino a tormentarle. 
Shintaro risponde in modo tagliente, il tono che ricalca leggermente quello di Konoha mi fa agghiacciare il sangue e il cuore rischia di smettere di pulsare. Come se un virus ce l'avesse, un cuore in carne ed ossa.
«Perché ci sei tu. E tu dove passi lasci discordia».
La nausea mi assale. No, non è vero! Io porto la felicità! No, no, no! Perché lui deve essere talmente crudele nei miei confronti? Mi vuole realmente distruggere. Vorrei invece io cancellarlo, come faccio con i suoi file, ma c'è sempre qualcosa che mi divide, mi emargina senza che io possa reagire. Ma mi secca ammetterlo, io non voglio muovermi, non voglio creare altri danni e rendere irreparabili quelli che già ho procurato. Ho esperienza personale, in fatto di ferite che non si possono curare. 
«Ti odio» dico, con la voce flebile e lo sguardo intento a guardare i miei piedi che si muovono nervosamente. Shintaro avrà certamente notato una lacrima che mi solca la guancia, ma rimane impassibile. Stringo i pugni, le mie nocche sbiancano e le unghie si ficcano nella carne con irruenza. «ti odio, ti odio, ti odio!».
«Odiami quanto vuoi» risponde lui, calmo «non me ne frega niente».
Alzo lo sguardo. Le mie lacrime sono chiare, spiccano fra il mio viso pallido, ma non m'importa. 
«Siamo simili» riesco solo a pronunciare due parole, che fanno irrigidire il corpo di Shintaro. Però… non sembra una statua e né tantomeno una persona che non ha il coraggio di reagire, pare più un essere pietrificato ma ancora vivo, organico. Continuo ad invidiarlo, in fondo. «perché ti fingi calmo quando hai paura di ciò che è fuori dalla tua stupida porta? Perché non vuoi ammettere di essere terrorizzato dalla morte tua e dei tuoi cari? Perché hai smesso di amare?».
Shintaro non si muove. Rimane in silenzio, con gli occhi a rimembrare il suo crudo passato e le labbra che sussurrano frasi incomprensibili. Inconsciamente tende le mani pallide verso di me, come se potessero essere inglobate dallo schermo ed entrare all'interno del suo apparecchio. Tenta di strozzarmi, senza accorgersi che le sue dita fiacche non riescono neppure a sfiorare il mio collo. 
«Non è… vero».
«Sì, invece» il mio sorriso adesso invece è infestato da compiacimento ma ritagliato dall'infelicità.
Ritrae le mani dallo schermo, ormai cosciente che non mi potrà mai uccidere - o almeno, non lui. Porta le dite tremanti al suo pallido corpo, gli occhi che puntano sul soffito come se fossero intenti a pregare per un giorno migliore. 
«N-no! Shintaro!». Cosa ho fatto? Cosa diamine ho fatto? Le mie parole, fuoriuscite dalle mia labbra come una cascata in piena, travolgeranno e cancelleranno in questo breve attimo la vita di Shintaro. Lui non mi ascolta, pare collegato a questo mondo solo fisicamente mentre lo spirito vaga nella zona ultraterrena. 
Le mie grida sembrano trapassare lo schermo permettendomi di uscire, le mie mani tentano di aggrappare quelle di Shintaro per poter porre fine al sua atto sconsiderato, i miei occhi lo implorano di non suicidarsi. Ma lui, senza nemmeno spostare lo sguardo dal soffitto della sua stanza, toglie una mano dal collo. Per un attimo spero che abbia abbandonato il suo folle desiderio, ma appena noto con le mie iridi disperate che sfiora il computer comincio a tremare. 
Le sue dita toccano con una forza che aumenta gradualmente lo schermo e pare che i suoi polpastrelli siano entrati all'interno dell'apparecchio. Continua impassibile ad osservare sempre più meravigliato - e con una nota di follia nelle sue pupille animate da una macabra luce - un qualcosa proveniente dal Cielo, come se da un momento all'altro sarebbe caduto in Terra un Miracolo. Le mia urla scemano in gridolii sempre più deboli e fiacchi, il mio corpo fluttuante da Virus non ha più la forza di reagire; ma in fondo, cosa cambierebbe? A nessuno importa della mia vita e io non riesco a vedere Haruka - Konoha - nello stato di prima. Vorrei abbracciarlo, tenerlo stretto a me e rassicurarlo, ma so che ormai è troppi tardi. Mi abbandono alla dura realtà, un'ignava che poggia le ginocchia sul petto raggomitolandosi. 
Il computer è stato scaraventato, la scrivania di Shintaro è libera da quel peso che lo attanagliava da anni. Tende le labbra all'insù, le muove impercettibilmente per sussurrare flebilmente un nome a me dolorosamente noto - "Ayano, sto arrivando", mormora. Conficco le unghie nei palmi delle mie mani, come se potesse attutire il violento impatto, e le lacrime rigano le mie guance spiccando come diamanti sulla mia pallida pelle. Il mio corpo pare trovarsi all'apice di una montagna russa, per poi sprofondare con estrema forza in un abisso ripieno d'oblio e di urla strazianti - le urla di chi ami - che lacerano la tua coscienza.
L'ultima cosa che percepisco prima di scomparire è il mio cuore pulsare, e un fiacco sorriso appare sul mio volto. Sono cosciente ormai che tutti i Virus fanno la stessa fine, ma ho scoperto finalmente di avere un'anima.
Grazie, Haruka. Grazie di tutto, grazie di avermi fatto scoprire di avere un cuore - che mi hai però irrimediabilmente rapito. Grazie per avermi fatto innamorare di te e del tuo sorriso.

«Haruka, ma i virus hanno un sorriso
«Certo, Takane! E anche un cuore».
 
Note:
[1]Sì, quello di Ayano.
  
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